Ad Agorà mi sento a casa
GIORGIA ROMBOLA’
Prosegue con successo la versione estiva del talk informativo di Rai 3: una fotografia quotidiana del Paese attraverso i fatti della politica, dell’economia, le opinioni. Il RadiocorriereTv ha incontrato la conduttrice
Come hai vissuto queste prime settimane sulla piazza del mattino di Rai 3?
Sono molto contenta di come sta andando sia sulla piazza televisiva che su quella che non si vede, il gruppo di lavoro di “Agorà”. Una squadra che mi ha accolto, persone di grandissima esperienza e pienissime di entusiasmo, di spirito di servizio. Pare che sia contento anche il pubblico e io mi sento già a casa (sorride).
Dal telegiornale al talk, come cambia il modo di raccontare la notizia?
Nell’ultimo anno e mezzo a Rai News ho condotto “Studio24”, lo spazio dedicato al talk politico, una piccola “Agorà”. La notizia è sempre il faro, ma non essendo un telegiornale possiamo scegliere il modo in cui trattarla, la gerarchia non è quella del Tg. Siamo sempre molto pronti, reattivi. Decidiamo un argomento, ma quando è necessario aggiungiamo, togliamo. Io sono abituata ad andare molto a braccio. Un promo di qualche tempo fa di Rai News diceva che “non sappiamo cosa andrà in onda”, un modo carino per dire che siamo sempre sulla notizia. “Agorà” è un talk politico, la nostra vocazione è quella, pur raccontando anche l’economia, la cultura, il costume del Paese. La gente ha voglia di seguire l’informazione anche in estate.
Come si costruisce un rapporto di fiducia con l’intervistato?
Chi viene intervistato da me non conosce mai prima le domande che prepariamo, al tempo stesso non faccio l’interrogatorio, l’approccio non è mai quello dell’inquisitore. L’intervista si costruisce anche sulle risposte.
Quando la risposta non ti soddisfa?
Ci sono la seconda e la terza domanda. Cerchi di incalzare l’ospite anche con un sorriso per stemperare il clima. Di fronte a un sorriso si è forse più predisposti a dire qualcosa in più.
I media tradizionali, la rete, i social media. Come fare per non essere sopraffatti dal mare magnum di notizie e riuscire a mantenere la rotta?
Il consiglio è di rivolgersi a chi è autorevole, e la Rai ha sempre dimostrato di esserlo. La guerra in corso conferma quanto siano fondamentali gli inviati sul campo, che vanno, vedono, raccontano. E quanto saremmo vittime della propaganda da entrambe le parti se non ci fossero gli occhi dei nostri inviati a raccontare ciò che possiamo vedere. Vale per la Tv, per gli altri mezzi tradizionali e per i social, che non demonizzo. La Rai in Ucraina sta facendo un lavoro eccezionale. A livello generale è fondamentale saper scegliere, sapere da chi informarsi, perché non tutti hanno la stessa autorevolezza e la stessa credibilità. Tutto sta nel cercare le fonti giuste.
Quella in Ucraina è forse la prima guerra raccontata anche attraverso i social…
Preziosissimi ormai nel racconto del mondo, anche nel superare la censura, che riguarda la guerra ma non solo. Immagina quanto scopriremo dei massacri di Bucha e di Irpin attraverso le connessioni, i messaggi mandati. È necessario rivolgersi alle fonti autorevoli e sta anche a noi presentarci come tali.