Il Conte di Montecristo

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Omaggio al capolavoro senza tempo di Alexander Dumas, un romanzo complesso e articolato, in tutta la sua epicità. Da lunedì 13 gennaio, per otto prime serate, la serie diretta da Bille August accetta la sfida del pubblico della rete ammiraglia Rai

La vita sembra arridere a Edmond Dantès: fresco di nomina a capitano del Pharaon, è in procinto di sposarsi con Mercedes, l’amore della sua vita. Non sa ancora di avere dei nemici che cospirano contro di lui accusandolo di essere un bonapartista. Dopo averlo arrestato, Villefort, il sostituto procuratore di Marsiglia, insabbia la verità per proteggere i propri interessi e ordina che Edmond sia rinchiuso nelle segrete del famigerato Castello d’If. Dieci anni dopo, Edmond ha quasi perso ogni speranza quando, per un calcolo sbagliato, un altro detenuto, l’Abate Faria, che da tempo sta scavando un tunnel sotterraneo per tentare la fuga, piomba nella sua cella. Grazie a quello che diventa a tutti gli effetti un passaggio segreto, i due diventano amici e, dopo aver condiviso con Edmond il suo vasto sapere, l’Abate Faria gli rivela l’esatta ubicazione di un tesoro nascosto che, una volta liberi, sarà loro. Purtroppo, però, gli scavi del nuovo tunnel si protraggono per altri cinque anni e la morte di Faria costringe Edmond a evadere da solo cogliendo un’inaspettata opportunità. Finalmente libero, Edmond si dedica a quella che è la sua missione: vendicarsi di chi ha tramato per distruggergli la vita. Scovato il tesoro nascosto, Edmond si trasforma nel ricco e carismatico conte di Montecristo e inizia a indagare, costruendo per ben cinque anni il suo inarrestabile piano di vendetta. Scopre così i colpevoli – uno degli altri membri dell’equipaggio, Danglars, che ambiva alla promozione a capitano, e Fernand, il cugino di Mercedes – e capisce il motivo per cui il procuratore Villefort si è liberato così velocemente di lui senza neppure un processo. Ora i suoi tre nemici vivono a Parigi: Fernand è riuscito a sposare Mercedes, Danglars a diventare un ricco banchiere e Villefort a essere nominato procuratore capo. Nessuno, tranne Mercedes che sospetta della sua vera identità, riconosce in lui Edmond Dantès. A Montecristo non resta che insinuarsi nelle loro vite per annientarle, non con minacce o violenza ma con intelligenza, sfruttando le loro debolezze e le nefandezze compiute per farli cadere, nella speranza di riconquistare Mercedes. I suoi spietati atti di vendetta hanno un prezzo pesante per la serenità di Edmond che può però contare sull’amore di Mercedes per ricominciare, finalmente, una nuova vita.

 

Il regista Bille August

“Il conte di Montecristo” è una delle più grandi storie di vendetta mai raccontate. Abbiamo cercato di condensare questa storia intensa in una serie televisiva in otto episodi da 50’ che ci ha permesso di rendere omaggio a questo romanzo complesso e articolato, in tutta la sua epicità, attraverso uno stile visivo fortemente spettacolare e a un cast straordinario, che ha saputo arricchire il viaggio del protagonista, Edmond Dantès, nel suo percorso di vendetta nei confronti degli uomini che gli hanno rubato venti anni di vita e il suo unico vero amore. In questa sua implacabile ricerca, Edmond tesse intrichi raffinatamente spietati, intrappolando non solo i suoi nemici, ma tutti quelli che entrano nella sua orbita, gettando luce e speranza sull’umanità e restituendo anche a noi la fiducia nel potere salvifico dell’amore.

 

PERSONAGGI

 

Sam Claflin | Edmond Dantès – Il conte di Montecristo

 

“Nessuno può capire la profondità delle ingiustizie che ha subito

 e questo, naturalmente, cambia un uomo. Io credo che la bellezza di questo progetto sia quella di aver avuto otto episodi per entrare nei dettagli di ogni personaggio. Per me è stata una gioia assoluta, una grande sfida entrare

 in un essere umano così complesso”

 

Edmond Dantès è nato a Marsiglia ed è cresciuto in mare, lavorando fin da ragazzo per l’armatore Morrel. Edmond è allegro, gran lavoratore e benvoluto da tutti. Fresco di nomina a capitano e fidanzato con la bella Mercedes, sembra avere davanti un futuro luminoso, ma ancora non sa che due uomini consumati da invidia e gelosia nei suoi confronti, stanno tramando per rubargli la libertà e la felicità. Alla vigilia delle nozze, viene arrestato e rinchiuso nelle segrete del Castello d’If con l’accusa di aver cospirato contro il re. Passano gli anni e la speranza di ottenere giustizia si affievolisce, ma proprio quando sta per arrendersi, compare l’anziano Abate Faria, detenuto nella cella accanto alla sua, che lo convince a scavare un tunnel, offrendogli un’incredibile opportunità di fuga. Dopo quindici anni di prigionia, Emond riesce finalmente a evadere ed è libero di orchestrare la sua vendetta…

 

Ana Girardot | Mercedes

Giovane e bellissima ragazza di origini catalane, Mercedes sta per sposare Edmond quando lui le viene strappato dalla polizia e portato nel Castello d’If. Credendolo morto in prigione, con il cuore spezzato, Mercedes accetta di sposare suo cugino Fernand e trasferirsi a Parigi per iniziare una nuova vita. Nel suo cuore, però, rimane un’ombra di tristezza e, nonostante il passare degli anni, continua a tornare a Marsiglia per prendersi cura del padre di Edmond e mettere i fiori sulla sua tomba. Venti anni dopo, quando arriva a Parigi, il conte di Montecristo si trova davanti una donna elegante e dai gusti raffinati, moglie devota di Fernand e madre affettuosa di Albert. Eppure, in lei è rimasto qualcosa della giovane pescatrice catalana e, quando negli occhi del conte vede un bagliore del passato, Mercedes inizia a sospettare della sua vera identità e finisce per scoprire anche lei la verità sul marito. Sono successe troppe cose perché lei ed Edmond possano recuperare l’amore perduto, ma forse non è mai troppo tardi per amare.

