Un racconto di storie di vita che vede protagonisti donne e uomini, vittime, carnefici e uomini dello Stato. Il programma presenta reportage e testimonianze di chi lotta contro la criminalità organizzata, la mafia e la corruzione. Un viaggio nel nostro Paese attraverso territori di una bellezza struggente ed incontaminata. La conduttrice al RadiocorriereTv: «Saper scegliere la strada da percorrere non è solo questione di coraggio, ma di conoscenza, di comprensione». Da sabato 23 marzo, ore 21.45, Rai 3
Storie drammatiche di chi quotidianamente deve decidere da che parte stare, di chi sconta la propria pena e torna uomo libero e di chi deve convivere per sempre col dolore della perdita.
Come nasce “Todo Modo”?
Dal programma “Cose Nostre”, che faccio da quasi dieci anni, che ha come punto di forza il racconto di storie tragiche, drammatiche, però dal punto di vista emotivo dei protagonisti, andando anche oltre l’inchiesta. Questi sono i temi che abbiamo cercato di non perdere in questo nuovo appuntamento che parlerà di legalità, dello Stato, dell’equità della giustizia. Al centro della narrazione anche le testimonianze dei nostri ospiti in studio, che ci stimoleranno a una riflessione più ampia.
“Todo Modo”, romanzo di Leonardo Sciascia, si interroga sul futuro politico del Paese, in che modo ha ispirato la vostra narrazione?
In realtà il titolo è nato pensando agli “Esercizi spirituali” di Ignazio di Loyola, attraverso i quali i gesuiti tentavano di ingraziarsi la volontà divina: “Todo modo para buscar la voluntad divina”. Sciascia fece suo questo motto, che mi è sembrato la sintesi perfetta per quello che volevo fare io, testimoniare una battaglia, una conquista a fin di bene. E poi c’è il romanzo metafisico in cui tutto si mischia, in cui i confini sono sempre labili, attraversabili.
Da dove partirà il vostro viaggio?
Dalla Calabria, per raccontare delle storie al femminile, storie di resistenza. Partiremo dal grandissimo esempio di Maria Chindamo, barbaramente uccisa nel 2016, donna che ha inseguito il suo desiderio di realizzazione e di indipendenza.
La vostra seconda tappa sarà in Sardegna…
… mi è sempre sembrata una terra in cui le contraddizioni più forti, sia delle comunità pastorali sia del post Stato unitario, si siano fatte sentire, anticipando anche le crisi dello Stato unitario. Ci occuperemo di quella che la stampa definiva anonima sarda, struttura modulare e non gerarchica che aveva un rapporto molto stretto con il territorio. Incontreremo Annino Mele, una delle principali figure del banditismo sardo. Ho pensato che potesse essere un paradigma per raccontare anche quel periodo buio dell’Italia, quello del terrorismo politico e dei sequestri di persona. Nella sua storia si mischia tutto, insieme al tentativo delle Br, fortunatamente fallito, di sbarcare in Sardegna sfruttando il movimentismo banditesco. È la storia personale di un uomo intelligente che si fece trascinare in un gorgo di volenza, di faide, sin dall’infanzia. Abbiamo raccolto anche la testimonianza del prefetto Salvatore Mulas, sardo di Macomer, che racconta quegli anni difficili. Nella terza puntata saremo infine in Campania, nel casertano, dove spesso, negli anni passati, i ragazzi non avevano altro esempio se non quello della delinquenza.
Tante storie, tanti microcosmi. Quale chiave di lettura possono darci per interpretare l’Italia di oggi?
Che siamo tutti protagonisti di una lotta quotidiana che ci vede scegliere tra il bene e il male. Saper scegliere non è solo questione di coraggio, ma di conoscenza, di comprensione. In tutto questo un ruolo importante ce l’hanno il tempo e l’esperienza. Altrettanto fondamentale è conoscere le sfide di chi ha lottato, di chi è stato anche sconfitto. Con o senza divisa.
Che rapporto nasce con i suoi intervistati?
Raccontiamo storie spesso dolorose, un dolore che rende tutto più complesso. Il racconto nasce insieme, c’è una condivisione piena e sono storie che ti rimangono addosso nel tempo. Non puoi chiedere fiducia a una persona e dopo la messa in onda del programma far finta di nulla, non risponderle più al telefono. Porto rispetto a chi mi dà fiducia. Sono contenta quando chi intervisto diviene protagonista del proprio racconto. A pagare è l’autenticità, strumento che aiuta a creare ponti. In questo viaggio non sono sola, con me c’è il regista Raffaele Maiolino, poi ci sono gli autori, Federico Lodoli, Beniamino Daniele e Matteo Lena. Il nostro è un racconto corale.
Non un format d’acquisto ma un prodotto realizzato completamente dalla Rai…
“Todo Modo” è una produzione completamente interna, realizzata dal Centro di Produzione della Rai di Napoli per quanto riguarda lo studio, e montato invece a Roma, nel Centro di Produzione di via Teulada. Sono stata abbracciata e sostenuta con grande professionalità da tutte le persone che lavorano con me, che dimostrano grande senso di identità e di appartenenza. L’entusiasmo che c’è intorno al progetto è stimolante e responsabilizzante. Noi ce la mettiamo tutta.
A chi dedichi “Todo Modo”?
Vorrei dirti a un certo tipo di racconto che faceva la Rai nel passato, con il quale sono cresciuta, ma non vorrei sembrare mitomane per avere riferimenti molto alti (sorride). Mi piace anche ritornare a quella parola, desueta, che è reportage. In “Todo Modo” uso molto repertorio che mi aiuta a continuare un percorso iniziato nel passato, negli anni Sessanta, Settanta, Ottanta. La Rai può contare sulla propria storia, sulla propria esperienza. Penso anche a chi mi ha insegnato a lavorare, che mi ha dato l’opportunità di essere libera e fuori dagli schemi. Questo è successo con “Cose nostre”, spero che il viaggio prosegua con la stessa intensità.
Riccardo Scamarcio è Cesare Florio nel film diretto da Stefano Mordini, da giovedì scorso nelle sale italiane. La pellicola racconta l’impresa della Lancia 037 nel mondiale rally del 1983. Nel cast Volker Bruch, Katie Clarkson-Hill, Esther Garrel e Daniel Brühl
Nel mondo del rally, il 1983 è l’anno in cui si fece la storia, l’anno di Davide contro Golia, quello in cui il team Lancia, sfavorito, ma guidato dal carismatico Cesare Fiorio (Riccardo Scamarcio), affronta il potente team Audi in una delle più grandi rivalità della storia dello sport. Nel Campionato del mondo, contro il formidabile rivale Roland Gumpert (Daniel Brühl) e il suo team Audi, tecnologicamente superiore e composto da figure come il campione finlandese, Hannu Mikkola (Gianmaria Martini), Lancia e il suo team manager, Cesare Fiorio, rischiano una sconfitta certa. Ma con cuore, passione e capacità da fuoriclasse, Fiorio riesce a mettere insieme una squadra insolita, convincendo anche il campione Walter Röhrl (Volker Bruch) a guidare per la Lancia. Utilizzando tutti i trucchi a sua disposizione e piegando le regole, Fiorio si addentra in territori pericolosi, dentro e fuori la pista, per una vittoria che sembra essere impossibile. È nelle sale da giovedì scorso “Race for Glory – Audi vs Lancia”, diretto da Stefano Mordini. “Non ero un appassionato di rally… poi ho visto su Internet dei video del campionato del 1983 e ho notato un aspetto – spiega Riccardo Scamarcio che del film è anche coproduttore e cosceneggiatore –, il confronto tra genialità, passione, un briciolo di follia e l’astuzia di un uomo, Cesare Fiorio, che riesce a mettere in crisi l’arroganza della tecnologia e del denaro. Ho trovato fosse anche il riflesso di un modo di essere degli italiani e che potesse rinfrescarci l’idea di chi siamo”. La pellicola presenta Fiorio all’inizio del campionato del 1983, con la Lancia sotto la pressione delle vittorie dell’Audi sotto la guida di Roland Gumpert, con un’auto che sembra imbattibile grazie all’innovazione delle quattro ruote motrici. A capo di un team determinato e desideroso di vincere, il direttore sportivo lancia la sfida: “il rally è come una guerra e io sono il comandante di un’armata”. Una sfida produttiva che ha visto in campo anche Rai Cinema. “L’ambizione e l’originalità di “Race for Glory” è rendere omaggio a uno sport epico come il rally, una prova ai limiti delle capacità umane per rischio, fatica e concentrazione richiesta – dice Stefano Mordini – e per far ciò anche il linguaggio narrativo doveva assumersi dei rischi, allontanarsi dalla pulizia formale e patinata di molti film concepiti per le piattaforme e diventare un po’ ‘sporco’, ritrovare quell’adesione alla realtà, quell’azzardo e quella vitalità di un certo cinema militante degli anni ’70. Abbiamo strutturato insieme al direttore della fotografia, Gigi Martinucci, e al produttore, Riccardo Scamarcio una narrazione visiva che durante le gare sia sempre dentro e insieme agli attori. Voglio poter coinvolgere a pieno lo spettatore, fargli sentire l’adrenalina, la fatica e lo sporco della gara. A mio parere questo è il punto di vista giusto, per poter entrare e far capire gli stati d’animo, la passione, la cura e l’amore che si vive nel mondo del rally”. Centrali, per la realizzazione del film, i racconti di Cesare Florio. “La sua visione ci ha permesso di esprimere nel film tutta la forza, la determinazione e la potenza del team Lancia – conclude il regista –, conditio sine qua non dell’impresa messa in atto: l’artigianato italiano, fatto di braccia e cuore contro la sofisticata tecnologia tedesca, un’impresa sulla quale nessuno avrebbe scommesso”.
