Metropolis -Urban Art Stories

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Il passaggio indelebile dell’Arte Urbana in esclusiva su RaiPlay. Una produzione Rai Contenuti Digitali e Transmediali

È per tutti: gratuita, democratica, provocatoria, ironica ed effimera – seppur maleducata, come nessun’altra forma d’arte – l’Arte urbana è capace di raccontare il pensiero e i sentimenti della gente scuotendone le coscienze. In esclusiva su RaiPlay da mercoledì 6 novembre “Metropolis-Urban Art Stories”, un intenso viaggio con Metis Di Meo tra i cambiamenti storici, politici e culturali del nostro Paese, interpretati attraverso le opere d’arte urbana presenti sui muri delle nostre città che ci aiutano a comprendere meglio l’evoluzione generazionale e sociale dell’Italia degli ultimi decenni. Otto puntate tra Napoli, Roma, Torino e Milano che conducono il pubblico tra opere che testimoniano il passaggio indelebile delle “Street art” capaci di trasformare lo spazio urbano in un suggestivo museo a cielo aperto. “Street artist”, rapper, scultori e figure iconiche del mondo underground accompagnano la conduttrice nella cultura urban delle quattro città visitate. «“Metropolis – Urban Art Stories” – dice Maurizio Imbriale, direttore Rai Contenuti Digitali e Transmediali – si sfoglia come un romanzo per immagini che parla della contemporaneità, scritto sui muri di quattro città italiane in un linguaggio visivo che tanto piace ai giovani ai quali ci rivolgiamo e che ne caratterizza spesso emozioni, sogni e disagi svelando il nostro tempo e le sue peculiarità. Gli eventi sociali raccontati nel format uniscono passato e presente e si raffigurano attraverso le street art e le sue molteplici espressioni in un linguaggio pop e immediato.» «Ogni puntata – prosegue Metis Di Meo- è un viaggio fra i luoghi meno noti delle città, per scoprire opere e personaggi iconici del mondo underground. Alla scoperta dell’ampio mondo della street art, sempre più ascoltato e capace di lanciare messaggi di rivoluzione giovanile, capace di riqualificare e combattere il degrado, la violenza e l’indifferenza. Da quando, circa quindici anni fa, è scoppiata questa mia passione per la creatività urbana ho scoperto che le microstorie che si nascondono nell’arte e nella comunicazione urbana riescono a raccontarci di noi molto più di quello che immaginiamo».

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Un sabato sera dal grande cuore

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Da 19 stagioni al fianco di Milly Carlucci a “Ballando con le Stelle” in prima serata su Rai 1. Il musicista e conduttore emiliano racconta al RadiocorriereTv la sua Sala delle Stelle

L’edizione 2024 sta andando alla grande, come la stai vivendo?

All’inizio di ogni nuova edizione abbiamo grandissime aspettative ma anche un po’ ansia. È un po’ come quando comincia l’anno scolastico e non sai cosa ti aspetta. Anche quest’anno Milly e tutti gli autori hanno fatto un lavoro straordinario mettendo insieme un cast eccezionale. I protagonisti si mettono in gioco sempre di più sapendo che “Ballando con le Stelle” rappresenta un’opportunità: si preparano molto, sia fisicamente che psicologicamente. Non tralasciano niente, perché sono consapevoli che più tempo riescono a rimanere in gara maggiore sarà il risultato. Quest’anno la ciliegina sulla torta è data dal fatto che abbiamo più di un fuoriclasse.

Come cambiano tensione e umore dei concorrenti nel corso delle puntate nella Sala delle Stelle?

Sono quattro ore e mezza molto intense, ma ogni settimana è una cosa diversa. All’inizio della stagione i nostri ballerini non hanno mai visto la Sala delle Stelle e sono un po’ spaesati, non hanno sottomano la liturgia del programma. Poi cominciano a entrare nel meccanismo ed emerge il loro vero carattere, vedi chi è più ansioso, più sportivo. Certo, ci sarebbe da fare un programma ad hoc per raccontare quel che accade nella Sala (sorride).

Ci racconta come i concorrenti ingannano l’attesa?

C’è chi è puntiglioso e prova in continuazione, c’è chi sfoga l’ansia con la chiacchiera e parla senza fermarsi per tutta la serata. Dipende molto da quanto i concorrenti si sentono pronti ad affrontare la pista: c’è chi è sicuro e chi lo è meno. Ad accomunarli è il grande rispetto che hanno gli uni per gli altri, seguono con attenzione le esibizioni dei colleghi, ascoltano il responso della giuria, commentano, e protestano quando i giurati danno voti a loro dire bassi. L’atmosfera è veramente bella, c’è un grande senso di protezione reciproca che aumenta di settimana in settimana. Alla base di tutto c’è un grande senso di squadra e questo è merito di Milly, che è la migliore professoressa che si possa avere alla scuola della televisione. Da lei c’è sempre da imparare.

Ha visto passare circa 200 protagonisti nel corso degli anni, cosa deve avere un personaggio per rimanerti nel cuore del pubblico e anche nel suo?

Deve essere se stesso. Più lo sei e più rimani nel cuore del pubblico e anche nel mio (sorride). Io dico sempre di essere un po’ il bidello della scuola di “Ballando”, sono un po’ quello che sa tutto di tutti, che ha sempre la parola giusta per ognuno. Puoi avere le corazze che vuoi ma lo sforzo fisico, la tensione, la quotidianità, ti portano naturalmente a lasciarti andare, ad abbandonare le barriere. Più emergi per come sei e più la gente ti vuole bene.

Attribuirebbe un aggettivo a ciascuno dei magnifici 13 di “Ballando con le Stelle”?

Sono pronto…

Partiamo da Bianca Guaccero

Professionale. Meticolosa, consapevole del fatto che si sta giocando una carta importante.

Federica Nargi

Solare. Federica canta, ride, è felice di essere a “Ballando”.

Francesco Paolantoni…

Simpaticissimo. Si mette di fronte al televisore e ascolta attentamente la giuria. Le sue battute sono esilaranti al punto che spesso mi trovo in difficoltà a trattenere la risata.

Luca Barbareschi…

Sorprendente. Ho scoperto che sta studiando composizione e direzione d’orchestra, è un musicista, recita, balla, ha vinto premi straordinari. Ha quasi settant’anni e ha tanta voglia di mettersi in discussione, di vivere.

Federica Pellegrini…

Federica è timidissima. Ma più passano le settimane più riesce a superare la timidezza, a lasciarsi andare. Da atleta è molto determinata, prova anche otto ore al giorno e non molla.

Sonia Bruganelli…

Doppio aggettivo: timorosa e attenta. Sa di essere brava e bella, sa anche che deve confrontarsi con una giuria che guarda il cavillo.

Alan Friedman…

Alan è un chiacchierone. Parla con tutti noi, passando dall’uno all’altro.  È il suo modo di scaricare la tensione.

Nina Zilli…

Felice. Così come Bianca sa quanto sia importante l’esperienza che sta vivendo.

Tommaso Marini…

Determinato. Tommaso è il campione. Si concentra, prova i passi in continuazione.

I Cugini di Campagna…

Non un aggettivo ma un sostantivo: loro sono la festa, una festa infinita.

Anna Lou Castoldi…

Deliziosa, una ragazza di grande dolcezza.

Massimiliano Ossini…

Esemplare. È fantastico, preparato.

E infine Furkan Palali

Rigorosamente spaesato (sorride). All’inizio non capiva l’italiano, ma ora lo sta imparando. È educatissimo, un professionista che si impegna.

C’è una cosa che non ha mai detto a Milly e che vorrebbe dirle ora?

