«Devo ringraziare Guglielmo Marconi: senza la sua fantastica invenzione oggi non farei quello che amo fare» racconta il conduttore fiorentino alla guida della nuova stagione de “I Migliori anni” dal 6 aprile in prima serata Rai 1: « Un viaggio nella memoria che affronto sempre con entusiasmo»
Torna ‘I migliori anni’, tra i programmi più longevi della televisione italiana…
Esatto! È un varietà creato qualche tempo fa e che, anche in questa nuova edizione, continua a giocare con la memoria nella sua doppia valenza: per chi ha vissuto quegli anni di cui parleremo e per chi, invece, come i più giovani, andrà alla scoperta delle canzoni e delle mode di quei periodi. Nello studio ci saranno 60 ragazzi tra i 18 e 25 anni, è un po’ come se raccontassimo i nostri migliori anni a loro.
Che viaggio è stato per lei?
Un viaggio nella memoria che affronto sempre con entusiasmo e in maniera divertente, un momento, anche per me, per ricordare determinati episodi, canzoni o momenti particolari. E soprattutto un’occasione per emozionarmi: penso, per esempio, alla prima puntata quando avrò come ospite Nile Rodgers… in discoteca ho messo tante volte i suoi brani e di certo è un bel ricordo.
Quale fu la scintilla creativa che la portò a pensare “I migliori anni”?
Quindici anni fa, in estate, ho notato che molti ragazzi ballavano brani degli anni ’60 e ’70 con grande energia, c’era stato un ritorno verso queste canzoni. Pensai che forse era arrivato il momento giusto per raccontare televisivamente questo revival, ma in funzione del futuro: raccontarlo alle nuove generazioni, non solo per un gusto di nostalgia, ma anche di memoria, per far capire come si era arrivati a una canzone o a una moda.
In che modo ha messo a frutto gli anni della sua formazione, a partire da quelli della radio?
C’è tutto me. Per me è molto naturale fare questo programma perché parlo di gran parte di cose che ho vissuto in prima persona e per questo diventa più facile costruirlo, scegliere gli ospiti, raccontarlo e metterlo in scena.
Lasciò il posto in banca per un futuro “incerto” nello spettacolo… cosa prova a ripensare a quel salto nel buio?
Spero di aver fatto bene, che il pubblico sia d’accordo con me su questa scelta. A parte tutto, credo che la gente me lo abbia dimostrato nel corso degli anni.
Le è mai capitato di incontrare i suoi ex colleghi di banca?
Sì, a Firenze. Ma rivedo soprattutto i compagni di classe, i primi a scoprirmi dj, i primi a sentirmi in radio… sono stati i miei ‘primi clienti’. È sempre emozionante ritrovarli, credo si emozionino anche loro per via del fatto che quel loro compagno di scuola era riuscito in quello che sognava da ragazzo.
C’è qualcosa che rimpiange degli anni pionieristici alla consolle?
No, è stato tutto fantastico, tutto un crescendo senza rincorrere niente, gradino dopo gradino. Tutto è arrivato naturalmente, nel momento giusto, senza per forza voler raggiungere certi obiettivi.
Dei suoi “migliori anni di vita” quali sono i brani che si porti dietro?
Tutto Battisti e tutto dei Pink Floyd.
Le è capitato di fare ascoltare a suo figlio la musica di quando era ragazzo?
Certo. Gli ho anche spiegato come mettere i vinili! Mi ha graffiato qualche disco e rotto qualche puntina, ma ora sa come si fa.
Cosa le piace della musica di oggi?
Molte cose, è al passo con i tempi: è il frutto del momento, frutto del nuovo modo di ascoltarla, utilizzarla e viverla.
70 anni di Tv e 100 di radio, quale dedica si sente di fare a una Rai che non hai mai abbandonato?
Innanzitutto devo ringraziare Guglielmo Marconi: senza la sua fantastica invenzione oggi non farei quello che amo fare. Poi per fortuna ci sono stati pionieri che hanno fatto cose fantastiche sia per la radio che per la tv. Il servizio pubblico ha riempito la mia vita. Mai avrei immaginato un tempo di diventarne protagonista, come mai avrei immaginato di poter celebrare io stesso, con la puntata del 3 gennaio scorso del ‘Rischiatutto’, i 70 anni della Rai: una trasmissione che seguivo da bambino.
Da 45 anni fotoreporter al Festival di Sanremo, nell’edizione 2024 ha ricevuto un premio fortemente voluto dal direttore Fabrizio Casinelli e da tutto l’Ufficio stampa e dall’organizzazione del Festival per la sua lunga attività. Il racconto di un uomo che ha fatto della fotografia la propria vita e nel quale le star del cinema, della tv e dello spettacolo hanno riposto fiducia. Non ama le finzioni nella vita come nella fotografia e definisce il premio ricevuto “una super sorpresa”. E sullo scatto che gli manca risponde: «Vorrei documentare una giornata normale del Santo Padre, sarebbe un sogno»
A Sanremo 2024 ha ricevuto un riconoscimento in sala stampa per i suoi 45 anni di Festival. Una sorpresa?
Una super sorpresa che mi ha fatto estremo piacere. Quando ho sentito che avrebbero premiato un fotografo, ho pensato a qualcuno da ricordare, una targa alla memoria. Invece, quando è stata spiegata la motivazione dell’attribuzione del premio, legata ai 45 anni di Festival, allora ho capito che si trattava di me. In quel momento non sapevo che fare e se non mi avessero chiamato Amadeus, Fiorello e Fabrizio Casinelli, non sarei mai salito.
Ricorda il suo primo Sanremo?
