MIKE
Una miniserie evento sulla vita di Mike Bongiorno a cento anni dalla sua nascita e a settanta dalla prima trasmissione televisiva italiana che lo vede protagonista. Due serate per celebrare un’icona della tv, ricordare una carriera unica e irripetibile, ma soprattutto per raccontare il volto inedito, più intimo, spesso rimasto all’ombra del conduttore di successo: spigliato e sorridente di fronte alle telecamere ma riservato e introverso nel privato. Il 21 e il 22 ottobre in prima serata Rai 1
Quando in Italia si sente dire “Allegria!” si pensa subito a Mike Bongiorno, padre della televisione italiana e re dei quiz. Nato a New York nel 1924 da una famiglia italo-americana, Mike è stato uno dei principali protagonisti del piccolo schermo sin dal primo programma trasmesso dalla Rai nel 1954. Ha iniziato a fare il presentatore in giovanissima età e della sua lunga carriera si conoscono le tappe, le sfide, i successi. Meno i presupposti, i sacrifici, la solitudine. Diviso fra Stati Uniti e Italia, fra padre e madre, fra guerra e ricostruzione, ciò che Mike ha vissuto si allaccia inevitabilmente alla storia del nostro Paese, da lui scelto per mettere radici e formare la sua famiglia.
Il racconto si apre nel 1971: Mike è all’apice della popolarità grazie a “Rischiatutto” e da qui si snodano a ritroso i capitoli più significativi della sua parabola, in un armonico alternarsi tra la cornice, costituita da un’approfondita e dinamica intervista televisiva, e i diversi flashback che prendono il via dall’infanzia a New York per arrivare anno dopo anno all’incontro con Daniela Zuccoli, la ragazza che sposerà nel 1972 e che resterà al suo fianco fino all’ultimo giorno.
Il regista Giuseppe Bonito racconta…
«Poter girare una serie che racconta una parte significativa della vita di Mike Bongiorno è una sfida molto difficile e, allo stesso tempo, una grandissima opportunità. Mike Bongiorno è in assoluto il nome a cui ancora oggi, più di tutti, viene associata la televisione in Italia. Anzi, si può con obiettività affermare che la televisione nel nostro paese è nata con lui e che, per decenni e per generazioni di telespettatori italiani, Mike (il cui nome, per tantissime persone, basta e avanza) è stato più di una figura popolare: è stato una presenza paragonabile a un parente, a un fidanzato, a un amico di famiglia. Per me la sfida è proprio questa: come si può raccontare al grande pubblico una figura così familiare e presente nelle vite di tanti italiani? Cosa può aggiungere a ciò che tutti sanno già? Qual è il punto di vista più giusto? Ciò che ho fatto è stato scordarmi di tutto ciò che già sapevo e ricordavo di Mike, compiendo intanto un percorso di conoscenza il più profondo possibile. Ho scoperto una vita straordinaria e degna di essere raccontata anche alle nuovissime generazioni, non solo per ciò che Mike ha significato per la storia culturale e sociale del nostro paese, ma anche perché la sua vicenda ci racconta di temi universali che riguardano tutti noi: i legami problematici tra genitori e figli, il bisogno degli altri, l’importanza delle proprie radici, la ricerca tenace dell’amore. L’ambizione è quella di esplorare e di raccontare l’uomo Mike, al di là della figura iconica e leggendaria che tutti conosciamo. In quest’ottica, tutto – dalla scrittura, al lavoro con gli attori, all’uso della macchina da presa – si basa proprio su questo dualismo: nella nostra serie, Mike passa in continuazione dalla dimensione pubblica a quella privata e viceversa. Vediamo spesso Mike compiere questo passaggio, per cui non è infrequente che l’uomo timido e introspettivo, improvvisamente, davanti al microfono della radio o alla telecamera accesa, diventi la figura affabile e sicura di sé che tutti conosciamo, il geniale utilizzatore di un linguaggio apparentemente semplice, ma nella sostanza complesso, perché universale. Lo