L’offerta di Rai 1 e Rai 2 mainstream, Rai 4 tra cinema d’autore e classici, serialità e tv movie, anticipata e commentata dal direttore Adriano De Maio
Adriano De Maio – Direttore Cinema e Serie TV
Da dove nasce la sua grande passione per la televisione?
La televisione per me e per tanti colleghi è una “vocazione”, non si impara a scuola, la competenza si acquisisce sul campo. La televisione è la storia e la Rai fa la storia. Sono molto grato a questa azienda perché ho esaudito un sogno e mi ha dato tutto. Come direttore Cinema e Serie Tv, lavoro ad un settore su cui la Rai punta molto. Il Cinema non passa mai di moda e attraverso la mia squadra e i miei collaboratori esperti nella programmazione, Paola Tucci (Lunga serialità e Tv Movie), Leopoldo Santovincenzo (Film e serie di Genere), Cristina Cavaliere (Film e serie Mainstream), Stefano Francia di Celle (Film Classici e d’Autore), Luca Macciocca (Innovazione Prodotto), puntiamo al cinema italiano e internazionale, raccontando e ricordando. Così come per le serie, stiamo lavorando ad una ricerca che strizza sempre l’occhio al futuro.
70 anni di televisione. Cinema e serie tv come si inseriscono in questo momento storico?
La Rai ha una grande storia di produzione originale anche nel settore della rappresentazione cinematografica e televisiva, con gli sceneggiati e la grande fiction, e anche storicamente con la realizzazione di moltissimi grandi film. Ma c’è una lunga e importante tradizione di cinema di acquisto, che negli anni ha portato nelle case degli italiani il meglio di Hollywood e della produzione nazionale ed europea, con grandi autori e film di cassetta. Una stabile presenza di film sui nostri palinsesti c’è sempre stata, ma ricordo una svolta nel 1987 (io iniziavo in Rai) quando andarono via i grandi personaggi che si spostarono alla concorrenza (per poi tornare quasi tutti a casa). La Rai si trovò senza numeri uno per i varietà e quindi l’allora Direttore di Raiuno Giuseppe Rossini decise di controbattere acquistando, per la prima volta in un colpo solo, un grande pacchetto di cento film importanti per la tv pubblica.
Le serie tv continuano ad essere un fenomeno in crescita?
Il successo c’è e acquistiamo prodotti gradevoli che abbiano dei contenuti. Facciamo un utilizzo tattico e strategico del prodotto cinema che è una pausa di riflessione tra una fiction, un varietà e un approfondimento o una serata culturale, quindi cerchiamo sempre di scegliere film che abbiano un contenuto, una coerenza, che lascino qualcosa al pubblico, un messaggio, un sentimento.
Dalla televisione allo streaming. Qual è il ruolo del digitale?
La maggior parte dei nostri film è sulla piattaforma RaiPlay dove a volte hanno più seguito che sul canale generalista. Il pubblico li va a rivedere ed è per questo che noi organizziamo dei cicli. C’è una grande collaborazione con RaiPlay e la maggior parte dei prodotti è anche lì.
Il futuro del cinema e della tv nelle programmazioni?
Il mio obiettivo è dare più spazio al cinema italiano e ai prodotti di Rai Cinema che sono molto belli. E per le serie televisive ho più volte usato una battuta: meno serie americane. Non ho pregiudizi verso il genere, che anzi va molto bene. Dobbiamo però dare più spazio a serie motivazionali dove chi guarda si riconosca e possa anche prendere ispirazione per la propria vita. Cercheremo di inserire serie anche europee e di altre nazionalità, senza pregiudizio, oltre il perimetro di quelle americane, ad esempio legal e medical con protagonisti giovani medici e avvocati in storie che lasciano un messaggio positivo capace di ispirare e far sognare. La tv è anche uno stimolo per i giovani e l’influenza dei social e della televisione ci richiama ad una grande responsabilità. Quanto ai film stiamo cercando di attualizzare il magazzino e legare le nostre programmazioni ad avvenimenti di attualità e ricorrenze istituzionali in collaborazione con Rai per la Sostenibilità.
La narrazione dunque è un punto di forza anche per le serie tv acquistate?
Dobbiamo contribuire al racconto del nostro Paese e seguire il presente. Non acquisire un prodotto e semplicemente collocarlo.
Offerta per cinema e tv nella primavera Rai
Rai 1 e Rai 2 mainstream: continuità e cambiamento
Rai Uno è alla continua ricerca di equilibrio tra continuità e cambiamento, tradizione e innovazione, portando al centro dell’offerta i valori, il gusto, l’importanza del racconto. L’obiettivo è rivolgersi al pubblico ampio, che in primavera è stimolato da un’offerta molto competitiva e variegata.
Inserendosi sulla scia dell’intrattenimento e della fiction di produzione, il Canale offre il martedì molti film in prima visione rivolti ai target femminili, mentre tra i titoli italiani in prima visione, l’evento “Ennio” di Giuseppe Tornatore il 20/03. Un documentario allo stesso tempo capace di raccontare la vita privata di un genio della musica, premiato in tutto il mondo, e la storia del cinema italiano e internazionale segnate dalle meravigliose ed emozionanti colonne sonore Morricone. Con “La stranezza” di Roberto Andò Rai Uno rende omaggio alla tradizione del teatro italiano; un cast importante – composto da Toni Servillo, Ficarra e Picone – ravviva una commedia italiana dolceamara. Non possiamo non citare la prima visione di “Quasi Orfano” di Umberto Carteni, in cui Scamarcio veste i panni di un personaggio comico, interpretando un designer milanese che ha tagliato i rapporti con la sua famiglia di origini meridionali. Dalla Puglia si ripresentano all’improvviso i suoi parenti, travolgendogli la vita.
Il giorno di Pasqua propone un invito alla riflessione, raccontando la storia vera della celebre apparizione mariana e il peso di un destino in “Fatima” di Marco Pontecorvo con Harvey Keitel. A Pasquetta invece Rai Uno offrirà minuti di pura gioia e di buoni sentimenti con “Qua La zampa 2 – Un Amico è per sempre” in cui il cane Bailey, si reincarna per accompagnare l’amata bambina JC nella sua crescita. Mercoledì 3 aprile, in prima visione assoluta, un film con Vincent Riotta e Maria Grazia Cucinotta “Il meglio di te” di Fabrizio Maria Cortese, che racconta la storia d’amore di un uomo e una donna che si rincontrano dopo una separazione.