Fu nel 1979, quando vinse Mino Vergnaghi, un Festival molto diverso da quelli di oggi. I cantanti si esibivano in playback e noi fotografi li avevamo a disposizione ogni giorno. Li andavamo a cercare in albergo, li bloccavamo, gli parlavamo. Riuscivamo a scattare foto anche in piscina. Oggi questo non è possibile perché gli artisti non escono più per paura di ammalarsi, dato che cantano dal vivo. Inoltre, per le foto, vengono avvantaggiati i social e per noi fotografi, che lavoriamo per i settimanali cartacei, l’immediatezza dello scatto resta solo per i vincitori. All’epoca delle mie prime edizioni non c’erano i social e non veniva bruciato tutto e subito.
Il Festival di Sanremo per lei ha ancora un effetto sorpresa?
Sanremo è per me un punto fermo. Sono tra l’altro ligure e mi ci riconosco molto. Si tratta di una tappa che affronto come se tornassi a casa, in maniera più familiare e meno carico di sorprese.
Quale edizione è rimasta per lei indimenticabile?
Ogni edizione mi lascia emozioni nuove. Ognuna ha un suo vissuto, una sua storia e scavalca quella precedente che in un certo senso viene archiviata. Ci sono invece degli episodi che hanno segnato i vari festival e che ricordo perfettamente, come ad esempio le edizioni in cui Claudio Cecchetto ha dato il via alla dinastia dei bodyguard che seguivano i personaggi, o quella in cui la spallina di Patsy Kensit cadde improvvisamente sul palco. Non dimenticherò l’edizione segnata dalla morte di Claudio Villa che colpì moltissimo tutti noi. Sanremo è una macchina organizzativa incredibile e dietro c’è un lavoro imponente, con persone qualificatissime. Anche questo aspetto segna ogni anno il Festival.
Qual è il maggiore fascino del Festival?
Entrare dove sono stati i grandi della musica internazionale. Ed è per questo che il Festival deve restare al Teatro Ariston, che è la storia.
Ha mai azzeccato un vincitore?
Mai. Non ci sono mai riuscito (sorride).
Miss Italia, Taormina Film Festival, Festival di Venezia e tantissimi altri, sono eventi irrinunciabili nella sua carriera. In queste kermesse, cosa è cambiato negli anni?
Il nostro modo di lavorare. Noi fotografi abbiamo una grandissima concorrenza da parte dei social. Purtroppo l’ottanta per cento dei giornali scarica le foto da lì e noi non abbiamo più una vendita sicura. Un danno nei nostri confronti dettato dalla fretta nel fare le cose, perché avviene tutto in tempo reale. Ormai conosco tutto di questi eventi e molte cose nel tempo sono rimaste simili, soprattutto nel meccanismo dell’organizzazione e nelle abitudini.
Perché le star hanno riposto in lei tanta fiducia?
Ritengo di essermi sempre comportato onestamente. Però adesso mi sento ripagato da questo mio modo di essere. Mi conoscono un po’ tutti e sanno che sono sempre stato una persona seria nel mio lavoro. Sono un fotogiornalista ma faccio anche posati concordati.
Non ama i “trucchi” nella vita e neanche nella post produzione fotografica…
Non la amo molto, ma oggi è molto richiesta da uomini e donne. Secondo me dovrebbe essere fatta solo per piccoli ritocchi, per il resto si dovrebbe giocare solo con la luce e con il ritratto. Ai ragazzi che vogliono imparare, dico spesso che è meglio che seguano prima una scuola di grafica e che poi studino da fotografi. Perché ormai è basato tutto sulla grafica. Anche in passato esistevano dei filtri che venivano messi davanti agli obiettivi come ad esempio le calze nere da donna che ammorbidivano i volti. Oggi le post produzioni sono esagerate e stravolgono completamente le persone. Non sono fotografie, sono la costruzione di qualcosa.
Il servizio fotografico più difficile della sua vita qual è stato?
Lo sono un po’ tutti. Dal personaggio più piccolo al più grande ci metto l’anima. Per me sono tutti uguali e la difficoltà dipende da come riusciamo ad amalgamarci. C’è chi ad esempio è più ostico, che si pone in chiusura. Poi ci sono i servizi proprio difficili da organizzare. Ho fotografato il maestro Valentino nel suo atelier a Roma e quelle foto vennero pubblicate dappertutto perché fui tra i pochissimi che riuscirono ad entrare in quel luogo per un posato. Fu molto complicato perché mi trovai di fronte a un mostro sacro, in un mondo diverso da quello dello spettacolo che frequento solitamente. Una cosa che ricordo invece con una grande impressione è stato l’incontro con il Dalai Lama che emanava una sensazione unica, un’emozione strana che non avevo mai provato. Andai ad incontrarlo con un giornalista, nell’occasione in cui ci fu anche la presenza di Richard Gere.
A una proposta di lavoro ha mai detto di no?
Penso di no, perché cerco di portare sempre il lavoro a casa. Mi piace mettermi in gioco per qualsiasi cosa. A volte mi “maledico” perché penso di avere accettato un incarico molto complicato, ma alla fine ce la faccio sempre.
Quando ha capito che la fotografia sarebbe stata la sua vita?
Una passione vera, nata da ragazzino. Iniziai a collaborare con il quotidiano “Il Secolo XIX” per il quale facevo foto giornalistiche. Dopo la scuola ero in redazione, a volte marinavo anche le lezioni pur di documentare fatti di cronaca come incidenti, rapine, ma anche consigli comunali e altri eventi.
Lei ha sempre un grande slancio, cosa la emoziona ancora del suo lavoro?
Tutto. In qualsiasi momento, anche se sembra banale dirlo, sento la carica di sempre, nonostante l’esperienza mi alleggerisca il peso. Per qualsiasi servizi, ho lo stesso slancio che avevo da ragazzino. C’è chi mi chiede quando mi ritirerò…
Noi non gliela facciamo questa domanda…
Tanto la risposta è mai (sorride)
È partito da zero. Si sente di ringraziare qualcuno per il suo straordinario percorso?
