aTUTTOCUORE

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San Valentino

Per celebrare la festa degli innamorati, arriva su Rai 1 l’opera show più emozionante e visionaria di Claudio Baglioni. Mercoledì 14 febbraio in prima serata

San Valentino, il giorno dedicato all’amore e agli innamorati, verrà celebrato dalla rete ammiraglia Rai con il visionario ed emozionante progetto live che Claudio Bagioni ha scelto per l’inizio del countdown del suo addio alle scene, tra mille giorni. L’opera show più spettacolare ed epica dell’artista, “aTUTTOCUORE”, andrà in onda infatti su Rai 1 in prima serata mercoledì 14 febbraio. Firma la regia televisiva dell’evento di Rai 1 Duccio Forzano. La direzione artistica e la regia teatrale sono di Giuliano Peparini. La produzione è affidata a FriendsTv. In “aTUTTOCUORE” energia e passione si fondono per creare l’armonia perfetta tra musica, canto, danza, spazio, suono, performance, costumi, movimenti scenici, giochi di luce e immagini tridimensionali.  Il cuore – primo strumento di ogni essere umano, percussione essenziale per la vita stessa di ciascuno di noi – è al centro di questa rappresentazione. Tutto, sul palco e intorno al palco, è ricerca di bellezza. Bellezza che semina bellezza. La musica, innanzitutto, grazie a una scaletta mozzafiato che raccoglie 38 straordinari successi senza tempo di un repertorio che non ha eguali dell’artista che ha segnato indelebilmente la storia della musica del nostro Paese, ricco di brani-manifesto che sono entrati a far parte del linguaggio e della cultura italiani e che continuano a regalare fascinazioni, emozioni e nuove energie a tre generazioni. Ma bellezza sono anche le coreografie, i 550 costumi originali, disegnati e realizzati appositamente per questi live, i movimenti scenici, la statuaria fisicità dei ballerini, l’energia e vitalità dei performer, le proiezioni e gli spazi e i tagli di luce creati dai 450 corpi illuminanti programmati dal light designer Ivan Pierri.

Sull’immenso spazio scenico 3D, nel quale tutte le dimensioni – orizzontalità, verticalità, profondità – vengono esplorate ed esaltate, la narrazione fonde i linguaggi del cinema e del teatro. Racconti per immagini, sviluppati – per la prima volta in un live di Baglioni – su grandi schermi e atmosfere, costumi e tatuaggi tribali che richiamano pellicole come “Mad Max” o “Codice Genesi” si mescolano, infatti, al ruolo e agli interventi di un coro che si ispira alla tragedia greca e a imponenti movimenti scenici che richiamano gli allestimenti teatrali delle rappresentazioni operistiche. Ben un centinaio, infatti, gli artisti sul palco: 21 polistrumentisti e 80 performers.

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A modo mio – Patty Pravo

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L’ex ragazza del Piper si racconta tra vita privata e successi professionali. Con immagini di repertorio e contributi di grandi artisti, in prima visione martedì 13 febbraio alle 21.20 su Rai 3

Un documentario, con la regia di Duccio Forzano, che ripercorre la vita privata e i successi discografici di una delle voci femminili più importanti della storia della musica italiana: Nicoletta Strambelli, in arte Patty Pravo. L’artista ritorna nei luoghi della sua infanzia e si racconta attingendo al repertorio della sua memoria privata e professionale. È Venezia a fare da sfondo alla narrazione, dal Ponte Dell’Accademia fino alla Fondazione Guggenheim; in quei luoghi Patty Pravo ci rivela gli aneddoti legati ai suoi successi, partendo da “Ragazzo Triste” (1966), suo disco d’esordio, fino ad arrivare a “Harry’s Bar”. Alternandosi ad immagini di repertorio e contributi di grandi personaggi come Vasco Rossi, Laura Pausini, Ornella Vanoni, Nicoletta Mantovani, Elisa e molti altri, l’ex ragazza del Piper ci racconterà com’è arrivata a diventare icona indiscussa della musica italiana. Il documentario in prima visione è in onda martedì 13 febbraio alle 21.20 su Rai 3.

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L’ideale, il coraggio

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Rai 1 trasmette la fiction evento che racconta la vita di Goffredo Mameli, poeta ed eroe del Risorgimento. Il RadiocorriereTv incontra Riccardo De Rinaldis Santorelli, nel ruolo del protagonista, Amedeo Gullà (Nino Bixio), Chiara Celotto (Adele Baroffio). “Mameli” andrà in onda lunedì 12 e martedì 13 febbraio in prima serata

Dopo avere vissuto questa esperienza cosa evocherà in voi l’ascolto dell’Inno di Mameli?

DE RINALDIS: Questa esperienza è stata stupenda, ascoltare l’Inno evocherà in me sicuramente tanta gioia.

GULLA’: Prima di girare questo film il mio ricordo era legato ai Mondiali di calcio del 2006, ora avrà sicuramente radici più solide.

CELOTTO: Per me oggi questo canto acquisisce ancora più significato, lo ascolto con più consapevolezza.

Goffredo Mameli, Bixio, ragazzi che avevano la capacità di smuovere coscienze. Che idea vi siete fatti di quei giovani?

CELOTTO: Hanno avuto tanto coraggio e hanno scelto di condividere un messaggio con chi la pensava come loro, rischiando la vita per giungere all’obiettivo. La loro spinta emotiva e ideologica era molto forte.

GULLA’: Avevano percorsi e personalità diverse ma condividevano lo stesso ideale, e non è cosa scontata.

DE RINALDIS: È stato bello scoprirne l’umanità. Non mi aspettavo di trovarmi davanti personaggi tanto ricchi di sfumature.

Cosa più vi accomuna a quei giovani e ai vostri personaggi?

GULLA’: Ci accomuna l’essere ragazzi e il lottare per quello in cui si crede.

DE RINALDIS: I punti in comune sono tanti. Entrambi siamo romantici, crediamo nella libertà, nei diritti per i quali siamo pronti a lottare. Siamo entrambi due teste calde. Diversamente da Goffredo, capisco però quando è il momento di dire basta. Lui a volte non lo fa.

CELOTTO: Un forte senso di indipendenza, di determinazione.

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Tale e Quale Sanremo

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PUNTATE SPECIALI

Carlo Conti conduce due serate dedicate ai grandi successi del Festival. In giuria Loretta Goggi, Giorgio Panariello e Cristiano Malgioglio affiancati da Pupo, nel primo appuntamento, e da Iva Zanicchi nel secondo. Il 17 e il 24 febbraio alle 21.25 su Rai 1