Per quel che riguarda i film in prima serata di Rai 2, proseguono in primavera gli appuntamenti dedicati al Grande Cinema Internazionale (il giovedì) e alle migliori Commedie Italiane (il venerdì) in prima visione.
Per immaginare un’offerta in grado di distinguersi nel panorama competitivo generalista, il giovedì punta su titoli dal grande impatto visivo ed emozionale, all’insegna dell’action, dell’avventura e di un alto tasso di adrenalina e che hanno come protagonisti star riconoscibili del grande schermo.
“Jungle Cruise” è un omaggio ai classici Disney in live action, alle avventure incredibili dei viaggi fantastici verso l’ignoto e alle schermaglie comiche e sentimentali delle strane coppie. Trattandosi di una storia ispirata a un’attrazione da parco giochi, è anche uno straordinario caso di operazione disneyana. Interpretato da “The Rock” Dwayne Johnson ed Emily Blunt.
Cambiamo pagina e continente sbarcando in Inghilterra. Con “Wrath Of Man”, il regista Guy Ritchie in ottima forma dirige un Jason Statham che praticamente non sorride mai. Con “L’uomo dei ghiacci” invece è il mostro sacro Liam Neeson a dover mostrare ancora una volta muscoli e invidiabile freddezza in un action senza un attimo di tregua. Due delle più luminose nuove stelle del cinema – Daisy Ridley (Star Wars) e Tom Holland (Spider-Man) – movimentano l’action fantascientifico “Chaos Walking” che racconta di un futuro distopico in cui le donne sembrano essere tutte scomparse e gli uomini sono stati colpiti dal Rumore, una forza che permette loro di ascoltare i pensieri reciproci.
Per il cinema italiano Rai 2 può contare invece su titoli di impatto innovativo, che uniscono la tradizionale commedia a forme espressive più audaci e in continuo mutamento di genere.
Tra questi “Il sesso degli angeli” penultimo fortunato film di e con Leonardo Pieraccioni, con una solare e divertente Sabrina Ferilli. Ma anche proposte produttivamente ambiziose quali “Freaks Out” di Gabriele Mainetti, film che mescola il racconto storico al fantasy e che ha saputo rinnovare profondamente la vena narrativa del nostro cinema. Un film con un grande cast che mette insieme Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto e Giorgio Tirabassi. “Diabolik” dei fratelli Manetti, il primo della trilogia dell’iconico principe del mistero con Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastandrea. E poi “La mia ombra è tua”, storia on the road ad alto tasso di divertimento, con mattatore assoluto l’istrionico Marco Giallini oppure “La donna per me” commedia sentimentale con “sliding doors” che riesce a sorprendere e allo stesso tempo far riflettere soprattutto grazie allo straordinario lavoro di Andrea Arcangeli, Alessandra Mastronardi e di un inedito Francesco Gabbani.
Rai 4: esplorazione e grandi film di culto
Su Rai 4 la Direzione Cinema e Serie Tv prosegue l’esplorazione dei generi di riferimento del canale alternando i blockbuster americani, la produzione action corrente per il pubblico più fidelizzato e infine la scoperta, in prima visione assoluta, di piccoli e grandi film di culto provenienti dalle cinematografie di tutto il mondo, funzionali a fotografare lo stato dell’arte dei rispettivi filoni ma anche il loro futuro.
Per i film una stagione scoppiettante con moltissime prime visioni e prime visioni assolute in programma. Ad aprile sarà la volta di “The menu” di Mark Mylod, scatenato thriller culinario con un cast di prima grandezza, da Ralph Fiennes alle giovani rivelazioni degli ultimi anni Anya Taylor-Joy.
A maggio, in prima visione free, arriva la grande epopea vichinga con “The Northman” del regista di culto Robert Eggers: combattimenti all’arma bianca, magia e grandi scenari naturali per le fosche vicende del vendicatore Amleth. Per la prima volta sarà programmata anche la saga completa di “Predator”, dal classico capostipite all’ultimo spin-off: “Prey”; per gli aficionados si segnala anche il ritorno delle grandi star del cinema d’azione come Liam Neeson, Jason Statham, Denzel Washington, Donnie Yen, Mel Gibson, Dwayne Johnson, Scott Adkins e Sylvester Stallone.
Grande spazio in primavera al dark thriller contemporaneo con il terrificante “Talk to me”, diretto dagli youtuber australiani Danny e Michael Philippou, una piccola produzione che nella scorsa stagione ha conquistato a sorpresa i botteghini di tutto il mondo: in prima visione su Rai 4, a pochi mesi dall’inatteso e folgorante successo registrato anche nelle sale italiane. Dalla Danimarca arriva invece l’inquietante thriller “Speak no evil” di Christian Tafdrup e dalla Lituania, in prima visione assoluta il sorprendente slasher “Pensive” dell’esordiente Jonas Trukanas. Un ripescaggio di valore di un film passato quasi inosservato è infine il divertente “Finché morte non ci separi” (2019) di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett con Samara Weaving.
Tra i cicli della primavera di Rai 4: da mercoledì 20 marzo comincia “Dalla Spagna con orrore”, quattro appuntamenti con il nuovo cinema gotico spagnolo in compagnia di maestri come Jaume Balagueró, Paco Plaza e Alex de la Iglesia; da lunedì 1° aprile, arriva invece Orient Express, vetrina dei recenti e migliori action-thriller coreani e hongkonghesi in prima visione assoluta tra arti marziali, inseguimenti automobilistici e spericolati artificieri all’opera.
Per le serie, prosegue con le stagioni VII e VIII la programmazione del giovedì dell’ormai classica “Hawaii five-o”. Si conclude inoltre, la domenica, la seconda stagione in prima visione assoluta di “I fiumi di porpora-la serie” con le indagini nella provincia francese più dark del commissario Pierre Niemans e della giovane investigatrice Camille Delaunay. La serie riprenderà in autunno con le nuove stagioni 3 e 4.
Cinema d’autore e classici: intrattenimento e grande qualità
La Linea di programmazione della Direzione “Cinema e serie TV”, dedicata ai classici ed ai film d’autore, sta preparando diverse iniziative orientate all’intrattenimento di grande qualità.
Rai 3, la cui offerta generalista si basa sul principio del giusto compromesso tra alta qualità e gradimento del pubblico, è particolarmente attenta ai temi sociali. In prossimità della Festa del Lavoro, il 30 aprile andrà in onda il film “Tra due mondi” diretto da Emmanuel Carrère, con Juliette Binoche nei panni di una scrittrice che, per scrivere un romanzo ambientato nel mondo precario del lavoro e documentarsi, decide di lavorare come “infiltrata” in un’impresa di pulizie di traghetti. Per la “Giornata Internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la transfobia e la bifobia” (17 maggio) verrà trasmesso l’ultimo capolavoro di Gianni Amelio, “Il signore delle formiche”, che racconta le vicende giudiziarie realmente accadute ad Aldo Braibanti, intellettuale perseguitato per il suo orientamento sessuale.
Non mancheranno anche la leggerezza, rappresentata dalla commedia romantica di produzione italiana “Blackout Love” con Anna Foglietta, e la tensione con il thriller d’autore, interpretato da Eric Bana, “Chi è senza peccato – The dry” (15 marzo), programmato in occasione dell’uscita al cinema il 14 marzo del suo sequel (Force of nature – Oltre l’inganno).
Rai Movie, il canale totalmente dedicato al cinema nella sua sempre ricchissima offerta di film classici e film contemporanei, propone diversi cicli interessanti. “Strani Mondi” è l’appuntamento in prima serata del martedì con il cinema di fantascienza che ci porta in viaggio nello spazio fra universi lontani. La prima serata del venerdì è invece dedicata ai grandi film di guerra del cinema con un ciclo di nove titoli con importanti star. Si va dai classici sulla Seconda guerra mondiale a film di avventura ambientati nello stesso periodo, senza dimenticare titoli sui conflitti più recenti, come la guerra in Bosnia. Ci sarà un breve incontro con la più iconica delle dive di Hollywood, entrata nella leggenda anche a causa della morte prematura. Tre titoli molto diversi per mostrare come Marilyn fosse, al di là della bellezza, un’attrice versatile che non avuto il tempo di esprimere tutto il suo potenziale. Si parte con il dramma “Niagara” (17 maggio), che la vede nei panni di una femme fatale destinata a un epilogo tragico, per continuare con l’avventuroso western “La magnifica preda” (24 maggio), reso celebre anche dalla canzone “River of No Return”. Il ciclo si chiude con la commedia romantica “Facciamo l’amore” (31 maggio).