 

Jeremy Irons | Abate Faria

 

“La vendetta è una perdita di tempo, passiamo troppo tempo a preoccuparci di cercare di prenderci o riprenderci quello che non abbiamo più, quando poi abbiamo bisogno di veramente poco per vivere. Questa storia ci dice quanto sia inutile, la scelta più giusta è perdonare e andare avanti. Anche se sento sempre di più nelle persone un forte rancore. Dovremmo ricordarci che siamo in questo mondo per poco tempo e cercare di viverlo al meglio”

 

L’abate Faria, precettore e segretario del conte Spada, è stato arrestato nel 1811 per motivi politici e imprigionato nelle segrete del Castello d’If. Non si è rassegnato e, nel corso degli anni, è riuscito a trasformare dei semplici oggetti in strumenti, fabbricandosi del filo da cucire, una lampada e persino una penna, e ha iniziato a scavare un tunnel che dovrebbe portarlo fuori dalla prigione. Purtroppo, però, i suoi calcoli sono sbagliati, e si ritrova nella cella di Edmond. Tra i due uomini, soli e disperati, nasce immediatamente una grande amicizia e Faria lo coinvolge nel suo proposito di fuga. Proprio quando il tunnel è quasi finito, però, Faria muore lasciando in eredità a Edmond il suo sapere e l’esatta ubicazione del tesoro del conte Spada, nascosto sull’isola di Montecristo e mettendolo in guardia sulle conseguenze della sua irrefrenabile sete di vendetta.

 

Harry Taurasi | Fernand Mondego

L’ambizioso Fernand ha intrapreso la carriera militare e sembra avviato al successo, ma la sua più grande ossessione rimane la cugina Mercedes. Perdutamente innamorato di lei, non si rassegna al fatto che stia per sposare Edmond, un semplice marinaio, e per di più non catalano! Per mesi, Fernand ha sperato che il rivale fosse annegato in mare insieme al Pharaon e il suo ritorno – in veste di capitano – lo ha sprofondato nella disperazione. Non resta che vendicarsi scrivendo, insieme a Danglars, la lettera anonima che condanna Edmond alle segrete del Castello d’If…

 

Blake Ritson | Danglars

Scontroso, frustrato e perennemente insoddisfatto, Danglars ha un solo immenso desiderio: diventare ricco. Quando all’attracco a Marsiglia l’armatore Morrel nomina Edmond capitano del Pharaon, convinto di aver subito un’ingiustizia, Danglars si infuria e decide di sfruttare la gelosia di Fernand per eliminare il suo avversario, senza neppure mettere in conto di stare condannando un innocente. Dal momento che, nonostante l’arresto di Edmond e la sua scomparsa, Morrel rifiuta di promuoverlo capitano, lascia Marsiglia e lo ritroviamo vent’anni dopo a Parigi, dove è diventato il barone Danglars, ricco e potente banchiere…

 

Mikkel Boe Følsgaard | Gérard de Villefort

Villefort è un giovane procuratore scrupoloso, ma profondamente ambizioso e disposto a eludere le regole per necessità. Ha preso le distanze da suo padre, Noirtier, convinto bonapartista, e si è assicurato una fulgida carriera fidanzandosi con la figlia del marchese di Saint-Méran e promettendo fedeltà assoluta al Re. Quando si trova davanti Edmond Dantès con in mano una lettera di Napoleone destinata proprio a suo padre, non può fare a meno di distruggere le prove e far scomparire quello che – a tutti gli effetti – è un pericoloso testimone.

Ma questo è solo il primo degli atti orribili che commette per salvaguardare la sua carriera e preservare l’immagine di uomo incorruttibile.

 

Karla-Simone Spence | Haydée

Figlia del potente alleato dei francesi Ali Pasha, Haydée, principessa per nascita, a soli cinque anni, alla morte del padre, viene venduta come schiava al sultano di Amir da Fernand Mondego. Venuto a sapere della vicenda, Edmond compra la sua libertà per arruolarla nel suo piano di vendetta.

Gabriella Pession | Hermine Danglars

Hermine, moglie di Danglars e madre di Eugenia, ha in comune con suo marito l’ambizione e l’avidità. Per ottenere informazioni per speculare in borsa è disposta a tutto. Persino a diventare l’amante di Debray, il segretario del Ministro degli Interni. E quando lei e Danglars si imbattono nel sedicente, ricchissimo, conte Spada, entrambi sono pronti ad annullare il fidanzamento tra Eugenia e Albert d’Morcerf per fare in modo che la figlia sposi quello che credono sia un nobiluomo, ma in realtà è solo il bandito Vampa. Tanti anni prima, Hermine ha avuto una relazione clandestina con Villefort da cui ha avuto un bambino che lei crede morto subito dopo il parto. Il conte di Montecristo sa benissimo che, in realtà, Villefort ha seppellito il neonato ancora vivo e sta preparando un colpo da cui i suoi nemici non si riprenderanno più.

 

Lino Guanciale | Vampa

Vampa è un eccentrico brigante romano che, tentando di derubare Edmond, finisce per essergli debitore. E, anche per questo, quando riceverà un messaggio del conte di Montecristo, lascerà Roma per raggiungerlo a Parigi e trasformarsi nel ricchissimo conte Spada. Scaltro ed esuberante, Vampa si diverte a interpretare il ruolo del ricco nobiluomo alla ricerca di una moglie perfetta, partecipando con gioia alla rovina dei Danglars.

 

Michele Riondino | Jacopo

Jacopo è un contrabbandiere italiano che, scampato dalle grinfie della polizia grazie a Edmond, lo aiuta a lasciare Marsiglia e ad approdare a Montecristo. In cambio, Edmond fa di lui il suo braccio destro, coinvolgendolo sempre più nella sua rete di vendetta. La sua incrollabile lealtà sarà più forte di ogni dubbio morale e Jacopo sarà la pericolosa e affascinante mano armata del conte di Montecristo.

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Ma… diamoci del tour! In Europa

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Enrico Brignano va alla conquista del Vecchio continente con il suo tour teatrale. In onda il 7, 14, 21 gennaio prima serata Rai 2

Enrico Brignano prende per mano lo spettatore e lo porta con sé, mostrandogli non solo il back stage, le prove dello spettacolo e i palcoscenici delle diverse città che lo hanno ospitato, ma anche le sue esplorazioni nei luoghi più o meno conosciuti di importanti città europee. Lo vedremo alle prese con il lancio delle asce a Bruxelles, in arrampicata free climbing a Parigi o a fabbricare caramelle a Barcellona… vi sembra strano? È solo l’inizio… Che sia in un negozio dai cappelli più strani di Londra o su una barchetta in balia delle onde del Reno “gustando” una fonduta, Brignano ci terrà compagnia con la sua ironia, mostrandoci come sia stato ambasciatore all’estero di un po’ di sano spirito italiano, incontrando i nostri connazionali che hanno scelto di vivere fuori dall’Italia, colmando per quanto possibile la loro nostalgia. Per i fans del ‘Brignano on stage’, non mancheranno corposi inserti dello spettacolo teatrale che Enrico ha portato in giro per mezza Europa. Un diario di viaggio divertente, emozionante e variopinto… insomma, tutto quel che resta di un lungo e divertente tour!