Sulla scia del successo che l’ultima edizione del Festival ha riscosso presso pubblico e critica, queste due puntate speciali nascono per rivivere, nello stile di “Tale e Quale”, le grandi canzoni sanremesi, le atmosfere del teatro Ariston e la bravura di interpreti senza tempo. Il primo appuntamento è previsto sabato 17 febbraio, il secondo sabato 24 febbraio (inizio ore 21.25). Come sempre il varietà, realizzato negli Studi televisivi Fabrizio Frizzi di Roma e prodotto in collaborazione con Endemol Shine Italy, vedrà al timone Carlo Conti. Alla prima puntata parteciperanno 14 Artisti (con due coppie): Marco Carta, Luisa Corna, Enzo De Caro, Alessandro Greco, Pino Insegno, i Jalisse, Massimo Lopez, Mietta, Ilaria Mongiovì, la coppia formata da Alba Parietti e Valeria Marini, Gilles Rocca, Scialpi: saranno loro a dover interpretare alcuni dei brani che hanno fatto la propria fortuna al Festival. Nella seconda puntata si affronteranno per il titolo di “Vincitore di puntata” Andrea Agresti, Gigliola Cinquetti, Paolo Conticini, Massimo Di Cataldo, Deborah Iurato, Ginevra Lamborghini, Pierpaolo Pretelli, Tiziana Rivale, Silvia Salemi, Lidia Schillaci, Virginio, che proporranno un’altra selezione di grandi successi nati a Sanremo.Nella seconda fase della puntata un’avvicente “sfida finale” all’ultimo voto tra i due Vincitori di puntata deciderà il “Campione di Tale e Quale Sanremo 2024”. Tutti canteranno dal vivo sulle basi e sugli arrangiamenti realizzati dal maestro Pinuccio Pirazzoli. Non mancheranno, fuori gara, gli ospiti ‘internazionali’, scherzosamente interpretati da Francesco Paolantoni e Gabriele Cirilli. La storica giuria del programma, composta dalla “regina” del piccolo schermo Loretta Goggi, dal pirotecnico Giorgio Panariello e dal camaleontico Cristiano Malgioglio, sarà affiancata per l’occasione da un quarto giudice speciale, grande testimone di Sanremo: Pupo nella prima puntata e Iva Zanicchi nella seconda. I protagonisti, nell’arco del loro percorso, saranno seguiti dai tutor: i “vocal coach” Maria Grazia Fontana, Dada Loi, Matteo Becucci e Antonio Mezzancella e la “actor coach” Emanuela Aureli. Prodotto da Direzione Intrattenimento Prime Time in collaborazione con Endemol Shine Italy e basato sul format Your Face Sounds Familiar owned by Gestmusic, parte di Banijay Group. © 2011 Gestmusic Endemol S.A.U., “Tale e Quale Sanremo” è scritto da Carlo Conti, Ivana Sabatini, Emanuele Giovannini, Leopoldo Siano, Mario d’Amico, Walter Santillo e Stefania De Finis. Le coreografie sono di Fabrizio Mainini, la scenografia di Riccardo Bocchini, i costumi di Simonetta Innocenti. Produttore Esecutivo Eleonora Iannelli. Regia di Maurizio Pagnussat.

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Ritorno a Màkari

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Lo sbirro di penna Saverio Lamanna, l’amata Suleima, il formidabile Piccionello, insieme per affrontare nuovi casi di omicidio. Con Claudio Gioè, Ester Pantano, Domenico Centamore, per la regia di Monica Vullo e Riccardo Mosca. Da domenica 18 febbraio la terza stagione in prima serata su Rai 1

Torna su Rai 1 la serie tratta dai romanzi di Gaetano Savatteri che nelle precedenti stagioni ha raccolto grande consenso di pubblico e critica. Sullo sfondo di una Sicilia autentica e verace, ritroviamo Saverio Lamanna, giornalista e scrittore, mancato investigatore. Nelle quattro nuove puntate dirette da Monica Vullo e Riccardo Mosca, Saverio (Claudio Gioè) dovrà affrontare nuovi intricati casi di omicidio che hanno al centro la terribile faida fra due sue ex fidanzate, un mistero che affonda le radici nella tragica storia di Gibellina, un antico amore di Marilù che viene ucciso nel corso di un festival letterario, un presunto incidente all’interno di un bellissimo centro termale. Ma non saranno solo questi delitti a metterlo alla prova. Perché mai come adesso Saverio e Suleima (Ester Pantano) scopriranno che l’amore funziona proprio come la chimica: ci sono elementi che hanno una naturale capacità di attrarre e legarsi ad altri e, quando lo fanno, distruggono i precedenti legami con altre sostanze. Ed è così che l’arrivo di due nuovi personaggi, Michela (Serena Iansiti) e Giulio (Eugenio Franceschini), rischia di trasformarsi in una catastrofe per i nostri i protagonisti. Perché Michela, se non ci fosse Suleima, sarebbe davvero perfetta per Saverio. E Giulio, se non ci fosse Saverio, sarebbe davvero perfetto per Suleima. No? Michela e Giulio arrivano come amici, ma sono tutt’altro che amici. In questo pericoloso gioco di affinità elettive Peppe Piccionello (Domenico Centamore), da vera Cassandra, sarà il solo a vederci chiaro fin dall’inizio. Riuscirà a impedire che avvenga l’irreparabile? «La Sicilia che abbiamo raccontato in ‘Màkari’ è una terra azzurra come il mare che la lambisce, celeste come il cielo che la avvolge, ma anche verde e ocra come le pietre, il tufo e il calcare che la rivestono – afferma la regista Monica Vullo – quella che abbiamo scelto di inquadrare è una terra piena di forza ed energia e crediamo di aver trasmesso queste caratteristiche alla nostra serie: ‘Màkari’ comunica forza a chi la guarda. La fiction è arrivata alla sua terza stagione e con la nostra regia abbiamo cercato di allinearci a un racconto già definito e collaudato e a delle immagini che avevano raggiunto il pubblico. Ci siamo trovati catapultati all’interno di un team affiatatissimo, in cui ci siamo sentiti subito a casa. Abbiamo trovato interpreti straordinari, disponibili al gioco, mai spaventati dalle emozioni, pronti a calarsi con noi in un racconto sfaccettato, che parla direttamente al cuore degli spettatori alternando commedia, dramma e indagine. Quello a Màkari è stato un viaggio bello e interessante, in un luogo magico. Un viaggio che vi invitiamo a fare con noi».

La prima puntata della terza stagione

Un bizzarro appello dal passato: dopo tanti anni si fanno vive non una, ma ben due ex fidanzate di Saverio. E non si tratta semplicemente di due vecchie fiamme: Antonia e Serena erano rivali e la vicenda all’epoca finì malissimo, con strascichi e rancori. È passata una vita, eppure oggi Antonia e Serena sono divise da una nuova controversia: all’origine vi è una banale baruffa fra i due rispettivi figli, ma a quanto pare alla base della nuova faida c’è ancora l’antica contesa che aveva al centro il nostro Lamanna. Saverio viene quindi chiamato per cercare di porre rimedio, ma i suoi sforzi di mediatore cadono nel vuoto. Tanto che una mattina il marito di una delle due ex viene trovato morto, assassinato. Saverio, ora più che mai, non può tirarsi indietro e dovrà scoprire la verità sul delitto. Intanto due nuovi personaggi, Michela e Giulio, entrano nella vita di Saverio e Suleima. Si presentano come amici, ma chissà se sono davvero amici. E anche nella vita di Piccionello si apre una nuova pagina.

