NICOLA SAVINO
Vince chi “non fa”
Voce amata della radio, conduttore e autore alla tv, è pronto a mettersi in gioco, tra leggerezza e un pizzico di sadismo in stile giapponese, con la sua compagna Rocío Muñoz Morales, è pronto al debutto di “Freeze”, in onda su Rai 2 da martedì 16 settembre in prima serata
Bentornato in Rai. Come si sente?
Sono davvero felice. È la stessa felicità che ho provato sia alla presentazione dei Palinsesti a Napoli, sia entrando nello studio dell’Auditorium. È stata un’emozione che credo ricorderò per sempre. Sono stato accolto da tutti con grande calore, soprattutto a Napoli: c’erano quaranta gradi, ne avrei fatto volentieri a meno (ride). L’accoglienza ricevuta in studio mi ha commosso. Un entusiasmo dovuto forse anche alla presenza di Rocio e al momento particolare che sta vivendo, non capivo dove finisse l’applauso per me, per il piacere di rivedermi, e dove iniziasse quello per manifestare solidarietà ed empatia verso la mia compagna di viaggio.
A proposito di Rocio, quanto “iene” sarete insieme?
(ride)… direi parecchio, perché il programma ha una dose di cattiveria — bonaria, per carità, perché si gioca — ma c’è. In “Freeze” è impersonata dal Grande Freezer.
Ci spieghi meglio…
Il Grande Freezer non è altro che la giuria, o meglio una squadra di arbitri guidata da Mara Maionchi. Il programma si sviluppa sostanzialmente in due luoghi: lo studio, dove ci sono le tifoserie dei vari ospiti vip, che noi chiameremo “congelati”, e la stanza dei giochi, dove i concorrenti devono rimanere immobili. Qui capiteranno loro cose non sempre piacevoli.
Mara Maionchi, Ubaldo Pantani e…?
… di volta in volta ci sarà anche la voce della Nazionale di calcio, Alberto Rimedio. Per me è stato un onore, un sogno. Sentirlo raccontare i nostri giochi — tutto sommato futili e divertenti — è stato esilarante. C’è un gioco in particolare, quello della puzzola, che annunciato con la sua voce solenne assumeva un livello di serietà incredibile (ride). E lì ho citato una frase famosa di Manlio Scopigno (l’allenatore “filosofo” del Cagliari scudettato): “Tutto mi sarei aspettato dalla vita, tranne che vedere Comunardo Niccolai in mondovisione”. Parafrasandolo, in onda ho detto: “Tutto mi sarei aspettato dalla vita, tranne sentire Alberto Rimedio commentare il gioco della puzzola”.
Possiamo dire che nella vita c’è sempre “un momento puzzola”?
Assolutamente (ride). “Freeze” è un gioco per tutta la famiglia, e penso soprattutto ai bambini, ne andranno matti. Si basa su piccole paure, sugli “spaventini”, sulle puzze “adorate”, o su prove di silenzio e immobilità. È tutto molto primordiale, come molti format giapponesi da cui anche io nostro trae ispirazione.
Tra leggerezza e simpatico sadismo…
È un gioco sulla capacità dell’essere umano di trattenersi: resistere a spaventi, movimenti, odori, paure e, a volte, persino agli animali. C’è anche un cagnolone che punta a una pallina calata vicino ai concorrenti. Per prenderla, inevitabilmente, finisce per saltare addosso a chi è immobile. Io porto ancora i segni sulle braccia, non dai denti, ma dalle sue zampe!
Se i concorrenti resteranno “freezati”, voi conduttori cosa farete?
È il primo programma dove i concorrenti non devono fare niente: non li mandiamo su un’isola deserta, non li chiudiamo in una casa, non hanno compiti. E quel “non fare” che riesce meglio a noi che lavoriamo in tv (ride). Io e Rocio saremo la compagnia del pubblico, divertendoci a commentare quello che succede insieme ai vip non coinvolti nei giochi.
Cosa significa costruire oggi uno show per la prima serata?
Significa capire cosa possa interessare davvero al pubblico, cercando di fare un programma per tutti, trasversale. Io amo la cultura pop, mi piace pensare che possano guardarmi sia un bambino di otto anni, sia una signora di ottanta. Entrare nelle case con leggerezza è come sedersi sul divano accanto a loro.