Infine, altre iniziative importanti sono previste sul piano del cinema classico e dei documentari. Rai Storia, a partire dal 2 marzo, tramette il sabato in prima serata (alle 21:10), il ciclo “Roberto Rossellini. I capolavori restaurati”, 13 capolavori di uno dei grandi maestri del cinema per la prima volta in TV nella loro veste restaurata che ridona splendore e bellezza originale alla fotografia e al sonoro. La collezione di 13 titoli è tutta disponibile su RaiPlay. Da un capolavoro assoluto come “Roma città aperta” al documentario-intervista a Salvador Allende, passando per pietre miliari del cinema italiano come “Paisà” o “Germania anno zero”. Prossimamente su Rai 3, in seconda serata, in prima visione assoluta il documentario di Alex Infascelli “Kill me if you can” sull’incredibile storia di Raffaele Minichiello, giovane reduce dal Vietnam protagonista del primo e più lungo dirottamento aereo della storia.
Serialità e TV Movie: le prime visioni assolute
L’obiettivo di Rai 2 è sempre quello di proporre il più possibile titoli in prima visione assoluta, spaziando tra generi diversi (action, poliziesco, medical) per accontentare i vari gusti del pubblico e potersi meglio difendere dalla concorrenza sempre più vasta e competitiva. Questo ha contribuito a creare un pubblico fidelizzato che dimostra di apprezzare e premiare questa scelta.
La domenica le serie previste sono “9-1-1” – stagione 5 e “9-1-1: Lone Star” – stagione 3. Proseguono i salvataggi estremi, le situazioni di pericolo intrecciate alle vicende personali dei soccorritori protagonisti delle due serie. Mercoledì “Delitti in paradiso”- stagione 13 (a partire dal 3 aprile): tornano i casi di una delle serie più amate dal pubblico di Rai 2. A seguire sarà la volta di “The good doctor” stagione 7 (a partire dal 29 maggio). Si tratta del gran finale dell’amata serie “medical”. Da sabato 9 marzo, in prima serata, è in onda “Le indagini di Sister Boniface” stagione 1. Lo spin-off della serie Padre Brown, che mescola commedia e giallo, ha per protagonista un’energica suora cattolica che collabora nelle indagini su omicidi e crimini con la polizia locale. A giugno, in prima visione assoluta, “I casi della giovane miss Fisher” stagione 2, serie poliziesca tutta al femminile, ambientata nella Melbourne degli anni 60’. Dal 16 aprile i nuovi episodi, sempre in prima visione assoluta, delle due serie procedural poliziesche di successo: “FBI stagione 6” e “FBI International” stagione 3. Per le altre fasce orarie, si segnala in prima visione la serie americana “Blacklist”, stagione 10, prevista dal 16 marzo il sabato in fascia preserale.
Viaggio nel mondo della tecnologia con uno stile pop tutto al femminile. Una produzione Rai Contenuti Digitali e Transmediali. Dal 13 marzo su RaiPlay
Suggestivi reportage dall’Italia e dall’estero presentati da una squadra di giovani inviate: “Touch – Impronta Digitale”, dal 13 marzo tutti i mercoledì su RaiPlay, vuole raccontare in chiave “pop” le innovazioni apportate dalla tecnologia nella vita quotidiana. Sedici puntate dedicate ad altrettanti temi di attualità, per capire con il pubblico, come il mondo stia cambiando e quali sono le tendenze future per quel che riguarda viaggi, alimentazione, salute, educazione, sport e moda. “In Touch ci immergiamo nel cuore dell’innovazione, guidati da sette giovani donne, di cui una creata con l’Intelligenza Artificiale, che portano una prospettiva unica nel racconto della tecnologia – dice Maurizio Imbriale Direttore Rai Contenuti Digitali e Transmediali. Con questo programma non solo vogliamo sottolineare l’impegno della Rai verso la produzione interna e l’alfabetizzazione digitale, ma anche verso le pari opportunità nel settore STEM. Attraverso storie dall’ Italia e dall’estero, miriamo a sorprendere e ispirare, senza mai dimenticare la centralità dell’essere umano. Con Touch vogliamo far capire che oggi conoscere la tecnologia non è un’opzione ma una necessità, e vogliamo farlo senza lasciare indietro nessuno”. Alla guida di “Touch- Impronte Digitali” c’è Fjona Cakalli, imprenditrice e divulgatrice di tecnologia tra le più autorevoli in Italia, che accompagna puntata dopo puntata, gli spettatori in giro per il mondo, in visita ai distretti dell’innovazione più all’avanguardia. Insieme a lei, sei reporter, tutte rigorosamente donne: l’influencer Momoka Banana che si cimenta con le intelligenze artificiali e le tecnologie di frontiera; Noemi Marà, che testa in prima persona i più recenti sistemi di realtà virtuale e aumentata; la “creator” Sara Busi e la “cosplayer” Antonella Arpa, in arte Himorta, che parlano di nuovi mestieri in un mercato del lavoro in continua evoluzione; la filosofa Lucrezia Ercoli, ideatrice di PopSophia, il festival del contemporaneo, che fornisce una chiave di lettura ironica e ragionata al tema di puntata. E infine Iaia, inviata virtuale, realizzata dalla redazione di Touch attraverso l’intelligenza artificiale, che racconta tutte le ultime novità dal mondo tech. All’interno del format, infine, in uno spazio dedicato ai più importanti influencer, creator e imprenditori del digitale, il pubblico scoprirà i segreti del loro successo e cosa c’è dietro alla loro immagine pubblica, veicolata attraverso i social.
Francesco Gasparri e Valentina Caruso sono i conduttori dell’appuntamento settimanale con la nostra storia. Il RadiocorriereTv li ha intervistati. Il programma è in onda la domenica alle 15.00 su Rai 2 e il sabato alle 11.25 su Rai 1
Cosa significa raccontare le nostre origini al pubblico televisivo?
VALENTINA: Parlare con un linguaggio vicino alle persone che ci ascoltano. Si tratta principalmente di archeologia, una materia che va spiegata con parole semplici. Non ci piacciono i paroloni accademici (sorride). Significa anche raccontare la nostra storia, conoscere ciò che facevano i nostri antenati, i popoli e le civiltà che hanno vissuto in Italia prima di noi. Ci piace raccontare la vita quotidiana. Nelle scorse puntate, ad esempio, siamo andati a Rimini, alla Casa del chirurgo, a vedere gli strumenti che utilizzava un chirurgo di epoca romana. Faceva già operazioni molto difficili e con una situazione igienica molto diversa dalla nostra: l’anestesia, ad esempio, non esisteva, e venivano utilizzate delle erbe per stordire. Quello di “Origini” è un viaggio nella quotidianità di chi ci ha preceduto nei secoli, nei millenni.
FRANCESCO: Abbiamo cercato semplicità nell’approccio, perché cultura e territorio devono arrivare a tutti. Il tentativo è quello di utilizzare un linguaggio accattivante, al tempo stesso mostrando bellissime immagini, visioni aeree realizzate con i droni. Abbiamo utilizzato anche droni sottoterra per esplorare il sottosuolo, parlo di Roma come di Orvieto sotterranea o delle miniere della Toscana. Il nostro non è un classico programma di territorio, ma di cultura che parla anche di territorio. Partiamo da un’idea, una tradizione di un luogo, e la raccontiamo. Abbiamo raccontato le vie del ferro in Toscana. Siamo partiti dall’Isola d’Elba, ci siamo allargati e siamo arrivati fino alla provincia di Pistoia. Abbiamo seguito una narrazione.