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Dedicato a Raffaella

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Prosegue l’omaggio Rai ai grandi personaggi della Tv. Brilla sulla grande parete del Centro di Produzione di via Teulada l’opera dello street artist Piskv dedicato alla regina della tv, Raffaella Carrà

“Qui, nel 1961, Raffaella Carrà ha esordito e sempre da questi studi negli anni Ottanta ha condotto quotidianamente Pronto Raffaella. Un programma che coinvolgeva direttamente il pubblico introducendo novità di rilievo nel modo di fare tv in una fascia oraria, quella del primo pomeriggio, allora da esplorare”

Con una nuova opera di Street Art “Dietro la TV”, dedicata a Raffella Carrà, prosegue la celebrazione della storia dell’azienda Rai, in occasione dei 100 anni della Radio e dei 70 della Tv. Un tributo al personaggio che più di tutti, ha incarnato lo spirito del Pop nel panorama televisivo e musicale italiano.
La location naturale è proprio il Centro di Produzione Tv di via Teulada, a Roma, già intitolato alla grande professionista, in cui l’opera si staglia su una superficie di 20 metri quadrati, praticamente tutta l’altezza dell’edificio.
La figura di Raffella, con uno sguardo sorridente, accoglie l’osservatore. Tante mani circondano Raffella, le mani che silenziosamente le hanno curato il make-up, i costumi, le luci, la regia: mani che esprimono la professionalità, la cura e la grande preparazione di Raffella. Le mani, simbolicamente, sono quelle delle molteplici maestranze Rai, protagoniste silenziose di tutto ciò che i telespettatori vedono in Tv. Nella parte inferiore appare una famiglia che guarda il televisore, simbolo di un focolare, felice di vedere Raffaella. Lo schermo della Tv è trait d’union tra due aspetti: quello della invisibile preparazione e cura e quello che si vede in Tv, il punto di incontro che rende magico e affascinante il mondo televisivo. L’opera è stata realizzata dall’architetto Francesco Persichella in arte PISKV, e riflette molto la sua ispirazione Pop, nelle forme e nei colori.
I materiali utilizzati per la realizzazione del murale sono completamente atossici e non prevedono l’utilizzo di solventi e sono stati forniti da Mapei, leader mondiale nella produzione di soluzioni e sistemi per l’edilizia.
Un altro importante tassello in quanto Rai, sempre attenta alle problematiche climatiche-ambientali, garantisce l’ecosostenibilità dei prodotti utilizzati in collaborazione con Mapei.

 

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MARIA

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Angelina Jolie è la più celebre soprano di tutti i tempi. Nelle sale dal 1° gennaio, distribuito da 01 il film di Pablo Larraín con Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Kodi Smit-Mcphee e Valeria Golino

Diretto da Pablo Larraín e interpretato dall’attrice premio Oscar® Angelina Jolie nel ruolo di Maria Callas, “Maria” ripercorre gli ultimi giorni di vita di una diva leggendaria che riflette sulla propria identità ed esistenza. Nei panni dell’artista, una delle figure più emblematiche del 20° secolo, Angelina Jolie. Al suo fianco un cast di prim’ordine, con Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Kodi Smit-Mcphee e Valeria Golino. La trama segue le vicende della soprano di origine greca durante il suo soggiorno a Parigi, città in cui si rifugia dopo una vita pubblica costellata di eventi emozionanti e tumultuosi. Il film è distribuito da 01 Distribution. Pablo Larraín e Angelina Jolie nelle interviste di 01.

 

Pablo Larraín, il regista

 

Qual è l’aspetto più interessante di un film su Maria Callas?

Per molti anni ho avuto la fortuna di abitare, insieme alla mia famiglia, nei pressi di un teatro dell’opera, a Santiago. Adoravo andare a vedere le opere che hanno reso celebre la Callas nonostante lei non fosse già più in vita, mi sentivo fluttuare quando uscivamo dal teatro; quando tornavamo a casa, mia madre mi diceva: “Ecco, hai visto quanto è bella l’opera lirica”. A mia madre piaceva la Callas, e sono cresciuto in compagnia della sua voce angelica. In seguito, ho avuto modo di conoscere altri aspetti della sua vita. Perciò, dopo aver girato “Jackie” e “Spencer”, la figura di Maria Callas mi sembrava la scelta più giusta per completare questa trilogia. “Maria” è anche il mio primo film su un personaggio artistico e per questo motivo riesco a relazionarmi con lei anche sul piano personale.

La vita stessa di Maria Callas può essere paragonata a un’opera lirica?

Molte delle opere interpretate da Maria Callas sono tragedie, quindi il personaggio principale da lei incarnato spesso muore nell’ultima scena. Le storie di queste opere sono molto diverse rispetto alla sua vita, ma secondo me c’è un legame fra la Callas e i personaggi che interpretava. Ne ho parlato con lo sceneggiatore Steven Knight proprio all’inizio del progetto: questo film racconta la vita di una persona che si immedesima con le tragedie che mette in scena. Abbiamo utilizzato specifici brani musicali o cantati per sottolineare ogni momento del film; sono stati inseriti nelle varie scene non solo in modo funzionale ma proprio a scopo drammatico. L’opera lirica è una forma di trascendenza, un modo per esprimere emozioni ineffabili.

Perché ha scelto di raccontare proprio gli ultimi giorni di Maria Callas?

Maria Callas ha cantato tutta la vita per il pubblico, per gli altri. E la sua vita personale è emersa per lo più in funzione delle sue relazioni. Ha sempre cercato di compiacere qualcun altro, un compagno, un familiare o un amico. Ma alla fine della sua vita ha deciso di cantare per se stessa. Quindi questo film riguarda una persona che nei suoi ultimi giorni cerca la propria voce e la propria identità. È una celebrazione della sua vita.

Cosa ha reso Angeline Jolie l’interprete ideale a incarnare Maria Callas?

Sia Maria Callas che Angelina Jolie possiedono una grande presenza scenica, brillano davanti alla macchina da presa e illuminano tutti gli ambienti in cui si muovono. La loro enorme umanità è quasi tangibile. Angelina non ha dovuto sforzarsi di essere Maria Callas e trasmettere la sua caratura perché già la possiede. Per sei o sette mesi si è preparata molto seriamente alla parte. Le ho detto che la migliore preparazione per questo personaggio sarebbe stato mettersi a cantare. Inoltre, Angelina possiede quella fragilità, sensibilità e intelligenza che fanno la differenza. La vedi scomparire nel ruolo, e il pubblico si immerge nel film dimenticandosi molto velocemente di lei. Ovviamente per far questo occorrono non solo un talento immenso, ma anche una grande dedizione, disciplina e vulnerabilità.