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Meraviglioso Sanremo

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Un successo straordinario per la 74esima edizione del Festival della Canzone Italiana. Angelina Mango trionfatrice in una gara che ha conquistato ogni sera il cuore e il sorriso di milioni di spettatori

SANREMO (IMPERIA) 10 FEBBRAIO 2024 QUINTA SERATA DEL 74 FESTIVAL DELLA CANZONE ITALIANA. NELLA FOTO ANGELICA MANGO

Una valanga di emozioni e di ascolti. Il pubblico televisivo, della rete e dei social ha premiato la 74esima edizione del Festival della Canzone Italiana, il più seguito dal 1995. Cinque serate in cui la musica è salita sul palco più importante, portando in scena tutti i colori e le voci della contemporaneità. Il pubblico ha premiato i trenta artisti in gara e lo spettacolo, orchestrato per la quinta volta consecutiva dal direttore artistico Amadeus accompagnato da straordinari compagni di viaggio, Fiorello in primis, protagonista in Riviera con tutto il cast di “Viva Rai 2!”. Gli applausi che hanno accolto sul palco Marco Mengoni, Giorgia, Teresa Mannino e Lorella Cuccarini, co-conduttori all’Ariston, hanno chiuso il cerchio, testimoniando ancora una volta il successo del modello Amadeus. L’Italia, il pubblico, hanno scelto Sanremo con entusiasmo, decidendo di portare in trionfo Angelina Mango e la sua “La noia”. Secondo posto per Geolier (“I p’ me, tu p’ te”), terzo per Annalisa (“Sinceramente”), e ancora Ghali (“Casa mia”), Irama (“Tu no”). Un ponte di musica capace di chiamare a raccolta un pubblico stellare. La serata finale del Festival di Sanremo ha ottenuto un ascolto medio di 14 milioni 301 mila telespettatori (74,1 per cento di share). La prima parte dello show, dalle 21.27 alle 23.31, ha raggiunto la vetta del 70.8 per cento con 17 milioni 281 mila spettatori; la seconda, dalle 23.34 alle 25.59, il 78.8 per cento con 11 milioni 724 mila persone davanti allo schermo. Il picco di ascolti è stato invece registrato alle 22.39, con 18 milioni 259 mila spettatori: sul palco Fiorello e il super ospite Roberto Bolle. Picco di share, invece, alle 25.56 (85,3 per cento) con la lettura della classifica finale. Un successo che va oltre i confini nazionali, il Festival, realizzato dalla Rai in 4K, è stato trasmesso da Rai Italia in ogni angolo del Pianeta.  A premiare la musica di Sanremo anche la Sala Stampa Roof Ariston, con il Premio della critica Mia Martini, assegnato a Loredana Bertè e la Sala Stampa Lucio Dalla, che ha attribuito il riconoscimento ad Angelina Mango. Alla vincitrice di Sanremo è andato anche il Premio Giancarlo Bigazzi assegnato dall’Orchestra del Festival per la miglior composizione musicale, e il Premio Sergio Bardotti per il miglior testo, assegnato dalla commissione musicale a Fiorella Mannoia. Un entusiasmo contagioso, quello del Festival, che ha visto un’intera città partecipare all’evento, accogliendo artisti eccezionali anche sul palco di Piazza Colombo, dove si sono esibiti, nel corso delle serate, Rosa Chemical, Lazza, Arisa, Paola e Chiara e Tananai. Grande la soddisfazione di Amadeus, che nella conferenza stampa conclusiva ha ringraziato tutti coloro che hanno dedicato passione e le proprie capacità alla buona riuscita del Festival: “Ognuno di noi, ognuno per il proprio ruolo, fa sì che Sanremo abbia un’importanza. In cinque anni mi è capitato spesso di cambiare idea, ma ho sempre trovato la fiducia del gruppo attorno a me. Avere un gruppo di persone che ti sostiene e fa si che tutto si realizzi, tassello per tassello è importante. Molte volte il puzzle si forma nei 20 giorni in cui sei qua. Spesso devi cambiare una tessera del puzzle, trovare una soluzione, e devi farlo con velocità estrema. È proprio vero che ognuno di loro è stato protagonista: il fatto che entrando all’Ariston un tecnico mi abbia detto ‘grazie per averci regalato un sogno, siamo fieri di essere qui’ è segno che ognuno di loro sa di essere importante. Non c’è solo Amadeus, c’è tutta una piramide”.

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La Bussola – Il collezionista di Stelle

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AL CINEMA

La storia della musica italiana si intreccia a doppia mandata con il celebre locale di Marina di Pietrasanta, che tra gli anni Cinquanta e Ottanta vide esibirsi gli artisti più popolari e amati, italiani e internazionali. Il documentario di Andrea Soldani, coprodotto da Rai Cinema e da Lux Vide e presentato in anteprima all’ultima Festa del Cinema di Roma, racconta l’epopea di Sergio Bernardini un impresario innamorato dello spettacolo e delle tante star che contribuì a consacrare. Nelle sale il 12, 13 e 14 febbraio

La Bussola non è stato un locale come tanti altri, una normale discoteca, ma qualcosa di più… cosa l’ha spinta a raccontarla?

Quando ero bambino, insieme alla mia famiglia, passavo l’estate in Versilia, a Focette di Marina di Pietrasanta. A volte, nei fine settimana, mio padre andava a giocare a carte nel pratino della Bussola. Con quella scusa, andandolo a trovare, mi intrufolavo nel locale e ascoltavo le prove dei cantanti che si sarebbero esibiti alla sera. Vidi Mina, Adriano Celentano, Charles Aznavour, e mi piaceva quel tipo di dimensione. Anni dopo, nel 1995, conobbi Mario Bernardini (figlio del patron della Bussola Sergio Bernardini) e ritrovai quel mondo. Questo documentario ha per me un risvolto sentimentale, è un omaggio a una terra, la Versilia, e a uno dei suoi uomini più lungimiranti. Una gioia che insieme a Mario condivido con i produttori, Rai Cinema e Lux Vide, con i comuni di Viareggio, di Camaiore, di Pietrasanta e la Regione Toscana, che ne hanno sostenuto la realizzazione.

Tutto ebbe inizio a metà anni Cinquanta, come furono quegli inizi?

È il 1955. Si è da poco usciti dalla guerra e si è passati dalla fase della ricostruzione alla ricerca del divertimento. Bernardini seppe intercettare questa necessità. Solo qualche anno dopo arriveranno il boom economico, il concetto di spettacolo, e il mondo cambierà ancora.

Bernardini ebbe fiuto, lungimiranza, perché gli artisti avevano tanta fiducia in lui?

Lui si definiva un bottegaio e nella sua bottega, che era La Bussola, amava mettere le cose migliori da poter dare al suo pubblico. Gli artisti gli erano molto affezionati perché pagava molto bene, ma anche perché era un personaggio fortemente empatico e instaurava con loro un rapporto di grande amicizia. Pur essendo un locale da mille posti, occupati per lo più da persone facoltose, era un po’ come una grande famiglia, di cui facevano parte gli artisti, il pubblico e le persone che ci lavoravano. Era una comunità.

Artisti italiani e grandi nomi internazionali…

La grande intuizione di Sergio Bernardini fu proprio quella di consacrare i nostri artisti e di portare al tempo stesso in Italia i grandi cantanti che venivano dall’estero. Come dicevano Mario Lavezzi e Ornella Vanoni “se non passavi dalla Bussola, non eri nessuno”. Ci dovevi andare.

I più grandi si sono esibiti su quel palcoscenico, quali sono i nomi più legati alla Bussola?

IlbinomioLa Bussola – Mina è immediato. Ma anche Gino Paoli, Celentano. Lo stesso Vittorio Gassmann, che  vide nascere l’epopea del Mattatore proprio in Versilia, la sera in cui alla Bussola salì sul palco per sostituire la cantante americana Abbe Lane. Quello era il luogo in cui tutto poteva accadere.

Un locale capace di adeguarsi al trascorrere del tempo, sino ad arrivare a Bussoladomani. Tutto questo cosa racconta di Bernardini?