stile di regia di Mike asseconda questo movimento costante dal fuori al dentro e comprende più livelli di ripresa che vanno a contaminarsi tra di loro, oscillando tra un uso della macchina da presa che filma una narrazione oggettiva degli eventi e un uso della macchina da presa che crea delle bolle di astrazione soggettiva. Da un lato c’è un racconto intimo e a tratti doloroso della separazione dei suoi genitori, di una vita divisa tra due continenti, tra l’Italia e l’America, e dall’altro l’ascesa e la consacrazione prima nelle radio americane e poi in tv in Italia. A tal proposito ho scelto di ricostruire la New York degli anni Quaranta e Cinquanta e poi degli anni Settanta, integrando le importanti costruzioni scenografiche a un utilizzo estensivo degli effetti visivi digitali, mentre, per quanto riguarda le sue celebri trasmissioni, ho optato per un’impostazione rigorosamente filologica provando a ricostruire fedelmente gli studi di Lascia o raddoppia? e di Rischiatutto, così come il teatro del Festival di Sanremo del 1967. Mi piacerebbe che lo spettatore godesse di un grande affresco che attraversa una buona parte del secolo scorso in cui si racconta di un uomo che, a modo suo, ha contribuito a fare l’Italia e che è stato l’inventore della tv italiana, ma anche di un giovane studente che ha aderito alla lotta partigiana rischiando la vita. Vorrei però anche condurre lo spettatore in una dimensione intima, privata, umana, raccontando un essere umano con le sue fragilità, le sue paure e il bisogno d’amore autentico che tutti noi proviamo.»
I PERSONAGGI
MIKE BONGIORNO (Claudio Gioè, Elia Nuzzolo)
Quanti volti ha il protagonista di questa serie? Ne ha tanti, anche perché ha avuto tante vite, Mike, e per ognuna di queste vite ha presentato una faccia diversa. Chi l’ha conosciuto sul lavoro ha avuto a che fare con un professionista rigoroso e preciso, un uomo che ha vissuto di spettacolo e che conosceva bene il suo mestiere, anche perché l’aveva imparato nella patria dell’entertainment, gli Stati Uniti, la sua seconda casa. Mike lavorava per sé, ma anche e soprattutto per quei milioni di persone che lo consideravano uno di famiglia. È il pubblico l’unico giudice supremo a cui Mike si rimette e a cui deve il suo successo e questo non lo dimentica. Ma Mike non è solo un personaggio televisivo, amatissimo dall’Italia e dagli italiani: è anche una persona con le sue complessità e le sue contraddizioni, un uomo lacerato tra due patrie, tra due mondi diversi, coraggioso ma timidissimo, pacato ma deciso.
DANIELA ZUCCOLI (Valentina Romani)
Daniela è una giovane donna del suo tempo, che non è quello di Mike. Quando si incontrano, ci sono 28 anni di differenza, una diversa concezione della vita, che riesce a essere non un ostacolo, ma una fonte di arricchimento per entrambi. La loro unione non dimostra solo che l’amore è imprevedibile, ma anche che, a volte, la scelta della persona con cui vogliamo condividere la nostra vita diventa qualcosa di inevitabile, come la serie di coincidenze che hanno portato Mike e Daniela, tanto diversi e tanto lontani, a incontrarsi spesso e nei contesti più disparati, fino alla consapevolezza che il destino di cui si parla e che sembra ineffabile, a volte, è estremamente concreto.
SEBASTIANO SAMPIERI (Paolo Pierobon)
Unico personaggio di fantasia, il giornalista televisivo Sebastiano Sampieri è colui che conduce l’intervista a Mike Bongiorno attraverso la quale, scavando nel passato del presentatore, si cerca di restituire l’immagine più veritiera di Michael oltre che di Mike, della persona oltre che del personaggio. Sampieri si fa portavoce delle istanze degli intellettuali degli anni Settanta, avversi a Mike e alla televisione, ma sarà proprio Mike a fargli capire che, in realtà, quei due mondi non sono poi così diversi, solo apparentemente appaiono come fronti contrapposti.
