Pierluigi Diaco

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In ascolto dell’altro

Tre prime serate per trascorrere le Feste con leggerezza e con la voglia di regalare un sorriso a che, per ragioni diverse, questo sorriso non può permetterselo. Si inizia il 22 dicembre con “BellaFesta per Fondazione Telethon” su Rai 1 e si prosegue il 26 dicembre e il 2 gennaio alle 21.20 su Rai 2. Il conduttore al RadiocorriereTv: «Ho raggiunto la solidità di chi questo lavoro lo fa con senso di responsabilità, spero di proseguire con la stessa passione, con la stessa umiltà e con la stessa costanza che mi ha accompagnato in questi anni»

 

“Bellama’” in prima serata, che festa sarà?

In un periodo in cui gli spettatori e le spettatrici hanno estremo bisogno di fare famiglia durante le feste, noi regaleremo tre prime serate con la nostra famiglia televisiva, quella di “Bella Ma’” che entra nelle case degli italiani tutti i giorni alle 15.27 su Rai 2. Il 22 dicembre, in prima serata Rai 1, si parte con “BellaFesta per Fondazione Telethon”, un programma incentrato sulle emozioni, come ben racconta il sottotitolo “Dal dolore alla gioia”. Ospiteremo gran parte del nostro cast, al quale si aggiungono Alex Britti, Fausto Leali, Drupi, Tazenda, Alberto Bertoli e Michele Zarrillo. Nel corso della serata renderemo omaggio a Pierangelo Bertoli e ad Andrea Parodi, ex leader dei Tazenda scomparso qualche anno fa, ricorderemo con affetto Fabrizio Frizzi, uno dei conduttori che ha condotto più maratone di Telethon, e ospiteremo Valeria Fiorito, la ragazza che ha ricevuto in dono proprio da Fabrizio il midollo, prima che lui morisse.

Una serata ricca…

Nella quale ci sarà spazio per il racconto di chi, in vita, come Giovanni Paolo II e Sammy Basso, ha testimoniato come, affrontando il dolore, un’esperienza negativa possa essere trasformata in un momento di speranza.

E poi…

Si continua il 26 dicembre, con la “BellaFesta” che si sposta nella prima serata di Rai 2, dopo il Tg2. Sarà un confronto generazionale tra cinque coppie (Lino Banfi e la figlia Rosanna, Simona Izzo e la nuora Cristina Congiunti, Nadia Rinaldi e la nipote Maria Isabella Marangoni, Flora Canto e la nonna Diana, e Rosanna Lambertucci con la figlia Angelica Amodei, si sfideranno tra di loro in prove di canto e ballo. Rossella Erra estrarrà i numeri per far giocare le coppie familiari in gara, il cast di boomer e generazione Z di “BellaMa’” in studio e tutto il pubblico in platea), avremo un super ospite come Christian De Sica, che canterà e racconterà come passa e ha passato le feste in famiglia. Nella serata del 2 gennaio, invece, il nostro super ospite sarà Albano, che si esibirà con i suoi grandi successi, accompagnato dalla Resident band Infieri. Le coppie “in gara” saranno questa volta Valeria Fabrizi e la figlia Giorgia Giacobetti, Maria Teresa Ruta e il genero Mirko Gancitano, Licia Colò e la figlia Liala Antonino, Alba Parietti e il figlio Francesco Oppini e Gabriele Cirilli con il figlio Mattia. Anche questa serata si chiuderà con un ballo di gruppo, animato dai Los Locos, che suoneranno i loro grandi successi e, immancabile l’oroscopo dell’astrologo Jupiter per dire cosa aspettarci dal 2025.

La partenza della festa, però, è all’insegna della ricerca. Cosa significa per lei impegnarsi in una serata dedicata a Telethon?

Innanzitutto, significa onorare i 35 anni di Telethon, un marchio di garanzia, e poi cercherò di mettermi nei panni di chi, grazie alla Fondazione e attraverso i fondi sulla ricerca, ha trovato le soluzioni importanti per uscire fuori dai propri problemi fisici. E poi… significa onorare una quantità di operatori Telethon che in questi anni hanno continuato silenziosamente a fare il proprio lavoro, che non è circoscritto solamente alla settimana in cui c’è la maratona con Rai, ma è uno sforzo che dura tutto l’anno. Mi piace, dunque, l’idea di rendere loro omaggio, sono operatori di pace, perché, in fondo, si occupano della serenità interiore delle persone che devono affrontare delle malattie geneticamente rare.

Il suo “Bella Ma’” è in perfetta sintonia con le linee guida del Servizio Pubblico. Come interpreta questo ruolo?

Con professionalità e con garbo, rispettando tutte le opinioni e utilizzando un buon vocabolario nella conduzione e nell’esposizione orale dei concorrenti e degli opinionisti. E poi la leggerezza, che è un valore fondamentale. Il mio compito è entrare in punta di piedi nelle case, costruire ogni giorno un prodotto godibile, rispettoso e leale del pubblico, che sia in grado di regalare allegria al pubblico che ci segue.

In particolare, durante le feste…

Dobbiamo considerare che, purtroppo, non tutte le persone possono permettersi un Natale sereno, ecco perché si deve entrare a casa della gente con delicatezza, rivolgendosi in particolare alle persone che vivono quel senso di solitudine o di smarrimento, e che fanno fatica a trovare serenità nelle proprie famiglie. Il mio pensiero durante queste tre puntate speciali è rivolto a tutti coloro che non potranno trascorrere il Natale con le stesse emozioni di chi è più fortunato, di chi può contare su un lavoro o su una famiglia sempre pronta a sostenersi. Gli italiani sono un popolo straordinario, ma non dobbiamo dimenticare che davanti al video ci sono persone con storie diverse, belle o meno belle, e il nostro compito è regalare un sorriso, soprattutto a chi questo sorriso non se lo può permettere.

“Bella Ma’” è un programma di successo, un po’ come un figlio che diventa grande. Che cosa si aspetta dal futuro di questo programma?

Di andare avanti a lungo. A marzo inizieranno i provini per la quarta stagione e siamo tutti desiderosi di proseguire questo lavoro. Per me “Bella Ma’” può essere il programma che mi accompagna fino alla fine, mi piacerebbe che la Rai offrisse a questo format una lunga serialità. Io vado in onda sempre senza una scaletta, immagino dunque un “Bella Ma’” sempre in evoluzione, esattamente la società, il Paese.