Il passaggio a Bussoladomani fu quasi una tappa obbligata. C’era stato il ’68, c’erano state le contestazioni che avevano messo in crisi tutto, e la Bussola non poteva rimanerne fuori. Bernardini capì che quel modello di intrattenimento e di business, fare spettacolo per pochi facoltosi, non teneva più, non poteva più funzionare. Per poter abbassare i prezzi e rendere lo spettacolo più popolare si inventò il tendone, il primo teatro tenda italiano facendo entrare 6-7 mila persone nelle varie fasce di prezzo. Si adeguò a un nuovo consumo dello spettacolo. Quello stesso modello sarebbe andato in crisi negli anni Ottanta con l’arrivo dei concerti negli stadi. Per Bernardini gestire Bussoladomani non fu la stessa cosa, mancava il rapporto famigliare. Si era rotta la magia con quel locale che aveva amato profondamente.

Che cosa l’ha colpita di più delle testimonianze che ha raccolto?

Tutti, indistintamente, hanno tratteggiato Sergio come una persona di grandissima umanità, al di là della genialità imprenditoriale. Dietro a una grande impresa, evidentemente, c’era un grande uomo.

Se avesse la possibilità di salire sulla macchina del tempo per trovarsi in una di quelle serate speciali alla Bussola. In quale si materializzerebbe?

Penso a due momenti, e riguardano entrambi Mina. Il primo quando ancora sedicenne, con un gruppo di amici, arrivò alla Bussola e provò davanti a Bernardini sentendosi dire “brava, ma non va bene, devi studiare ancora” e il suo ultimo concerto a Bussoladomani, un evento da pelle d’oca.

Alla Bussola di Sergio Bernardini sarà presto dedicata anche la mostra “Divismo, spettacolo e cultura, 1950-1980”, che aprirà i battenti il 28 marzo prossimo al Palazzo Mediceo di Seravezza, in Toscana.

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Divertiamoci ragazzi!

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#SANREMO2024

Un Festival al passo coi tempi, capace di raccontare tutta la contemporaneità musicale. Alla vigilia della 74esima edizione, il RadiocorriereTv incontra Amadeus: «Cerco di godermi ogni istante di Sanremo, una delle tradizioni più belle che appartiene a tutti»

“Sanremo si ama”… un amore che condivide con molti milioni di italiani, come si appresta a vivere questa quinta avventura consecutiva?

Con entusiasmo. Con la voglia che ho sempre di fare ascoltare le canzoni al pubblico: io le conosco da diversi mesi, alcune dall’estate scorsa. Le ho ascoltate centinaia di volte e arriva il momento in cui vuoi condividere questa gioia, in cui cresce la curiosità di scoprire la reazione del pubblico, di sapere quali sono i brani che saranno più amati. La felicità di vedere un Sanremo che viene assemblato, le idee che prendono forma. Cerco di godermi ogni istante di questo Festival, come del pre-festival, con le prove a teatro, la scenografia, la condivisione con la messa in scena dei cantanti.

Quanto pensa che i suoi Sanremo abbiano contribuito a cambiare la musica italiana?

È una cosa che mi dicono e che ovviamente mi fa piacere, ma non amo autoelogiarmi, non è una cosa che mi appartiene. In realtà era il mio pensiero dalla famosa estate del 2019, quando la Rai mi chiamò per darmi il compito di essere il conduttore e il direttore artistico di Sanremo: far sì che il Festival fosse al passo con i tempi sotto tutti i punti di vista, e soprattutto musicale. Sanremo doveva tornare a essere importante per la musica in gara, piuttosto che per lo show. Doveva farlo aprendo le proprie porte ai giovanissimi, anche sconosciuti, alla tradizione, alle cose anche più folli, alla musica attuale, che però sembrava lontana anni luce dal Festival. Sembrava che Sanremo vivesse in un mondo a parte. Non sapevo se questo sarei mai riuscito a realizzarlo, devo dire però, onestamente, che ho trovato grande collaborazione da parte della discografia, dei cantanti e della Rai, che hanno seguito negli anni i miei pensieri anche se potevano sembrare completamente estranei, diversi, opposti alla tradizione sanremese. Ho grande rispetto di quest’ultima, ma non per questo deve esserci solo la canzone sanremese.

Ogni esperienza ci cambia e spesso ci fortifica, cosa ha dato all’uomo Amadeus il Festival?

Tanto. Non solo all’uomo ma anche al conduttore Amadeus. Fare cinque anni di Sanremo come conduttore e direttore artistico, con tutte quelle ore di diretta, significa mettere insieme la stessa esperienza che avrei potuto fare in trent’anni di televisione. Devi fronteggiare tutto e tutti, essere a disposizione dei cantanti, dei discografici, degli ospiti, dei manager, per affrontare ogni cosa, a partire dagli imprevisti, perché al Festival tutto può accadere. Fortunatamente ho trovato da parte di tutti grande disponibilità. Sanremo mi ha reso più forte, più consapevole, mi ha insegnato tante cose.

Cosa dirà ai suoi compagni di viaggio prima di salire sul palco?

Innanzitutto, come si dice nello spettacolo “merda, merda, merda”. E poi dirò loro di divertirsi, di non pensare ad altro, di godersela.

Fiorello è uno dei fil rouge che legano i suoi Sanremo…

È insostituibile. Ho sempre detto che non avrei mai potuto fare cinque festival così senza di lui. Si è speso tantissimo. Mi piace pensare che questi non siano stati i miei festival ma i nostri festival. Fiorello è stato fondamentale nel creare un clima di imprevedibilità, di allegria, di affetto verso la gente, che ha a sua volta restituito questo affetto al Festival. Ogni anno ha portato un’idea diversa. Ora va a chiudersi il cerchio con qualcosa che non si è mai visto in 74 edizioni, una postazione davanti all’ingresso principale del Teatro Ariston che vive tutta la sera e gran parte della notte, sarà qualcosa di unico.

Tante sorprese in arrivo…

Fiorello è geniale. Come da tradizione di questi cinque anni lui sa cosa farò io ma io non so cosa farà lui. Ma sinceramente a me piace non sapere cosa farà (sorride).

Tanta l’attesa anche per la serata dei duetti…

Anche in questo devo ringraziare i cantanti, ognuno di loro ha portato un’idea. Riuscire ad avere trenta duetti, con ospiti di diverso genere, è un vero spettacolo. La serata del venerdì piace tantissimo, è qualcosa di particolare, uno show nello show. Il merito va dato ai cantanti, alla discografia e al loro entusiasmo.

Ama, viva Sanremo…

Sempre. Sanremo si ama, non “ama” in quanto Amadeus, ma come voce del verbo amare. Tanto è che lo abbiamo scritto in minuscolo per l’amore che si deve avere per Sanremo, una delle nostre più belle tradizioni, da tutelare. Sanremo appartiene a tutti.

