Una telefonata inattesa… Inizia l’avventura in Rai

Una telefonata inattesa, una proposta sorprendente: così, quasi per caso, inizia l’avventura di Andrea Camilleri in Rai. «Sono Cesare Lupo, direttore del Terzo Programma radio della Rai: vuole sostituire la nostra funzionaria addetta ai programmi che va in maternità? Le farei un contratto di sei mesi per mezza giornata di impegno», gli disse al telefono. Camilleri accetta, ma si sente in dovere di precisare: «La informo che al concorso non fui preso perché “comunista”». La risposta di Lupo è secca: «Chissenefrega». È il 1958. Così prende avvio una lunga e proficua relazione tra il giovane scrittore siciliano e il Servizio Pubblico. «Mi diedero un ufficio con una scrivania», racconta Camilleri. «La prima cosa che mi dissero fu: “Questa è la scrivania di Carlo Emilio Gadda”». Fino all’anno prima, Gadda aveva lavorato ai programmi culturali del Terzo Programma. Rovistare nei cassetti di quell’ufficio fu per Camilleri «come trovare il tesoro dell’Isola del Tesoro». Quel piccolo spazio divenne per lui un vero laboratorio di sogni. Di contratto in contratto, rinnovato ogni sei mesi, passano gli anni. Alla fine, arriva l’assunzione e con essa la possibilità di contribuire, insieme ad altri pionieri, alla nascita del Secondo Canale Rai. Nel 1960 avviene il passaggio dalla radio alla televisione, un’evoluzione che Camilleri vive non solo come questione tecnica, ma anche poetica, etica e politica. È l’inizio di una nuova forma di comunicazione: più popolare, più profonda. Il nuovo canale viene inaugurato con “La trincea”, un originale televisivo tratto da un racconto di Giuseppe Dessì su un episodio di guerra della Brigata Sassari. Poi Camilleri produce le prime otto commedie televisive di Eduardo De Filippo, in bianco e nero. «Questo fu il mio esordio come produttore esecutivo», ricorda. Segue la produzione del “Commissario Maigret” di Simenon, con un magnetico Gino Cervi: «Cervi non studiava mai la parte. Se rivedete quei programmi, noterete delle pause in cui Maigret accende la pipa, riflette… In realtà, in quei momenti, Cervi leggeva il gobbo, poi diceva la battuta. Era geniale». E poi ancora i grandi romanzi della letteratura mondiale — Dostoevskij, Manzoni, Dumas — trasformati in sceneggiati che entrano nelle case di tutti gli italiani. Il motto era chiaro: educare divertendo. Un faro che, ancora oggi, continua a illuminare la strada del Servizio Pubblico.