Come sono cambiati nel tempo i suoi sogni e obiettivi professionali?

Faccio questo mestiere da trentatré anni, avevo quattordici anni quando ho iniziato con la radio, oggi ne ho quarantasette e non mi sono mai fermato. Come tutti, ho commesso degli errori, ma da questi ho cercato di imparare e, ora che ho raggiunto la solidità di chi questo lavoro lo fa con senso di responsabilità, spero di proseguire con la stessa passione, con la stessa umiltà e con la stessa costanza che mi ha accompagnato in questi anni.

Qual è l’insegnamento più grande che ha ricevuto da questo mestiere?

Ho imparato a capire sempre di più le ragioni degli altri, a rispettare i diversi punti di vista, ma soprattutto il mio lavoro mi ha insegnato a mettermi in ascolto. A volte è più importante ascoltare che parlare.

Come sarà il suo Natale?

Io sono un tradizionalista, trascorrerò le feste con la mia famiglia, con la mia mamma e le mie sorelle, con i nipoti e con mio marito…

È un uomo di radio e di tv, qual è il suo personale augurio alla nostra azienda?

Auguro che continui a investire e a valorizzare le sue risorse interne, perché in Rai ci sono figure professionali eccellenti, ed è importantissimo dar loro valore. Le risposte, se guardiamo con attenzione, sono tutte in casa.

Se potesse fare un tuffo indietro nel tempo nella tv che è stata una grande tv del passato, dove si collocherebbe?

Mi sarebbe piaciuto lavorare accanto a Gianni Minà a Blitz, il mio programma preferito.

 

 

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La valanga azzurra

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“La Valanga Azzurra” ripercorre la parabola irripetibile della nazionale italiana di sci alpino degli anni ’70, guidata dal leggendario tecnico Mario Cotelli e capitanata da campioni come Gustavo Thoeni e Piero Gros. Attraverso successi che hanno riscritto la storia dello sport italiano, come la conquista di cinque Coppe del Mondo e numerose medaglie tra Olimpiadi e Mondiali, il documentario celebra le rivalità interne, i contrasti caratteriali e i sacrifici che hanno reso invincibile questa squadra. Le testimonianze inedite dei protagonisti, intrecciate alla narrazione di Giovanni Veronesi, che rivela in questa occasione i suoi trascorsi di aspirante campione fanno rivivere l’epopea unica di un ciclone sportivo, dagli esordi gloriosi fino a un inevitabile declino. Il documentario andrà in onda lunedì 30 dicembre in prima serata su Rai 3

 

Dimmi cos’era la Valanga…

In montagna negli anni Settanta l’Italia insegnava a sciare al mondo, vinceva tutto, e sulle code degli sci metteva due corazzate alpine come Austria e Svizzera. Un successo dopo l’altro, dalla portata e dalla forza di una Valanga, che non poteva che essere Azzurra. Sotto la regia di un uomo dalle straordinarie intuizioni come Mario Cotelli, direttore tecnico azzurro, e sulla scia di un fuoriclasse assoluto come Gustavo Thoeni all’alba di quel decennio nasce quella che sarà la squadra italiana più forte di sempre. Il raccolto è copioso: i ragazzi di Mario Cotelli e del loro allenatore Oreste Peccedi, un papà sulla neve, portano al di qua delle Alpi ben cinque Coppe del Mondo (quattro con Gustavo Thoeni e una con Piero Gros) e dodici medaglie tra mondiali e olimpiadi. Un ciclo irripetibile, un’età dell’oro che cambierà per sempre la storia di questo sport nel nostro Paese. Ma in uno sport individuale come lo sci quella della Valanga Azzurra è anche la storia di una squadra, di un gruppo. Straordinario pure questo. I vari Gustavo Thoeni, Piero Gros, Fausto Radici, Stefano Anzi, Giuliano Besson, Tino Pietrogiovanna, Erwin Stricker, Rolando Thoeni, Helmuth Schmalzl, Franco Bieler, Paolo De Chiesa, Herbert Plank e una donna, Claudia Giordani, diventano idoli per una generazione che in camera affigge i loro poster: Lo sci, da sport di nicchia e pratica di snobismo per una élite di pochi privilegiati con il maglione griffato, i pantaloni a tubo, occhiali da sole e cremine per il visage, diviene un fenomeno di massa che riversa sulle piste migliaia e migliaia di praticanti…

 

Il regista Giovanni Veronesi racconta

«Non avevo mai saputo paragonare lo sci a qualcos’altro e poi, un giorno, mio fratello Sandro scrisse un romanzo, XY, e lì ho imparato a farlo: Sciare è come scrivere senza punteggiatura senza virgole né punti senza vincoli né cancelli sciare è libertà assoluta e curva dopo curva con le cosce che ti bruciano essere felici. Io sono uno sciatore mancato, dicono i miei amici. Io invece dico “fallito”. Non ho fatto altro che sciare fino a 14 anni, gara dopo gara, per diventare un campione e non ce l’ho fatta. Questa è la spinta più forte che mi ha convinto a raccontare la storia della Valanga Azzurra. Quelli sono davvero i miei miti, sono quello che io avrei voluto essere nella vita, sono Me dentro. Facendo questo documentario ho chiuso per sempre il cerchio. Ho messo la parola fine alla mia esperienza sugli sci e non andrò mai più a sciare. Ho deciso, che è giusto così, che raccontare una storia del genere deve avere uno scopo privato, deve anche essere un’esperienza personale e io la farò essere la mia ultima volta. Raccontiamo le imprese di atleti come Gros e Thoeni, che portarono lo sci ad essere in quegli anni il secondo sport nazionale dopo il calcio e mi sono dato da fare per tirar fuori dalle bocche di gente zitta, tutte le emozioni, le invidie e i sentimenti che regnarono nei cuori coraggiosi di quei campioni senza tempo. Sono andato a sciare con loro e ho cercato, nelle chiacchierate sulle piste e in seggiovia, di estrarre la vera natura del campione, quella del virtuoso, quella del sacrificio di un’infanzia diversa, quella che si esprime e viene fuori solo curva dopo curva senza virgole né punti, senza scrupoli né ostacoli, sciando accanto alla tua ombra al ritmo di un “click” che ti fa curvare solo in quel punto, né un attimo prima né uno dopo, così come accade nella musica dove chi va fuori tempo “inforca”. C’è la neve nei miei ricordi c’è sempre la neve e mi diventa bianco il cervello se non la smetto di ricordare.»