Devo sempre ringraziare tre persone. Una è Maurizio Costanzo, perché i primi servizi li facevo con lui che realizzava interviste per il giornale Tele Bolero. Una persona molto molto carina nei miei confronti. Un’altra a cui dire grazie è proprio il direttore di Tele Bolero, Lillo Tombolini, che mi dava fiducia. L’altra persona è il mitico Pippo Baudo. Non mi ha mai ostacolato e mai mi ha detto un no, come non ha mai fatto con nessuno. Ricordo tutti e tre con grande affetto.
C’è ancora un ritratto che le manca e che vorrebbe fare?
Vorrei tanto poter passare una giornata con il Santo Padre e documentare la sua quotidianità. Una cosa impensabile e irrealizzabile, lo so. Penso ad esempio al suo risveglio, alla colazione, alla Santa Messa della mattina, insomma, immagino di raccontare, attraverso la fotografia, una sua giornata normale. Un sogno ovviamente.
Attore e regista, la domenica in seconda serata su Rai 3 racconta le storie di personaggi fuori dal comune, i pensieri e le azioni che li hanno resi unici. Al centro delle prossime puntate Giovannino Guareschi e Giuseppe Mazzini
Come nasce “Inimitabili”?
Dalla voglia di portare sul piccolo schermo il racconto e la biografia dei grandi personaggi della cultura italiana, che ho già portato in scena in teatro. Sono uomini il cui nome è noto, ma dei quali il grande pubblico non sa molto, e che in “Inimitabili” vengono raccontati con un tipo di narrazione diversa. Tre dei personaggi scelti per questa prima serie sono miei cavalli di battaglia da tempo: D’Annunzio, Mazzini, Marinetti. Mazzini lo portai a teatro per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia e ricevetti la medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica. Gabriele D’Annunzio l’ho interpretato per otto anni in ben tre spettacoli diversi.
La puntata del 7 aprile sarà dedicata a Giovannino Guareschi
Un personaggio straordinario e uno degli scrittori italiani più popolari al mondo. “Don Camillo” ha venduto milioni di copie, ed è stato tradotto addirittura in Vietnam. È stato un personaggio controcorrente, antifascista e anticomunista, a un certo punto si schierò anche contro alla Democrazia Cristiana. Andò in carcere per non rinunciare alle sue idee. È considerato da tutti il bastian contrario della cultura italiana, da riscoprire.
Dell’ultima puntata sarà protagonista Giuseppe Mazzini…
Uno dei padri della patria repubblicana, che si sarebbe poi realizzata soltanto nel 1946. L’Unità d’Italia con la monarchia, con i Savoia, Mazzini non la voleva. È un personaggio straordinario. Fonda la Giovine Italia, la Giovine Europa, vive tre quarti della sua vita in esilio e da lontano spera sempre che la sua amata Italia possa essere liberata e unita. In “Inimitabili” lo racconto in una chiave inedita.
Con lei televisione e teatro diventano quasi un tutt’uno…
Il programma diventerà uno spettacolo teatrale, tradotto dal Teatro della Pergola, che debutterà a settembre e girerà l’Italia. In attesa di una eventuale seconda serie si sta creando un rapporto di interazione tra Tv e teatro. Questa è una cosa molto bella.
In occasione della Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo, martedì 2 aprile arriva in esclusiva su Rai Play la nuova serie live action targata BBC, tratta dal pluripremiato libro dell’autrice Elle McNicoll. La serie andrà in onda su Rai Gulp da sabato 20 aprile
Una specie di scintilla, titolo originale “A kind of spark”, è un’emozionante serie sull’amicizia, il coraggio e la fiducia in se stessi, basata sul pluripremiato libro dell’autrice Elle McNicoll. Addie, la protagonista, è un’adolescente nello spettro dell’autismo che, venuta a conoscenza dei processi alle streghe avvenuti secoli prima a Juniper, la sua città natale, inizia a indagare. Il desiderio di Addie di essere se stessa si intreccia con il mistero storico di Maggie ed Elinor, due sorelle vissute nel XVI secolo. Maggie è stata accusata di stregoneria ed è misteriosamente scomparsa prima di poter essere processata, mentre Elinor lottava con i suoi fantasmi. La giovane cerca di capire cosa possa essere accaduto a Maggie e, alla fine, scopre un legame ancora più sorprendente con Elinor, intraprendendo un viaggio alla scoperta di se stessa. Riuscirà Addie a sfidare il modo in cui la vedono le persone nella sua città e a far sentire la sua voce?
Vincitore del Blue Peter Book Award e dell’Overall Waterstones Children’s Book Prize, “Una specie di scintilla” intreccia passato e presente in dieci episodi ricchi di azione, amicizia, sorellanza, mistero e magia. La serie live action propone una rappresentazione autentica in tutta la sua produzione, con i tre personaggi principali di Addie, Keedie e Nina interpretati da attrici ‘neuro divergenti’.
Il racconto dell’ultimo spettacolo dell’Étoile, omaggio televisivo a una carriera straordinaria. Venerdì 29 marzo in prima serata su Rai 3
Una luce illumina una ballerina sul palco. È Eleonora Abbagnato, étoile dell’Opera di Parigi, che sta per vivere la sua serata d’addio al celebre teatro francese. Un momento intimo, nel quale poter ripensare a un viaggio lungo ed emozionante.Un racconto vivo e coinvolgente che testimonia la grande storia d’amore tra l’artista e la danza, e fa scoprire il coraggio e la determinazione di una ragazzina siciliana che ha inseguito il suo grande desiderio e alla fine l’ha realizzato, dimostrando che nessun sogno è impossibile.“Eleonora Abbagnato. Una stella che danza”, una produzione 11 Marzo Film in collaborazione con Rai Documentari, in onda venerdì 29 marzo in prima serata su Rai 3, è stato presentato in anteprima il 20 marzo al Bif&st – Bari International Film & Tv Festival, uno dei più importanti eventi culturali italiani.Attraverso repertorio inedito della sua infanzia e dei suoi spettacoli, e testimonianze di amici, parenti e compagni d’arte, ma anche dei grandi artisti con cui Eleonora ha collaborato, il documentario restituisce la potenza, la fatica e la magia della danza attraverso la storia di una delle sue più importanti esponenti. Racconta la danza, l’arte e il talento, ma anche la determinazione e la tenacia di una donna incredibile che ha dato tutta se stessa per raggiungere il proprio sogno, riuscendo a diventare la prima Étoile italiana dell’Opéra di Parigi, fino ad arrivare alla sua celebre Soirée d’adieux, a coronamento di ventotto anni di brillante carriera. Un percorso che ci dimostra quanto sia importante non arrendersi mai e non perdere di vista i nostri sogni, per poterli raggiungere.