Storia, archeologia, che rapporto avete con questi mondi?
FRANCESCO: Ho un interesse personale nei confrontidella storia, della cultura, dell’arte e dell’archeologia. Mio padre, da grande appassionato, sin da piccolo mi tirava per le orecchie e mi portava per musei e parchi archeologici. Questo sentimento che ho introiettato è rimasto vivo. Ho poi collaborato con il ministero dei Beni culturali, esperienza che mi ha dato occasione di approfondire alcuni temi artistici. E poi posso dire che il territorio sia il mio pane quotidiano, perché per hobby faccio l’agricoltore.
VALENTINA: Sono laureata in archeologia, una passione nata quando ero bambina. I miei genitori mi portavano in giro per i siti archeologici, studiavo sui libri di storia, mi affascinava tutto ciò che era antico, ero appassionatissima di egittologia, scrivevo in geroglifico. A nove anni decisi che l’archeologia sarebbe stata la mia strada. Diventando giornalista ho cominciato a raccontarla insieme ai beni culturali, alla storia.
Valentina, cosa le sta insegnando “Origini”?
VALENTINA: Che abbiamo avuto un passato ricco e importante di cui dobbiamo andare orgogliosi. Ma questo già lo sapevo. Scopri anche quanti esempi possiamo prendere dal nostro passato, per vivere il nostro presente ma anche il futuro. La storia è ciclica, tutto si ripete nel corso del tempo.
Francesco, che valore ha per lei la scoperta?
FRANCESCO: Nasco viaggiatore, continuo a non fare vacanze ma viaggi, sempre alla ricerca di una scoperta. Perché scoprire significa emozionarsi. Ho bisogno che questo accada tutti i giorni in quello che faccio, che si tratti del giardinaggio o della storia, dell’agricoltura o della lettura, di guardare un film. In trasferta approfitto dei momenti di pausa per esplorare i luoghi in cui mi trovo. Ho bisogno di trovare stimoli e per farlo devi essere sempre in movimento, anche mentale.
Da Rimini a Orvieto, dai Campi Flegrei all’area di Venezia. Sono ormai decine le località raggiunte dal programma, quali sono i luoghi e le storie che vi hanno colpito di più?
VALENTINA: Impossibile fare una classifica. Nei Campi Flegrei siamo andati nel Rione Terra, nei sotterranei, visitando l’antica Pozzuoli che oggi si trova sotto i palazzi cinquecenteschi. Siamo stati a Roma, museo a cielo aperto per eccellenza, alla Villa dei Quintili, a Ostia antica, siamo andati nel Tofet di Sant’Antioco in Sardegna, antico cimitero per i bambini nati morti o morti nei primi anni di vita, siamo andati anche al Museo archeologico di Bolzano dove c’è Ötzi, la mummia del Similaun.
FRANCESCO: Ogni esperienza è a sé. In Italia la scoperta e la bellezza sono dietro l’angolo. All’età di vent’anni andai da solo in Messico, con l’obiettivo di raggiungere una piramide, in mezzo alla foresta, ai confini con il Guatemala. Mi ero impuntato (sorride). Fu molto faticoso e una volta arrivato alla meta mi chiesi come mai avessi fatto quello sforzo. Mi torna in mente tutto questo ogni volta che, dietro casa, trovo luoghi meravigliosi, senza togliere nulla a quella piramide. Dalle cave di Carrara al Guerriero di Capestrano, all’entroterra del Molise. Vai al sito archeologico di Sepino in provincia di Campobasso e ti chiedi perché tu debba andare dall’altra parte del mondo. Quell’esperienza in Messico non mi diede la stessa emozione che mi ha dato Sepino.
Valentina, cosa unisce tutti questi mondi?
VALENTINA: Una cultura passata che ci insegna a capire che il mondo antico non era nemmeno così antico (sorride). Se penso a Ötzi, alla sua figura, penso a un uomo che già riusciva a vivere in condizioni terribili di freddo, a tremila metri d’altezza. L’uomo, anticamente, era già avanti. Li definiamo primitivi ma si impegnavano a trovare e a fabbricare ciò che gli serviva. Oggi usiamo tanta tecnologia e ne siamo forse un po’ troppo invasi. Un tempo l’uomo si ingegnava molto di più: non che ora non accada, penso ad esempio a chi crea i computer, ma la massa oggi è forse più pigra.
Francesco, immaginati per un istante cronista nel passato. Se avessi una macchina del tempo dove ti faresti trasportare?
FRANCESCO: Sicuramente nell’antica Roma, ma anche a Gerusalemme ai tempi delle Crociate per vedere la convivenza delle tre religioni abramitiche e godere di quella contaminazione continua. E poi nell’antica Grecia, a Sparta. Sono sempre stato affascinato dalla battaglia delle Termopili. Il nome Leonida è uno di quelli a cui sono più legato e mi piacerebbe, un giorno, dare questo nome a mio figlio.
Le andrebbe di proporre lettori un breve itinerario che ci porti alle origini della sua Isola?
VALENTINA: Parto dal santuario di Monte d’Accoddi, a dieci chilometri da Sassari, che ha una forma di una ziggurat mesopotamica. Un tronco di piramide a gradoni con rampa d’accesso non può che portarci in Mesopotamia. È un sito di 5 mila anni fa. Consiglierei poi di vedere Cagliari sotterranea, con le bellissime cripte che divennero anche rifugio nel periodo di guerra, il Pozzo Sacro di Santa Cristina a Paulilatino, di epoca nuragica, i Giganti di Mont’e Prama, le grandi statue dell’età del ferro. Quindi il villaggio nuragico di Barumini, insieme al Nuraghe di Santu Antine, che rappresenta la perfezione nuragica. Bisogna anche fare un salto alle rovine romane di Nora, un’antica città fenicio-punica, con il doppio porto. Questo per citare solo alcuni luoghi spettacolari.
Cosa vi piacerebbe lasciare al pubblico che vi segue?
FRANCESCO: L’obiettivo dei programmi di territorio non è fine a se stesso, ma come dice il direttore Angelo Mellone (Day Time Rai) è quello di fare in modo che le persone escano di casa e si mettano in viaggio, raggiungano i luoghi personalmente. In 55 minuti dobbiamo dare la spinta a prendere la macchina, la nave, il treno, l’aereo, senza limitare l’esperienza a un singolo sito archeologico, ma a un itinerario. È una sorta di consiglio di viaggio.
VALENTINA: Emozioni. Vorrei anche che le persone fossero invogliate a mettersi in viaggio, alla scoperta di siti che raccontiamo loro.
È stata una delle più grandi poetesse e scrittrici della storia dell’Italia moderna, originale, appassionata, unica. La vita straordinaria di Alda Merini si snoda del film di Roberto Faenza, interpretato da Laura Morante, dal disagio psichico alla maternità, dagli amori impossibili fino all’accesso alla cultura e alla fama. Il ritratto di un’icona contemporanea inedito e appassionante, giovedì 14 marzo in prima serata Rai 1
“Io la vita l’ho goduta tutta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno.