 

I PROTAGONISTI (foto)

MARIO COTELLI

«Il boss», come lo definì il grande Alfredo Pigna…

 

ORESTE PECCEDI

Il papà. Allenatore della Valanga Azzurra, Oreste Peccedi è uno dei più importanti personaggi della storia dello sci alpino italiano…

 

GUSTAVO THOENI

Il campionissimo, classe pura e cristallina come le placide acque di un laghetto alpino…

 

PIERO GROS

La mia banda suona il rock. Gioventù ribelle, gli anni Settanta nell’anima: capello lungo spettinato, aria sfrontata e irriverente, in pista un classico centravanti di sfondamento che, con gli sci ai piedi, scatenava tutta la sua potenza…

 

PAOLO DE CHIESA

Il «bocia» della Valanga Azzurra: con Thoeni, Gros, e Radici, compone il nostro quartetto d’archi in slalom…

 

HERBERT PLANK

“Manubrio”, così lo chiamava Mario Cotelli, per la posizione delle braccia che assumeva in discesa…

 

FAUSTO RADICI

Il gentleman. Privo di vista da un occhio, fare sci a quei livelli era già un miracolo, ma Fausto Radici va oltre…

 

ERWIN STRICKER

Il «Cavallo Pazzo» della Valanga Azzurra…

 

FRANCO BIELER

Valdostano di Gressoney, l’uomo dalle commozioni cerebrali, tre per la precisione, e sempre in discesa libera. Lui non fa una piega e ci ride su…

 

TINO PIETROGIOVANNA

Era in Polizia, e lo chiamavano “il Colonnello”, ci vedeva poco e doveva sciare con gli occhiali. Questo non gli ha impedito di collezionare due podi in Coppa del Mondo…

 

STEFANO ANZI & GIULIANO BESSON

I gemelli diversi li metti insieme, pronunci i loro nomi all’unisono, perché insieme son sempre stati e insieme hanno condiviso tutto, nel bene e nel male…

 

HELMUTH SCHMALZL

L’intellettuale della compagnia…

 

ROLANDO THOENI

Genio e sregolatezza in piena regola. Gran talento, amava la vita…

 

MARCELLO VARALLO

Milanese di nascita, ma la Val Badia è la sua terra promessa…

 

CLAUDIA GIORDANI

La ragazza della Valanga Azzurra, che aprì la strada alla Valanga Rosa…

 

INGEMAR STENMARK

Il più grande di sempre, inarrivabile…

 

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SARÀ SANREMO

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Obiettivo Ariston

Tappa finale per selezionare le Nuove Proposte 2025. Sei giovani in gara sul palco del teatro del Casinò in prima serata su Rai 1, Rai Radio 2 e RaiPlay con Carlo Conti e Alessandro Cattelan 

Sfida finale per gli artisti di Sanremo Giovani. Dopo cinque appuntamenti e tante sfide dirette, i magnifici sei, selezionati dalla Commissione Musicale composta da Ema Stokholma, Carolina Rey, Manola Moslehi, Enrico Cremonesi e Daniele Battaglia (insieme a Carlo Conti e Claudio Fasulo, giurati fuori onda), dovranno affrontare l’ultimo esame per fregiarsi del titolo di Nuove Proposte 2025. Solo tre di loro, insieme al vincitore della sfida diretta tra i due finalisti provenienti da Area Sanremo, avranno infatti questa opportunità. In gara Angelica Bove, Alex Wyse,  Mew, Selmi, Settembre, Vale Lp e Lil Jolie, mentre per Area Sanremo a calcare il palco saranno Etra e Maria Tomba. L’appuntamento è per mercoledì 18 dicembre con Carlo Conti e Alessandro Cattelan in diretta in prima serata su Rai 1, ma anche su Radio2 e Raiplay. Nel corso della puntata, in onda dal teatro del Casinò della Città dei fiori, saranno svelati anche i titoli dei brani dei big in gara a febbraio nella 75esima edizione del Festival della Canzone italiana.

 

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Via dei Matti n. 0

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Torna la striscia preserale di Rai Cultura, ideata e condotta da Valentina Cenni e Stefano Bollani. Dal 16 dicembre, dal lunedì al venerdì, alle 20.20 su Rai 3

 

La celebre casa di “Via dei Matti n. 0” ha riaperto le sue porte, accogliendo il pubblico in un universo musicale fatto di esibizioni, improvvisazioni, dialoghi e duetti con ospiti nazionali e internazionali. L’appuntamento è per il 16 dicembre, ogni sera dal lunedì al venerdì alle 20.20 su Rai 3. Come da tradizione, ogni episodio si concluderà con Stefano e Valentina che, al pianoforte, saluteranno gli spettatori con un arrangiamento originale di brani provenienti da diverse tradizioni musicali.

 

Tornate proprio nei giorni delle feste… che viaggio sarà?

STEFANO: Sarà un grande viaggio all’interno della musica. Quest’anno la novità è nell’aver deciso di concentrare le energie ogni sera su un personaggio molto importante della storia della musica, da Johnny Mitchell a Igor Stravinsky, passando per Bob Marley e tanti altri. Il nostro scopo è che il pubblico si interessi e decida di approfondirne la conoscenza.

VALENTINA: Per noi sarà un grande dono incontrare ogni sera questi grandi maestri che hanno fatto la storia della musica, entrare nelle loro vite, nel loro modo di vivere e di pensare la musica.

 

Sette note capaci di evocare milioni di emozioni anche diversissime tra loro. Quando avete capito che la musica sarebbe stata centrale nella vostra vita?

STEFANO: Subito, perché da bambino venivo placato dal suono della musica che c’era in casa e che volevo ascoltare continuamente.

VALENTINA: La musica ha sempre fatto parte della mia vita, della mia quotidianità, è entrata, però, proprio a fondo dopo aver incontrato Stefano, diventando centrale nelle nostre vite.

 

Che cosa deve avere una canzone per lasciare il segno, per vincere sul trascorrere del tempo?

STEFANO: Ogni canzone ha qualcosa di unico. A noi fa molto piacere a fine trasmissione ritrovarci al pianoforte, cercare di tirare fuori quel quid e far vedere che c’è un diamante dietro ogni piccola idea.

VALENTINA: Entrare ogni sera nelle storie narrate dai grandi cantautori è emozionante. Cerchiamo di farlo a fondo per comprenderle e comunicarle al pubblico.