Può descrivere il modo in cui Angelina Jolie ha imparato il canto lirico?

È stata proprio questa la difficoltà, fare un film su Maria Callas con la propria voce… Perché mai farlo senza? È un elemento essenziale, ovviamente. Angelina ha affrontato diversi stadi di preparazione. All’inizio ha studiato con professionisti del canto lirico, con cui ha corretto la postura, la respirazione, il movimento e l’accento. Cantava opere e arie molto specifiche, per lo più in italiano. Bisogna cantare nel modo giusto, trovare le giuste tonalità e questo significa essere in grado di seguire la melodia e cantarla bene. Abbiamo registrato la sua voce e la sua respirazione. Ci sono momenti nel film in cui ascoltiamo Maria Callas con un frammento di Angelina. Altre volte Angelina è più preponderante della Callas. Ci sono tracce variegate con diverse voci. Angelina si è messa in gioco in prima persona, non solo per accrescere la veridicità del film ma anche per compiere il giusto percorso come attrice.

Può descrivere il metodo con cui è stata utilizzata la voce di Angelina Jolie?

L’unico modo era farla cantare realmente, in sincronia con la Callas, ad alta voce. Nel missaggio le due voci si mescolano in modo molto organico. Non c’è alcun miracolo di tecnologia, Angelina ha cantato realmente e il suono è stato registrato in un certo modo. Angelina si è esibita anche davanti a 200 persone o 500 figuranti, cantando con la propria voce. Io avevo le cuffie, perciò ascoltavo l’orchestra, la Callas e Angelina e facevo una sorta di missaggio live. Ma Angelina era nuda, metaforicamente parlando, dal punto di vista vocale, di fronte a centinaia di persone. All’inizio è stato difficile, quasi si scusava con la troupe ma tutti le dicevano: “Dai, sei bravissima. Continua così”. Tutti hanno apprezzato sia la sua bravura che il suo coraggio.

 

Angelina Jolie, interprete di Maria Callas

Perché ha voluto recitare il ruolo di Maria Callas?

Ho incontrato Pablo Larraín molti anni fa. Gli ho espresso la mia stima e il mio desiderio di poter lavorare con lui, prima o poi. Quando mi ha contattato per “Maria”, ho apprezzato la serietà del casting. Pablo sceglie sempre attori che siano adatti al ruolo e che sappiano bene cosa fare. Inoltre, sono una grande ammiratrice del lavoro di Steven Knight: ha scritto un copione originale, dalla struttura insolita. Insieme a Pablo ha compiuto scelte coraggiose riguardo la narrazione, scelte che rivelano un grande talento.

 

Come si è preparata al ruolo?

Le aspettative di Pablo erano altissime, e voleva che cantassi. Ho preso lezioni per sei o sette mesi prima di riuscire a cantare veramente, e ho studiato l’italiano per immergermi completamente nel mondo dell’opera, per comprendere ciò che cantavo e rendere le scene verosimili. Non c’era un altro modo per farlo. Quando un attore inizia a recitare, c’è sempre qualcuno che gli chiede “Sai cavalcare? Sai parlare questa lingua?” e gli attori rispondono sempre di sì e poi devono darsi da fare per imparare. Quando Pablo mi ha chiesto se sapessi cantare, ho risposto di sì, ma lui ha preteso che imparassi il canto lirico perché il mio volto e le mie espressioni dovevano essere verosimili. Ma apprendere il canto serviva anche a comprendere Maria Callas, a calarmi nel suo personaggio. La musica è stata la sua vita, così come il suo rapporto con la voce e il corpo, il suo talento, la sua presenza scenica, il suo contatto con il pubblico. Sono questi gli elementi per capire la Callas.

 

Com’è stata l’esperienza di imparare a cantare in quel modo?

A dir la verità è stata una terapia di cui non pensavo di aver bisogno. Non avevo idea di quanta energia trattenessi. Quindi la sfida non è stata tanto tecnica quanto emotiva perché ho dovuto imparare a cercare la mia voce, a trovare un contatto con il mio corpo, a esprimermi.  Ho dovuto dare tutta me stessa. Quando i cantanti lirici esprimono il dolore, non è una cosa superficiale, ma scavano a fondo, dentro di sé. Sono emozioni totalizzanti, che li avvolgono completamente, devono avere un atteggiamento di apertura e cantare con la voce più forte che hanno.

 

Dice che Maria Callas è stata al suo fianco sulla scena. Cosa prova per questa artista dopo aver trascorso tanto tempo con lei?

Le voglio molto bene. Mi commuove e sono felice di aver avuto l’opportunità di mostrare il suo lato più umano. Maria era molto miope: le lenti che indossava quando era già adulta rivelano che fosse quasi cieca. Da giovane non poteva esibirsi con gli occhiali sul palco, era inaccettabile, doveva quindi memorizzare tutto ciò che cantava. Solo da questo possiamo renderci conto di quale forza di volontà possedesse. Da giovane era stata spinta verso il canto dalla madre e nel corso del tempo è stata in grado di raggiungere livelli eccelsi che hanno profondamente cambiato la lirica. Ma da adulta le cose sono cambiate, e il pubblico l’ha criticata e ha subito enormi pressioni. Credo fosse molto sensibile, perché non è possibile esprimere tutte quelle emozioni senza possedere una grande sensibilità.

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Hot Ones Italia

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Dopo il grande successo negli Stati Uniti arriva lo show con domande in “salsa piccante”. Condotto da Alessandro Cattelan dal 23 dicembre in esclusiva su RaiPlay

“Hot Ones”, serie statunitense di grande successo, arriva in Italia e sbarca in esclusiva su RaiPlay da lunedì 23 dicembre con la conduzione di Alessandro Cattelan. Come negli Stati Uniti, dove il programma è giunto alla sua venticinquesima edizione, i protagonisti dello show – personaggi del cinema, della Tv, dello sport , della musica e dei social media – verranno intervistati dal conduttore davanti a un piatto di alette di pollo (con un’alternativa vegetariana/vegana). Durante le interviste di circa trenta minuti tra carriera e vita privata – arricchite da foto e tanti filmati – Cattelan e i suoi ospiti mangeranno le alette di pollo condite con salse progressivamente sempre più “hot” che aiuteranno ad abbattere ogni ritrosia e diffidenza, con reazioni spesso divertenti e sempre imprevedibili. Divertimento e spontaneità sono i principali ingredienti di questo nuovo original condotto da uno showman a tutto tondo come Alessandro Cattelan e che piacerà al pubblico di RaiPlay – commenta Maurizio Imbriale, direttore di Rai Contenuti Digitali e Transmediali – Il format, versione italiana di un programma di successo americano che conta milioni di visualizzazioni su YouTube, permetterà allo spettatore di conoscere meglio personaggi noti e amati e scoprirli senza inibizioni.” Grande l’entusiasmo del conduttore: “Hot Ones è un format che da tempo seguo su YouTube – aggiunge il conduttore Alessandro Cattelan – e che mi ha sempre divertito molto, tanto che in una puntata di “Stasera c’è Cattelan” lo abbiamo riproposto per una intervista, dichiarando apertamente l’ispirazione e… ci è arrivata una diffida! A quel punto mi è sembrato giusto contattare la casa di produzione dicendo che invece che diffidarmi, dovevano farmelo condurre. Direi che il resto è storia.”