PHILIP BONGIORNO (Tomas Arana)
Il padre di Mike è un uomo complesso. Anche lui, come il figlio, ha due nomi, uno italiano e uno americano. Il crollo del 1929 lo mette in ginocchio economicamente e lo costringe a separarsi dalla moglie Enrica, che ritorna in Italia col piccolo Mike, di soli sei anni. Quando Mike ritorna a New York ventenne, dopo la guerra, capisce ben presto che deve ricucire un rapporto su nuove basi. Mentre Philip si rende conto di non essere preparato a fare il padre. Il suo forte pragmatismo lo porterà a insegnare a Mike che nella vita è necessario sudare, meritarsi le cose: niente ci viene regalato. Nonostante questa apparente durezza, tra Mike e Philip si crea un forte legame affettivo.
ENRICA CARELLO (Clotilde Sabatino)
La madre di Mike è una donna dell’Ottocento. Si sposa giovanissima con l’ufficiale Philip Bongiorno, seguendolo a New York, salvo poi rendersi conto che in quella gigantesca metropoli si sente piccolissima, oppressa da una depressione che si fa sempre più pesante e che si associa ad un’altra, collettiva: quella del 1929, che getta sul lastrico migliaia di famiglie, fra cui la loro. Enrica vede il ritorno in Italia come la possibilità di recuperare la voglia di vivere, ma non è facile crescere un figlio piccolo da sola. Insegna a Mike la resilienza e, quando il figlio partecipa alla lotta partigiana, la madre è al suo fianco. Dopo una dolorosa separazione durata anni, al ritorno di Mike in Italia i due finalmente si ritroveranno.
GINO CAVALLERO (Gualtiero Burzi)
Gino Cavallero, giornalista sportivo del quotidiano di Torino “La Stampa”, è il primo mentore di Mike, figura quasi paterna, che riconosce nel giovane americano d’Italia un valente atleta, ma un ancor più un valente collega, anche se in erba. Gli affida all’inizio mansioni da “galoppino”, poi lo mette alla prova facendogli scrivere articoli su sport e campionati minori. Ed è Cavallero che condurrà Mike sui sentieri dell’antifascismo e della Resistenza.
VITTORIO VELTRONI (Massimo De Lorenzo)
A un giovane Vittorio Veltroni Mike deve l’ingresso nella neonata Rai: colpito dalle sue radiocronache dall’America, il dirigente intuirà che quel ragazzo ha le carte in regola per un futuro non solo nella radio ma anche nel nuovo mezzo di comunicazione che sta nascendo anche in Italia, la televisione. Ed è grazie a lui che Mike torna in Italia potendo contare su uno stipendio. E su una prospettiva di vita piena di successi.
CARLO FUSCAGNI (Augusto Fornari)
Un amico e un confidente per Mike, è colui che nella miniserie lo convince a partecipare all’intervista che dà il via alla storia. Ma non solo: è anche il dirigente Rai che, nel momento più basso della carriera di Mike, lo aiuta a risalire, non smettendo mai di credere in lui e nelle sue potenzialità.
La prima serata
All’apice del successo di Rischiatutto, Mike Bongiorno accetta di partecipare a un’intervista in cui si racconta al suo pubblico. Il primo ricordo prende le mosse dal crollo di Wall Street nel 1929, quando Philip Bongiorno viene costretto a separarsi dalla moglie, Enrica Carello, affinché possa risollevarsi dalle ingenti perdite economiche subìte. Enrica ritorna quindi nella sua Torino insieme al piccolo Mike. Ma non si tratta di una parentesi. Una volta lasciata New York, la donna non vorrà più tornarvi, costringendo Mike a restare in Italia e a perdere i contatti col padre. Gli anni a Torino non saranno facili per lui. Muove i primi passi nello sport e come giornalista, si diploma, ma all’improvviso tutto si ferma con l’arrivo della guerra. L’attività di staffetta partigiana e il suo passaporto americano lo portano prima in carcere a San Vittore, dove anche Enrica viene imprigionata, e poi in diversi campi di concentramento. Esperienze durissime senza nemmeno la possibilità di avere notizie della madre, a cui scrive immaginandola nella loro casa a Torino. Mike corre più di una volta il rischio di essere fucilato e dopo due anni, grazie a uno scambio di prigionieri, i nazisti lo rimandano a casa, ma non a Torino bensì a New York.