Personaggi fuori dal comune, i loro pensieri, le loro azioni. Dopo la prima puntata dedicata a Gabriele D’Annunzio, ora disponibile su RaiPlay, appuntamento la domenica in seconda serata su Rai 3 con Filippo Tommaso Marinetti, Giovannino Guareschi, Giuseppe Mazzini
Un viaggio che intreccia il documentario storico all’interpretazione teatrale. Nel nuovo programma di Rai Cultura, Edoardo Sylos Labini ci conduce alla scoperta di vite “Inimitabili”. Al centro del programma uomini di rottura e di passione, raccontati nelle pieghe della loro vita interiore. Potenti “atti unici” intessuti dalle interpretazioni di Sylos Labini, che via via si incarna e dà vita agli “Inimitabili”, attraverso le loro parole e i passaggi cruciali delle loro esistenze fuori dall’ordinario. Un racconto arricchito dalle interviste agli esperti, ai familiari e agli storici e dalle riprese dei luoghi dove gli “Inimitabili” hanno vissuto e agito.
Filippo Tommaso Marinetti, il fondatore del Futurismo, la prima grande avanguardia che fece irruzione sulla scena internazionale demolendo la quiete ottocentesca dell’arte e della letteratura. Poeta, scrittore, drammaturgo, Marinetti ha dato il là al movimento d’avanguardia che a partire dal 1909, anno di pubblicazione del primo manifesto futurista, ha influenzato tutte le arti. Con interviste all’ex direttore della Vallecchi, una delle prime case editrici del Futurismo, Umberto Croppi, al regista Luca Verdone, allo storico Francesco Perfetti e alla critica d’arte Francesca Barbi Marinetti, nipote di Filippo Tommaso Marinetti.
Giovannino Guareschi, bastian contrario della cultura, cantore di quel “mondo piccolo” tradizionale della provincia italiana. Illustratore, scrittore, umorista e fondatore di periodici, Guareschi è stato anche il “papà” di Don Camillo e Peppone, la cui fama, cartacea e cinematografica, non ha mai visto fine e che hanno trasformato Brescello in set permanente. Intervengono nel racconto gli storici Giuseppe Pardini e Giuseppe Parlato, il direttore del Memoriale di Sandbostel Andreas Ehresmann, il giornalista Marco Ferrazzoli e Alberto Guareschi, figlio di Giovannino.
E infine Giuseppe Mazzini, profeta del Risorgimento, esule per tutta la vita, padre della Patria italiana, ispiratore di quella agognata Repubblica che sarebbe venuta alla luce più di settanta anni dopo la sua morte. Fondatore della Giovine Italia, il patriota genovese cospirò per gran parte della sua esistenza infiammando gli animi di tanti giovani che si immolarono per la causa italiana. Il racconto è arricchito dalle interviste a Elena Bacchin, Alessandro Campi, Giovanni Belardelli e Roberto Balzani.
“Inimitabili”, prodotto da Rai Cultura, è un programma di Sylos Labini e Angelo Crespi, scritto con Roberto Fagiolo e Massimiliano Griner, per la regia di Claudio Del Signore.
Disco d’oro per il successo sanremese “Ma non tutta la vita” e una tournée per la quale si prevede il tutto esaurito. Angela Brambati e Angelo Sotgiu stanno facendo cantare l’Italia intera: «Stiamo vivendo una favola bellissima»
“Ma non tutta la vita” è disco d’oro. Come vivete questo prestigioso riconoscimento?
Angela: Per me è una favola. È qualcosa che non ho ancora realizzato del tutto.
Angelo: Con tanto piacere e tanta soddisfazione. Siamo stati premiati dal pubblico per il nostro lavoro, per il nostro impegno.
Al vostro esordio all’Ariston avete sorpreso il pubblico…
Angela: Siamo saliti sul palco completamente avvolti da un grande fiocco rosso che abbiamo indossato per tutta la nostra prima esibizione (sorride). Ci siamo presentati in due, e per noi è stata la prima volta, e con una canzone in cui credevamo e che speravamo potesse avere successo.
Angelo: Non ci aspettavamo, dopo 32 anni, di tornare a Sanremo. Esserci andati è stata la cosa più importante.
Come avete vissuto il palco dell’Ariston dopo così tanto tempo?
Angelo: Con felicità e difficoltà allo stesso tempo, perché negli anni tutto è cambiato. Una volta si facevano poche interviste e la cosa più importante era salire sul palco e cantare. Oggi le cose si sono un po’ invertite, è importante il lavoro che devi fare per i social, e poi anche cantare.
Per la prima volta vi siete esibiti in due. Cosa ha significato per voi?
Angela: Abbiamo iniziato da tempo una nuova vita a due. Abbiamo sempre amato la musica senza mai pensare di smettere. Sono già otto anni che cantiamo in coppia, facendo tournée in Italia e all’estero. Questa canzone ci ha consacrati come duo.
Piacete ai bambini, agli adulti, ai nonni. Qual è la vostra forza?
Angela: Penso che sia un insieme di cose. A Sanremo, ad esempio, abbiamo indossato abiti bellissimi di stilisti che li hanno scelti per noi. La canzone era molto bella e noi ci abbiamo messo tutto di noi stessi, anche scherzando e ridendo, così come accade nella vita reale.