 

Testi che raccontano le emozioni più profonde del nostro animo, altri che esplorano i nostri tempi, la contemporaneità, la società. A quali vi sentite più vicini?

STEFANO: Per me scegliere è veramente difficile. Per quanto mi riguarda sto ascoltando tutti i giorni George Harrison. I suoi dischi da solista, per testi, musiche e realizzazione, mi sembrano dei piccoli capolavori, purtroppo poco conosciuti.

VALENTINA: Il testo in una canzone è sempre un pretesto, perché comunque, a parlare, è qualcosa che va oltre le parole. Non mi sono mai appassionata a chissà quale testo, ma al risultato, al messaggio profondo.

 

Prima di iniziare questa avventura credevate che avrebbe trovato un riscontro così forte da parte del pubblico?

STEFANO: Non ci abbiamo mai pensato. È un programma che mancava, e non potevamo prevedere, né noi, né la Rai, il risultato finale. Abbiamo solo cercato di fare del nostro meglio, senza avere aspettative, e questo è sempre un modo interessante per affrontare la vita, perché senza aspettative non ci sono neanche delusioni.

VAENTINA: Quando abbiamo scoperto che anche il pubblico, un grande pubblico, partecipava alla nostra trasmissione con trasporto, è stata una grandissima gioia.

 

I vostri duetti appassionano i telespettatori, c’è un brano che avete interpretato, o che farete, che vi racconta particolarmente?

STEFANO: Difficile rispondere, ma direi “Aquarela do Brasil”, una canzone brasiliana che, forse, ci racconta in maniera particolare, perché il Brasile è una terra che amiamo molto.

VALENTINA: Anch’io direi quella insieme ad altre canzoni brasiliane. Me ne viene in mente una meravigliosa che si chiama “Casa da Floresta”, che parla di costruirsi una casa con le proprie mani, di vivere la vita nella terra, nella comunione, insieme alle persone, di stare insieme e nell’amore.

 

Le tradizioni musicali che preferite sono legate al Brasile?

STEFANO: Abbiamo una passione per il Brasile, per cui si ascolta molta musica brasiliana in casa nostra, in tutte le stagioni.

VALENTINA: Abbiamo passioni musicali comuni fin da prima di conoscerci. Fin da piccola ascoltavo comunque il jazz, il cantautorato italiano degli anni ’60 e ‘70, la musica classica.

 

Quali cambiamenti ci saranno in questa stazione di “Via dei Matti n.0”?

STEFANO: L’impianto è quello e ci concentriamo ogni sera su un musicista. A non cambiare è la vastità dell’universo musicale che cerchiamo di portare in scena. A noi piace l’idea, come in passato, di parlare di musica antica, di musica contemporanea, di jazz e di portare in tv, oltre ai grandi nomi della musica italiana e internazionale, anche i giovani che si stanno facendo largo nel mondo della musica.

VALENTINA: Il programma ha una struttura molto solida e rimane quella. La nostra è una casa viva, quindi cambia insieme a noi.

 

Com’è la vostra casa a telecamere spente?

STEFANO: Quella che vedete in “Via dei Matti n.0”.  I protagonisti sono la luce, le piante, i minerali, abbiamo un sacco di pietre, tanti libri e tanti dischi.

VALENTINA: Quello che manca sono le porte, ce ne sono poche ed è molto bella così.

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SPOILER

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Marco Acampa e Linda Raimondo raccontano il futuro su Rai Gulp e RaiPlay

Per affrontare le sfide tecnologiche che caratterizzeranno il futuro prossimo occorrerà agire sulla formazione dei più giovani promuovendo il più possibile le materie Stem in maniera rapida. È l’obiettivo di “Spoiler – Un salto nel futuro”, la trasmissione in onda tutti i giorni (tranne il martedì e il venerdì), alle 19.35 su Rai Gulp e RaiPlay. Il programma, realizzato da Rai Kids e KR1, parte dall’esigenza di accompagnare i ragazzi in un viaggio alla scoperta del complesso mondo della ricerca e delle nuove tecnologie. Per uno strano caso del destino e grazie alla scienza, Mario Acampa e Linda Raimondo, i due protagonisti del format, si parlano da due epoche diverse: il primo nel 2024 e la seconda nel 2034. La vita di Mario, attore un po’ stravagante e disorganizzato, e quella di Linda “del futuro”, che ha realizzato il suo sogno di diventare astronauta e vive nel Gateway che orbita attorno alla Luna, si incroceranno portando i ragazzi a capire che scienza, tecnologia e ricerca spaziale sono strettamente correlati con la nostra vita quotidiana e che molte delle semplici domande che ci poniamo hanno invece risposte complesse che riguardano letteralmente tutta l’umanità. Con l’aiuto di Mia, l’intelligenza artificiale che gestisce la casa di Mario nel presente, i due protagonisti affronteranno di volta in volta diversi argomenti per dare risposte alle domande che caratterizzano il nostro tempo: quali possono essere valide fonti di energia alternativa? È vero che la Terra si sta scaldando? Dove vivrà l’uomo del futuro? Come ci possiamo prendere cura del nostro pianeta e dello spazio che lo circonda? Grazie alla collaborazione con ESA e altri enti di ricerca internazionali, quali ITER (Francia) e Fermi Lab (USA), “Spoiler” immagina e racconta il futuro prossimo che riguarda non solo il fronte dell’esplorazione spaziale, ma anche l’innovazione tecnologica che porterà sulla Terra energie pulite, computer quantistici e benefici in campo medico. A raccontare il programma sono proprio i due protagonisti.

Perché è necessario creare per la tv programmi di divulgazione scientifica come SPOILER?

Mario Acampa: Credo sia necessario sapere quello che accade attorno a noi, dall’infinitamente piccolo al macro. Capire il funzionamento del mondo ci consente di essere consapevoli e questo allontana la paura. La divulgazione scientifica così come l’abbiamo pensata e realizzata in questo format serve proprio a capire per non avere paura. Questo secondo me significa essere liberi.

Linda Raimondo: La scienza è poesia, nel momento in cui si capisce si aprono le porte a tantissima bellezza ma questo l’ho scoperto crescendo. Da bambina  scienza e matematica non mi piacevano proprio. La matematica mi faceva paura, solo che per me era diventata una sfida capirla. E anche oggi vado ogni giorno all’università sapendo che non capirò nulla di quello che mi spiegano, ma poi il pomeriggio mi metto a studiare per comprendere ciò che mi è stato detto a lezione. Quindi è per vincere questa sfida che bisogna fare divulgazione scientifica…anche in televisione.