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Stanotte a Roma

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Un viaggio inedito ed emozionante nelle atmosfere notturne della città eterna. Una serata evento prodotta da Rai Cultura, in onda mercoledì 25 dicembre su Rai 1

Dopo “Stanotte a San Pietro”, dedicato alle meraviglie del Vaticano, Alberto Angela torna nella Capitale di notte, per un dialogo a tu per tu con le meraviglie della Roma antica, barocca e contemporanea, quando la città avvolta nel silenzio torna a rispecchiarsi nella sua storia millenaria. Tanti i set notturni esplorati, da Castel Sant’Angelo alla scalinata di Trinità dei Monti, dal Campidoglio al Pantheon.

Roma illuminata dalla Luna, che cosa ha aggiunto la notte al suo sentimento verso questa città?

Immaginatevi di incontrare un amico in mezzo alla folla, con la gente che ti passa a fianco da ogni parte, oppure di passeggiare di notte, quando non c’è nessuno. È ovvio che subito cambia tutto. Sotto la luna c’è un’intimità diversa. Roma è così, di notte ti parla in modo molto più diretto, e ti riesce a fare capire tante cose che, distrattamente, nel giorno non vedi.

Che cosa ci dobbiamo aspettare da questo nuovo viaggio?

Un viaggio del desiderio. Vedremo le cose che la gente desidera vedere di Roma, dal Colosseo al Foro romano, dalla Roma papalina a quella di Anna Magnani, di Aldo Fabrizi, di Alberto Sordi, che ci ospiterà a casa sua. Già, Alberto non c’è più ma è come se fosse sempre rimasto lì. Quando si è in quella casa si scopre il suo mondo, e anche lui sembra riemergere, davanti a te. Nel corso della serata incontreremo tanti artisti che ci accompagneranno in questo viaggio, come Claudio Baglioni, che suonerà dentro il Colosseo, ci saranno Tosca, Antonella Ruggiero, Edoardo Leo, Eleonora Abbagnato, Emanuela Fanelli che sarà con me davanti alla Bocca della Verità. Con lei ci troveremo in una situazione che ricorda molto quella di Audrey Hepburn e Gregory Peck in “Vacanze romane”, Vespa compresa. Solo che il giro sarà di notte. Con le inquadrature notturne sembrerà di entrare in una fiaba, in cui tutto è più magico, proprio come in un presepe.

Per “Stanotte a…” quello di Roma è però un ritorno…

Abbiamo fatto una prima Roma che è quella del Vaticano, questa volta mostreremo le cose che la gente si aspetta insieme a quelle che non si aspetta. Incontreremo anche Giancarlo Giannini, che questa volta sarà semplicemente se stesso e racconterà la sua Roma. Sono molto affezionato a Giancarlo, l’unico attore italiano, insieme a Rodolfo Valentino, ad avere una stella sulla Hall of fame a Hollywood.

Non mancheranno le sorprese…

C’è il volto dei desideri e quello dei super desideri, luoghi che non potresti mai vedere pur venendo a Roma come turista. Andremo nella zona dell’Alberone, nel quartiere Appio Latino e vi porteremo sottoterra. Lì, sotto a un edificio degli anni Cinquanta c’è un’immensa catacomba. La definisco così impropriamente, perché non è solo una tomba cristiana, ma il luogo di sepoltura di una grande famiglia romana in cui c’erano membri ebrei, cristiani e pagani. È una tomba gigantesca che ospita tanti affreschi tra loro differenti. Se rappresentano Ercole, lì era sepolto un pagano, se rappresentano l’Antico Testamento lì c’era un ebreo. È senza alcun dubbio una delle cose più belle del sottosuolo di Roma. Non è visitabile ed è aperta ai soli studiosi: un luogo da Indiana Jones. Ecco, lì porterei volentieri Harrison Ford (sorride).

Nei suoi programmi ha sempre cercato di alzare l’asticella. Qual è stata questa volta la sua sfida personale?

Affrontare cinque settimane al freddo per le riprese (sorride). Scherzi a parte, la sfida questa volta è quella di riuscire a rappresentare la realtà il più vicino possibile a come è realmente, mostrare il vero volto di questa città, trasmettere a chi ci seguirà le atmosfere che abbiamo percepito realizzando la puntata: quando cammini di notte sui sampietrini di un vicolo del centro l’emozione è grande. Senti il solo rumore dei tuoi passi, o dell’acqua di un nasone che cade sul selciato. Devi trasferirle con il cuore queste atmosfere. Noi ci stiamo provando e l’impegno è di tutti, dal regista Gabriele Cipollitti allo staff ci hanno messo tutti il cuore.

Dalla Roma antica a quella contemporanea, qual è il fil rouge che unisce i momenti di questa storia millenaria?

È molto semplice. Roma nasce in un luogo particolare, all’altezza dell’Isola Tiberina, che era il punto più facile da guadare. Le popolazioni che stavano da una parte e dall’altra si incontravano lì: dove ci sono strade ci sono incontri, scambi di merci. E lì è nata Roma, proprio nei pressi della Bocca della verità, lì si tramandava l’abitudine di fare commercio, tra il foro Boario, mercato animale, e il Foro Littorio, quello dei legumi e della frutta. Roma non nasce, come altre città, da una comunità chiusa, che lì fa casa, ma attraverso l’unione di genti diverse. Roma nasce per mettere insieme persone dalle idee diverse, dalle religioni diverse. Sin dall’anno zero della sua reale fondazione, che va molto più indietro di quella che pensavano fosse i romani, riunisce persone che venivano da luoghi diversi. All’età di Nerone, potevi probabilmente definire l’80 per cento della gente extracomunitaria, eppure erano romani. Accadeva anche nella Roma medievale, papalina. Ed è così ancora adesso, pensiamo ai turisti, alla gente.

Una città da sempre aperta al mondo…

Mi sono accorto che Roma è come una squadra nazionale, mette insieme tante persone diverse. Il romano è da sempre abituato al convivio, allo stare assieme. A Roma non ci si incontra per mangiare, ma per stare a tavola, anche al ristorante vai per stare con gli altri, poi nel frattempo mangi.

Che Natale sarà quello di Alberto Angela?