Il momento più bello di questi ultimi otto anni di carriera?
Angelo: Non uno ma tanti, i concerti che facciamo, le serate. Tutto questo è sempre una sorpresa.
A maggio parte una anteprima del vostro tour, per alcune date è tutto esaurito…
Angelo: Esatto. Milano, Roma e altre date sono già sold out e speriamo che lo diventino tutte (sorride).
“Ma non tutta la vita” è tra le canzoni più virali del momento su TikTok. Che rapporto avete con i social?
Angelo: Angela segue il suo e io il mio. È un rapporto molto leggero. Io leggo le notizie, mi informo.
Angela: Mi capita di rispondere a dei messaggi, pur non trascorrendo la giornata sui social. Leggo ogni tanto, mi fa piacere ricevere apprezzamento. Impareremo comunque a essere più presenti (sorride).
Vi aspettavate tanto successo sui social media?
Angela: Abbiamo un seguito di giovanissimi, perché credo che li divertiamo.
Angelo: Ci sono molti ragazzi che ci seguono e che iniziano ad apprezzare la nostra musica. Per noi è una grande soddisfazione.
“Ma non tutta la vita” è una dichiarazione di intenti, una traduzione in chiave pop della filosofia dell’attimo. Voi quando lo avete colto in maniera decisiva quell’attimo?
Angelo: Probabilmente quando abbiamo conosciuto Fabrizio De André che ci portò a fare un provino a Milano. Non andò bene, non ci presero, ma lui ci spronò ad andare avanti dicendoci che avremmo avuto successo ugualmente. Noi continuammo così, a studiare e a fare altri provini. Quello forse è stato l’attimo giusto.
Il videoclip della vostra canzone è come un ritorno al passato, ma con un passo deciso verso il futuro?
Angela: Ilpassato lo vediamo lontano. Siamo concentrati sul presente e sul futuro, in questo particolare momento ci sembra di essere rinati.
Angelo: Non rinneghiamo nulla del passato, ma siamo concentrati su quello che facciamo oggi.
Icone della musica italiana, grandissimo successo all’estero. Dove amate di più esibirvi?
Angelo: Ultimamente siamo stati in Cile, dove abbiamo ricevuto un’accoglienza incredibile, cosa che non pensavamo. Lì mi piacerebbe tornare, così come in tutto il Sud America, per poterci esibire anche in altri contesti.
Nelle vostre esibizioni il divertimento non manca…
Angela: Per fortuna!
La canzone a cui siete più legati qual è?
Angelo: Credo che siamo d’accordo nel dire “Sarà perché ti amo”. È quella che ci ha fatto conoscere in tutto il mondo.
Angela: È lei. La cantano tuttora negli stadi, un brano di grandissimo successo. La può cantare chiunque e c’è anche chi cambia le parole. È molto divertente.
Come fate a non fermarvi mai?
Angela: Oggi dormiamo poco, mangiamo poco, ma ce la facciamo. Ogni tanto ci prendiamo una breve pausa in cui io non esco di casa per due o tre giorni e dormo tantissimo per recuperare. Poi riparto.
Angelo: Questo non è un mestiere ma una passione vera e propria. È quello che ci porta avanti sempre.
Avete mai pensato di fare una pausa un po’ più lunga?
Angela: Mai.
A cosa avete rinunciato per il vostro successo?
Angelo: Abbiamo forse trascurato un pochino la famiglia lavorando all’estero. Ma abbiamo fatto quello che potevamo fare. Non siamo i soli a stare lontani, ci sono tanti mestieri molto più difficili del nostro che portano lontano, purtroppo, dai propri cari.
A parte il tour, qual è la vostra prossima sfida?
Angelo: È tutto in divenire.
Angela: Andremo in sala d’incisione per registrare in lingua catalana, e poi arriveranno nuove canzoni.
Che saluto volete fare ai lettori del RadiocorriereTv?
Angela: Continuate a seguire questo bellissimo giornale, che io leggo. E se ci sono i Ricchi e Poveri, è ancora più bello! (sorride)
In questa storia di sorellanza, di quale femminile sono portatrici queste donne?
SAVINO: La mia Marina Battaglia sicuramente di un femminile forte. È una donna che non molla mai e questa forza ha cercato di trasmetterla anche alle figlie, ciascuna delle quali l’ha accolta secondo la propria personalità. Dovrebbe andare in pensione, ma non ne ha nessuna intenzione perché ama il suo lavoro, ne ha fatto il centro della sua vita. È ironica, tagliente, con la battuta fulminante, si capisce che, per arrivare nella sua posizione, ha lottato molto.
OCCHIONERO: Viola è la controparte, l’unica delle sorelle Battaglia che ha scelto di non seguire le orme della madre, ma di trovare liberamente la propria strada, di assecondare la propria personalità. È un po’ la nemesi di sua madre Marina (ride), il lavoro non è assolutamente il centro della sua vita, piuttosto è una giovane donna in connessione con i sentimenti, con l’amore.
SIGNORIS: Il mio personaggio, dopo il divorzio ha iniziato un cammino di ricostruzione della sua vita, vive una sorta di revanscismo femminile, riemerge dalle sue ceneri e si getta a capofitto in una nuova avventura. Apre una attività tutta sua, un ristornante, ma si trova sotto attacco degli hater sui social, di chi si nasconde dietro una tastiera per demolire l’altro. Ancora una volta dovrà ricorrere all’aiuto legale di una donna Battaglia, e questa volta a difenderla ci sarà Marina, la più cattiva di tutte.
Cosa significa per queste donne prendersi cura di sé e ricercare la propria felicità?