A Milly continuo a dire grazie. Da bambino sognavo di fare lo show del sabato sera e da 19 anni ho l’onore di essere al suo fianco: non so se io sia capace di farlo, ma ciò che riesco a fare bene, è per merito suo. La ringrazio con tutto il cuore anche per volermi al suo fianco, sin dalla prima puntata, nel collegamento con il telegiornale. È un grande privilegio, un onore, una cosa non prevista dal mio contratto. Mi sento grato a Milly per questo grande regalo.

Su quale brano le piacerebbe invitare Milly a ballare?

Non ci sono dubbi, “What a Wonderful World”.

Eterno visionario

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Luigi Pirandello nel film di Michele Placido. Nelle sale dal 7 novembre la pellicola coprodotta da Rai Cinema

  1. In treno verso Stoccolma, dove riceverà il premio Nobel per la letteratura, Luigi Pirandello rivive il fascino e la magia dei personaggi che hanno popolato la sua vita e ispirato la sua arte. Davanti al suo sguardo passano i fantasmi di un’intera esistenza: la follia della moglie, incapace di comprendere e accettare la scelta di vita di un artista predestinato; il burrascoso legame con i figli, schiacciati dal genio paterno e per questo incapaci di volare con le proprie ali; il controverso rapporto con il fascismo; lo scandalo del suo teatro, sovversivo e troppo moderno per il perbenismo borghese; il sogno di un amore assoluto per Marta Abba, la giovane attrice eletta a sua musa ispiratrice in un’inestricabile compenetrazione fra arte e vita. È “Eterno Visionario”, il film diretto da Michele Placido che racconta una fase della vita di Pirandello per rivelarne il mondo emotivo, l’umanità, le passioni, le ossessioni e l’esistenza più intima intrappolata fra l’amore dirompente e impossibile per Marta e il burrascoso rapporto con la dolorosa malattia della moglie Antonietta. Nel ruolo di Luigi Pirandello Fabrizio Bentivoglio, in quello di Antonietta Portulano, moglie dello scrittore, Valeria Bruni Tedeschi. Un racconto emozionante che si dipana fra Roma, la Stoccolma dei Nobel, la Berlino dei cabaret e di Kurt Weill, la Sicilia arretrata degli zolfatari e degli arcaici paesaggi. Per restituire il ritratto autentico e vivido, il tormento e la forza di un artista immenso, un implacabile, eterno visionario: un genio capace di trasformare in Arte la propria infelicità. Nel cast Federica Luna Vincenti (Marta Abba), Giancarlo Commare (Stefano Pirandello), Aurora Giovinazzo (Lietta Pirandello), Michelangelo Placido (Fausto Pirandello), Massimo Bontempelli (Mino Manni). Con la partecipazione straordinaria di Ute Lemper e con Michele Placido nel ruolo di Saul Colin.

FABRIZIO BENTIVOGLIO è LUIGI PIRANDELLO

Incompreso dalla moglie, che nella follia sembra avere trovato una via di fuga da lui, nella piena maturità incontra Marta Abba, la donna ideale che unisce bellezza e sensibilità artistica. Ma il suo è un amore impossibile: troppo giovane, la bella attrice, che ha meno anni di sua figlia. E così la sua scandalosa passione si trasforma in un’ossessiva ricerca di lei, che trova il suo compimento nell’arte ma non nella vita. Per lo scrittore una dannazione, per il teatro una fortunata stagione creativa.

VALERIA BRUNI TEDESCHI è ANTONIETTA PORTULANO

Sposata a Luigi Pirandello con un matrimonio combinato, gli dà tre figli, ma senza mai condividere con lui la passione per l’arte, di cui il marito è preda. Vittima di una gelosia feroce, trasmessale dal padre, ricco e rozzo siciliano d’altri tempi, arriverà ad accusare Luigi di incesto con Lietta, la loro figlia. Ricoverata ancora giovane in una clinica per ammalati di mente, vi trascorrerà il resto della vita.

FEDERICA LUNA VINCENTI è MARTA ABBA

Proprio all’esordio della sua carriera di attrice incontra Luigi Pirandello, l’uomo che le innalzerà un monumento in vita. Il primo incontro tra Marta e Luigi in palcoscenico è dirompente e dà inizio a un rapporto esclusivo e tormentato. Attenta a mai deludere il suo “Maestro”, lo terrà avvinto a una passione senza sbocchi, condividendo con lui la gloria e i tormenti del genio incompreso, sempre in fuga da se stesso.

AURORA GIOVINAZZO è LIETTA PIRANDELLO

Secondogenita di Luigi Pirandello, è cresciuta in una sorta di adorazione del padre, che ne ricambia l’affetto. Contrariamente alla madre, è stata interlocutrice entusiasta nel suo lavoro di scrittore. Odiata da Antonietta, che la caccerà fuori di casa, non godrà dell’esclusivo affetto del padre, come lei ha sempre immaginato e sperato, perché Marta Abba ne prenderà il posto.

GIANCARLO COMMARE è STEFANO PIRANDELLO

Primogenito di Luigi Pirandello. Cresciuto all’ombra del padre, scelto per di più lo stesso mestiere di scrittore, tenterà di sottrarsi alla sua influenza, senza mai riuscirci. Così ne diviene una sorta di alter ego, invertendo, quando necessario, il suo ruolo. Da figlio si farà padre, riuscendo a ricondurlo alla ragione, sottraendolo all’esilio che Luigi si autoinfliggerà dopo essere stato abbandonato da Marta. Sarà lui a farlo tornare a casa quando Luigi si rinchiude in un esilio volontario in Germania. Troppo tardi, ma ci riuscirà.

MICHELANGELO PLACIDO è FAUSTO PIRANDELLO

L’unico dei tre figli a essersi sottratto all’influenza del padre. In famiglia si è sempre sentito un corpo estraneo, per questo si trasferisce a Parigi, dove si sposa e fa un figlio all’insaputa dei genitori. Pittore dal grande talento, attratto dal modernismo, non è apprezzato dal padre, il quale più di una volta lo mette in guardia da quelli che egli riteneva fossero i rischi del conformismo insiti nella modernità e nelle avanguardie.

MINO MANNI è MASSIMO BONTEMPELLI

L’amico più caro di Pirandello. Come lui vive una relazione scandalosa con una donna di trent’anni più giovane, Paola Masino. Ma il suo è un rapporto libero dalle problematiche vissute dall’amico in quello con Marta. È l’autore della commedia Nostra Dea, che nel 1925 inaugura l’attività del Teatro d’Arte diretto da Pirandello. Da allora sarà sempre a fianco del drammaturgo, e con la Masino e il figlio Stefano sarà l’unico che lo accoglierà alla stazione Termini di Roma, al ritorno da Stoccolma, dove gli è stato conferito il Premio Nobel.

ANNA GARGANO è CELE ABBA

Sorella di Marta, di sei anni più giovane. Anche lei attrice, vive di luce riflessa, condizionata dalla celebrità che subito ottiene la sorella. Farà anche lei parte della compagnia del Teatro d’arte e incoraggerà Marta, con cui vive un rapporto morboso e simbiotico, ad assecondare il desiderio e i sentimenti del maestro. La sua influenza si rivelerà decisiva nel momento in cui Marta, ormai famosa, durante il soggiorno a Berlino in compagnia di Pirandello, deciderà di staccarsi dal maestro e intraprendere una carriera per proprio conto.

MICHELE PLACIDO è SAUL COLIN

Di origine ungherese, è agente e collaboratore di Luigi Pirandello per i diritti esteri. È l’unico ad accompagnarlo durante il viaggio in treno che dalla Germania lo porterà a Stoccolma, dove gli sarà conferito il Nobel. Per questo in quel viaggio, nel corso del quale Pirandello rivivrà i momenti salienti della sua vita, ne diverrà depositario di confidenze e sfoghi.

