Andrea Delogu

Le parole di Andrea

Nel libro “Dove finiscono le parole, storia semiseria di una dislessica”, Andrea Delogu svela ai lettori un’altra parte di sé. La conduttrice di Rai2 e Rai Radio2 al RadiocorriereTv: «Scoprirlo mi ha cambiato letteralmente la vita, ho capito che non era colpa mia, che non era vero che ero intelligente ma non mi applicavo, all’inizio ho provato rabbia, per poi tornare in pace con me stessa». Il volume, edito da Rai Libri, è da oltre due mese ai vertici delle classifiche

Negli ultimi anni ha scelto di aprirsi completamente al suo pubblico raccontando in un primo libro l’infanzia a San Patrignano quindi, in “Dove finiscono le parole” (Rai Libri), la sua storia di dislessica. Come è maturata la decisione di essere trasparente con coloro che la seguono?

È stato un caso, “La Collina” era più una necessità mia e delle persone con cui sono cresciuta, a cui dovevo molto, così mi sono spesa per raccontare la loro storia. “Dove finiscono le parole”, invece, è capitato dopo un TED, una piccola conferenza online in cui raccontavo la dislessia, in modo ironico. Appena pubblicata in rete ho ricevuto tantissimi messaggi da parte di genitori e insegnanti e la cosa mi ha colpito, perché non pensavo che il distacco tra le istituzioni scolastiche e la dislessia fosse ancora così ampia. Quando Flavio Mucciante, direttore di Rai Libri, mi ha proposto un secondo romanzo, gli ho detto che avrei voluto raccontare questa parte d’Italia.

Quali sono le difficoltà che vive nella quotidianità un ragazzo dislessico?

Se c’è un insegnante, un percorso di studio fatto apposta, che va benissimo anche per gli studenti non dislessici, e aiuta il ragazzo dislessico a stare al passo con gli altri, non c’è alcun problema. Una volta appreso il metodo di studio tutto è fatto. Per questo motivo, soprattutto i primi anni, le scuole sono fondamentali. Il problema è dato dal fatto che in Italia non esiste ancora l’obbligo per gli insegnanti, nonostante alcuni di loro siano davvero straordinari, di informarsi e di riuscire a stare al passo con i tempi e i nuovi metodi di insegnamento. Non essendoci un obbligo, si va a fortuna.


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