SIGNORIS: Le donne, in generale, hanno la straordinaria abilità di rimboccarsi le maniche e andare avanti, dobbiamo farlo per forza. Nella serie tutte le protagoniste devono affrontare un problema, e lo fanno a testa alta, prendendosi per mano, difendendosi, proteggendosi a vicenda con amore. È lo spirito della sorellanza che prevale, che non vuol dire certamente essere contro i maschi.
SAVINO: Marina capisce al volo quando le figlie soffrono, nonostante tra queste donne ci sia un rapporto non proprio facile, lineare. Spesso tendono a escluderla o la informano di qualcosa sempre per ultima, ma lei sa sempre quando è il momento di intervenire, di unire le forze. Per le sue ragazze è in prima linea, così come nel lavoro.
OCCHIONERO: Ci sono stili molto diversi di affrontare la vita e il lavoro, quello che per me è davvero interessante è il modo in cui i personaggi entrano in relazione tra loro. Carla, per esempio, aiuterà la piccola Viola a inserirsi nel lavoro, tra loro si crea complicità e sapranno sostenersi nelle difficoltà.
Tra le tante sfumature di questo racconto, quale vi ha colpito di più?
SIGNORIS: È una serie estremamente elegante, attuale, con delle belle luci, girata, scritta e interpretata benissimo. Sono davvero felice di esserne parte.
SAVINO: Io mi dichiaro femminista, non credo che sia la definizione giusta per Marina Battaglia, penso che lei lo sia nelle azioni più che nelle parole, anche se a un certo punto saprà emozionare con un discorso sulle battaglie che ha dovuto fare per affermarsi in un mondo così maschile come quello della avvocatura. Eccellere non era facile, soprattutto alle donne della sua generazione – guarda caso anche la mia. Ecco perché la sua testimonianza è importante, così come l’esempio di queste donne capaci di essere protagoniste della loro vita, di scegliere il proprio destino. Non succede spesso in televisione, al cinema ancora meno.
OCCHIONERO: La sceneggiatrice Lisa Nur Sultan ha centrato il tema, in alcuni casi, come quando raccontiamo del mondo degli influencer, ha perfino anticipato i tempi. Viola vuole emanciparsi dalla sua famiglia, cerca casa e, come sappiamo, Milano conosce da anni una crisi abitativa molto forte. I più colpiti, ovviamente, sono i giovani per i quali anche il lavoro non è più una garanzia, precario, sottopagato, spesso poco tutelato o senza diritti garantiti. Anche per questo è un racconto molto contemporaneo, perfettamente allineato con quello che vivono le persone della mia generazione.
Che caratteristiche deve avere un personaggio per conquistare l’affetto dello spettatore?
SIGNORIS: Renderlo vicino, attuale, affinché tutti, in un modo o in un altro, possano rispecchiarsi, immedesimarsi nelle loro vicissitudini.
SAVINO: La qualità della recitazione è un punto di forza, ma anche la capacità di restituire al pubblico l’umanità di un personaggio. Chi guarda, anche attraverso il sorriso, l’ironia o la battuta, può ritrovare una tipologia umana riconoscibile.
OCCHIONERO: Quello che posso aggiungere è che tutto questo viene fuori esclusivamente in relazione. Il nostro lavoro esiste perché esistono gli altri, la nostra fortuna è stata portare avanti un dialogo molto proficuo.
Giorgio Marchesi (Massimo Munari) – Barbora Bobulova (Anna Battaglia) – Thomas Trabacchi (Alberto Casorati)
Da dove siete ripartiti?
BOBULOVA: Anna dal casino della prima stagione, divisa tra il marito Alberto e Massimo, la sua vecchia passione, non mi piace usare la parola amante. È un triangolo che le crea inquietudine, caratteristica comune a tutti gli altri personaggi. Si creano diversi cortocircuiti, tutti sono davanti a un bivio e saranno costretti a prendere delle decisioni, con dei piccoli colpi di scena.
MARCHESI: È una serie ben inserita nella contemporaneità, a partire dalla scrittura che delinea personaggi maturi, che non nascondono i propri difetti. Non assistiamo a grandi solchi tra il maschile e femminile, le donne non sono in competizione con i colleghi, anche se mi è capitato di parlare con ragazze giovani che hanno spiegato come per non soccombere negli ambienti professionali prettamente maschili devono spesso imporsi.
TRABACCHI: Si affrontano tanti temi e tutti hanno l’occasione per riflettere su ciò che a tutti accade, o potrebbe accadere, nella propria vita.
Una serie molto amata dal pubblico, quali le ragioni di questo successo?
TRABACCHI: Rispondo da spettatore… c’è un cast di attori che non mente, o sono molto bravi a farlo, la scrittura è perfetta, la regia ha supportato il nostro lavoro e lo ha reso molto interessante.
BOBULOVA: Se un personaggio è scritto bene per l’attore è tutto molto più facile. Poi ciascuno ci mette del suo, arricchisce il proprio protagonista della giusta complessità.
MARCHESI: L’empatia è fondamentale, rende questi personaggi vicini. Le Battaglia sono persone con una vita normale, hanno un lavoro, una famiglia, vivono la loro femminilità senza problemi, gli uomini non vivono la competizione con loro, in molte case italiane questa è la normalità. Almeno mi auguro che sia così, sarebbe preoccupante il contrario.
Storie di donne che affermano se stesse e di uomini che…
BOBULOVA: Le protagoniste sono certamente le donne, anche se io non avverto questa differenza tra femminile e maschile, perché tutti personaggi sono attraversati da un dilemma e costretti ad affrontarlo.
MARCHESI: La cosa bella di questa serie è che al pubblico viene restituita una fotografia coerente con la contemporaneità, fatta di donne molto moderne, di uomini in ascolto e capaci di rispettare le loro scelte. Sono esseri umani, ognuno alle prese con delle difficoltà, non ci sono dei buoni e dei cattivi, ma persone libere di scegliere.