Sei attore, regista e conduttore. Sogno del cassetto?

Mario Acampa: Ho una cassettiera! Mi piace sperimentare linguaggi differenti e tutti esprimono la mia urgenza di comunicare emozioni. Mi piace creare progetti, realizzare idee, e televisivamente mi piacerebbe costruire un format “tutto mio” nel quale poter mettere insieme tutte le esperienze fatte in questi anni e raccontare il mondo che verrà; non solo parlando di scienza e tecnologia, ma anche di cibo, di musica e di ecologia avvicinando alla televisione un publico sempre più trasversale! Quindi restate sintonizzati…

Sei divulgatrice scientifica, hai tenuto conferenze per TEDx e ti sei appena laureata. Sogno nel cassetto?

Linda Raimondo: Per tanto tempo ho pensato che sarei diventata astronauta. Guardavo le stelle ed ero certa  che un giorno le avrei viste da una prospettiva diversa, da più vicino. Oggi mi sono “innamorata” della fisica e quindi il mio sogno è quello di lavorare in questo campo magari come ricercatore e chissà che questo non voglia dire chiudere il cerchio entrando anche nell’ambito dell’aerospazio.

Quale è la tua parola del 2025?

Mario Acampa: Per me è orizzonte. Un orizzonte che in questi anni ho sempre spostato un po’ più in là e mi ha sempre sorpreso. Come in un quadro di Turner! Non vedo il limite, ma la gioia di veder rinascere il sole ogni volta in modo diverso.

Linda Raimondo: La mia parola è futuro. Sto studiando e lavorando perché il futuro sia all’altezza delle mie aspettative: sfidante ma soddisfacente.

 

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CAROLYN SMITH

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La danza è vita

Il 21 dicembre in diretta su Rai 1 sarà proclamata la coppia vincitrice della diciannovesima edizione di “Ballando con le Stelle”. A presiedere la giuria, la ballerina e coreografa scozzese che al RadiocorriereTv dichiara: «Ho visto tra le coppie il desiderio di arrivare alla fine, ma non azzardo un totonomi. Questa edizione è diventata da subito speciale per il pubblico»

 

Siamo alle battute finali di una stagione straordinaria di “Ballando con le Stelle”, ci scatta una fotografia a due settimane dalla proclamazione del vincitore?

Stiamo vivendo una delle edizioni più originali, sia per la qualità dei concorrenti sia per i colpi di scena. Difficile dire chi potrà vincere, cosa che invece in altre stagioni del programma è accaduto. Anche se siamo a due sole puntate dalla finalissima, non mi sento di azzardare un totonomi per il podio. Non va mai dimenticato che contano, alla fine, i voti del pubblico.

Cosa ha reso così speciale questa edizione?

Prima di tutto i concorrenti, che si sono impegnati molto. Pur essendo diverse tra loro, ho visto tra le coppie il desiderio di arrivare alla fine. Molti sono stati bravi dalle prime puntate, come Bianca Guaccero, Federica Nargi, Nina Zilli (che, purtroppo, si è dovuta ritirare per una serie di infortuni). Altri hanno avuto bisogno di più tempo per raggiungere livelli alti. Tutto può succedere. Questa edizione è diventata fin da subito speciale per il pubblico, che la segue con passione. Vengo spesso fermata per strada per avere pronostici: mi è sempre accaduto, ma mai così frequentemente. Anche sulle mie pagine social ricevo ogni giorno domande su chi vincerà la coppa il 21 dicembre.

Ci indica un aggettivo per ognuna delle coppie rimaste in gara?

Sia per la coppia Nargi/Favilla che per quella Guaccero/Pernice posso attribuire due aggettivi: armonici e caparbi. Sono coppie che, pur avendo caratteristiche diverse, dimostrano di essere entrate nel mondo del ballo non solo con il corpo, ma anche con la mente e la sintonia. Si muovono in pista come veri professionisti del ballo. Per Barbareschi/Tripoli, l’aggettivo giusto è intensi. Luca è un uomo di teatro e sa coinvolgere il pubblico anche con un gesto o uno sguardo. Alessandra riesce a cogliere questa sua caratteristica. Per la coppia Pellegrini/La Rocca non mi sento ancora di trovare un aggettivo, non avendoli visti abbastanza, ma posso utilizzare il termine “sorprendente” e, per come conosco Pasquale La Rocca, aggiungerei determinati. Federica ha dimostrato una crescita importante. Marini/Berto complici e molto moderni. Lo stesso vale per Castoldi/Perrotti. Queste coppie di giovani hanno portato sulla pista del programma una nuova espressione e sono molto amalgamate tra loro. Per Paolantoni/Kuzmina uso in perfetta sintonia e tenaci, anche nel momento dell’infortunio di Anastasia.

Cosa rappresenta per lei “Ballando”?

Per me rappresenta moltissimo. Considero Milly Carlucci una sorella, con Paolo (Belli) siamo legati da un sentimento profondo e fraterno. Tutto il team è molto affiatato e questo per me è una grande sicurezza. Per il pubblico il programma rappresenta un appuntamento fisso ed atteso.

Cosa significa insegnare il culto della danza?

Ho iniziato a studiare danza quando avevo quattro anni e fin da giovanissima avevo le idee chiare. Volevo diventare ballerina con l’idea di essere, un giorno, anche insegnante di ballo. Trasmettere l’arte della danza è una grande responsabilità perché si possono creare, se allevati bene, dei futuri campioni italiani e del mondo. Io non ho avuto figli, ma ho insegnato negli anni a molti giovani che, oggi hanno trovato la loro strada grazie anche al tanto lavoro fatto assieme. Occorrono molto sacrificio e volontà. Insegnare comporta un grande senso di responsabilità, anche per gli insegnanti di “Ballando con le Stelle” vale questo principio.

Come si fa a essere sempre oggettivi nella valutazione di un concorrente?

Il mio giudizio è solo frutto dell’osservazione della performance, valuto i concorrenti come se fossi a una gara di ballo, ovviamente con le riserve dovute al fatto che loro non sono professionisti. Non penso ad altro che guardare i passi e l’impostazione. Cerco sempre di inserire un consiglio per i ballerini, in modo che nella puntata successiva possano applicarlo. Il mio giudizio è determinato in questo modo, poi, certamente, lo show televisivo necessita di elementi più leggeri.

