GIANRICO CAROFIGLIO

Progresso e non macerie

Conduttore di “Dilemmi” la domenica su Rai 3, lo scrittore parla al RadiocorriereTv della forza e della bellezza del confronto: «Penso che si possa trovare un accordo praticamente su tutto e che qualsiasi argomento possa diventare terribilmente divisivo nel momento in cui un tema è vissuto dagli interlocutori come una questione identitaria»

 

Il confronto tra persone, idee, punti di vista diversi e lontani… quali sono le regole di “Dilemmi”?

Sono le regole della discussione civile, sono tante e non ci siamo inventati nulla. Abbiamo cercato di condensarle in tre, immediatamente percepibili, per cercare di fare una bonifica rispetto alla qualità scadente e violenta di molto dibattito pubblico e televisivo. La prima regola è che è vietato l’attacco alla persona, quello che nell’antica retorica si chiama argumentum ad hominem, bisogna contestare l’argomento dell’interlocutore e non aggredire l’interlocutore stesso con cose che con il tema non c’entrano niente. La seconda regola è il divieto di manipolazione, che significa che non ci può prendere quello che ha detto l’interlocutore, trasformarlo arbitrariamente in qualcosa d’altro, e poi attaccare ciò che l’interlocutore non ha detto. Anche questa è una classica fallacia della retorica che abbiamo inteso evitare e vietare. La terza regola è quella dell’onere della prova: se fai un’affermazione devi essere pronto a indicare argomenti e prove, altrimenti la tua credibilità viene meno.

Perché, nel nostro quotidiano, nel dibattito, è così difficile evitare il disordine e lo scontro?

Intanto perché è difficile, costa fatica, l’esercizio dell’intelligenza è l’esercizio della moderazione, della comprensione degli argomenti altrui, che non significa adeguarsi. È molto più comodo collocare etichette, aggredire, sbraitare, giudicare. Jung diceva che pensare è molto faticoso, quindi la maggior parte della gente preferisce giudicare. Dall’immedesimazione totale con le proprie convinzioni, deriva la possibilità che se queste vengono attaccate o scalfite avvertiamo una lesione dell’ego e questo è pericoloso. Noi dovremmo essere affezionati alle nostre convinzioni e ai nostri valori nella consapevolezza che ce ne sono anche altri, che la ragione non è tutta da una parte e che la discussione civile e intelligente significa mettere a confronto opinioni diverse nel rispetto di ogni opinione, tranne quelle aberranti, che negano il senso di umanità, e nella consapevolezza che in ogni opinione, per quanto lontanissima da noi, si nasconde qualche frammento di verità. Bisogna essere pronti a coglierla per far sì che il dibattito sia un’attività che produce progresso e non macerie.

Partendo dalla sua esperienza, qual è l’argomento più divisivo in un confronto pubblico e su quale, invece, si trova più facilmente un accordo?

Penso che si possa trovare un accordo praticamente su tutto e che qualsiasi argomento possa diventare terribilmente divisivo nel momento in cui quel tema è vissuto dagli interlocutori come una questione identitaria. Sapere che spesso nel dibattito non è in gioco il tema, la questione controversa, ma uno scontro di ego, di sicurezze e di insicurezze, è una premessa, per chi ha voglia ed è capace di farlo, per chi ha energia e intelligenza, per trasformarlo in un incontro e in possibile cooperazione.

C’è un tema sul quale, nonostante il suo essere uomo di grande equilibrio, fatica a non arrabbiarsi?

Mi arrabbio rispetto alla demagogia, sia quella frutto di stupidità, sia quella frutto di malafede, sono entrambe pericolose. Poi il fatto che mi facciano arrabbiare non significa che io mi arrabbi, resto dell’opinione che si debba discutere di tutto e con tutti per cercare di disinnescare. C’è una frase che ripeteva spesso il presidente americano Abraham Lincoln: “Quell’uomo non mi piace, devo conoscerlo meglio”. È un bel motto.

Perché, le soluzioni complesse sono spesso viste con sospetto?

Ci costringono a faticare. A volte non vogliamo fare lo sforzo angoscioso di confrontarci con la complessità. Farlo significa convivere con l’inquietudine, con il non sapere, con il dovere aspettare e riconoscere che ogni soluzione è provvisoria e tutto va contro il disegno di stabilità. Una buona educazione a tutti i livelli, a cominciare dalle scuole, dovrebbe insegnarci a convivere con l’incertezza e con l’errore.

Come si schiera nel dibattito sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale?

Per fortuna né su questo né su altro ho posizioni definitive. È così su qualsiasi cosa, anche sulle leggi della scienza. Dopodiché la uso, mi sento di dire in modo piuttosto evoluto, per sviluppare nuove idee, ci faccio un sacco di cose. La questione è come entri in rapporto, se la trasformi in estensione della tua umanità o in un volgare segretario per fare le ricerche, in questo caso serve a pochissimo. Quest’ultimo tipo di uso non consente l’esercizio delle doti che sono indispensabili nel futuro, ossia la capacità di governarla e non correre il rischio di esserne governati. Chiedo all’intelligenza artificiale di aiutarmi a risolvere problemi di cui non sono perfettamente consapevole. Faccio un esempio, dico di farmi delle domande in modo che possiamo insieme capire i contorni della vicenda che dobbiamo affrontare insieme. I risultati sono abbastanza spettacolari.

Se avesse la possibilità di mettere a conversare due personaggi della storia, chi sceglierebbe e quale tema proporrebbe loro?

Farei parlare due filosofi sui confini della conoscenza, prenderei Michel de Montaigne ed Hegel. La filosofia di Montaigne è tutta aneddotica, singoli scritti su temi specifici senza nessuna pretesa di universalità, Hegel, invece, ha un pensiero metafisico che non ammette alternative, dubbi o altro. Il confronto tra l’intelligenza consapevole, pragmatica, che ha il senso del limite, la verità relativa, rispetto all’idea di una conoscenza definitiva e assoluta del mondo che io trovo inaccettabile. Avevo giocato con gli anagrammi della locuzione la verità, che si può anagrammare in rivelata, evitarla, vietarla e relativa. Ognuna di queste parole esprime un pezzo della storia del pensiero: su ogni tema ci sono molteplici punti di vista e ci saranno in futuro. La bellezza del conoscere sta proprio nella consapevolezza del carattere, per me meravigliosamente provvisorio, della conoscenza.

Prima di salutarla le sottopongo tre piccoli dilemmi… il libro cartaceo o l’e-book?

Li uso tantissimo entrambi. Se proprio devo scegliere per forza dico la carta.

Sul comodino, il saggio o il romanzo?

Tutti e due.

L’applauso o la critica di un lettore?

La critica si prende, a volte è costruttiva altre no, spesso nasconde un intento più o meno aggressivo. Se devo scegliere prendo la gratificazione dell’applauso.

 

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