Rob Minkoff
L’A.I. cambia tutto, ma restano le storie
Il Festival dell’animazione promosso da Rai e organizzato da Rai Com ha assegnato il Pulcinella Career Award al regista statunitense, che nel 1994 co-diresse “Il Re Leone”. In questa intervista racconta i suoi inizi alla Disney, il dietro le quinte del film che ha segnato intere generazioni e riflette sull’impatto dell’intelligenza artificiale nel mondo dell’animazione
Quando ha iniziato a disegnare?
Ho iniziato a disegnare quando ero molto piccolo. Era qualcosa che mi veniva naturale, mi piaceva farlo anche durante le lezioni a scuola. A volte finivo nei guai con gli insegnanti, perché mi mettevo a disegnare invece di seguire la lezione. Ma non riuscivo a farne a meno, era più forte di me.
Com’è proseguito il suo percorso nell’animazione?
Dopo quegli inizi da autodidatta ho deciso di studiare animazione seriamente e mi sono iscritto alla “California Institute of the Arts”. È lì che ho imparato davvero la tecnica e la disciplina del mestiere. Poi ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare alla Disney, nel dipartimento di animazione. Ho partecipato a diversi progetti importanti, come “La Sirenetta” e “La Bella e la Bestia”. Il mio primissimo lavoro, però, è stato su un cortometraggio con Roger Rabbit, “Tummy Trouble”. Dopo quell’esperienza, mi sono stati assegnati altri progetti e incarichi di regia, e infine ho fatto il mio debutto come regista proprio con “Il Re Leone”.
Ricorda la sua prima volta in Italia?
Fu nel 1994, proprio l’anno in cui è uscito “Il Re Leone”. È stato un momento spettacolare, indimenticabile. Da allora sono tornato molte volte, perché ho un legame speciale con questo paese. Però è la prima volta che vengo a Pescara. Non c’ero mai stato prima e devo dire che è davvero bellissima. È stato emozionante poterla visitare finalmente.
Quando ha capito che “Il Re Leone” avrebbe avuto un successo così grande?
Quando abbiamo iniziato a lavorare al film, in realtà non si chiamava ancora così. Era solo un progetto in fase iniziale, con un titolo provvisorio. Ovviamente speravamo di realizzare un buon film, ma non potevamo immaginare che sarebbe stato accolto così bene dal pubblico. Solo quando fu completato e cominciammo a mostrarlo alle persone, ci rendemmo conto dell’impatto che aveva. La reazione della gente è stata incredibile. Ancora oggi, quasi 31 anni dopo l’uscita, il film continua a toccare il cuore delle persone. È qualcosa che mi riempie di gratitudine.
Che effetto ti fa vedere che “Il Re Leone” è ancora così amato?
È meraviglioso. Tutti noi che abbiamo lavorato a quel film lo sentiamo ancora molto vicino. I nostri figli, in un certo senso, sono cresciuti con quella storia che è diventata parte della nostra vita. Vedere che continua a emozionare nuove generazioni è davvero una soddisfazione enorme.
Cosa pensa dell’intelligenza artificiale nell’ambito dell’animazione? La sta usando nel suo lavoro?
L’A.I. è un tema molto attuale e interessante. Negli ultimi anni ha fatto enormi progressi. Allo stesso tempo, però, c’è una certa preoccupazione, perché potrebbe causare grandi cambiamenti – o meglio, vere e proprie distruzioni – nel settore. Quando ho iniziato a lavorare alla Disney, tutto si faceva a mano: disegni, pennelli, carta. Era un processo molto tradizionale. Poi, col tempo, i computer sono diventati sempre più presenti nella produzione. Ho già vissuto quella prima trasformazione dell’industria. E oggi, con l’arrivo dell’intelligenza artificiale, stiamo entrando in una nuova rivoluzione tecnologica.
La spaventa questo cambiamento oppure lo vive come una nuova opportunità?
Un po’ entrambe le cose. Da un lato può fare paura, perché cambia il modo in cui lavoriamo, ma è anche molto eccitante, perché apre possibilità nuove, incredibili. Ci saranno strumenti che ci aiuteranno a fare cose che prima erano impossibili. Alla fine, però, quello che conta davvero, sono le storie che raccontiamo. È su questo che le persone si emozionano, non tanto sul mezzo tecnico con cui la storia viene realizzata.
Quindi la tecnologia è un mezzo, ma il cuore resta la creatività?
Esattamente. Pensate alla Monna Lisa: siamo affascinati da ciò che ha creato Leonardo da Vinci, non tanto dal tipo di pennello o di vernice che ha usato. Allo stesso modo, nell’animazione o nel cinema, la tecnologia è uno strumento. Ma ciò che rimane nel tempo è la forza della narrazione, l’emozione, il messaggio. Credo che, anche in mezzo a tutti i cambiamenti, sarà proprio questo a guidarci e a farci evolvere nel modo giusto.
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