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Mordere la vita

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Califano

Tratto dall’opera “Senza manette” di Franco Califano con Pierluigi Diaco (Mondadori), interpretato da Leo Gassmann, “Califano” diretto da Alessandro Angelini, racconta la storia di un grande uomo, di un grande cantautore e di un grande artista. In onda su Rai 1 domenica 11 febbraio

Il giovane Franco Califano, negli anni che vanno dalla “Dolce Vita” alla metà degli anni Ottanta, venti anni che mettono sullo stesso piano, e in un dialogo costante tra loro, l’artista, l’uomo e il bambino di un tempo, in un dialogo costante tra loro. È questo il centro di “Califano”, il film per la tv che la rete ammiraglia della Rai propone immediatamente dopo il Festival di Sanremo, “il luogo ideale dove raccontare il Califfo” come ricorda Leo Gassmann, al suo debutto come attore, riuscendo a vestire i panni di un’icona senza diventarne l’imitatore, incarnando le sue due anime contrapposte: il ragazzo di strada “affamato di vita” e l’uomo malinconico che porta con sé i graffi di un’infanzia vissuta tra collegi e perdite. Leo si è avvicinato con grande delicatezza a Califano, ne studiato i gesti molto attentamente, ma soprattutto lo ha ascoltato. “Abbiamo scommesso su un attore non attore, che ha interpretato in maniera fantastica un personaggio così pieno di carattere. In Gassmann abbiamo trovato tutto quello che stavamo cercando, un certo tipo di sorriso, la forza di tenere la scena, un timbro particolare” afferma Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Fiction. Franco Califano è stato uno dei grandi della canzone italiana, interprete e paroliere per Ornella Vanoni, Mia Martini, artista attento ai nuovi talenti emergenti. Fu lui a scoprire, per esempio, i Ricchi e Poveri. Considerato il Pasolini della canzone, uno dei maggiori esponenti della beat generation del nostro Paese, il poeta maledetto dalla vita avventurosa, Franco Califano ha sempre attirato l’attenzione su di sé per molte ragioni. Il fascino di Califano deriva anche dalla storia difficile alle spalle, che mette dentro anche il carcere, con il suo dolore e la sua angoscia.

LA STORIA

Roma, 1984. Teatro Parioli, mille spettatori attendono che salga sul palco il Maestro, il Poeta, il saltimbanco, il Califfo. Franco è nel camerino in attesa di quella che sarà la serata più importante della sua vita: d’ora in avanti basta cazzate, sarà il miglior Califano possibile. Di lì a poco sei uomini in divisa faranno irruzione nel camerino, gli metteranno le manette ai polsi e lo faranno sfilare davanti al suo pubblico esterrefatto. Andiamo indietro negli anni: Roma, 1961. Franco ha 22 anni, vive a Roma con la madre e il fratello, è orfano di padre, scrive poesie e sogna la Dolce Vita. Conosce Antonello Mazzeo, amico che gli resterà fedele per tutta la vita, e Rita, suo primo amore, con la quale si sposerà e darà alla luce la sua unica figlia. Ma a Franco la quotidianità ordinaria diventerà sin da subito troppo stretta e nel 1963 abbandonerà tutto e tutti trasferendosi a Milano, ospite di Edoardo Vianello. Inizierà a scrivere canzoni, frequentare molte donne, a consumare droga e a fare amicizie importanti come quelle con Gianni Minà e Ornella Vanoni. Inizierà ad avere successo come autore e scout, senza mai abbandonare alcune sue fragilità che nel 1968, al culmine di una depressione, lo porteranno a trascorrere qualche mese in una clinica per disintossicarsi dalla cocaina.

Ma il Califfo è determinato, ambizioso. Ricomincia da zero: e torna a scrivere successi tra i quali “Minuetto” interpretato da Mia Martini e con Edoardo Vianello fonda la Apollo Records, scommette sui Ricchi e Poveri, li porta a Sanremo e nello stesso periodo si innamora di Mita Medici. Eppure, anche questo momento aureo non è destinato a durare. Ben presto comincia di nuovo a sentirsi in gabbia, si allontana dalla Medici, fino alla svolta negativa: l’arresto per droga.

Il carcere è un colpo di grazia, ma anche un’occasione di rinascita. Franco riesce ad ottenere i domiciliari e grazie all’aiuto del grande amico Mazzeo riesce a scrivere ed incidere l’album “Impronte Digitali”, la sua più grande eredità, il suo grande riscatto. Il film si chiude con un suo storico concerto al Parioli, una volta tornato in libertà.

Leo Gassmann
Come un amico

Si aspettava di essere scelto per questo ruolo così complesso?

Ovviamente no, ne sono per questo onorato. Devo ringraziare moltissime persone, dal regista al cast, siamo diventati una grande famiglia. Un pensiero particolare ad Antonello Mazzeo e Alberto Laurenti, due persone molto vicine a Califano che mi hanno aperto le porte del loro cuore, offrendo la possibilità di conoscere Franco da vicino. Insieme abbiamo provato a raccontare ciò che di lui non è mai stato detto, il suo lato umano, ciò che lo rendeva speciale agli occhi di chi gli voleva bene.

Qual è secondo lei la particolarità di questo progetto?

Averlo affidato a tante persone che amavano l’artista e l’uomo, che hanno saputo empatizzare con la sua storia e che, con tutto il loro cuore, hanno cercato di raccontare la sua bellezza in maniera onesta.

Un’esperienza che dà inizio a qualcosa di nuovo nella sua carriera?

È certamente un nuovo inizio, la recitazione, spero, possa viaggiare su binari paralleli alla musica (ride).

Si aspettava tutto questo affetto verso Franco Califano?

È una gioia immensa, sono felicissimo che ci sia un grande interesse sia per il film, sia per Califano, è un’attenzione che merita. La speranza è che la sua storia, umana e artistica, possa entrare nel cuore di tutti.

I molti ragazzi che incontreranno Califano attraverso il vostro film…

…conosceranno la vicenda di un uomo che ha lottato tutta la vita per raggiungere i suoi obiettivi, che ha sofferto, ha saputo incassare tanti colpi, ma che ne ha dati altrettanti indietro. Per me, ora, un grande amico.

Che valore assume la parola “libertà” nella vita del Califfo?

Califano è conosciuto e ricordato per essere il cantautore della libertà, ne ha fatto anche una canzone straordinaria (“La mia libertà”), rimasta nella storia della musica italiana. L’ha ricercata in ogni suo giorno, in ogni suo angolo, ha lottato tanto per ottenerla, a volte l’ha incontrata, a volte l’ha persa, ma si è mosso sempre con una grande eleganza.

La sua interpretazione non è una imitazione, ma una fusione di anime…

Non sta a me definire il mio lavoro, sono felice però che sia emerso il mio profondo impegno nel metterci il cuore. Anche a Sanremo, un luogo a me molto caro, un ritorno a casa, avrò la possibilità di parlare del film. L’Ariston rappresenta certamente il luogo più adatto per raccontare un artista così immenso.

Cosa le resta di questo bellissimo viaggio?

La parola “amicizia”, il fulcro da dove nascevano tutte le emozioni di Franco.

Alessandro Angelini, regista

Liberi di essere Franco Califano

Come è avvenuto l’avvicinamento al Califfo?

Siamo partiti dal libro “Senza manette”, pagine che sono diventate un soggetto scritto da Isabella Aguilar e Guido Iuculano che, quando è arrivato nelle mie mani, mi ha reso davvero molto felice. “Eureka, che bello!”, finalmente un film su Califano ho immediatamente pensato. Grazie a Rai Fiction e a Greenboo Production abbiamo realizzato un bel film. Per motivi di lavoro mi ero già imbattuto nel suo mondo, in questa seconda immersione nel mondo del Califfo mi ha riservato diverse sorprese. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare chi lo ha conosciuto molto bene, Antonello Mazzeo, un suo caro amico d’infanzia, Alberto Laurenti, collaboratore stretto e arrangiatore nella seconda parte della sua carriera di Califano. Da questi confronti sono usciti aneddoti che nei libri non si trovano, materiali di prima mano che hanno impreziosito la nostra storia. Antonello e Alberto sono diventati gli angeli custodi del nostro progetto, grazie ai quali abbiamo creato una sorta di mappa emotiva della vita del giovane artista, la meno conosciuta, di quando voleva essere un poeta, e alla fine lo è stato grazie alla musica.

