AMADEUS
Un Sanremo che mi somiglia
Il RadiocorriereTv incontra il direttore artistico e conduttore del Festival della Canzone Italiana. “Sanremo deve abbracciare tutte le epoche: il passato, il presente, il futuro. Guai se si ferma a guardare indietro”
Qual è il suo primo ricordo di Sanremo?
Mi vedo in famiglia, come accade nello spot in onda in questi giorni, che è molto simile alla realtà che vivevo, la stessa di molte persone della mia generazione. Quando arrivava Sanremo si diceva: questa settimana si sta a casa. Stavamo tutti riuniti davanti al televisore, crescendo il Festival si vedeva a casa degli amici, era una settimana di aggregazione, un momento imperdibile. Sanremo è una tradizione che si tramanda di padre in figlio.
Cosa ha pensato quando le è stato comunicato che avrebbe organizzato e condotto il Festival?
I pensieri sono stati tanti, forse perché ero all’estero e in vacanza. L’emozione è stata grande e me la sono goduta proprio in famiglia, ero con Giovanna, mio figlio José, stavo andando a trovare mia figlia che vive in Spagna, è stata una gioia condivisa in famiglia. Ho avuto tempo per riflettere, per pensare. Ad agosto ho fatto anche tutto il regolamento.
Un Festival che nasce sotto il solleone…
Un festival che nasce all’insegna del divertimento, della famiglia, della vacanza, del relax. Ho avuto la comunicazione ad agosto, da allora sono stati mesi complessi, nei quali ho lavorato sette giorni su sette, ma sono felice così.
La musica tra tradizione e contemporaneità, quale punto d’incontro nel Festival 2020?
Sanremo deve abbracciare tutte le epoche: il passato, il presente, il futuro. Guai se si ferma a guardare indietro. Il passato va certamente celebrato, ma si deve guardare al domani. La tradizione è importante, è la storia del Festival, e questa deve incontrare il presente di Sanremo, la contemporaneità fatta dai cantanti in gara.