 

Tutti in campeggio

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Una serie divertente, che affronta tanti temi cari ai ragazzi, ambientata in un contesto estivo e spensierato. È arrivata su Rai Gulp la serie live action “Il Campeggio”, in onda dal lunedì al venerdì, alle ore 16.50, e disponibile in boxset su RaiPlay

Finalmente è arrivato il momento divertirsi in campeggio e i ragazzi non vedono l’ora di ritrovarsi insieme. C’è una nuova arrivata: è Lea, la sorellastra di Theodor, che non si sente a suo agio e vorrebbe solo tornare a casa, ma Andrine farà il possibile per farla integrare nel gruppo. Theo invece è alle prese con i suoi sentimenti: troverà il modo per conquistare il cuore di Noor? Andrine e Sebbe resteranno solo amici? Soltanto Lea, costretta a seguire suo padre, la sua compagna e il fratellastro Theo, vorrebbe invece essere partita per Parigi come sua madre le aveva promesso. Qualunque cosa accada, le giornate in campeggio sono piene di sorprese, anche se ognuno deve aspettare il suo turno per ogni cosa. Amicizia, questioni di cuore e di adolescenza, divertimento, avventure indimenticabili e spensieratezza sono gli ingredienti della serie. Al campeggio non ci si annoia mai, anzi. Si vive il fascino dell’avventura e l’estate dei sogni, quella degli incontri inaspettati, dei segreti e delle rivelazioni. È una vera scuola di vita, il luogo in cui scoprirsi e crescere insieme. Tra gli interpreti principali: Herman Nysæther Grinde (Theodor), Selma Adeline Opedal (Andrine), Mathias G. Tiedemann (Sebbe), Idun Dahlskås Urnes (Anja), Leon Mosand-Christensen (Mattis), Selma Skaare Tanderø (Thea), Petter Brækhus (Max), Kajsa Røstgård (Emmi), Peder Dovland (Nils), India Dee Kvangarsnes (Noor), Gabriel Gunerius Fevang (Klaus), Caleb Kebreab (William), Sofia Haug Khoury (Lea), Sienna Rosie Schei (Silje), Lucas Wendelbo Perez (Leo), Anna Paalgard Flemmen (Ronja), Vetle Berge Heivoll (Tony), Emilie Lindgren-Åsly (Nille). Su Rai Gulp la serie live action “Il Campeggio”, in onda dal lunedì al venerdì, alle ore 16.50, e disponibile in boxset su RaiPlay

 

 

 

Amici da sempre

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Dal 12 novembre su Rai 2 con “Sanremo Giovani” e a febbraio su Rai 1 con il “DopoFestival”. Il conduttore al RadiocorriereTv parla del suo rapporto con la musica (che cambia), della gara delle nuove proposte e del Festival: «Un bel ricordo d’infanzia, lo guardavo con mia mamma e cercavamo di anticipare la classifica. Intorno ai vent’anni l’avevo un po’ perso di vista, poi l’ho recuperato quando è tornato ad avere una rilevanza sia di costume che musicale». I suoi brani sanremesi preferiti?: «“Perdere l’amore” e “La terra dei cachi”»

La musica, i giovani, la gara… quasi una comfort zone per lei. Come si appresta a vivere questa esperienza?

Bene, perché come diceva lei è materiale che conosco, il talent musicale l’ho fatto per tanti anni. “Sanremo giovani” ha delle particolarità, delle novità di struttura rispetto a quello che sono stato abituato a fare, che secondo me sono molto giuste. A partire dal fatto che saranno gare molto serrate: 24 cantanti, sei a puntata e si scontreranno l’uno contro l’altro, con duelli molto efficaci sin da subito. Avremo immediatamente un eliminato e uno che passerà alla fase successiva. Ogni puntata avrà tre eliminazioni, ciò significa che la tensione sarà sempre molto alta, e poi durerà un’ora, che dal mio punto di vista è la durata giusta per ogni programma televisivo, senza eccezione. Sono felice che non ci sarà tempo per annoiarsi.

Che impressione si è fatto degli artisti che prenderanno parte alla selezione?

Per il momento li ho solo ascoltati, a valutarli è stata la giuria. Dal vivo li vedrò a breve. Mi sembra siano molto vari, c’è tanta rappresentazione di quello che va ora, ed è normale che sia così. Sono ragazzi che imparano da ciò che sentono.

Negli ultimi anni abbiamo visto la canzone sanremese cambiare, che caratteristiche deve avere un brano per poter funzionare a Sanremo?

La musica è cambiata e secondo me è un po’ il segreto di questa nuova allure che ha preso Sanremo. Un tempo la canzone sanremese per antonomasia doveva parlare d’amore, doveva essere lenta, avere un certo tipo di arrangiamento, negli ultimi anni è stato fatto un grande lavoro, già a partire dal primo festival di Carlo (Conti), poi Claudio Baglioni e Amadeus, che ha dato proprio un’accelerata in questo senso. Oggi Sanremo è molto più contemporaneo e attuale. Ha cominciato a diventare quello che vedevo era “X Factor” ai tempi, dove gli inediti dei cantanti erano contemporanei.

Il musicista e la sua immagine: funziona più vestirsi di un personaggio o essere se stessi?

Dipende dal tuo portato. C’è chi punta tanto sul contenuto, e presentarsi in maniera più neutra, più vicina al proprio personaggio funziona di più, e chi invece ha bisogno di qualche paillette in più. È il mondo dello spettacolo. Secondo me è una visione molto italiana quella secondo cui la vera musica è fatta solo in un modo. Ognuno ci mette la sua cifra. A partire dal cantautorato, che è diventato un po’ la nostra nuova scena indie, dal punto di vista del look è il più hipster di tutti. Ognuno sta lì a studiarsi anche le sue poche cose che si mette addosso, lo fa con cura. Il mondo della musica è giusto che viva anche di queste cose.

Le canzoni di oggi possono ambire a rimanere nel tempo o rischiano di scomparire in fretta?

Rischiano di sparire in fretta ma non è un discorso di qualità, non è che le canzoni prima fossero più belle. Un tempo c’era un sistema industria per cui un brano lo dovevi portare dietro per 6-8 mesi. Oggi i cantanti stessi, per rimanere sulle piattaforme, devono ridurre il gap tra un singolo e un altro. Questo fa rischiare che canzoni molto valide vengano masticate più velocemente di quello che avrebbero meritato.

Più difficile avere successo oggi o un tempo?

Molto più facile oggi, però è più difficile durare. Abbiamo exploit di giovani artisti che viviamo come fenomeni e che poi, dopo due anni, fatichiamo a ricordare.

Un suo consiglio ai 24 partecipanti…

Non ne ho mai dati, nemmeno quando ero a “X Factor”.  Prima di tutto perché non so se lo vogliano (sorride), poi il consiglio di un quarantaquattrenne… mi ricordo a vent’anni, non so se avrei avuto voglia di sentire un quarantenne che provava a spiegarmi cosa avrei dovuto fare.

Una pacca sulla spalla sì…

Se vedo che ne hanno bisogno sì, altrimenti anche un pugnetto.

A febbraio sarà alla guida del Dopofestival, ha già pensato a come sarà il programma?

No. Ogni tanto nel corso della giornata ci butto un pensiero, ma da qui a febbraio ci sono molte cose, a partire da “Sanremo Giovani”. Quando sarà il momento ci penseremo, l’idea è sicuramente quella di fare qualcosa di divertente…

Tra i Dopofestival del passato ce n’è uno che ricorda con più simpatia?