Quanto pesa nella sua vita la voglia di essere libero?

“Si dice libertà, ma si legge solitudine” diceva Califano. In questi due estremi si racchiude l’esistenza stessa di Califano. Una ricerca spasmodica della libertà e, al tempo stesso, la dimensione di solitudine che chiude il cerchio. Nella frase di Califano “una famiglia, una donna, un lavoro sono diventate tutte prigioni, e alla fine, in questa ricerca di libertà mi sono trovato da solo” c’è tutta la sua vita. Per uno che nasce su un aereo, la libertà è tutto, la sua opera lo ha confermato.

Cosa scopriremo di più in questo viaggio?

Era difficilissimo interpretare Califano, bisognava coniugare le sue due anime, quella “dei poveri ma belli”, dei ventenni della dolce vita, con la loro voglia di prendere a grandi morsi la vita, e al tempo stesso quella di un uomo dall’animo ferito. Siamo andati oltre la maschera, raccontando l’uomo, e in questo Leo è stato molto bravo, si è avvicinato mettendosi in ascolto, non lasciandosi condizionare dagli aspetti più stravaganti del suo carattere. Piano piano si è cucito addosso questo personaggio, il ragazzo di strada sempre aperto alla vita col sole in faccia e il bambino chiuso, con molto da risolvere.

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Mameli

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Il ragazzo che sognò l’Italia

Due anni di passioni, amori, lotte, sotterfugi, composizioni poetiche, incontri e dibattiti politici, amicizie, tradimenti e spie, ma soprattutto di crescita umana, elaborazione di ferite profonde e interrogativi non solo politici ma esistenziali. È la storia di Goffredo Mameli, il giovane eroe e poeta del Risorgimento che regalò al popolo italiano l’Inno Nazionale. La serie evento in due serate in programma su Rai 1 e RaiPlay lunedì 12 e martedì 13 febbraio

Una storia poco conosciuta quanto straordinaria: la vita di Goffredo Mameli, poeta ed eroe del Risorgimento, autore del “Canto degli italiani” che, il 12 ottobre del 1946, divenne l’Inno nazionale della Repubblica Italiana. La miniserie evento racconterà al grande pubblico la vita di un giovane del 1847, Mameli, la prima rockstar della storia, che con le sue parole ha raccontato un’intera generazione influenzandone le scelte. Una vita breve, ma bruciante, un esempio capace di smuovere gli animi del popolo. Con lui partono da Genova, la sua città, trecento volontari verso Milano in supporto delle cinque giornate del ’48, sempre con lui salparono altri cinquecento patrioti per difendere Roma nel ‘49. Goffredo Mameli ha saputo animare lo spirito di tantissimi giovani che ne riconoscevano l’ardore puro di chi sa amare fino in fondo, come testimoniano le due storie d’amore che incorniciano la sua vita pubblica. La prima tragica di un amore distrutto da un matrimonio di convenienza imposto, la seconda felice, come può essere quella di chi combatte al fronte e, sapendo di poter morire da un momento all’altro, giura amore eterno. In mezzo c’è di tutto: dalla composizione dell’Inno alla grande manifestazione dell’Oregina, quando per la prima volta fu cantato l’Inno da più di trentamila patrioti, l’incontro e l’amicizia con un altro grande genovese, Nino Bixio, gli eventi storici, la prima Guerra d’Indipendenza e la Repubblica Romana dove Goffredo è il pupillo di Giuseppe Garibaldi e di Giuseppe Mazzini. “Mameli. Il ragazzo che sognò l’Italia” racconta due anni di passioni, amori, lotte, sotterfugi, composizioni poetiche, incontri e dibattiti politici, amicizie, tradimenti e spie, ma soprattutto di crescita umana, elaborazione di ferite profonde e interrogativi non solo politici ma esistenziali.

I PERSONAGGI

Goffredo Mameli
Riccardo De Rinaldis Santorelli

Spirito poetico e animo romantico, è un giovane studente che proviene da una famiglia altoborghese. Come i suoi genitori, nutre un profondo amore per la libertà, la giustizia e la politica. L’incontro con Nino Bixio è la miccia che porta Goffredo a concentrare il suo ardore romantico sulla politica e a entrare nel cuore vivo della rivoluzione (Prima Guerra d’Indipendenza), a cui dedicherà ogni sua energia fino alla prematura ed eroica morte. Leader per natura, Goffredo affronta la lotta per l’unità nazionale con audacia e passione, con talento e lealtà. Anche a costo di entrare in conflitto con le sue certezze o con la famiglia.

NINO BIXIO

Amedeo Gullà

Ribelle per vocazione, reietto denunciato dai suoi stessi genitori, Nino cerca di nascondere il suo malessere con un’ironia talvolta sopra le righe. È diretto, testardo, ma incredibilmente generoso. Già a 24 anni abbraccia la Società Segreta Entelema, un gruppo di giovanissimi liberali che sognano un’Italia unita, liberata dagli austriaci e dai regimi conservatori. Diventa amico fraterno di Goffredo Mameli, partecipa alla Prima fallimentare Guerra d’Indipendenza e tenta di difendere la neonata Repubblica Romana dall’attacco delle potenze conservatrici. Anime affini, guerrieri senza riposo uniti dalla convinzione che “l’Italia si fa oppure si muore”, Nino e Goffredo, pur nella diversità dei loro caratteri e della loro visione del mondo, sono l’uno l’àncora di salvezza dell’altro.

GIORGIO MAMELI

Neri Marcorè

Contrammiraglio della marina sarda, sposato per amore con Adelaide, Giorgio simpatizza per le idee mazziniane e forse per questo la sua carriera non è stata facile. Al figlio Goffredo non fa mancare nulla, sebbene le sue maniere militari a volte lo facciano sembrare distante o comunque meno affettuoso rispetto a sua moglie. Un nucleo familiare moderno e pieno d’amore in cui cresce Goffredo, tuttavia, la preoccupazione di perdere quel figlio prezioso lo blocca, lo porta a cercare in tutti i modi di fargli capire che forse il mondo non è ancora pronto per gli ideali gli ha insegnato.

ADELAIDE ZOAGLI MAMELI

Isabella Briganti

Nobildonna di origine sarda e amica d’infanzia di Giuseppe Mazzini, Adelaide è la madre di Goffredo. A lei si deve il merito di aver cresciuto il figlio in un ambiente moderno e colto, amorevole e aperto: l’atmosfera di un matrimonio d’amore, estremamente raro e atipico per l’epoca. Adelaide ama circondarsi di intellettuali e nobili con cui discutere di politica, dando vita a un vero e proprio salotto in casa Mameli. Donna di gran cuore, madre premurosa e moderna al tempo stesso, Adelaide è un vero e proprio mentore per il figlio e per sostenerlo non esiterà ad entrare in conflitto con il marito.