Cosa ha capito di se stesso dal suo mestiere?
Ogni anno mi sento una persona nuova, con una consapevolezza diversa. Sarebbe bello essere come Benjamin Button, ma purtroppo il corpo non ringiovanisce (ride). Però dentro ci si migliora. Prima della registrazione di “Freeze” ho passato notti insonni, come mi succede sempre davanti a un progetto nuovo. Eppure, al momento della verità, non ho provato quell’ansia accecante, mi sono goduto l’attimo. Questo perché oggi mi fido un po’ di più di me stesso.
Cosa si aspetta dal lavoro, a questo punto della sua carriera e della vita?
E cosa ne posso sapere io (ride)? “Yesterday is history, tomorrow is a mystery, but today is a gift; that’s why it is called the present”. Mi godo tutto, anche questa intervista.
Cosa significa per lei giocare?
Giocare è il modo migliore per vivere il presente. Se penso a un momento felice della mia vita, ricordo quando stavo a casa di amici a giocare con i Lego. Un bambino non ha l’angoscia del domani, vive l’attimo. Quando riesco anch’io a ritrovarmi in quella condizione, i problemi spariscono.
Con “Freeze” rimarremo tutti immobili: su cosa resta “imperturbabile”?
Purtroppo mi “freezo” negativamente quando apro i quotidiani, che da almeno tre anni, se non di più, riportano quasi solo brutte notizie. Un tempo arrivavano anche buone notizie dal Medio Oriente o dall’ex Unione Sovietica. Oggi invece è un momentaccio, e non riesco a rimanere indifferente.
Il piacere di essere una voce amata dal pubblico. Qual è la sua più grande soddisfazione?
È vero che ormai faccio anche televisione, ma il fatto che il programma radiofonico che conduco con Linus abbia ascolti paragonabili — se non superiori — a un programma tv, non l’avrei mai immaginato. Con orgoglio e un po’ di commozione penso a mia madre. Più di trentacinque anni fa, quando decisi di smettere di studiare, lei mi disse con il suo accento calabrese: “A me va bene, ma ricordati che di Renzo Arbore ce n’è uno solo”. Aveva ragione: Arbore è unico. Però io e Linus, nel nostro piccolo, ci siamo tolti molte soddisfazioni.
Che rapporto ha con la tv?
Sono uno spettatore onnivoro, anche se ho ancora una debolezza per la televisione generalista. Non sono uno schizzinoso, guardo il day time, i programmi di cucina, quelli di storia. Adoro “È sempre Mezzogiorno” di Antonella Clerici, perché ha un’impronta molto radiofonica, spontanea… (nel frattempo Nicola Savino riceve una telefonata). Era Rocio: ha esordito con “Mi manchiiiiii” (intonando Fausto Leali). Ecco, questi siamo noi prima di “Freeze” (sorride). Dicevo, guardo di tutto: i game show, programmi di storia, a quelli politici preferisco la satira di Zoro a “Propaganda Live”. Anche questo, come il format di Antonella, ha lo stesso spirito improvvisato della radio. Per me la comunicazione è proprio questo: pensavi di fare una cosa, ma succede altro, e tu ci vai dietro.
Un giovane conduttore le chiede un consiglio: cosa gli direbbe?
Prima di tutto di guardare tantissima televisione. E poi non mettersi mai davanti a ciò che si presenta. Nessuno vuole presentare, tutti vogliono essere presentati. Il percorso di Stefano De Martino è, invece, sorprendente. È il primo giovane che prova fatto mestiere e si mette in gioco con grazia e intelligenza, non mette sé stesso al centro, ma quello che porta in scena. Questo è l’insegnamento che ho ricevuto dai miei autori, e che a mia volta cerco di trasmettere.
Pippo Baudo ci ha lasciato da poco. C’è qualcosa che avresti voluto chiedergli?
Ai maestri ci sarebbe da chiedere tutto. La sua era una tv “sartoriale”: il format di Pippo Baudo era Pippo Baudo. Dirigeva tutto, dal primo faretto all’ultima ballerina di fila. Un modo di lavorare straordinario, ma per me — che divido le mie energie tra radio e tv — impossibile da replicare. A lui e ad Arbore chiederei solo questo: “Come avete fatto?”.