Su tutti quelli di “Elio e le storie tese” e di Fiore lo scorso anno.

Che cosa rappresenta per lei Sanremo?

Un bel ricordo d’infanzia, lo guardavo con mia mamma e il sabato cercavamo di anticipare tra noi le posizioni della classifica finale. Intorno ai vent’anni l’avevo un po’ perso di vista, poi l’ho recuperato negli ultimi anni quando è tornato ad avere una rilevanza sia di costume che musicale.

La canzone che più la lega al Festival…

“Perdere l’amore” e “La terra dei cachi”. Credo che siano tra le più belle canzoni italiane mai scritte.

La musica e Alessandro Cattelan, cosa vi unisce?

La musica e Alessandro sono due amici che si frequentano da tantissimo tempo. Cambiano, si modificano, si scoprono ancora. La musica è bella perché è lì per farsi ascoltare, e anche io sono lì.

La sua ultima scoperta?

Non avevo mai seguito particolarmente i R.E.M., poi quando Michael Stipe è stato mio ospite ho ricominciato ad ascoltarli, ho scoperto tante cose fighissime, album con pezzi stupendi… Il bello della musica è che è lì (sorride).

 

 

Storia della bambina perduta

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«Ho provato a prendere i miei attori per mano e sono scesa il più possibile dentro la loro anima per avvicinarli al racconto della Ferrante» racconta Laura Bisturi, la regista che ha diretto Alba Rohrwacher e Irene Maiorino nel capitolo finale dell’opera di Elena Ferrante. Da lunedì 11 novembre in prima serata Rai 1

Lina (o Lila) ed Elena (o Lenù) sono ormai adulte, con alle spalle delle vite piene di avvenimenti, scoperte, cadute e “rinascite”.  Ambedue hanno lottato per uscire dal rione natale, una prigione di conformismo, violenze e legami difficili da spezzare. Elena è diventata una scrittrice affermata, ha lasciato Napoli, si è sposata e poi separata, ha avuto due figlie e ora torna a Napoli per inseguire un amore giovanile che si è di nuovo materializzato nella sua nuova vita. Lila è rimasta a Napoli, più invischiata nei rapporti familiari e camorristici, ma si è inventata una sorprendente carriera di imprenditrice informatica ed esercita più che mai il suo affascinante e carismatico ruolo di leader nascosta ma reale del rione (cosa che la porterà tra l’altro allo scontro con i potenti fratelli Solara). Attraverso le prove che la vita pone loro davanti, scopriranno in se stesse e nell’altra sempre nuovi aspetti delle loro personalità e del loro legame d’amicizia. Intanto, la storia d’Italia e del mondo si srotola sullo sfondo e anche con questa le due donne e la loro amicizia si dovranno confrontare.

Laura Bispuri, la regista racconta

“Quando Saverio mi ha chiesto se volessi fare io la regia dell’ultima stagione dell’“Amica Geniale”, mi è sembrata la realizzazione di un desiderio che avevo provato anni fa, quando avevo saputo che si sarebbe girata una serie tratta dai romanzi di Elena Ferrante. Così ho deciso subito di accettare questa grande sfida, girare tutti e dieci gli episodi del quarto e ultimo libro dell’”Amica Geniale, entrare nel mondo della Ferrante ed entrare nel mondo della serie. La cosa più importante per me è stata trovare un equilibrio tra le stagioni passate e quella che stavo costruendo come nuova. Il principio basilare che mi fa credere in questo lavoro con tutta me stessa è la sincerità della regia. Non credo infatti nelle operazioni studiate a tavolino, ma credo solo nell’aderenza che si ha con la materia che si racconta e quanto più questa aderenza è vera e profonda, tanto più l’opera ne giova. Per questo mi sono immersa completamente nel racconto che andavo a fare, sentendolo in prima persona, rispettando moltissimo il passato, i personaggi, i luoghi, le attese del pubblico che tanto ha amato le stagioni passate e cercando qualcosa di nuovo che si legasse con armonia al vecchio. Questo equilibrio è stato frutto di una ricerca continua, giorno per giorno, che ha coinvolto vari aspetti. In questa stagione, infatti, c’è un’importantissima novità legata al cast. Si entra nell’età adulta, i personaggi cambiano e soprattutto cambiano gli attori. Con loro ho potuto fare un lavoro enorme, capillare, abbiamo ricominciato da capo e credo che quegli stessi personaggi di prima siano oggi, essendo cresciuti, davvero molto stratificati, pieni di sfumature, profondi e veri. Ho sempre cercato con loro quella discesa che la Ferrante fa nelle pieghe più sottili di ognuno di essi, senza risparmiarli mai, ma rendendoli così riconoscibili che sembra di poterli toccare con una mano mentre si leggono le sue pagine. Ho provato a prendere i miei attori per mano e sono scesa il più possibile dentro la loro anima per avvicinarli al racconto della Ferrante. Un viaggio enorme che ognuno di noi ha fatto dentro alla sua scrittura. Un viaggio che per me è stato verticale. Ogni giorno cercavo e ogni giorno trovavo elementi ed elementi in più dentro al suo racconto. Dinamiche e relazioni che all’inizio erano sotterranee, che non si vedevano ad un primo livello, neanche ad un secondo, neanche ad un terzo. Mi è sembrato di scendere verticalmente dentro una sorta di labirinto della sua scrittura e più cercavo, più trovavo. Un processo senza fine che mi ha affascinata tantissimo. In questa stagione, in questo passaggio temporale in avanti, ci sono varie cose che, insieme ai nuovi attori, sono cambiate. Ma, ancora una volta, ci tengo a sottolineare che ho fatto in modo che questi cambi fossero delicati, il più naturali possibile. Il rione, ad esempio, negli anni 80 diventa colorato. Eppure, la sensazione che si ha, guardandolo, è che sia sempre stato così. C’è molta naturalezza nella sua trasformazione e tutto si lega al passato. Con la macchina da presa ho unito quello che è il mio stile fluido di simbiosi costante con i personaggi, di una certa libertà di movimento e di ciak molto lunghi (che è come amo girare), a dei momenti di sospensione e di racconto minimalista per andare a sottolineare atmosfere diverse. Quella stessa fluidità si mescola con pause dedicate a sguardi, reazioni, paure, sospetti, mancanze, speranze, complicità che sembrano lievitare dentro alla semplice vita reale. Il montaggio ha accompagnato e ricreato proprio questa mescolanza di stile, trasmettendo quella vivacità che sempre cerco durante le riprese. Il montaggio e la fotografia sono stati i miei pilastri in questo lavoro nuovo che mi ha stimolata ad una continua ricerca ed evoluzione.”

I protagonisti

Elena “Lenu” Greco (Alba Rohrwacher)

Presa dalla sua carriera e dalle numerose fughe d’amore con Nino, Elena è ormai una donna e una scrittrice di successo che deve però fare i conti con l’angusto ruolo di amante e di madre. È il momento, nonostante le divergenze con Adele e i segreti di Nino, di trovare una stabilità con lui e le figlie a Napoli. Tornare alle origini, al rione, con Lila, ancora capace di pungerla dove fa male, significa complicarsi l’esistenza. Ma se da piccola tutto questo l’ha subito, è ora arrivato il momento di governarlo.

Raffaella “Lila” Cerullo (Irene Maiorino)

Imprenditrice, seconda figlia della numerosa famiglia Cerullo, prima si è sposata con Stefano Carracci, ora è la compagna di Enzo Scanno. Amata e benvoluta da tutti nel rione, ha fondato insieme a Enzo una società di informatica che le ha permesso di trasformarsi da proletaria a padrona, ottenendo il rispetto che merita nel Rione; anche quello dei Solara. Ma sono equilibri instabili, che porteranno Lila ad iniziare una vera e propria guerra al fianco di Elena. Lila sarà costretta ad affrontare dolorosi inconvenienti familiari che riveleranno la sua forza, ma soprattutto le sue fragilità.