CARLIN REPETTO

Giovanni Crozza Signoris

Popolano rivoluzionario, figlio non riconosciuto del generale Modane, Carlin lavora come camallo al porto di Genova. Per la povera madre, cacciata di casa quando è rimasta incinta, farebbe di tutto. E infatti accetta di collaborare con Modane e i suoi sodali ultraconservatori. Carlin diventa così il traditore del gruppo, il doppiogiochista, la spia infiltrata che passa le informazioni sulle mosse dell’Entelema al nemico. Con Goffredo e gli altri mostra un entusiasmo smisurato nei confronti della causa rivoluzionaria, con il padre e gli altri cospiratori reazionari ha invece un fare ponderato, servile e strategico, mostrando di avere una lucida consapevolezza della sua posizione e dei suoi obiettivi.  Carlin è in realtà un ragazzo dall’animo buono, che se nella vita avesse davvero avuto scelta, avrebbe abbracciato la causa rivoluzionaria con tutto sé stesso.

GERONIMA FERRETTI

Barbara Venturato

Educata presso il miglior collegio delle Orsoline, la Marchesina Geronima Ferretti non è – come Goffredo inizialmente crede – una ragazza ordinaria dalle idee reazionario-bigotte: Geronima è aperta al nuovo, è colta, ha letto Balzac, sostiene che il suffragio andrebbe esteso anche alle donne e soprattutto dà valore alla forza delle idee. Forse è la combinazione di questi elementi o l’aspetto elegante e puro che si unisce alla sua intelligenza e alla bellezza che fa perdere la testa a Goffredo. In breve tempo tra i due nasce un amore forte, ricco, giovane e appassionato. E infatti, i due giovani amanti decidono di sposarsi. Ma il destino di Geronima è infausto e a nulla varranno le sue preghiere quando la madre e il suo tutore, il severo gesuita Padre Sinaldi, decideranno per lei in altro modo.

MARCHESA LUISA FERRETTI

Lucia Mascino

Nobile, vedova e madre di un’unica figlia femmina, la Marchesa Ferretti è vittima del suo tempo. Un tempo in cui le decisioni vengono prese dagli uomini, in cui le donne si devono affidare all’altro sesso sperando nel miglior futuro possibile. La Marchesa si affida a Padre Sinaldi, tutore della giovane Geronima, per decidere quale possa essere il futuro migliore della ragazza. Padre Sinaldi è irremovibile: il matrimonio con Goffredo sarebbe dannoso, addirittura periglioso. Ed è quindi senza cattiveria che la Marchesa si lascia convincere a dare in sposa la figlia a un altro uomo, sebbene molto più anziano di lei

PADRE SINALDI

Luca Ward

Prelato gesuita, è il tutore di Geronima Ferretti. È lui, d’accordo con la madre di Geronima, a combinare il matrimonio non accettato dalla ragazza. È un uomo carismatico e mellifluo, uno stratega. Prova un’avversione radicale nei confronti dei mazziniani e in generale di chi ha in animo di sovvertire il mondo della Restaurazione. Sinaldi, infatti, fa parte di una società segreta formata da potenti e militari controrivoluzionari provenienti da tutta Europa, che rappresentano gli antagonisti dei giovani dell’Entelema. In ogni modo, animato da uno spirito di conservazione in contrasto con chiunque voglia sovvertire il presente per un nuovo futuro, proverà ad ostacolare Goffredo, ponendosi come il suo primo autentico oppositore.

ADELE BAROFFIO

Chiara Celotto

Moglie del benestante Cavalier Baroffio, Adele è giunta a Roma per seguire gli impegni del marito, che tuttavia ai primi sentori di rivolta ha lasciato Roma. La donna rimane però volontariamente in città, prendendo parte attiva nel supporto della causa repubblicana. Donna forte e indipendente, si muove con facilità nell’Officina metallurgica in cui l’armata di Garibaldi deposita le proprie armi e difende con ardore il suffragio universale quando con Armellini e Saffi si discute degli articoli della costituente. La sua energia e il suo carattere conquistano Goffredo al primo sguardo, sebbene Adele impieghi un po’ di tempo prima di cedere all’amore di questo giovane genovese. Una donna moderna e coraggiosa che prova a dare voce al suo sesso in un’epoca in cui non era ancora possibile. Il loro sarà un amore travolgente, vissuto fino in fondo.

I RAGAZZI DELL’ENTELEMA

Riccardo Maria Manera, Gianluca Zaccaria, Riccardo De Rinaldis Santorelli, Amedeo Gullà, Giovanni Crozza Signoris, Domenico Pinelli, Marco Gualco

L’Entelema è una libera associazione patriottica di stanza genovese, che raccoglie perlopiù studenti e intellettuali dalle idee di ispirazione mazziniana. Fondata nel 1846 da Gerolamo Boccardo (Domenico Pinelli) e presieduta da Stefano Castagnola (Riccardo Maria Manera) è una fucina di dibattito politico e fermento rivoluzionario. L’Entelema organizza manifestazioni, rimostranze, letture universitarie ed è in contatto con le associazioni mazziniane di tutt’Italia. Nino introduce Goffredo ai suoi compagni della Società, il quale ne diventa, suo malgrado, immediatamente leader. Stefano ne è estasiato e insieme a Nino si lancia in progetti di manifestazioni anche di fronte ai divieti regi. Giacomo Parodi (Marco Gualco), anche lui da poco nel gruppo, è affascinato dal carisma di Goffredo e lo segue in tutte le avventure, pur con tragico esito. Boccardo invece è il timoroso del gruppo, il borghese che ha paura di prendere davvero in mano un fucile, ma che poi alla fine lo fa. Goffredo trascina con sé nell’Entelema anche l’amico di sempre Francesco Castiglione (Gianluca Zaccaria), anch’egli altoborghese, un ragazzo solare, leale ed estremamente combattivo. Tutti loro diventano un’unica grande famiglia, un gruppo coeso e inarrestabile di ragazzi che per l’Ideale dimostrano di essere davvero “pronti alla morte”. In loro vibra la stessa intensità che in ogni epoca si è incarnata nei giovani pronti a tutto pur di cambiare le cose e far evolvere la società.

LA STORIA

Primo episodio

Genova, 1847. Goffredo Mameli è un giovane diciannovenne quando a una festa da ballo conosce la Marchesina Geronima Ferretti. È un colpo di fulmine. Presto, infatti, i due scoprono di avere gli stessi sogni e ideali. E tuttavia la madre di Geronima, dalle idee ben diverse da quelle della figlia e manipolata dal gesuita Padre Sinaldi, ostacola l’unione tra i due. E così, il giovane Mameli all’inizio della nostra storia si trova ad affrontare la perdita dell’amata e dell’amore. Ma poi, inaspettato, arriva l’incontro con Nino Bixio, che introduce Goffredo nel gruppo dei giovanissimi rivoluzionari genovesi della società segreta “Entelema”. Insieme iniziano a organizzare manifestazioni e Goffredo, con il suo carisma e talento poetico, ne diventa involontariamente leader. 

Secondo episodio

Grazie all’entusiasmo travolgente dei suoi nuovi amici dell’Entelema, Goffredo finalmente riesce a riprendere in mano la penna, componendo l’Inno che lo consacrerà alla Storia e che sarà l’anima stessa della grande manifestazione dell’Oregina, dove l’Inno sarà intonato da oltre trentamila persone, sulle note composte dal torinese Michele Novaro. Alla notizia dell’insurrezione di Milano contro gli Austriaci (marzo 1848), Goffredo e i suoi compagni decidono di passare all’azione concreta: partono per la Lombardia, imbracciando per la prima volta le armi e sperimentando in prima persona il conflitto bellico.