Per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”
A Ripa di Porta Ticinese, sui Navigli, c’è un appartamento la cui porta è sempre aperta. A varcarla sono spesso intellettuali, cantanti, giornalisti, ma anche semplici curiosi. Sono tutti lì per lei, Alda: 70 anni, unghie smaltate, sigaretta sempre accesa, un caos in cui si trova a suo agio. Ma cosa la rende così speciale? La sua poesia, certo, ma forse anche la sua vita senza mezze misure, che è lei stessa a raccontare, con ironia e sagacia, a un giovane intellettuale, Arnoldo. Milano, dopoguerra. Alda è un’adolescente con una sensibilità spiccata e il dono di scrivere poesie, che la madre, donna severa, non comprende, e che il padre forse non incoraggia abbastanza. Il suo desiderio di continuare gli studi viene frustrato quando non viene ammessa al liceo classico: un’umiliazione che trasforma la sua vocazione per la poesia in ossessione. È una sua ex insegnante a darle l’occasione della vita: porta le sue poesie al critico Giacinto Spagnoletti, che ne rimane ammirato e la invita nel suo salotto letterario. Le poesie di Alda vengono lette e apprezzate e ben presto arrivano anche le prime pubblicazioni: il suo talento precoce e inspiegabile ne fa una vera enfant prodige. In quel circolo Alda trova anche il suo primo amore, lo scrittore Giorgio Manganelli. Dieci anni più grande di lei e sposato, ma ad Alda non importa: lo ama con tutta se stessa, con furore totalizzante e quello sarà per sempre il suo modo di amare. Incapace di starle accanto, Giorgio la lascia. Alda è disperata ma riesce a risollevarsi, come sempre farà nella vita. Incontra un altro uomo, diversissimo da lei per interessi e mentalità, ma che diverrà suo marito: Ettore Carniti. Alda prova ad essere moglie e madre secondo tradizione, ma la sua natura è diversa. Litigano spesso. A questo si aggiunge il fatto che l’attenzione del mondo letterario nei suoi confronti sta scemando e Alda non riesce a trovare nessuno che pubblichi le sue nuove raccolte. È così che pian piano precipita nella psicosi, fino al giorno in cui, dopo una grave crisi di nervi, il marito la fa ricoverare. Non immagina che Alda rimarrà in manicomio, tra un ricovero e l’altro, per ben dodici anni.
Anni di buio, sofferenza, cure pesanti e perdita di contatto con il mondo. A salvarla sarà il rapporto con il Dottor Enzo Gabrici, lo psichiatra che l’ha in cura: è lui a spingerla a riprendere l’attività poetica dopo anni di silenzio, regalandole persino una macchina da scrivere. Scrivendo, attraverso le parole che bruciano la pesantezza della vita, Alda riesce a trasfigurare il dolore e la malattia e a vincerli. Rimasta vedova, Alda sposa il poeta Michele Pierri, che ha molti anni più di lei, e si trasferisce da lui a Taranto. Ma la felicità non dura a lungo, perché Michele muore poco dopo. Rientrata a Milano, Alda non si dà per vinta e si afferma come una delle figure di riferimento della vita culturale italiana.
La parola al regista, Roberto Faenza
Se è vero che Alda Merini ha ottenuto in vita molti riconoscimenti e attestati di stima in ambito letterario, è pur vero che la sua poetica, tutt’altro che popolare in senso stretto, ha conquistato il cuore di un vasto pubblico, anche nelle generazioni giovani. Ecco perchè è interessante raccontare come Alda sia riuscita a tradurre in versi un immaginario straordinariamente ricco e universalmente riconoscibile. La modalità scelta è quella di raccontarne la biografia nei suoi momenti salienti, per farla conoscere come donna e madre (molto amata dalle figlie, nonostante una condotta ben poco convenzionale), prima ancora che come poeta. Alda ha scritto poesie bellissime che hanno toccato il cuore e l’anima di tanti, seppur vivendo un’esistenza tormentata senza perdere l’ironia e la capacità di amare nonostante i ricoveri psichiatrici. In lei hanno convissuto l’inquietudine e la vis terapeutica della poesia. Anche per questo motivo è importante raccontare la sua storia al grande pubblico, specie in questo momento di grandi turbamenti.
Nei panni di Lello Esposito per la terza volta in “Lolita Lobosco”, l’attore cagliaritano si racconta al RadiocorriereTv: «Un profondo senso di gratitudine per aver avuto la possibilità di interpretare un personaggio bello, divertente, capace di far ridere le persone»
Buona, anzi, buonissima la prima…
Ci siamo ritrovati tutti con lo stesso entusiasmo con cui ci siamo lasciati alla fine della seconda stagione, solo un po’ cambiati, cresciuti e con delle nuove, bellissime storie da raccontare. C’è chi diventa padre come me, chi avrà uno sconvolgimento totale della propria vita. Nuovi intrecci da non perdere. Per quel che mi riguarda, sono molto contento di approfondire alcune sfumature del mio personaggio che non conoscevo, Lello ci stupirà con la sua tenerezza e fragilità.
Come evolve il suo personaggio in questa terza stagione de “Le indagini di Lolita Lobosco”?
Diventa padre di due gemelli, è costretto a maturare per affrontare al meglio questo nuovo capitolo della sua vita. Il lavoro va bene, è riuscito a conquistare la fiducia di Lolita, che lo coinvolge sempre di più nelle indagini, affidandogli compiti importanti. La paternità lo rende felicissimo, le normali preoccupazioni di quando si hanno dei figli lo costringono a fare i conti con il suo lato più fragile.
Un sardo nei panni di un pugliese doc…
Sono veramente innamorato della Puglia, Lello è profondamente barese, la sua cultura, il suo background viene fuori in continuazione… creando anche molte situazioni comiche.
… e Lolita?
Questo vicequestore è sempre pronto a bacchettarlo, ma è ormai diventata una persona fondamentale nella sua vita. Si vogliono bene e alla fine arrivano anche i complimenti (ride).
Arrivati alla terza stagione, cosa le lascia questa esperienza?
Un profondo senso di gratitudine per aver avuto la possibilità di interpretare un personaggio bello, divertente, capace di far ridere le persone.
Che rapporto ha quindi con il senso di “responsabilità”?
Esposito è sempre stato un personaggio molto responsabile, a maggior ragione ora che ha la responsabilità di due nuove vite. Farà un ulteriore step nella sua crescita personale.
L’arte della risata. Dal teatro al piccolo schermo, come è arrivato a farne una professione?
Non me ne sono nemmeno accorto. Ho iniziato a sedici anni e da quando ne ho diciotto son sempre riuscito a mantenermi con questo lavoro. All’inizio, facendo l’animatore turistico, stavo sui palchi dei villaggi, poi a teatro con i miei spettacoli comici e successivamente sul set. Un passaggio naturale che non ha una data o un momento preciso.
Come e quando nasce il suo sogno di attore?
Nasce dal desiderio di far ridere ed emozionare le persone, un desiderio che si è poi trasformato in sogno e adesso mi permette di vivere una splendida realtà.
Leggendo la bio nel suo sito, in questa sequenza di numeri a un certo punto arriva il ritorno in Sardegna. Qual è legame con la sua terra?
Fortissimo, sia con la terra che con i sardi. Siamo una grande famiglia, e anche se gli spagnoli ci definivano “Pocos, locos y male unidos”, io sento invece una grande spinta dai Sardi. Come se fossi un loro parente, un cugino, un nipote, qualcuno per cui fare il tifo e di cui essere orgogliosi. E qui il senso di responsabilità si manifesta anche nel voler rendere orgogliose le persone.
Cosa sogna per il suo futuro Jacopo Cullin?
Di riuscire a essere sempre pronto ad accettare qualsiasi sfida con uno sguardo verso il futuro e tanta gratitudine verso il passato, per le opportunità che ho ricevuto.
La sua voce ha fatto il giro del mondo, il suo sguardo, la sua arte e la sua simpatia hanno già conquistato il pubblico di “Viva Rai 2!”. Nata in Sicilia, romagnola d’adozione, per anni corista di Laura Pausini, è oggi tra i protagonisti dello show di Fiorello. Al RadiocorriereTv l’artista confida: «Grazie a Rosario e Tommassini mi sono messa completamente in gioco. Ora sono aperta al mondo»
Come nasce la sua passione per la musica?
Ero piccolina, ho sempre ascoltato e amato la musica. Poi, alle scuole elementari, ho incontrato una suora meravigliosa, Suor Filena, che capì che avevo un talento. Iniziai a cantare in chiesa e nel tempo decisi di studiare canto, anche grazie al sostegno dei miei genitori. Cominciai con il musical, poi capii che l’afro, il funky e il soul erano il mio mondo.
Un giorno, sulla sua strada, l’incontro che le ha cambiato la vita…
Ho iniziato a 18 anni quando Laura Pausini mi scoprì. Iniziai a fare il suo tour mondiale, un sogno, anche perché il massimo che avessi fatto sino ad allora era andare a Cesenatico (sorride), dove cantavo negli stabilimenti balneari. Fu meraviglioso trovarmi, da un giorno all’altro, sul palco di Laura. Da lì ho continuato a cantare, a fare musica, e con tantissima fatica ho cercato di rendere questo il mio lavoro.