Nino Sarratore (Fabrizio Gifuni)

Professore universitario, figlio di Donato e Lidia Sarratore, fratello di Marisa. Fin da ragazzo cultore delle relazioni utili, da uomo adulto continua a tessere la sua rete di protezioni per raggiungere i suoi numerosi obiettivi, spesso anche correndo il rischio di frantumarli. Ma Nino è disposto a tutto, anche se questo significa trascurare Elena, sua moglie Eleonora, e soprattutto i suoi figli. Sarà la sua sfrenata ed allo stesso tempo devota passione per le donne a metterlo in bilico, ma anche la sua sfrontatezza a tenerlo in piedi.

 

La storia inizia così

Primo episodio – La separazione

Elena passa più tempo del previsto in Francia con Nino, ma sa che deve recuperare il tempo perso con le figlie. La dolorosa separazione con Pietro, il successo del suo romanzo, le continue fughe d’amore con Nino; alla fine, gli anni passano e le figlie ormai ubbidiscono solo ai nonni Airota. Quando anche Pietro si costruisce una nuova vita, Elena decide che vuole portare Dede ed Elsa da Nino e vivere tutti insieme a Napoli. Tornata nella sua città, Lila le rivela però che Nino vive ancora con la moglie.

Secondo episodio – La dispersione

Nino ha preso un appartamento a Napoli, a via Tasso, ma Elena non perdona le sue insistenti giustificazioni e lo lascia. Costretta, stavolta da Adele, a riprendersi le figlie, le porta a vivere da Mariarosa e Franco nonostante la situazione precaria nella quale vivano. Le richieste di perdono da parte di Nino sono continue e, dopo il suicidio di Franco, Elena decide di trasferirsi a via Tasso con Nino e le figlie.

 

La voce delle protagoniste “geniali”

Qual è stato il vostro rapporto con la scrittura di Elena Ferrante?

Alba Rohrwacher: Tutto parte dalla sua scrittura geniale, quella di una scrittrice eccezionale capace di scrivere dei personaggi scomodi, che compiono degli errori in continuazione, che ha intercettato un archetipo in cui tutto il mondo si è potuto riconoscere, a prescindere dalla provenienza e dalle epoche storiche. Per noi Elena Ferrante è stata una sorta di spirito guida, che nei momenti di difficoltà, nei momenti più bui, ci ha permesso sempre di ritrovare la strada.

Irene Maiorino: È una scrittura che ha dentro una grandissima complessità, che affronta temi universali, la amicizia stessa, il cardine intorno al quale tutto si muove, è affrontata senza sconti, con tutti i suoi lati oscuri, quelli che interessano di più l’essere umano, perché è qualcosa che abbiamo tutti e ne siamo spaventati. La Ferrante ci parla di queste zone d’ombra e della scomodità di stare in certi temi, affronta argomenti complessi come l’emancipazione femminile, la lotta di genere e di classe, per i quali sia Lila che Lenu si battono, ma in maniera differente, una agisce con l’unico strumento che ha, la vita, un’intelligenza pratica fatta nell’esperienza, non dall’educazione, non dai libri, viceversa l’altra agisce in maniera intellettuale. Siamo di fronte al potere della diversità, e questo è presente in maniera determinante anche nella serie.

Le vite di Lila e Lenu hanno conquistato un pubblico mondiale, quanto si sono “insinuate” in questo ultimo viaggio nelle vostre vite?

Alba Rohrwacher: È rimasto tantissimo, ed è stato difficile salutare la mia Lenu, credo che non lo farò mai veramente, rimarrà sempre un po’ con me. È stata un’esperienza totalizzante. Attraverso il personaggio di Elena, una donna che sbaglia tutto, piena di contraddizioni e di storture, immergendomi a fondo nella sua avventura umana, ho capito meglio anche le mie di storture. È stato un viaggio così lungo e denso che il nostro impegno più profondo è stato trovare la misura, l’equilibrio, io ero ossessionata dal racconto, ero ossessionata da Elena, ero lei in maniera totale; perdersi rimanendo lucidi è stato forse il gioco che abbiamo cercato di fare tutti, perché eravamo dentro in modo assoluto, ma dovevamo mantenere quel distacco che ci avrebbe permesso di lavorare sul tempo lungo della serialità.

Irene Maiorino: Questi sono dei personaggi che ti rimangono dentro, più che addosso, che ti vengono a cercare, come ha fatto Lina con me. Ho utilizzato il nome con cui la Ferrante chiama questa ragazza nel romanzo, che è lo stesso di mia nonna, io ho, infatti, dei punti di incontro personali con queste pagine molto forti, precedenti alla serie. Quando, poi, è arrivato questo lavoro, per me è stato incredibile, sono molto grata, ma il mio viaggio con lei è iniziato molto prima del set, quando, in segretezza, l’ho portato per anni in giro durante il lavoro di casting. Devo dire mi ha cambiato la vita già tanti anni fa, sono grata a questo essere umano così incredibile che, studiandolo a fondo, mi ha aiutato a riscoprire le mie parti più “difficili”, quelle che hanno creato più problemi nella vita, ma che, alla fine mi hanno portato qua.

Cosa rimane nello sguardo di quelle bambine partite nel rione, nelle donne che sono diventate?

Irene Maiorino: Nella scena delle gravidanze, per esempio, quando Lina ed Elena raccontano il loro stato d’animo, con la mente si ritorna alle due bambine che giocavano con le loro bambole nel Rione, un momento che ha tirato fuori in noi, anche inaspettatamente, una grandissima tenerezza. Da una parte noi restituiamo per la prima volta una adultità, dall’altra parte c’è una riscoperta della loro infanzia.

Alba Rohrwacher: Mi viene in mente quella scena, ma soprattutto il loro ultimo incontro, l’ultimo saluto, un momento magico nel quale, come davanti a uno specchio, si ritorno a loro bambine e il cerchio si chiude.

RAI – FONDAZIONE AIRC

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La cura si chiama ricerca

Fino al 10 novembre 2024, otto giorni per informarsi e sostenere il lavoro di 6 mila ricercatori