Quanto conta la giusta simbiosi tra concorrente e maestro?

È un elemento molto importante. Non bastano predisposizione e volontà, la coppia deve essere affiatata e questo porta a risultati spesso inattesi, soprattutto per il concorrente.

Cosa la diverte (e cosa la fa un po’ arrabbiare) in trasmissione?

Mi piace moltissimo e mi divertono i momenti fuori programma come battute comiche che arrivano da alcuni concorrenti e dagli stessi altri giudici. Difficile che mi arrabbi, comunque, non seriamente. Sicuramente non mi piace quando si alzano i toni.

Uno sguardo al passato… c’è un concorrente rimasto nel cuore?

Tanti. Ne scelgo uno fra tutti, Kaspar Capparoni, vincitore nel 2011 della settima edizione del programma.

Chi è Carolyn Smith oggi?

Carolyn è una donna che ha raggiunto tanti obiettivi che si era prefissata, ma è anche una donna che ne mette in lista qualcuno in più ogni giorno, potrei dire di essere sempre in movimento. Ricevo tante soddisfazioni dai ballerini che preparo per le gare, mi emoziono moltissimo quando i miei progetti prendono forma, come è avvenuto con i corsi di danza, fitness e motivazione che coinvolgono oltre quindicimila donne in tutta Italia e all’Estero (sensualdancefit.it). Mi è accaduto spesso, in questi anni, di rimanere sorpresa dei passi fatti. Ultimamente ho lanciato una collezione di moda e gioielli con un motto importante I am a Woman first (sono una donna prima di tutto) con lo scopo di divulgare un pensiero. Questo progetto è cresciuto in pochissimo tempo e quel motto è diventato un pensiero motivante per tante donne. La Carolyn di oggi vuole andare sempre avanti, anche se questo richiede di lottare. In qualche modo il tumore al seno che mi ha colpito nove anni fa mi ha costretto a tirar fuori ulteriori risorse. Per questo, anche nell’ambito della divulgazione della prevenzione, mi sono impegnata tanto. Recentemente ho voluto creare un progetto per aiutare i pazienti oncologici attraverso lezioni di ballo (Dance for Oncology) perché la danza può dare un ottimo contributo ed è taumaturgica.

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SANREMO GIOVANI 2024

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Verso la finalissima con Alessandro Cattelan

La puntata di martedì 10 dicembre in seconda serata su Rai 2, Rai Radio 2 e Raiplay deciderà i sei finalisti che mercoledì 18 dicembre si affronteranno in “Sarà Sanremo”

Dopo quattro appuntamenti e tante sfide dirette, martedì 10 dicembre con Alessandro Cattelan in seconda serata su Rai 2 (ma anche su Radio2 e RaiPlay), i 12 finalisti di “Sanremo Giovani” dovranno sfoderare le proprie qualità migliori per superare l’ultima prova e approdare alla finalissima di “Sarà Sanremo”, in onda il 18 dicembre, dal Teatro del Casinò di Sanremo, in prima serata su Rai 1. Ma solo sei di loro avranno questa chance. A giudicarli sempre la Commissione Musicale composta da Ema Stokholma, Carolina Rey, Manola Moslehi, Enrico Cremonesi e Daniele Battaglia (insieme a Carlo Conti e Claudio Fasulo, giurati fuori onda).

 

I MAGNIFICI 12 SONO:

Mazzariello, Mew, Tancredi

Grelmos, Settembre, Selmi

Arianna Rozzo, Alex Wyse, Bosnia,

Angelica Bove, Questo e Quello, Vale Lp e Lil Jolie

 

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PEPPONE CALABRESE

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Racconto un’Italia autentica

“L’Italia che ho visto” è il libro di Giuseppe Calabrese detto Peppone, edito Rai Libri, scritto grazie all’esperienza di “Linea Verde” e alla passione per la terra e per le tradizioni. Tra le pagine, un viaggio alla scoperta di tante realtà locali della Penisola, spesso poco note, tra la buona tavola e le buone pratiche

Grazie all’esperienza di “Linea Verde” che Italia ha scoperto?

Autentica, consapevole e responsabile. Quando andiamo a girare per “Linea Verde” e arriviamo nei luoghi, le persone ci accolgono con entusiasmo. Sanno che abbiamo un grande rispetto e una grande responsabilità verso chi non ha voce. Questa consapevolezza le mette a proprio agio. È un po’ come quando andavo a casa di nonno Peppe in un paese vicino Potenza e percepivo l’importanza di dare voce a chi veramente non ha mai avuto modo di raccontare la propria vita. Diventa un momento magico, di grande ricchezza e culturalmente altissimo. In tutti questi anni di “Linea Verde” sono cresciuto tanto per la conoscenza dei valori che hanno fatto grande l’Italia.

E da tutti questi viaggi è nato il libro “L’Italia che ho visto”, che è un viaggio nei sapori ma soprattutto nella cultura…

Non vuole essere un libro di ricette, ma un libro di chi prova a restituire le emozioni che in questi anni ho provato. Ho raccontato delle storie bellissime, di persone che hanno contribuito con l’etica del lavoro a far sì che un determinato territorio avesse uno stile ben preciso. Si parla anche di dialetto e dell’importanza di alcune pratiche agricole, fondamentali per far sì che le attività siano sostenibili, dove per sostenibilità non si intende solo quella ambientale ma anche economica che poi è quella che permette alle persone di restare nei territori ma soprattutto di invertire il paradigma della resilienza.

Cosa intende, nel suo libro, per “buona pratica”?

Etica, l’esercizio ripetuto quotidianamente per far sì che il prodotto finale sia di grande qualità. Che poi non è altro che la buona pratica degli artigiani che ci hanno sempre invidiato in tutto il mondo. Dalla moda all’arte, dalla cucina alla musica, fino alla poesia.

Tra le “buone pratiche” riportate nel libro, vuole raccontarcene qualcuna in particolare?

Sicuramente la transumanza, una tradizione che non deve finire. E per far sì che possa continuare ad esistere, c’è bisogno dell’acquisto consapevole. Si tratta di un vero e proprio atto politico, perché in quel momento, chi acquista, sta decidendo per un prodotto o per un altro. Bisogna conoscere il valore della transumanza e di questi animali che stanno al pascolo, che alimentano la biodiversità con il loro incedere lento dalla pianura alla montagna e viceversa, che danno una mano al pianeta perché mangiando il sottobosco non alimentano per esempio i fuochi.