Dopo tutte queste fatiche mi riposerò (sorride).

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I fantasmi siamo noi

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«Questa commedia di Eduardo è legata in vari modi alla mia persona ed alla mia famiglia: mio padre ne fu interprete con Sophia Loren, in un film negli anni ‘70, il mio personaggio nella fortunata serie “I bastardi di Pizzofalcone” si chiama Lojacono come il protagonista della commedia di De Filippo, e poi c’è Napoli, che in questi ultimi anni mi ha adottato, richiamandomi a sé tante volte. Ho voluto fare un film rispettoso della scrittura teatrale ma inserendolo in una ambientazione “ghost” e per realizzarlo ho avuto a disposizione attori di altissimo livello come Massimiliano Gallo, Anna Foglietta, Alessio Lapice, Maurizio Casagrande che hanno reso tutto più semplice, permettendomi di divertirmi ed appassionarmi ai loro personaggi» racconta Alessandro Gassman regista della straordinaria commedia di Eduardo De Filippo, un tv movie per Rai 1 in onda lunedì 30 dicembre

La collection De Filippo è un ambizioso progetto di trasposizione filmica dei capolavori teatrali di Eduardo De Filippo, grande protagonista del teatro italiano e internazionale, che impegna la Rai nel suo ruolo centrale di Servizio Pubblico dedicato a custodire e rinnovare la memoria culturale del nostro Paese. Le commedie di Eduardo fondono in un meccanismo perfetto la comicità con l’inquietudine, il ritmo dell’azione con la riflessione e, sotto un’apparente leggerezza, sono in realtà specchio amaro ed ironico della nostra società. Dopo “Natale in Casa Cupiello”, “Sabato, Domenica e Lunedì”, “Non ti pago”, “Filumena Marturano” e “Napoli milionaria!” il progetto continua con “Questi Fantasmi!”, tra le commedie di Eduardo più rappresentate sulla scena internazionale. Ambientato e realizzato nel cuore del centro storico di Napoli, il tv movie mette in scena la crisi del rapporto tra Pasquale Lojacono e la moglie Maria, che va in frantumi tra l’aspirazione al benessere materiale e la concretezza di una vita di continui fallimenti. I misteriosi “fantasmi” entrano nella vita dei due coniugi per metterli di fronte alla necessità di una scelta. In questo mondo di luci ed ombre, costruito tra la solarità degli esterni e dei panorami e le ombre delle numerose stanze dell’appartamento, il regista Alessandro Gassmann ha lavorato per raccontare in primo piano la complessità delle relazioni sentimentali. Sarà nella grande casa in cui si svolge la storia che, alla fine, il protagonista scoprirà la verità: “I fantasmi non esistono. I fantasmi siamo noi.”

 

La storia

Pasquale Lojacono si trasferisce in un grande appartamento insieme alla moglie Maria, in seguito ad un accordo molto particolare con il suo proprietario: in cambio della loro permanenza gratuita nell’immobile, Pasquale dovrà sfatare le dicerie secondo cui la casa è infestata dai fantasmi. Il protagonista diventa il destinatario di regolari somme di denaro elargite da spiriti misteriosi, che ritiene essere particolarmente generosi e solidali. Col passare del tempo, però, si scopre che il responsabile della sua fortuna non è un fantasma ma l’amante di Maria, Alfredo, che vorrebbe metterlo a tacere e pianificare con lei una fuga. A questo singolare triangolo amoroso si aggiungono il portiere Raffaele con la sorella Carmela e la famiglia dell’amante. Ciascuno, a suo modo, sfrutta la nota leggenda sotto lo sguardo ironico e critico del professor Santanna che, dalla finestra dell’appartamento di fronte, osserva e commenta con Pasquale gli inspiegabili avvenimenti.

 

I PERSONAGGI

Pasquale Lojacono (Massimiliano Gallo): anima in pena

Maria, sua moglie (Anna Foglietta): anima perduta

Alfredo Marigliano (Alessio Lapice): anima irrequieta

Armida, sua moglie (Viviana Cangiano): anima triste

Gastone Califano, suo cognato (Tony Laudadio): anima libera

Raffaele, portiere (Maurizio Casagrande): anima nera

Carmela, sua sorella (Gea Martire): anima dannata

 

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BIANCA GUACCERO

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Avventura immensa

Il pubblico e la giuria hanno incoronato la showgirl, insieme al maestro Giovanni Pernice, vincitrice della diciannovesima edizione di “Ballando con le Stelle”. L’intervista del RadiocorriereTv il giorno dopo il trionfo

 

Come è andata la prima notte da vincitrice di “Ballando”?

Non abbiamo dormito, troppa adrenalina, troppi pensieri, troppi messaggi da leggere. La realtà era prepotente (sorride). Questa notte sono stata in un bel frullatore, ubriaca di gioia. Una bellissima nottata in bianco, ma ne è valsa la pena.

 

Cosa prova di fronte all’amore che il pubblico le dimostra e le ha dimostrato votandola fino a notte fonda?

Un’emozione incredibile. Il pubblico è il motivo fondamentale per cui noi facciamo questo lavoro, la cosa più importante è il legame che si instaura, un’alchimia che rimane nel tempo. Sono senza parole, questa coppa è nostra, di tutti.

 

Cosa le hanno insegnato queste lunghe settimane da concorrente in sala prove e davanti alle telecamere?

Sono state l’ennesima prova di quanto il duro lavoro sia fondamentale per raggiungere un risultato. Bisogna superare le proprie paure, le diffidenze, se vuoi fare un salto di qualità nella tua vita, come nella professione, devi lasciarti andare. Per un certo periodo mi ero chiusa in me stessa, anche per paura. Questa esperienza mi ha fatto ritrovare fiducia in me e negli altri.

 

Qual è stato il momento più complesso di queste settimane?

Sin dall’inizio ho avuto paura di farmi male, in questa gara la priorità era stare bene fisicamente. Allenandomi da anni sono stata aiutata dalla mia struttura muscolare.

 

La sua prima fan è sua figlia Alice… quanto ha contato il suo sostegno?

A mia figlia ho spiegato che sarei stata tanto impegnata e che contavo molto sulla sua comprensione. Lei si è sentita coinvolta ed è diventata la mia “coach motivazionale” numero uno, mi ha dato anche un sacco di consigli, invitandomi a tirare fuori ancora di più la grinta e a divertirmi. Mi dice: “Mamma, se non ti diverti si vede”. Alice è molto saggia.