Terzo episodio

La Prima Guerra d’Indipendenza, con l’Armistizio di Salasco, è risultata una sconfitta. Goffredo e i suoi amici tornano dalla Lombardia delusi e cambiati per sempre dall’incontro con la morte. Nino però non perde l’entusiasmo e la fame di rivoluzione e cerca di coinvolgere Goffredo in una nuova spedizione. Ma Goffredo è tormentato dall’esperienza vissuta e turbato anche dall’incontro con Giuseppe Mazzini, che vorrebbe coinvolgerlo nel Circolo Italiano. Tra Nino e Goffredo sembra esserci per la prima volta una rottura, ma l’ennesima repressione del Governo genovese in cui perde la vita Francesco, carissimo amico di Goffredo, gli fa ritrovare la direzione verso cui rivolgere le proprie energie. E così, insieme ai suoi compagni, si imbarca con Garibaldi verso Roma: il Papa è fuggito e finalmente il potere è tornato al popolo.

Quarto episodio

Inizia l’avventura della Repubblica Romana, dove Goffredo è tra gli autori della Costituzione. All’Officina metallurgica conosce Adele Baroffio, la prima donna che riesce finalmente a sciogliere il ghiaccio nel suo cuore dopo la tragica perdita di Geronima. Insieme discutono di politica e lavorano agli articoli, e la passione non tarda a sbocciare. Poi lo sbarco dei francesi interrompe l’idillio della neonata Repubblica: è guerra. Goffredo è come sempre in prima linea, con l’inseparabile Nino, ed è tra le braccia di Adele che, nel luglio del 1849, muore nell’ospedale militare a causa di una ferita subita in battaglia, senza sapere di aver lasciato un’orma indelebile nella Storia dell’Italia per cui ha lottato.

La parola ai registi

“Raccontare questa storia agli italiani di tutte le generazioni è stata una missione” emozionante e piena di significato ed orgoglio. Dopo questa esperienza, ascoltare l’Inno Nazionale Italiano per noi non è più la stessa cosa, e vorremmo che fosse così per tutti quelli che incontreranno questa serie

«Un’idea semplice: raccontare attraverso la breve vita di Goffredo Mameli, gli anni fantastici tra il 1847 e il 1849, quegli anni che servirono (nonostante il loro sostanziale fallimento) da laboratorio politico, creativo, sociale, a preparare l’unità d’Italia, che avvenne dodici anni dopo, nel 1861. E siccome Goffredo e i suoi amici Nino Bixio, Gerolamo Boccardo, Stefano Castagnola sono ragazzi, tra i diciotto e i ventidue anni, abbiamo deciso di raccontarli come tali. Come sarebbero oggi, dimenticandoci l’iconografia classica degli eroi del Risorgimento, facendoli scendere dai piedistalli, dalle targhe delle vie, dai nomi delle scuole, per raccontarli vivi, pieni di dubbi, di energia, di voglia di vivere, come lo sono i loro coetanei odierni. Come i ragazzi di oggi, hanno rapporti burrascosi tra loro, si oppongono al potere ufficiale, si oppongono all’autorità costituita. E cercano una loro via, fatta di parole e canzoni, di “scherzi” e “flashmob”, di iniziative provocatorie e interventi sul campo. Gli adulti attorno, la famiglia di Goffredo, vivono con speranza di cambiamento e apprensione per il proprio figlio le gesta, e il successo che ad un certo momento lo coglie. Infine, poiché come tutti i giovani di quell’età anche Goffredo ha bisogno di amore, di innamorarsi, di sognare, di fremere per una donna e di sognare un legame per sempre, non poteva mancare nel nostro racconto la sua anima romantica. Con Goffredo non abbiamo messo in scena un personaggio compiuto: abbiamo deciso di raccontare un giovane in divenire. Lo abbiamo immaginato non come un “poeta”, che è un abito difficile da indossare, ma come un giovane che scrive rime, come potrebbe essere un suo contemporaneo che si diverte a sperimentare con le parole. Un giovane borghese, quasi nobile, appassionato di parole, che grazie all’incontro con anime a lui affini, Nino Bixio in primis, si trova naturalmente ad unire le sue due passioni: le parole e la politica. Fino a dare vita, grazie alla musica di Michele Novaro, al Canto degli Italiani, oggi nostro Inno nazionale. Un Canto che riassume in sé tutti i motivi per cui è necessario ribellarsi, sollevarsi, e unirsi. Oltre alla celeberrima prima strofa (quella dell’elmo di Scipio), Goffredo ne scrive altre quattro piene di speranza e di ragione (“da sempre noi siamo calpesti e derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi”), semplici, per essere capite da tutti. E così il Canto degli Italiani, prima ancora di diventare Inno d’Italia, diventa un successo popolare: viaggia da Nord a Sud, unisce lingue e dialetti, infiamma i cuori, e spinge all’azione un paese, che ancora Paese non era: diventa “virale” – come si direbbe oggi- rapidissimamente, con un passaparola, un testo ricopiato su un foglietto, precedendo, e poi sopravvivendo, alla figura umana di Goffredo Mameli. Il successo di Goffredo, il suo essere “rockstar” quasi senza volerlo, i suoi versi che viaggiano più veloci di lui, che si spargono di bocca in bocca, sono il contrappunto essenziale al suo carattere ardente, sempre alla ricerca del gesto, dell’azione, dell’amore. Goffredo si trova ad essere simbolo, icona da imitare già in vita, eroe suo malgrado. Questa serie è prima di ogni cosa una storia di ragazzi, una “via Pàl” genovese, rapida, piena di vita e di energia, per la quale abbiamo scelto un’immagine inedita del Risorgimento. Studiando i quadri dell’epoca abbiamo scoperto il gusto del colore, anche eccessivo, abbiamo scoperto che i giovani (osservando i primissimi dagherrotipi che iniziavano a catturare i volti delle persone con un’“istantanea”) avevano i capelli lunghi, gli orecchini. Abbiamo scoperto che il Risorgimento non è forzatamente rigido, scuro, e soprattutto… noioso. Abbiamo lavorato quindi sempre molto vicini ai ragazzi, con la macchina a mano, per ascoltare le loro voci, quasi non fossero quelle di personaggi storici, ma di qualcuno le cui idee sono senza tempo. Abbiamo privilegiato scenografie vere, sfruttando il sempre incredibile patrimonio italiano. In particolar modo abbiamo avuto accesso a zone e palazzi di Genova incredibili, perfette scenografie naturali per raccontare la passione di Goffredo e dei suoi.  Abbiamo cercato di dimenticare l’importanza storica a posteriori dei nostri protagonisti, per concentrarci sul loro divenire. Proprio come un gruppo di ragazzi contemporanei, le cui voci si fondono, le cui passioni si influenzano l’una con l’altra, il gruppo di Goffredo si ritrova catapultato in una realtà sempre più grande, si ritrova a sfiorare un sogno (quello dell’Italia libera e repubblicana) in una corsa a tutta velocità, dove amore, passione politica, voglia di vivere, ma anche paura, guerra e inevitabilmente sofferenza, convivono, si mischiano, trovano nuova linfa. Così i “grandi” che incontrano, da Mazzini a Garibaldi, da Armellini e Saffi e Ciceruacchio, sono i loro idoli, ma sono umani anch’essi (abbiamo in scena un inedito Mazzini “chansonnier”, scoperto durante una visita al museo a lui dedicato a Genova), affascinati dall’energia dei giovani, incapaci di contenerla, e bisognosi di sfruttarla per rendere la rivoluzione contagiosa»

Luca Lucini e Ago Panini

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