RAI e Fondazione AIRC danno vita a una straordinaria campagna d’informazione che coinvolge contemporaneamente tv, radio, testate giornalistiche, web e social. Tutto il palinsesto – dall’informazione all’intrattenimento, dalla cultura allo sport – racconta gli avanzamenti della ricerca e le sfide del futuro attraverso le storie di ricercatori, medici, volontari e soprattutto di donne e uomini che hanno affrontato la malattia. Uno straordinario esempio di servizio pubblico che negli anni ha portato nelle case degli italiani la corretta informazione sul tema ‘cancro’, permettendo di raccogliere donazioni per oltre 148 milioni di euro, fondi che in questi anni di partnership hanno garantito continuità a centinaia di progetti innovativi per la cura del cancro. “La sinergia con AIRC, consolidata negli anni, è la prova dell’attenzione e della cura di Rai verso gli utenti, i cittadini, le persone – afferma l’amministratore delegato della Rai Giampaolo Rossi –. A difesa della ricerca – strumento attraverso il quale si dona concretamente una speranza ai pazienti oncologici – Rai, durante i Giorni della Ricerca, si mobilita, garantendo una straordinaria campagna d’informazione e raccolta fondi, resa possibile attraverso l’impegno e la professionalità delle donne e degli uomini dell’azienda. La potenza comunicativa e l’autorevolezza del nostro racconto possono davvero fare la differenza, dando forza a chi lotta contro il cancro e nuova linfa ai tanti ricercatori. Servizio Pubblico significa dunque anche questo: rendere al Paese un grande servizio dal valore umano, sociale ed etico”. RAI e AIRC offrono una programmazione ricca e articolata che accompagna per tutta la settimana il pubblico. La sfida è portare il tema ‘cancro’ all’interno di tutte le trasmissioni della tv e della radio, sui canali tematici e digitali, proponendo contenuti originali e coerenti con l’approfondimento, la cultura, l’intrattenimento e lo sport. Capitano della squadra degli ambassador RAI per AIRC è Carlo Conti, che insieme ad Antonella Clerici, raccolse il testimone direttamente dalle mani di Sandra Mondaini e Raimondo Vianello: “Tengo molto alla maratona RAI per AIRC perché mette insieme due mondi a cui sono particolarmente legato. Conosco e sostengo AIRC da oltre quindici anni, ho avuto la possibilità di entrare nei laboratori, vedere la passione e la dedizione che ricercatrici e ricercatori mettono nel loro lavoro. Il cancro è una malattia che tutti noi, direttamente o indirettamente, abbiamo incontrato nel corso della vita, sappiamo che purtroppo può colpire chiunque, anche persone giovani. È una malattia che tocca chi riceve la diagnosi ma insieme coinvolge tutte le persone vicine, famiglia, amici e affetti. Per questo credo sia importante parlarne e farlo anche in un contesto più leggero come nella serata finale di ‘Tale e Quale Show’ dove AIRC sarà protagonista. Insieme a tutta la mia squadra faremo il possibile per coinvolgere il pubblico e invitarlo a donare per aiutare i nostri scienziati a trovare nel più breve tempo possibile le giuste risposte per tutti i pazienti”.

Ninfa dormiente

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I CASI DI TERESA BATTAGLIA

Torna la serie interpretata da Elena Sofia Ricci tratta dal romanzo di Ilaria Tuti. Da lunedì 28 ottobre in 3 serate su Rai 1

Tra le montagne friulane della Val Resia, viene ritrovato il corpo della giovane poliziotta Marta Trevisan, apparentemente morta suicida con un colpo di pistola al cuore. Tuttavia, per il commissario Teresa Battaglia, qualcosa non quadra in questa morte; secondo lei, si tratta di un omicidio camuffato da suicidio. La giovane donna stava cercando la verità su suo padre, accusato di aver ucciso la sua amante Hanna, nativa proprio della Val Resia. Dopo aver dimostrato che Marta è stata effettivamente uccisa, il suo omicidio inizia a intrecciarsi, i fili di una tela, con un quadro perduto da tempo e con la scia di morte che sembra seguirlo. Marta era entrata in possesso della Ninfa Dormiente, un ritratto dipinto con sangue umano. La Ninfa ritrae il volto di una giovane donna il cui nome è andato perso. Teresa inizia a domandarsi quale sia l’anello mancante. Perché Marta aveva il ritratto di una donna uccisa nel 1945? Per quale segreto è stata uccisa? Lunedì 28 ottobre torna in prima serata su Rai 1 la serie “I casi di Teresa Battaglia”, interpretata da Elena Sofia Ricci, diretta da Kiko Rosati e tratta dai romanzi di Ilaria Tuti. «Girare la serie “Ninfa Dormiente” è stata un’esperienza che porterò sempre nel cuore – afferma il regista – Sin dall’inizio, ho avvertito un’enorme responsabilità nel trasporre sullo schermo l’intensa atmosfera e i personaggi complessi che Ilaria ha saputo creare. Lavorare con un cast di attori così talentuosi è stato un vero privilegio e una fonte inesauribile di ispirazione. Elena Sofia Ricci, con la sua straordinaria presenza scenica e la profondità emotiva, ha riportato sul set una magia unica. Ogni scena con lei si trasformava in un’esperienza emozionante, grazie alla sua capacità di immergersi completamente nel personaggio. La collaborazione con Elena ha alzato il livello ogni momento della serie, aggiungendo quel tocco di autenticità e pathos che solo un’attrice del suo calibro può offrire. Giuseppe Spata e Gianluca Gobbi hanno arricchito il progetto con le loro interpretazioni sincere e potenti».

I PERSONAGGI

TERESA BATTAGLIA (ELENA SOFIA RICCI)

Teresa Battaglia è una donna dall’acume sorprendente. È disinteressata all’amore, perché per amore molti anni prima è morta dentro, ma non per questo cinica e rabbiosa. Incurante del proprio aspetto, perennemente intabarrata nel giaccone imbottito, armatura che annulla e sfuma la sua femminilità ma solo nelle manifestazioni più esteriori. Perché, nonostante le apparenze, Teresa non ha perso la dolcezza, la sensibilità e la capacità di indagare con grande empatia. Teresa non è solo chiamata a combattere contro esseri umani, ma anche con un nemico insidioso: l’Alzheimer. La battaglia con questo avversario continua, perché Teresa, nomen omen, combatte sempre senza arrendersi mai.

MASSIMO MARINI (GIUSEPPE SPATA)

Giovane ispettore di origini siciliane, è l’ultimo arrivato nella squadra mobile di Udine. Ambizioso ma ingenuo, Marini è spesso vittima delle vessazioni di Teresa, che nonostante lo provochi, è la prima a scorgere il coraggio e il talento del giovane ispettore, così come la sua fragilità. Le continue angherie a cui lo sottopone altro non sono che il tentativo di metterlo alla prova, dargli la forza di superare i propri limiti, restituirgli i suoi insegnamenti e la sua esperienza. Potrebbe sembrare che Teresa lo odi, ma Marini ha capito che in realtà nutre per lui un affetto ruvido e sincero, che lui ricambia.

GIACOMO PARISI (GIANLUCA GOBBI)

Ispettore Capo, è l’ombra di Teresa da diciotto anni. Ovunque lei abbia prestato servizio, Parisi l’ha seguita. La conosce meglio di chiunque altro e, dietro a quel guscio coriaceo, sa riconoscere le ferite e le fragilità che l’hanno portata a essere la donna che è. Complice un carattere fermo e, al contempo, parecchio comprensivo, Parisi è l’unico che sappia davvero tenerle testa, capace di comunicare con lei anche solo con uno sguardo.

ALBERT LONA (FAUSTO MARIA SCIARAPPA)

Nuovo dirigente della Squadra Mobile e spina nel fianco di Teresa. Lona è l’opposto di Teresa in tutto: tanto lei è impulsiva e istintiva, quanto lui è rigido e rispettoso delle regole. È un uomo duro che ha messo la carriera al primo posto e si aspetta che tutti seguano i suoi ordini senza domande. Un carattere che non si sposa bene con quello ribelle di Teresa e che porterà ad aspri scontri tra i due. Ancor di più perché Lona e Teresa hanno un passato condiviso che ha segnato entrambi. Avversari costretti a lavorare insieme: riusciranno mai a trovare un punto d’incontro?

ALICE (MARIAL BAJMA-RIVA)

Capelli blu, smalto nero, giacca di pelle, Alice è l’ultimo elemento a unirsi alla squadra di Teresa Battaglia e sicuramente il più anomalo. È un’esperta di Human Remains Detection, ovvero il ritrovamento di resti umani e tracce biologiche. Lei e il suo fedele cane Smoky sono i migliori sul campo, ma Alice tiene un profilo basso, perché la HRD è un’attività non ancora riconosciuta dalla legge in Italia. La morte di Marta Trevisan la porterà a incrociare Teresa che non impiegherà molto a rendersi conto del potenziale della ragazza.