TRABACCHI: Gli uomini si relazionano normalmente, a dimostrazione del fatto che in una ipotetica società, costruita meglio dell’attuale, con una maggior parità di genere, l’uomo non perde niente. Come ben dicono gli esperti, siamo divisi in due, maschile e femminile, ciascuno poi coltiva il proprio equilibrio. Nella nostra storia c’è un microcosmo fortunato, è il vantaggio dei film, in cui i ruoli fissi sono in sintonia con queste parti, tutto avviene in modo molto naturale.
I casi di puntata sono una buona occasione per riflettere sulla sempre più complessa questione dei diritti…
TRABACCHI: C’è chi lo fa di professione, la difesa dei diritti, come nel caso degli avvocati della serie, e chi, come ogni essere umano, lo deve fare nella propria vita. Sono battaglie che dobbiamo continuare a mettere in atto, perché i diritti non sono scontati. Assistiamo troppo spesso alla messa in discussione del nostro stato di diritto, ci sono rigurgiti più o meno reazionari in cui si afferma che le persone non sono tutte uguali, che gli uomini e le donne non hanno uguali diritti. Gli avvocati diventano così i migliori “soldati” a disposizione, anche se io un po’ diffido di loro nella vita reale (sorride).
BOBULOVA: Sono pienamente d’accordo, non bisogna mai abbassare la guardia, basta vedere quello che sta succedendo nel mondo, si rimette in discussione, per esempio, il diritto sull’aborto, conquistato con molte lotte nel passato.
MARCHESI: Nel nostro Paese godiamo, in teoria, di una grande libertà, spesso però nella vita reale le cose non sono così lineari. Rubo il motto di Unita, una importante Associazione di interpreti, “differenti interpretazioni, uguali diritti” per dire che la differenza tra le persone, per mille motivi culturali, di genere, di provenienza, resta una opportunità. Rispettando la differenza, il diritto di scegliere deve essere lo stesso per tutti, questo per me è fondamentale.
In una società che viaggia con il turbo, in che modo i vostri personaggi si relazionano con il concetto di felicità, della cura di sé e dell’altro?
TRABACCHI: Bisognerebbe avere un vocabolario comune, capire cos’è la felicità, una chimera o no… Secondo me tutti dovremmo imparare a parlare meno e ascoltare di più, provare ad avere cura dell’altro per imparare a prenderci cura di noi stessi. È quello che accade in qualche modo ad Alberto, un uomo che si risolve molto nell’altro. Dovremmo ragionare in termini collettivi, i giovani lo hanno capito bene, sono migliori di noi perché sono collegati con qualcosa di più grande. Io sono nato nel ’65 e, mio malgrado, sono un uomo egoico che non ascolta molto. Si parte dagli altri per arrivare a se stessi, un’opinione personale difficilissima da mettere in atto.
MARCHESI: Credo, però, che il benessere personale, interiore sia fondamentale per farci stare meglio con noi stessi. È necessario prendersi cura della propria persona, ritagliarsi degli spazi, ricaricare le energie per essere attento all’altro. Massimo è uno che si butta nello sport, ma è un single, non ha molte altre persone a cui dedicare il proprio tempo, anche se avrebbe trovato in Anna la donna con la quale fare il grande passo.
BOBULOVA: I nostri personaggi hanno tutti un momento di inciampo, in cui perdono di vista loro stessi. Penso che la società in cui viviamo sia stata costruita in modo che, prima o poi, le persone non riescano a rimanere integre. È una situazione molto pericolosa, è sempre più difficile prendersi cura di sé, anche se ci illudiamo di farlo.
MARCHESI: Dovremmo avere il coraggio, ogni tanto, di fermarci e godere anche del silenzio.
Pochi giorni al debutto, tra giochi confermati (“Segui il labiale”, “Rumori di mimo”, “Stanza inclinata”), novità e ospiti pronti a divertirsi, ci racconta l’edizione che sta per partire?
Festeggiamo la decima con i grandi classici di “STEP”, giochi che hanno fatto divertire il pubblico televisivo nel corso degli anni. Lo facciamo introducendo qualche nuovo ospite, non ancora passato su nostro divano, e rimpinguando il cast fisso. A Biagio Izzo e Francesco Paolantoni si aggiungono quest’anno Giovanni Esposito ed Herbert Ballerina. La compagnia di giro diventa ancora più stabile (sorride). Insieme a loro saranno numerosi gli amici che ci verranno a trovare per trascorrere una serata di divertimento insieme, penso a Massimo Lopez, a Mara Maionchi e a tanti altri.
In questi cinque anni il pubblico l’ha vista crescere professionalmente, con “Bar Stella”, con le piazze e la musica di “Tim Summer Hits”, con il one man show delle feste natalizie… chi è Stefano De Martino oggi?
Uno che si sta facendo le ossa sul campo e che ha imparato questo mestiere facendolo, giorno dopo giorno. Me lo godo sempre di più, perché sviluppando un minimo di abilità riesci anche a curare meglio il dettaglio, perché sei meno preoccupato da ciò che devi fare in prima persona e puoi dedicarti al contesto. Quando ho ereditato “Stasera tutto è possibile” da Amadeus, ero veramente molto più acerbo. Ora, alla sesta edizione, lo firmo insieme agli altri autori: è una cosa che mi fa piacere, mi dà gusto, sono contento di essere partecipe di tutto il processo creativo. La stessa cosa accade con “Bar Stella”, che mi ha aiutato ancora di più a sviluppare la parte autorale. Sto dando un po’ di esami in questa facoltà della televisione, pian piano ci stiamo avvicinando alla tesi di laurea (sorride).
Romantico e sognatore in “Bar Stella”, decisamente più scanzonato a “Stasera tutto è possibile”, qual è la sua vera anima?
A “Bar Stella” siamo un po’ più romantici, nostalgici, ogni tanto strizziamo l’occhio al mondo intellettuale, sul fronte “STEP” si frequenta la leggerezza, che può sembrare frivola, ma in realtà per essere leggeri bisogna conoscere i vari aspetti della vita, averli testati tutti. Credo che la leggerezza sia una grande chiave per affrontare la vita. La mia anima è al centro di questi due poli quasi opposti.