 

“Ballando” ha portato nella sua vita il maestro Giovanni Pernice, un incontro che è andato oltre le aspettative…

Giovanni è stato un altro regalo di questa straordinaria esperienza. Ho aspettato tanto nella vita, ma ora sono davanti a una persona speciale, incredibile, che non si arrende mai, ha una grande tenacia. Io l’ho messo davanti ai miei ostacoli psicologici e fisici, perché sono una persona estremamente diffidente. Lui è riuscito a smontare pezzo dopo pezzo quel muro che c’era tra me e il resto del mondo. Ha fatto un lavoro straordinario.

 

La gioia, la fatica, le emozioni, con quale parola definirebbe questa grande avventura?

Ne ho due: immersa e Immensa.

 

Cosa si sente di dire a Milly?

A Milly dico un grazie gigante, un grazie che non finirà mai. È anche grazie a lei che ho ritrovato tanta luce, Milly è un capitano eccezionale, osservandola giorno dopo giorno ho imparato tanto. Tutta “Ballando con le Stelle” è un gruppo di lavoro straordinario, un ambiente sano e pulito.

 

E alla giuria?

Che alla fine sono stati tutti bravi, anche Guglielmo Mariotto (sorride).

 

Cosa le mancherà di più di “Ballando” e del suo mondo?

Tutto, se ci penso mi viene da piangere e questo lo dico sin dalla prima puntata. A distanza di tre mesi lo confermo (sorride). Ora ci sta riposarsi un po’, ma ho già voglia di ritrovare il mio pubblico.

 

Dal 10 gennaio sarà di nuovo in pista…

Sì, su Rai 1 con “Dalla strada al palco”. Filippo (Nek) mi ha voluto con sé per il venerdì sera di Rai 1, mi ha fatto il grande regalo di dirmi che con me avrebbe portato una quota di varietà nel programma, cosa che mi ha fatto tanto piacere. Cercherò di ripagarlo con tutto il mio impegno. E poi lo farò ballare…

Suona come una sfida…

Lui non lo vuole fare ma sono certa che ci riuscirò… mi piacerebbe vederlo in pista con un “quickstep”, la cosa più difficile che io abbia fatto a “Ballando” (sorride).

 

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Dal sole della Sardegna al ghiaccio di Oslo

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Storie dietro le storie

Dietro le storie narrate in un romanzo c’è sempre la storia di chi quelle parole le ha immaginate, sognate, scritte, pubblicate. Per questo la rubrica “Storie dietro le storie” vuole raccontare autrici e autori che hanno un vissuto “speciale”, un’esperienza che immancabilmente trova spazio nelle pagine dei loro libri. Rossana Porcu (che pubblica con lo pseudonimo Anna D’Alberto) è nata a Cagliari e ama visceralmente il mare, il sole, i profumi della sua terra. Oggi però, e ormai da molti anni, vive e lavora e scrive a Oslo, in Norvegia. «La spinta – racconta – è stata la voglia di realizzare qualcosa di più, il non volermi accontentare di quanto l’Italia offriva lavorativamente. La Norvegia, e non un altro posto, per la realtà sociale pacifica e tranquilla, per l’economia solida, e la vicinanza alla natura, anche nella capitale»

Dietro le storie narrate in un romanzo c’è sempre la storia di chi quelle parole le ha immaginate, sognate, scritte, pubblicate. Per questo la rubrica “Storie dietro le storie” vuole raccontare autrici e autori che hanno un vissuto “speciale”, un’esperienza che immancabilmente trova spazio nelle pagine dei loro libri. Rossana Porcu (che pubblica con lo pseudonimo Anna D’Alberto) è nata a Cagliari e ama visceralmente il mare, il sole, i profumi della sua terra. Oggi però, e ormai da molti anni, vive e lavora e scrive a Oslo, in Norvegia. “La spinta – racconta – è stata la voglia di realizzare qualcosa di più, il non volermi accontentare di quanto l’Italia offriva lavorativamente. La Norvegia, e non un altro posto, per la realtà sociale pacifica e tranquilla, per l’economia solida, e la vicinanza alla natura, anche nella capitale.”

Laureata in ingegneria, appassionata di quelli che chiama i viaggi veri, fuori dalle solite rotte turistiche, pittrice, fotografa e batterista dilettante, Rossana è riuscita a trasporre nella Trilogia di Tzjane la capacità di cogliere il bello, di esercitare curiosità e meraviglia, ma anche di analizzare luoghi, tradizioni, suoni e lingue con approccio antropologico.

Cosa ricorda del primo impatto con quella che sarebbe diventata la sua seconda patria?

Il porto di Oslo, la città sul mare, i gabbiani, insomma l’aria di casa, ma più a nord, con meno auto e più silenzio. Le persone in generale più felici e soddisfatte rispetto all’Italia.

La sua trilogia fantasy è espressione, in qualche modo, del coraggio di lasciare ciò che le era noto per abbracciare l’ignoto?

Sì, dico sempre che il pericolo più grande è restare fermi. Il rimpianto esiste per le cose non fatte, mentre non ci si pente mai di imparare cose nuove.

Senza mai dimenticare da dove si parte. Non è un caso se “Le torri di Cnus”, “Il suono del Teir” e l’ultimo uscito, “Il pifferaio di Kennegalt” prendono slancio da un luogo chiamato Cnus, ovvero dalla Sardegna. Rossana aveva cominciato a scrivere questa storia ancor prima di prendere la decisione di lasciare l’isola e l’Italia per mettere a frutto le sue molte competenze ingegneristiche in Norvegia. Normale che poi le atmosfere scandinave abbiano trovato spazio e suggerito ambientazioni, popoli, linguaggi. E veniamo nello specifico alla Trilogia di Tzjane. I tre volumi – pubblicati dalla casa editrice romana Dei Merangoli – rappresentano una sfida all’interno di un mercato editoriale che ha bisogno di catalogare con precisione ciò che viene proposto ai lettori. Rossana lo definisce un fantasy musicale (sì, la musica ha un ruolo importantissimo) e scientifico (perché la verosimiglianza di alcuni dei manufatti descritti travalica la fantasia per approdare alla scienza) ambientato in mondi che richiamano un tardo Medioevo occidentale. “Decisamente non è un Grimdark” spiega, “ma nemmeno High fantasy perché mancano le battaglie epiche. Forse si avvicina maggiormente ai lavori di Robin Hobb e Patrick Rothfuss, dove i personaggi sono molto approfonditi e più importanti rispetto alla trama. In effetti Hobb e Rothfuss li metto ai primi posti nella mia personale classifica, assieme ad Abercrombie, di cui però non riesco ad eguagliare il pessimismo.”

Difficile stupirsi di quest’ultima affermazione. La personalità e la scrittura di Rossana Porcu/Anna D’Alberto sono luminose anche nei passaggi più difficili e hanno determinato la scelta dei colori delle tre cover: il blu nebbioso dell’incertezza iniziale, il verde denso di una foresta reale ma anche metafora della crescita dei personaggi, l’arancio intenso del sole e della rivelazione del mistero che lega i tre volumi.