Parlando della transumanza, attraverso i tratturi, si arriva fino in Basilicata, che è la sua terra di origine. Quali sono le tradizioni della tavola?

Quelle che passano anche dalle mani sapienti delle nonne. La pasta fatta in casa non è solo un buon piatto, ma anche un momento di condivisione in cui in cucina c’è una festa. Io credo di essere sempre stato un amante del mondo antico, che però strizza l’occhio alla tecnologia che potrebbe aiutare l’agricoltura ad essere migliore. Le usanze non vanno perse, così come dovremmo mantenere i modi gentili della condivisione che per tanti anni hanno portato l’Italia ad essere apprezzata e invidiata da tutti.

Lei è ambasciatore della dieta mediterranea nel mondo. Qual è l’essenza di questo messaggio?

Quando ripenso che ne sono ambasciatore mi guardo fisicamente e mi dico che non sono proprio un testimone meraviglioso. Però è più forte il messaggio che io posso lanciare. Perché la dieta mediterranea è uno stile di vita, anche lento, che si basa sulla relazione, sul convivio, sullo star bene.

I suoi prossimi viaggi su e giù per l’Italia?

Prossimamente con “Linea Verde” saremo a Carrù, in provincia di Cuneo, per la fiera del “Bue Grasso”, una fiera eccellente italiana del bestiario e di allevamenti virtuosi. Poi andremo in Sardegna, in Toscana, forse anche in Ciociaria.

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GIULIA SANGIORGI

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Io e Mirella? Una cosa sola

Il sorriso è la carta vincente di Mirella, a “Il Paradiso delle Signore” dall’inizio della stagione e già personaggio molto apprezzato dal pubblico. Il RadiocorriereTv incontra la giovane attrice emiliana

Come accoglierebbe la sua Mirella i lettori del RadiocorriereTv al loro ingresso nei locali del Paradiso, magari per fare acquisti?

Mirella sarebbe felicissima, ha tanta energia e voglia di accogliere tutti con il sorriso, ama fare sentire le persone accettate, anche perché lei, nella sua vita, spesso non lo è stata.

Ci racconta l’incontro con il suo personaggio?

L’incontro è avvenuto ai provini, prima da remoto poi in presenza. All’inizio avevo avevo solo una descrizione generale di Mirella, ragazza madre scappata dalla famiglia dopo avere avuto un figlio da un uomo che poi l’ha abbandonata. Cosa non facile a quei tempi, quando c’era purtroppo un’altra mentalità. C’è stato poi il secondo provino, in cui si chiedeva a Mirella di accogliere una cliente al Paradiso, una scena dinamica e piena di entusiasmo.

Oggi, a distanza di qualche mese, cosa pensa di Mirella?

Sta diventando parte di me. Appena arrivata sul set i colleghi mi dicevano che nel giro di un paio di mesi mi sarebbe sembrato di essere un tutt’uno con il mio personaggio, e così è stato. Più andiamo avanti e più diventiamo una cosa sola: stimo tantissimo Mirella, una donna che si è data da fare, che sta crescendo da sola un bambino, che non si fa mai prendere dallo sconforto. La sua determinazione è da prendere come esempio, nonostante sia stata ferita continua a credere nell’amore, ha sempre una buona parola per gli altri che cerca sempre di aiutare.

Che ricordo ha del suo primo ciak al “Paradiso”?

Eravamo a casa delle ragazze, con Elvira, la capocommessa, e Irene, una delle Veneri. La mia Mirella provava i vestiti che, non avendo soldi, le nuove amiche le stavano regalando per renderla presentabile al lavoro. Un battesimo emozionante, ho un bellissimo ricordo.

Cosa sta scoprendo degli anni Sessanta?

Penso all’emancipazione della donna, alle varie rivoluzioni che li hanno attraversati. Li si conosce poco perché molto vicini a noi e quindi sono un po’ trascurati dalla scuola. Questa esperienza a “Il Paradiso delle Signore” mi consente di viverli da vicino.

E della moda di quel periodo cosa pensa?

La amo (sorride). Sin dalle prime prove costume mi sentivo nei panni giusti per me: i colori sgargianti, le forme. Sono chicche. Sul finire dei Sessanta arrivano anche le gonne più corte… A colpirmi sono anche l’eleganza, il portamento, la postura. Oggi siamo molto più rilassati, e non solo nel vestire e nel modo di porci.  Trovo che ci fosse più ricerca anche nel parlare.

Prenda la macchina del tempo per organizzare una serata con le altre Veneri, dove le porterebbe?

Sicuramente a ballare, a scegliere le canzoni dai juke-box. Ci è capitato di farlo in scena ed è stato davvero molto divertente, sono certa lo sarebbe anche nella realtà. Provo grande simpatia per tutte le Veneri e per le colleghe che le interpretano.

Che cosa l’ha portata alla recitazione?

Ero molto piccola, avevo appena dieci anni. Ho sempre amato tutto ciò che era arte, dalla danza alla pittura, per aiutarmi a superare la mia timidezza i miei mi iscrissero a un corso di recitazione, da quel giorno non ho più smesso. Ho poi continuato a studiare, sperimentare, provare…

Quando ha capito che quella passione sarebbe potuta diventare un lavoro serio?

Quando ho iniziato a prendere qualche ruolo più importante, pur nella consapevolezza delle difficoltà che chi fa l’attore deve attraversare.  Ancora oggi spero che possa continuare. Ho tanta energia positiva, bisogna crederci fino alla fine, impegnarsi… Il ruolo che mi ha fatto capire che avrei potuto dare il mio contributo è stato quello di Ksenja ne “La Porta Rossa”, una ragazza sopra gli schemi, che si allontanava tanto dalla mia persona ma che mi ha fatto molto divertire.

Dalla sua Emilia a Roma, come è cambiata la sua vita?

Ho sognato Roma sin dagli anni delle scuole superiori. Ho poi rimandato per frequentare l’università, ma mi sono laureata e sono scappata. Ferrara è la mia città, è casa mia, ma a Roma la mia vita e le mie energie sono cambiate.  Qui si può sperimentare molto di più.

Cosa prova pensando a questa sua prima stagione al “Paradiso”?