La sua è una popolarità trasversale e genuina, come è cambiato, negli anni, il suo rapporto con il pubblico?
È un rapporto cresciuto nel tempo. Tutto è iniziato ad “Amici”, poi sono diventato noto per vicende private, per cose di cui non avevo nessun tipo di merito. Mi veniva attribuita una notorietà che sapevo di non meritare, non stavo facendo nulla di gratificante dal punto di vista lavorativo. A un certo punto ho capito cosa volessi fare da grande e mi sono messo a studiare. Da quel momento ho percepito che l’affetto e l’attenzione del pubblico erano la risposta al mio impegno. È un po’ la differenza che esiste tra i soldi guadagnati e quelli che trovi per terra (sorride).
La Tv italiana compie 70 anni, la radio 100. Cosa prova nei confronti di questo passato? Quali sono le pagine che ha più nel cuore?
Sono nato e cresciuto davanti alla televisione, che rimane centrale nella mia quotidianità, così come credo lo sia ancora per tante famiglie. Certo, c’è chi la Tv non la guarda, ma mi rendo conto al tempo stesso che anche il mondo dei social e del web cercano spesso una consacrazione attraverso il piccolo schermo. Penso che sia ancora al centro della comunicazione. Sono affezionato alla televisione, alla Rai, a RaiPlay, un pozzo di sapere da cui mi abbevero. La storia della Tv è legata al Servizio Pubblico, penso a Raffaella Carrà, a Renzo Arbore, alle edizioni di “Canzonissima”, ai “Rischiatutto”. Sono stati programmi avanguardistici sui quali torniamo sempre a mettere le mani, è un repertorio dal quale continuiamo a prendere spunto.
Nel suo mondo c’è anche tanta musica. Siamo da poco usciti da “Sanremo” e le hit nate al Festival non mancano, che cosa c’è nella sua playlist?
Sono onnivoro, ogni giorno ascolto musica diversa. Sono anche un aspirante musicista da tempo, mi piace suonare il piano, il sax. Mi sveglio e passo da Angelina Mango a Rachmaninov a Stan Getz a Gigi D’Alessio. Per quanto riguarda il Festival ciò che mi è piaciuto di più insieme alle hit, nate per essere efficaci, è stata l’esecuzione de “La rondine” di Angelina Mango, che ho cantato per giorni. Tra le canzoni da ascoltare nella mia playlist ho messo proprio quel brano, nella straordinaria interpretazione di Pino Mango, in quanto Angelina non l’ha incisa.
A proposito di “Sanremo”, le piacerebbe salire un giorno sul palco dell’Ariston da conduttore?
Anche per cinque giorni (sorride facendo riferimento alla durata del Festival). Ritornando alla similitudine con il percorso di studi, penso che “Sanremo” rappresenti la laurea. Sono iscritto a questa facoltà che si chiama televisione e mi mancano ancora alcuni esami. Ecco, il sogno è quello di laurearmi su quel palco.
Torna da lunedì 1° aprile su Rai 2 con “Stasera tutto è possibile”, uno dei programmi più divertenti e amati del piccolo schermo. «Mi sto facendo le ossa sul campo, giorno dopo giorno, come conduttore e come autore, l’affetto del pubblico mi rende felice», racconta al RadiocorriereTv. Pensando al futuro, il pensiero va anche al palco dell’Ariston: «La televisione è la mia facoltà, mi mancano ancora alcuni esami. Il sogno è quello di laurearmi a Sanremo»
Al via le riprese della nuova serie di Rai 2 con Giuseppe Battiston nei panni di un particolare ispettore di Polizia e con Barbora Bobulova che interpreta il medico legale Marina De Santis
“È più misterioso Stucky o i misteri che si trova ad affrontare? Uomo silente e tenace, cerca, pensa, indaga tra le miserie e le ricchezze di un luogo che non è nord, non è sud, non è Italia, è mondo: quello delle debolezze umane” racconta Giuseppe Battiston, protagonista di “Stucky” in cui interpreta un ispettore di Polizia apparentemente distratto, spesso bistrattato e sottovalutato, che si lascia guidare dal suo istinto, dalla curiosità e da un pensiero fuori dagli schemi. Girata tra Treviso e Roma per circa 14 settimane, coprodotta da Rai Fiction – Rosamont e distribuita Rai Com, la serie è ispirata ai romanzi di Fulvio Ervas e sarà trasmessa su Rai 2: “È un immenso piacere per me prendere parte a questo progetto. E sono molto contento di farlo avendo la possibilità di lavorare con attori come Giuseppe Battiston e Barbora Bobulova. Sono convinto che, insieme a loro, sarà divertente e stimolante esplorare nuove possibilità di racconto a partire dalle pagine dei romanzi gialli di Ervas. Il fatto che le sei storie che racconteremo siano incentrate su un ispettore di Treviso permetterà al pubblico di avvicinarsi, conoscere ed apprezzare una città poco presente nell’immaginario cinematografico e televisivo. Ringrazio Rai Fiction e Rosamont per questa bella sfida e preziosa opportunità” racconta il regista Valerio Attanasio.
LA STORIA
Fine osservatore dell’animo umano, Stucky combatte tutti i giorni con l’ovvietà del male, spesso vestita in abiti eleganti. Grazie alla sua capacità di indagare le dinamiche relazionali, riuscirà a trovare la risposta per risolvere anche i casi più spinosi. I suoi compagni di viaggio sono il medico legale Marina (con cui Stucky ha un rapporto di intensa e un po’ maldestra intimità), l’oste Secondo (consigliere e mentore) e i due poliziotti Guerra e la Landrulli, che hanno imparato ad amarlo, ma non ancora a capirlo.
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