LA STORIA INIZIA COSI’

Nei boschi della Val Resia viene ritrovato il corpo di Marta Trevisan, giovane poliziotta apparentemente morta suicida. Il commissario Teresa Battaglia, grazie al suo infallibile intuito, scopre che in realtà si tratta di un omicidio. Teresa e i suoi fidati ispettori Giacomo Parisi e Massimo Marini mettono al setaccio la vita di Marta e scoprono che era entrata in possesso della Ninfa Dormiente, un misterioso quadro datato 1945 dipinto con sangue umano. A ostacolare Teresa arriva però Albert Lona, il nuovo dirigente con cui Teresa ha un conto in sospeso.

 

 

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Questione di stoffa

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Domenica 3 novembre, in prima serata Rai 1, un nuovo titolo della collection “Purché finisca bene”, una favola moderna, una sorta di Romeo e Giulietta in salsa curry con uno straordinario Kabir Bedi e il sorprendente Pierpaolo Spollon

Matteo è un giovane disegnatore che, in attesa di realizzare il sogno di pubblicare una graphic novel, è impegnato nell’attività di famiglia, la storica sartoria Mampresol, con suo padre Orlando e sua nonna Mina, orgogliosi e provetti artigiani. La cliente più importante è la stravagante Serena Ravagnin che, munita di bozzetti da trasformare in abiti, non fa che seminare ansia e dubbi sull’effettiva bellezza e originalità dei capi da loro confezionati. Per la sfilata che la proclamerà stilista deve essere, infatti, tutto più che perfetto. L’equilibrio familiare viene compromesso quando nella stessa strada apre una nuova sartori, la “Deepti’s Taylor”, di proprietà di una famiglia indiana: Dev, sua sorella Rani e lo zio Ramesh. Per la Mampresol comincia una diaspora dei loro più facoltosi clienti a favore degli indiani, ma il colpo di grazia arriva proprio dalla Ravagnin che, attratta dalle sgargianti stoffe esotiche, decide di affidare a loro i bozzetti per la sfilata. Orlando convince Matteo a infiltrarsi nelle linee nemiche per cercare di far fuori la concorrenza, ma presto il ragazzo scopre che i competitor non sono poi così diversi da loro, ma soprattutto che Rani gli fa battere il cuore! Orlando è tuttavia deciso ad andare fino in fondo e con l’inganno introduce un tappeto tarmato nella sartoria rivale, devastando i vestiti della Ravagnin ormai pronti per la sfilata. Riuscirà Matteo a risolvere i dissidi tra le due famiglie, riconquistare la fiducia di Rani e realizzare i propri sogni?

 

Kabir Bedi

“Gli attori cercano sempre ruoli interessanti, e questo è per me molto speciale. Questo film racconta una storia di italiani e di indiani, mi piacerebbe che arrivasse al pubblico un messaggio positivo, che la collaborazione è la soluzione migliore al conflitto. Per quaranta anni ho cercato, anche grazie al mio lavoro, i rapporti tra questi due popoli. Possiamo imparare tanto dagli altri, da chi è di un’altra cultura. La guerra non serve a nessuno”.

Pierpaolo Spollon

“È la prima volta che affronto un ruolo in cui devo usare la mia lingua, il veneto, e di girare in luoghi a me molto familiari. Sul set mi hanno utilizzato come insegnante! Per me un’emozione molto grande. Sulla sartoria, invece, non ne so proprio nulla… La sceneggiatura presenta molti punti di rottura che trovano una soluzione proprio nei sentimenti, nell’amore. Che dire di Kabir Bedi, è un essere umano che segna la strada per gli altri, è una persona eccezionale, un attore puntuale, disponibile, dotato di un rigore e di un’educazione che oggi stanno andando scemando e invece dobbiamo riappropriarcene. Poi ha questa voce pazzesca che viene dal cielo e dalla terra, c’è qualcosa di spirituale in lui che andrebbe indagato, ha una compostezza e una serenità invidiabili”.

 

Il regista Alessandro Angelini racconta…

«Le nostre vite sono come stoffe preziose. A volte si creano delle pieghe ma, con abilità e pazienza, è possibile sbrogliare, ricamare, tagliare qualcosa di nuovo e sorprendente, perché le stoffe, proprio come le nostre vite e i legami affettivi che le orientano, hanno bisogno di cura e attenzione per risplendere. Così parla il protagonista della nostra storia al termine del suo percorso di crescita, facendo emergere l’idea che è alla base del racconto; il sapersi trasformare, arricchendosi, attraverso l’incontro con l’altro. “Questione di stoffa” è una favola moderna, una sorta di Romeo e Giulietta in salsa curry, in cui l’amore tra il veneto Matteo e l’indiana Rani, sboccia inatteso nel bel mezzo della guerra tra le due famiglie d’origine. Da una parte i Mampresol, sarti da tre generazioni -dall’altra i Khumar – i cui antenati hanno vestito niente meno che Gandhi -impegnati a contendersi la realizzazione di una sfilata di moda. Chiaro che in gioco non c’è solo il lavoro ma molto di più; il prestigio delle due sartorie. Più le scorrettezze si susseguono, più i due giovani si avvicinano, scoprendosi simili e trovando la forza di liberarsi dai condizionamenti a loro imposti. Nello scambio di colpi, le due famiglie si ritroveranno sconfitte. A vincere non sarà la strategia di Orlando che invia suo figlio a dare lezioni di veneto alla ragazza con lo scopo di sabotare la sartoria indiana e isolarla dalla comunità, come pure inutili risulteranno gli antichi rimedi fatti di limone e peperoncino per “tenere lontane le energie negative” di Ramesh. A vincere, come in tutte le fiabe nel cui DNA si annida il potere magico del e…vissero felici e contenti, sarà l’unione.»

I PERSONAGGI

Matteo | Pierpaolo Spollon

Cresciuto con l’ingombrante padre e la saggia nonna, Matteo ha il sogno di disegnare graphic novel, ma il suo senso del dovere non gli dà il coraggio necessario per emanciparsi dall’impresa di famiglia. Sognatore e introverso, Matteo non è abituato a esprimere le sue emozioni, che preferisce affidare al disegno. Ha infatti, un autentico talento per riportare sulla carta l’anima delle persone, le loro bellezze nascoste e le loro comiche imperfezioni e questa sua dote non è passata inosservata a una nota casa editrice. Matteo non può accettare, però, la proposta di collaborazione perché, dopo la dolorosa morte di sua madre, non vorrebbe che il padre si sentisse nuovamente abbandonato, e poi ha una grande paura di fallire. In qualche modo si sente in colpa per non avere “la stoffa” e la volontà di prendere in mano le redini della sartoria, condannando l’azienda familiare a un futuro incerto. L’incontro con Rani sarà l’occasione per confrontarsi con qualcuno che apprezza sinceramente il suo talento e che, al contrario di lui e nonostante le aspettative familiari, ha avuto il coraggio di seguire la propria strada.