Il “Paradiso” non significa solo avere un ruolo, ma entrare in una palestra in cui ogni giorno un attore ha la possibilità di sperimentare cose nuove e diverse.

Il sogno di Giulia…

Una vita felice e tranquilla attraverso due vie, quella della recitazione, sognando anche il cinema d’autore, e quella della ricerca dell’energia, del manifestare ciò che si vuole essere realmente.

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CATERINA BALIVO

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Sfide che parlano di noi

I grandi personaggi, la gente comune, le storie che parlano di tutti noi. Un segno distintivo? La forza di rimettersi in gioco. “La volta buona” è una finestra aperta sul Paese. «Sto scoprendo un’Italia incredibilmente ricca di sfumature, fatta di resilienza, passione e sogni. Ogni ospite porta un pezzo del suo mondo, della sua realtà, che contribuisce a creare un mosaico dell’Italia autentica» dice la conduttrice, che confida: «I miei sogni, sia da donna che da professionista della TV, sono legati al desiderio di fare qualcosa che lasci un segno positivo». Dal lunedì al venerdì alle 14.00 su Rai 1

Cosa significa entrare nelle case dei telespettatori, tutti i giorni, subito dopo il Tg di pranzo?

È un privilegio e una grande responsabilità. È come essere invitata a condividere un momento intimo della loro giornata, in cui c’è voglia di leggerezza, di sorrisi e di compagnia. Per me significa creare un dialogo autentico, portare un po’ di serenità e, perché no, anche spunti di riflessione o ispirazione.

Come è cresciuto e cambiato il programma nel corso di tutti questi mesi?

Il programma è cresciuto sia in termini di contenuti che di affiatamento del team. All’inizio, c’era l’entusiasmo di una nuova avventura, ma anche la sfida di capire cosa il pubblico volesse davvero. Con il tempo siamo riusciti a trovare il giusto equilibrio tra informazione, intrattenimento e leggerezza. È bello vedere come il programma si sia trasformato in uno spazio di confronto, un luogo dove tutti possono sentirsi rappresentati.

Le storie dei personaggi e quelle delle persone. Che Italia sta scoprendo e che cosa le stanno insegnando le vite e i racconti dei suoi ospiti?

Sto scoprendo un’Italia incredibilmente ricca di sfumature, fatta di resilienza, passione e sogni. Ci sono storie che emozionano, che fanno riflettere e che spesso insegnano a guardare la vita con occhi nuovi. È un privilegio poter ascoltare racconti così diversi, perché ogni ospite porta un pezzo del suo mondo, della sua realtà, che contribuisce a creare un mosaico dell’Italia autentica. Queste vite mi insegnano che, nonostante le difficoltà, c’è sempre una luce, un motivo per continuare a credere e ad andare avanti. Mi sento davvero grata di poter essere un ponte tra queste storie e il pubblico a casa.

“La volta buona” è anche sinonimo, per tante persone, di rinascita… cosa significa rimettersi in gioco?

La volta buona è davvero sinonimo di rinascita, e credo che rimettersi in gioco significhi avere il coraggio di affrontare i propri limiti, i propri timori, e credere che ci sia sempre una seconda possibilità. Non è facile, perché spesso ci vuole forza per lasciare andare il passato e guardare al futuro con occhi nuovi. Ma è proprio lì, in quel momento di vulnerabilità e determinazione, che troviamo la parte più autentica di noi stessi. Ogni volta che un ospite racconta la sua storia di riscatto, mi emoziono perché mi ricorda quanto sia importante non arrendersi mai, e quanto il supporto delle persone intorno a noi, insieme alla propria forza interiore, possa fare la differenza.

Quando ha dovuto farlo lei, da dove è partita? Qual è stata la sfida più grande?

Quando è arrivato il momento di rimettermi in gioco sono partita da me stessa, dalla consapevolezza di ciò che volevo davvero e da quello che non mi rendeva più felice. La sfida più grande è stata mettere da parte le paure e ho dovuto imparare a fidarmi del mio istinto, a dire “sì” solo ai progetti in cui mi riconoscevo veramente. È stato un percorso di crescita personale e professionale, dove ho capito che non c’è nulla di male nel fermarsi, respirare e ripartire con nuova energia. È una lezione che mi porto dentro ogni giorno.

Da donna e da professionista della Tv, quali sono i sogni di Caterina?

I miei sogni, sia da donna che da professionista della TV, sono sempre stati legati al desiderio di fare qualcosa che lasci un segno positivo. Da donna, sogno di continuare a trovare equilibrio tra la famiglia, il lavoro e me stessa, senza mai perdere la capacità di emozionarmi e di imparare. Da professionista, sogno di raccontare storie che ispirino, facciano riflettere e intrattengano, ma sempre con autenticità. Credo nella bellezza di evolversi, di accogliere nuove sfide e di non smettere mai di sognare in grande.

Le proponiamo un tuffo nel passato, se potesse farlo, in quale momento della storia della Tv si farebbe catapultare?

Sicuramente nei trasgressivi anni 80!

Tra i tanti professionisti che hai incontrato e quelli che hanno fatto la storia della televisione, di chi ha seguito l’esempio?

La professionalità di Milly Carlucci, la solarità di Antonella Clerici e l’ironia di Luciana Littizzetto.

Qual è il complimento più bello che hai ricevuto dal pubblico?

Dici quello che pensi, brava! (e io vado di sorriso amaro perché a volte dovrei fermarmi prima.)

Le feste sono alle porte, come immagina il suo momento di relax?

Le feste, per me, sono sinonimo di famiglia, di casa e di quel calore che solo le persone che ami possono darti. È il momento in cui posso ricaricare le energie e riflettere sull’anno passato, pensando con gratitudine a ciò che ho e con entusiasmo a quello che verrà. Immagino il mio momento di relax accanto a un camino acceso, magari con una tazza di tè caldo, mentre i bambini giocano intorno all’albero di Natale.

La musica è un tassello importante de “La volta buona”, per di più Sanremo è alle porte… che spazio occupa la musica nella sua vita?

Credo che la musica sia una delle forme di comunicazione più potenti: riesce a creare emozioni, a unire le persone e a raccontare storie in modo unico. Con Sanremo alle porte, poi, è impossibile non sentire quell’atmosfera magica che solo la musica italiana sa creare. È un appuntamento che aspetto sempre con curiosità, perché riesce a dare voce a talenti straordinari e a regalarci brani che entrano nella nostra vita per sempre.

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