La storia in un pitch:

I portali che permettevano di viaggiare tra i mondi sono stati sigillati e un gruppo di studiosi si adopera per ripristinarli. La musica è il filo conduttore che accompagnerà i cinque personaggi principali alla scoperta di se stessi.

La Trilogia di Tzjane è composta da: “Le torri di Cnus”, “Il suono del Teir”, “Il pifferaio di Kennegalt” (Dei Merangoli Edizioni)

Laura Costantini

MASSIMO CAGNINA

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Ciro sembra scritto per me

Seconda stagione ne “Il Paradiso delle Signore” su Rai 1, dove interpreta un barista trasferitosi con la sua famiglia a Milano. Tra segreti, intrighi e innovazioni repentine della società e del costume, il personaggio vive con difficoltà i cambiamenti.  «Ciro è un uomo molto semplice che viene dal sud, dalla terra. Sa ascoltare, ha sempre qualche buon consiglio da dare, una sorta di saggezza sorniona. Per alcuni di questi aspetti si avvicina molto a me» afferma l’attore siciliano

 

Per la seconda stagione interpreta Ciro Puglisi. Le piace il suo personaggio?

Ho avuto una grande fortuna a “incontrarlo”. Per certi aspetti sembra sia stato scritto per me. Mi affascina molto, lo sento molto mio anche se ha alcune caratteristiche che non mi appartengono, come il suo essere retrogrado. Ma è molto interessante il processo con cui riesce a superare le sue fragilità.

Quali sono le caratteristiche di Ciro che le appartengono?

Sicuramente la sua capacità di empatia.  Ciro è un uomo molto semplice da un punto di vista mentale, è una persona che viene dal sud, che viene dalla terra. Sa ascoltare, ha sempre qualche buon consiglio da dare, una sorta di saggezza sorniona. Per alcuni di questi aspetti si avvicina molto a me.

Gli intrighi ne “Il Paradiso delle Signore” coinvolgono anche il suo personaggio. Cosa ci può rivelare?

I grossi segreti di Ciro sono svelati nel corso di questa stagione. Si è trasferito a Milano perché ha dovuto cedere le sue terre, si era rivolto agli strozzini per cercare di ripianare le incombenze che la gestione richiedeva. Altri segreti al momento non ce ne sono perché Ciro è un uomo semplice. Sarono tanti invece gli intrighi che continuano nella grande finanza.

Molto legato alla sua terra, la Sicilia, e alle sue tradizioni. Come si trova Ciro a Milano?

In maniera molto traumatica. Milano era così frenetica, così moderna, piena di innovazioni nella moda, nel costume, nel gusto. Per un uomo che negli anni sessanta proveniva da una Sicilia anche un po’ retrograda, rappresentava un trauma. Inizialmente Ciro si scontrava con le novità, come ad esempio la minigonna, ed essendo padre di due figlie femmine che si affacciavano alla vita, era molto preoccupato.

Ma ad un certo punto sembra aprirsi alle novità di Milano…

In questa seconda stagione è molto migliorato, ha aperto la sua mentalità e ha anche un po’ accettato i cambiamenti.

Lei come ha vissuto nuovi luoghi e nuove abitudini?

Io sono un ramingo a causa del mio lavoro, per le tournée teatrali che ho fatto quasi incessantemente. Nel 2004 mi sono diplomato al Teatro Stabile di Genova e fino al 2020 ho lavorato quasi interrottamente. Essendo poi figlio di un dirigente della Banca d’Italia che veniva spesso trasferito, fin da piccolo ho vissuto una vita movimentata. Sono nato ad Agrigento, cresciuto a Trapani, trasferito a Potenza, poi a Trieste, Pistoia, Firenze. Ogni volta ho cambiato scuola, amici e so cosa vuol dire cambiare cultura e mentalità. Anche per me è stata dura.

Che cosa l’ha colpita di più degli anni Sessanta?

Il fermento che c’era in tutti i settori, anche dal punto di vista musicale. Nella serie facciamo riferimenti continui anche ai brani di Sanremo. In quegli anni si passava dalla classicità alla modernità. Si vivevano cambiamenti che oggi sono scontati.

La ricostruzione di quegli anni sul set è sempre molto fedele alla realtà…

Resto sempre colpito dagli accessori, dai mobili che addirittura mi risvegliano dei ricordi, quelli delle case di nonna e di zia. La ricerca e la ricostruzione fedele, sono un grande pregio di questa serie.

Nella puntata del 31 dicembre ne “Il Paradiso delle Signore”, festeggerete il Capodanno. Che sensazione ha vissuto in questo countdown di 59 anni?

Devo dire che fa un po’ impressione interpretare quel momento proprio a ridosso della stessa data, ma di tanti anni dopo…

La produzione, voi attori, fate entrare gli spettatori in una sorta di macchina del tempo. Qual è la difficoltà maggiore che incontrate?

Recitare una serie di atteggiamenti di Ciro che non mi appartengono. Per me è uno sforzo non indifferente impersonare un uomo che non accetta la minigonna della propria figlia o un brano moderno. Vivendo nel 2024, non riesco neanche a immaginare di dovermi scontrare con cose oggi tanto scontate. Credo che la difficoltà maggiore nell’interpretare quegli anni stia nel cercare di riprodurne lo stupore.

Tra i generi più ricorrenti della sua carriera ci sono soprattutto commedie e ruoli drammatici. In quale si ritrova di più?

La commedia mi è più congeniale. I ruoli drammatici li interpreto sempre con grande interesse e con trasporto. La commedia però mi si confà maggiormente, anche per questioni di caratteristiche fisiche. La conosco meglio.

È uscito nel 2024 “La bocca dell’Anima” con la regia di Giuseppe Carleo dove interpreta il siciliano “Zù Mimì”. Sta lavorando ad altri film per il cinema?

“Il Paradiso delle signore” ci impegna otto mesi l’anno, è quindi difficile inserire altre cose nei quattro mesi che restano. Ma ho avuto la fortuna di vincere un provino per un nuovo film insieme a Lillo Petrolo di “Lillo e Greg”, per la regia di Andrea Jublin, che comincerò a girare a gennaio. Un personaggio molto interessante, drammatico, dentro una commedia che ha anche delle vene di romanticismo.

Oltre la recitazione quali sono le sue passioni?

Nel periodo del Covid mi trovavo in Sicilia e ho deciso di frequentare dei corsi di regia e di direzione della fotografia. Mi sono appassionato a un settore più tecnico e ho realizzato il mio primo cortometraggio, dietro la macchina alla presa. Ho la passione anche per i film d’autore del passato, i classici, e quando ho tempo li divoro.

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