 

Rani | Beatrice Sandri

Dopo essere arrivata in Italia e aver studiato moda in Accademia, Rani ora lavora nella sartoria dello zio assieme a suo fratello. Come Matteo è animata da una grande passione: è lei ad aver avuto l’idea di portare in Italia i suoi ricami e le preziose stoffe indiane di cui è una fine conoscitrice. Anche per lei la famiglia vorrebbe qualcosa di diverso, per sua madre ormai è “una donna” e quindi è ora che pensi a sistemarsi, ma Rani è determinata a dare il massimo nel lavoro, proprio per dimostrare alla famiglia di essere ben consapevole di quali siano le giuste priorità per se stessa. Combattiva e tenace, sotto la scorza dura della ribelle e della commerciante, Rani nasconde un animo dolce e una sensibilità attenta, cosa che la avvicina moltissimo a Matteo…

 

Orlando| Nicola Pannelli

Sarto preciso e appassionato, Orlando all’apparenza può sembrare estremamente rigido, soprattutto nei confronti del figlio, a cui non riserva la stessa gentilezza e gli stessi sorrisi che invece rivolge ai clienti. Non riesce a capacitarsi di come Matteo rinunci a mettere il suo talento per il disegno al servizio della famiglia. Forse rivede in lui gli stessi slanci creativi della moglie che non c’è più e questo lo fa soffrire, perché nella sua vita da imprenditore di successo non c’è posto per nessuna debolezza o inquietudine. La verità è che Orlando è un uomo insicuro, con forti difficoltà ad accettare ogni cambiamento e per questo ha bisogno del sostegno di suo figlio e di sua madre Mina, il vero caposaldo dell’impresa di famiglia…

 

Nonna Mina | Licia Navarrini

Autentica dispensatrice di perle di saggezza, è il punto di riferimento principale della Sartoria Mampresol. Ha visto crescere molti dei suoi attuali clienti, che tratta con benevolenza materna. Dalla mente vispa e curiosa, Mina cerca di mitigare il carattere burbero del figlio. Estremamente paziente e precisa, ha nelle mani un

mestiere antico e prezioso, ma nonostante l’età e l’esperienza è sempre curiosa di imparare qualcosa di nuovo. All’apertura del negozio “concorrente”, cercherà di dissuadere il figlio dalle operazioni di boicottaggio, sapendo che la questione del futuro della loro azienda è ben aldilà di quella competizione…

 

Zio Ramesh| Kabir Bedi

Nonostante gli anni passati in Italia, Ramesh è rimasto molto legato alle proprie tradizioni religiose e culturali, di cui va orgoglioso. È un pacifista, non apprezza, né incentiva, la competizione che Dev ingaggia con la Sartoria Mampresol e cerca sempre di mediare e di placare gli animi. È un vero saggio, le sue massime sono sempre illuminanti e, al contrario di Orlando, considera ogni cambiamento una fonte di sfida e arricchimento. Ama infinitamente i suoi nipoti, soprattutto Rani, di cui sa cogliere il lato emotivo e sensibile e a cui fa spesso da tenero consigliere. Ha una particolare inclinazione anche per nonna Mina, che vede simile a lui nel ruolo di capofamiglia e di guida illuminata dell’impresa.

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Nudes 2

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La “pornografia non consensuale” sembra un problema lontano dal nostro vissuto quotidiano. E se così non fosse? Questo ha raccontato la prima stagione della serie, affrontando il revenge porn come piaga nella vita di tre adolescenti. Ma si potrebbe andare avanti parlando di sextortion, diffamazione, trattamento illecito di dati… perché purtroppo il fenomeno è tanto diffuso quanto variegato. Dal 25 ottobre su RaiPlay

 

LA SERIE

Tre storie sul revenge porn vissute da adulti e adolescenti inconsapevoli di come sesso e intimità nascondano oggi bombe a orologeria virtuali destinate a stravolgere la nostra vita reale. La prima stagione di “Nudes” ha trasmesso con successo un messaggio importante, affrontando il tema del revenge porn nella vita di tre adolescenti. Purtroppo, però, il fenomeno non si limita ai teenager. Una promessa dello sport, un professore stimato, una professionista in carriera della media borghesia. Un’adolescente dipendente dal proprio allenatore, un padre vedovo, una mamma LGBTQ+. Persone che improvvisamente vedono le proprie vite mandate in crisi dalla diffusione non consensuale di materiale intimo. Foto e video che dovrebbero rimanere nella sfera privata e personale, ma che si trasformano in un attimo in pubbliche gogne. Così le vittime e i carnefici di queste storie sono costretti a confrontarsi con le conseguenze del revenge porn e della sextorsion che, oltre a problemi sul piano lavorativo e sociale, avrà il suo massimo contraccolpo all’interno della famiglia, acuendo i già difficili rapporti tra genitori e figli adolescenti. Uomini, donne, padri, madri e figli scopriranno le proprie fragilità e metteranno a nudo la pochezza psicologica di chi usa il ricatto intimo per cercare di riempire il proprio vuoto interiore, che sia per meri fini economici o per l’incapacità di affrontare paure e conflitti. Perché trasformare amore, affetto e passione in terrore, colpa ed emarginazione è uno dei più grandi crimini dell’anima della nostra epoca.

 

I registi

LAURA LUCHETTI

Ritorniamo al Revenge Porn con la seconda stagione di Nudes e lo facciamo allargando l’orizzonte al mondo degli adulti. Le ripercussioni, la paura, il dolore e la responsabilità legata ad un fenomeno diffuso e oscuro come quello in questione. Mentre nella prima stagione vittime e carnefici erano gli adolescenti, con la loro incapacità di prevedere le conseguenze delle loro azioni, la loro impulsività e inesperienza, in questa stagione sono gli adulti a portare in scena le proprie fragilità, ingenuità, scarsa educazione sentimentale e spesso solitudine. Nel caso “Silvia ed Emilio”, ponte fra il mondo adolescenziale della prima stagione e quello adulto della seconda, il Revenge Porn si manifesta nel mondo sportivo, che ha regole ferree, pressioni psicologiche ed aspettative così pesanti da spingere i nostri personaggi ad avere comportamenti di cui poi si vergogneranno capendo una lezione molto importante. L’agonismo del mondo della scherma diventa teatro di una storia fra una giovane schermitrice e il suo maestro. Le gare, la competitività, gli affetti e le paure dei protagonisti raccontano molto di più del mondo sportivo messo in scena. Lo sport diventa metafora dei rapporti umani, fra adulti e ragazzi, genitori e figli, allenatori e allievi. Raccontiamo di tutti quei ragazzi spinti dalle famiglie a vincere a tutti i costi, e dei loro genitori che, con le proprie aspettative, spesso sono ignari dei danni che causano ai figli.

 

MARCO DANIELI

Il revenge porn è un abisso in cui sprofondano sempre più adulti come Luca, il professore interpretato da Fortunato Cerlino, o Michela, l’architetta interpretata da Lucia Mascino. Nell’episodio “Luca e Giacomo” si racconta la storia di un padre e di un figlio, su entrambi dei quali grava come un macigno la perdita prematura di Luisa, moglie di Luca e madre del ragazzo. Il dolore ha allontanato i due protagonisti e li ha spinti a cercare dei modi per lenirlo: il padre con il sexting, il figlio con le droghe.  La trappola sentimentale in cui cade Luca fa deflagrare i conflitti con il ragazzo. Ma poi, pian piano, entrambi capiranno che solo alleandosi potranno cercare una via d’uscita dall’incubo che stanno vivendo. Arrivare a toccare il fondo gli permetterà di guardarsi negli occhi senza pregiudizio e di provare di nuovo empatia l’uno per l’altro. Nella storia, invece, di Michela e Francesca proponiamo un family (al centro una famiglia queer) che si tinge di giallo e che porterà la protagonista ad affrontare, suo malgrado, un’indagine interiore profonda. Michela è una donna solare, energica e volitiva. Ha fatto scelte coraggiose e complesse nella sua vita. Su tutte aver sfidato le convenzioni separandosi dal marito, il padre delle sue figlie, per una donna con la quale convive. Ma la scena di apertura, una cena con amici e famigliari, ci racconta come Michela sia una donna forte che non teme di confrontarsi con il passato ma cerca di dialogarci e di non rinnegarlo. Ma è proprio da quel passato che arriva il video che rischierà di far esplodere il suo universo affettivo e professionale. A poco a poco Michela comincerà a dubitare di tutte le persone che la circondano. E alla fine anche di se stessa.

 

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