Che cos’è il talento?
Qualcosa che qualcuno, dall’alto, che non definisco, ti ha dato. Un dono che devi riuscire a condividere con gli altri, e questo viene naturale. Ma il talento da solo non basta, è necessario studiare molto.
Il suo viaggio verso “Viva Rai2!” è passato dal palco di Laura Pausini…
Lo scorso anno, nel corso dell’anteprima del tour mondiale di Laura, ho incontrato un personaggio meraviglioso, Luca Tommassini, che conoscevo solo attraverso la televisione. Abbiamo subito avuto grande sintonia e dopo un po’, senza che me lo aspettassi, mi chiese se mi andasse di fare “Viva Rai2!”…
Quale fu la sua risposta?
Ma tu sei fuori! (ride). Gli dissi di non essere una ballerina ma una cantante. Lui rispose che invece ce l’avrei fatta.
Quindi accettò…
Grazie anche all’aiuto, alla spinta della Pausini, decisi di fare questa esperienza. Ho provato, e mi sono trovata a ballare con nove ballerini professionisti, è davvero un’esperienza indimenticabile. Lo vedo dal mio corpo e dal mio modo di essere, è stata una palestra di adattamento.
Come la sta cambiando questa esperienza?
Ero consapevole di saper cantare, di essere una performer sul palco. Ma qui sono venuta al buio. I mesi passavano e io cercavo di trovare una mia dimensione nel programma. “Viva Rai2!” mi ha cambiato come donna, ho cominciato ad avere consapevolezza del mio corpo, della mia presenza, delle mie qualità che non erano solo quelle canore. Devo dire grazie a Fiorello, che ha visto qualcosa in me, grazie a Luca Tommassini che ha visto in me molto di più rispetto a quello pensavo di saper fare. Per fortuna nella mia vita ho sempre incontrato persone che hanno visto prima di me.
Abituata a palchi importanti, come è stato l’incontro con quello televisivo?
Completamente è un altro mondo, ma sempre molto interessante. All’inizio ho cercato di capire come dovessi stare davanti alla telecamera, il pubblico non ce l’hai di fronte, ma è a casa e lo devi immaginare. Al tempo stesso, è stato bello vedere tutto quello che c’è dietro alla Tv, che è un mondo. Per fare 45 minuti di diretta, serve tantissima energia.
A “Viva Rai 2!” è ballerina e cantante. Come va con le sue colleghe Beatrice DeDo e Serena Ionta?
Con loro c’è un bellissimo rapporto, i nostri generi sono tra loro molto diversi e lavorare insieme è un completarsi. Mi piace fare musica con loro e con il maestro Cremonesi. Sto imparando anche molto da loro…
Parliamo di Fiorello…
È energia e improvvisazione ai massimi livelli. Credo di non avere mai visto un artista tanto poliedrico. Mi ha insegnato a stare sempre sul pezzo, a non adagiarmi, a saper fare tutto. Fiorello ti spinge a dare sempre il cento per cento.
Quanta ironia c’è nella sua vita?
Tantissima. Lavoro seriamente, ma senza mai prendermi sul serio. L’ironia è l’energia che mi spinge ad andare avanti, senza però mai smettere di guardarmi intorno, proprio come fa Fiore. Nella vita ci sono il sorriso e anche amare verità, bisogna andare avanti sorridendo.
Che cosa si dice di questo successo a casa sua a Forlì?
Che ho avuto grande coraggio, nessuno si aspettava questo risultato, nemmeno io del resto. Sono tutti molto contenti, erano abituati ad ascoltarmi nelle vesti serie di cantante (sorride)… adesso mi vedono tutte le mattine in Tv. Ancor più contenta è la mia bambina di cinque anni, Marianne.
Cosa dice di mamma?
È molto contenta, mi vede in modo diverso. Adesso abbiamo l’interesse comune per la danza, le piace vedermi ballare. Mi ha insegnato anche i passi di alcune coreografie di brani in voga, come “Tuta Gold” di Mahmood (sorride).
Le propongo un gioco, che brano dedicherebbe a Fiorello, Biggio e Casciari?
A Fiorello sicuramente “I will always love you” di Whitney Houston, perché lui si commosse la prima volta in cui mi sentì cantarla. (Arianne inizia a cantare)
And I will always love you I will always love you You My darling, you, mm, mm
Vedo ogni giorno quanto Fiore ama il suo lavoro, spero di avere anche io sempre la stessa sua passione, anche in futuro.
Passiamo a Biggio…
A lui dedico “Sei nell’anima” di Gianna Nannini…
Sei nell’anima E lì ti lascio per sempre Sei in ogni parte di me Ti sento scendere Fra respiro e battito
Scelgo questa canzone perché dopo San Marino (conduzione del programma “Una voce per San Marino”) io ce l’ho nel cuore (sorride). Servono professionalità e coraggio per fare una serata meravigliosa come l’ha fatta lui. E poi perché Fabrizio è una bellissima persona.
Infine, c’è Casciari…
Mi piace tantissimo, è puro, è così come lo vedete. Mi ispira sincerità, felicità… propongo un bis di canzoni, “Sincerità” di Arisa e “Felicità” di Albano e Romina.
Felicità È un bicchiere di vino con un panino, la felicità
Guardi in direzione futuro, che cosa vede?
Dopo questa esperienza non so cosa farò. So solo di avere gli strumenti per affrontare qualsiasi cosa e per questo sono aperta al mondo. Qualsiasi cosa arriverà vorrà dire che dovrò farla. Proprio come è accaduto con “Viva Rai2!”.
Settanta pillole, tra storie e aneddoti, per ripercorrere e celebrare i 70 anni della televisione italiana. Su RaiPlay a cura di Rai Contenuti Digitali e Transmediali e Rai Teche. La conduttrice Francesca Barolini al RadiocorriereTv: «Quello della Rai è un archivio vivo e noi siamo un po’ dei cercatori di pepite d’oro». E ancora «Leggere il passato, anche attraverso i documenti delle Teche proposti dalla piattaforma della Rai, fornisce gli strumenti per interpretare al meglio la contemporaneità»
Come nasce “70 x 70 Lo sapevate che…”
“Lo sapevate che…” è una formula reiterata con cui inizia ciascuna pillola che racconta una curiosità, un aneddoto, un fuorionda, un esordio che fa parte della storia della televisione italiana. Sono 70 pillole per i 70 anni della televisione pubblica italiana, compiuti il 3 gennaio. Sono storie che giacevano pressoché dimenticate nell’archivio e in cui ci siamo imbattuti in tutti questi anni di ricerca.
Un grande lavoro di squadra…
Con la squadra del Supporto Editoriale di Rai Teche e con la regia di Luca Rea, che è parte integrante del Supporto Editoriale ed è anche lui un grandissimo esperto di archivio. Molte delle pillole sono anche frutto delle sue scorribande nell’archivio Rai.
Quanto è complesso muoversi all’interno di milioni e milioni di ore di trasmissione?
È sempre una bellissima sfida, a partire dal fatto che si tratta di un archivio che ha una sua caratteristica precipua, quella di essere continuamente nutrito dalla messa in onda. Si tratta quindi di un archivio vivo, in cui i livelli di ricerca possono essere molteplici. Ci può essere una ricerca essenziale, superficiale, ma quello che cerchiamo noi è sfidarci continuamente. Siamo un po’ dei cercatori di pepite d’oro. Non ti nascondo, e non lo dico per piaggeria, che uno dei nostri strumenti di ricerca fondamentali è il RadiocorriereTv, fonte di informazioni sulla programmazione del passato che integra quelle reperibili sul catalogo multimediale della Rai, che per noi è molto importante. Abbiamo poi dei nostri segreti. Qualcuno lo posso dire, altro no (sorride). Posso dirvi che una risorsa importante è il modo di far riversare le cose. Quando fai riversare un supporto, puoi far digitalizzare il programma di tuo interesse oppure poi decidere di riversare tutto il nastro, dall’inizio alla fine, annunci e promo compresi. Non ti nascondo che tante volte questo regala delle sorprese. A volte si trovano addirittura dei fuorionda, alcuni di questi sono parte delle nostre pillole. In questo momento è in corso la digitalizzazione massiva delle pellicole dei telegiornali a partire dal 1954 e alcune non erano mai state riversate, quindi non sono proprio mai state riviste.
70 clip che vivono in rete e sui social…
Volevamo che fosse un racconto breve e dinamico, che dichiarasse fin dall’inizio l’argomento della pillola e che fosse adatto anche a una fruizione digitale e sui social media. “70 x 70. Lo sapevate che…” è un programma realizzato da Rai Teche e da Rai Contenuti Digitali e Transmediali, che da qualcosa di appartenente al passato per definizione, come i programmi contenuti nell’archivio della Rai, vuole parlare a tutte le generazioni. Le puntate raccontano i volti della televisione, il Festival di Sanremo, la grande musica, i grandi programmi, da “Domenica In” a “Lascia o raddoppia?”, gli show di Pippo Baudo, una panoramica il più possibile completa della storia dell’archivio Rai.
Tra le sequenze che avete riportato alla luce, ce n’è una che ti ha colpito in modo particolare?
Durante le nostre ricerche ci siamo imbattuti nella prima hit parade televisiva in assoluto, che si intitolava “Motivi in Borsa” trasmessa un tempo all’interno del telegiornale. Nei sacri studi del Tg si recavano Mina, Raffaella Carrà e addirittura Lucio Battisti, del quale abbiamo ritrovato immagini inedite.
Che risposta state ricevendo da parte del pubblico?
C’è grande attenzione. Ti posso dire, ad esempio, che la pillola dedicata a una delle prime apparizioni di Madonna in una discoteca di Garlasco alla fine del 1983 sta facendo impazzire le persone.
Che cos’è per te la televisione?
Un’arte, l’ottava arte. Sono sempre stata appassionata di comunicazione, di linguaggio. Ritengo che quello televisivo sia stato un po’ ingiustamente bistrattato. La televisione, i programmi di ieri e di oggi, ci fotografano per quello che siamo. Vedere tanti filmati più o meno recenti, nel fare ricerca o anche come fruitori di RaiPlay, non significa solo studiare il passato, bensì viverlo. Penso che le nostre pillole siano un’opportunità per capire intanto che la Rai è orgoglio nazionale, con una storia veramente ricchissima alle spalle, e che ha ancora molto da insegnare. Leggere il passato, anche attraverso i documenti delle Teche proposti dalla piattaforma della Rai, ci fornisce gli strumenti per interpretare al meglio la contemporaneità.
«Più siamo informati, motivati e consapevoli, meglio riusciamo a compiere le nostre scelte» afferma il giornalista alla guida del programma da oltre dieci anni. Il martedì in prima serata su Rai 3 tornano le inchieste, gli approfondimenti, le testimonianze di “Petrolio”, con il respiro internazionale che caratterizza la trasmissione, perché «quello che succede altrove ci riguarda in ogni caso»
ROMA 26 FEBBRAIO 2024 PUNTATA DI “PETROLIO” IN ONDA SU RAIDUE DA MARTEDI 27 FEBBRAIO ALLE ORE 21 20 SU RAITRE
NELLA FOTO DUILIO GIAMMARIA
“Petrolio” è tornato, il martedì su Rai 3. Quali sono gli obiettivi di questa nuova stagione?
“Petrolio” continua ad affrontare argomenti complessi, difficilmente trattati in prima serata, con l’obiettivo di renderli comprensibili. Lo facciamo rivolgendoci a tutti, proprio perché quelle che affrontiamo sono tematiche che influenzano la vita di ognuno di noi. Più siamo informati, motivati e consapevoli, meglio riusciamo a compiere le nostre scelte.
Documenti e inchieste esclusivi e prestigiose testimonianze in studio in pieno stile “Petrolio” e, novità, la presenza in voce di una “intelligenza artificiale”…
L’intelligenza artificiale è un modo per familiarizzare con l’utilizzo delle tecnologie, che al di là dei rischi che possono implicare, sono delle grandi opportunità per radunare dati, per raccogliere informazioni, fare verifiche. Abbiamo creato la nostra intelligenza artificiale che è in grado di restituirci i dati essenziali su un determinato argomento, anche con un approccio un po’ giocoso, l’abbiamo chiamata “Ia” come se fosse un’amica.
Cosa fare per non essere schiacciati dalla tecnologia?
Conoscerla, frequentarla e riflettere sull’uso che se ne può fare. Non c’è niente di peggio di una tecnologia non compresa e non sfruttata. Il dibattito sulle tecnologie fa parte dell’umanità da almeno due secoli, dall’introduzione dei primi telai tessili meccanici, dall’uso del vapore. Nel corso della storia non sono mai mancati teorici del catastrofismo. Io invece sono positivo, sapendo che mai come in questo momento più il know-how è condiviso, meglio è. Se è vero che ogni innovazione tecnologica implica il rischio di una disparità di conoscenze, è necessario fare un salto in avanti tutti quanti insieme.
Uno sguardo che va sempre oltre i confini nazionali, quanto è utile una visione d’insieme per capire dove stiamo andando?
Se pensiamo di essere al centro del mondo abbiamo un effetto distorsivo della visione sulla realtà. Certo, rimaniamo un paese centrale, ben conosciuto nel mondo, ma è anche il mondo che deve entrare nelle nostre case. Quello che succede altrove ci riguarda in ogni caso.
Una buona reputazione, credibilità, fiducia da parte del pubblico. “Petrolio” ha costruito tutto questo in oltre dieci anni di programmazione, che cosa pensi voltandoti indietro e al tempo stesso volgendo lo sguardo al futuro?
L’intuizione di “Petrolio” fu, sin dall’inizio, quella di raggiungere il pubblico in modo coinvolgente. Il format si è evoluto, ma ha mantenuto intatte le caratteristiche identitarie: temi originali, controllo maniacale delle fonti per un’informazione accurata, ospiti che non sono dei semplici parlatori seriali, ma informati protagonisti. In questo modo lo studio è in piena continuità con quanto raccontato nei documentari, nelle inchieste. Ma prima di tutto mi sta a cuore la motivazione di un programma di servizio pubblico: tutto ciò che è possibile fare per dare ai telespettatori, passo dopo passo, tasselli di conoscenza, che gli consentano di formarsi una propria informata opinione.
Avrete ospiti del mondo politico?
Non siamo un programma politico in senso stretto, ma lo siamo in modo sostanziale. Tutti gli argomenti che trattiamo hanno un forte impatto con la politica, che verrà interpellata spesso e quando necessario. La politica è la stanza dei bottoni in cui si prendono le decisioni, è giusto pertanto che ci sia una connessione tra le questioni che solleviamo e le decisioni prese.
Una carriera importante alle spalle. Cosa ti emoziona, ancora oggi, della professione del giornalista?
Scoprire qualcosa che prima non era visibile, o che non era stata capita. Il miglior riconoscimento è sapere che quello che raccontiamo è utile a chi ci segue.
Quali temi affronterete nella prossima puntata?
Continueremo a parlare di energia: dalla geopolitica alle case. Quando accendiamo un fornello siamo in contatto diretto con il gas algerino, con quello russo, con quello che arriva dagli Stati Uniti o dal Qatar. Non lo faremo solo in termini geopolitici ma anche di salute. Avremo un’inchiesta approfondita, scientificamente provata, dei rischi connessi alle polveri sottili, ai veleni emessi dalle nostre cucine. Un buon ragù, la cui cottura è prolungata nel tempo di un paio d’ore, rilascia in casa nostra una quantità di polveri notevole, al punto che, probabilmente, sarà necessario arrivare presto a una riconsiderazione del gas in cucina da sostituirsi con l’elettricità. Sarà il nostro punto di partenza. Poi parleremo di pillole: i farmaci, i tranquillanti, gli integratori. Cose che sono entrate nelle nostre abitudini anche grazie a un marketing onnipresente e di cui a volte abusiamo.
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