Gad Lerner

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Donne e uomini della Resistenza

Una ricerca imponente negli archivi dell’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, oltre quattrocento interviste filmate realizzate in ogni angolo del Paese da Gad Lerner e Laura Gnocchi, autori di “Noi, Partigiani”, libro edito da Feltrinelli, che immortala i ricordi di persone che hanno combattuto per la liberazione. Il programma “La Scelta. I Partigiani raccontano”, da lunedì 27 aprile alle 20.20 su Rai3, porta alcune di quelle intense storie sul piccolo schermo

Un libro e un programma televisivo per raccontare i partigiani, la Resistenza, la Liberazione…

Laura Gnocchi, figlia e nipote di partigiani, mi diceva da tempo: “com’è possibile che non esista una raccolta filmata di testimonianze di chi ha fatto quella scelta?” Prima che fosse troppo tardi, perché sono persone che hanno ormai superato i novant’anni, siamo andati all’ANPI e, con il loro aiuto, la loro anagrafe, con le loro rappresentanze provinciali e una serie di volontari, ci siamo messi al lavoro, realizzando nell’arco di un anno centinaia di ore di filmati. Abbiamo intervistato 420 partigiane e partigiani, quelli ancora lucidi, in grado di esprimersi. Ognuno di loro ci ha dato un’emozione fortissima, con un vivo desiderio di consegnarci ricordi, quasi fossero delle ultime volontà. Sono racconti spesso inediti, molto sinceri. Sono passati 75 anni e quei partigiani sono rimasti tali, con il timore che nell’atmosfera di oggi possano ricomparire pulsioni nazionaliste, razziste, di culto dell’uomo forte che erano loro familiari.

Alcune di queste storie le ascolteremo ne “La scelta”…

Per la televisione abbiamo girato nuovamente oltre 25 testimonianze. Volti espressivi, storie emozionanti, che tra l’altro cadono esattamente in giorni in cui quella generazione che ha conosciuto la guerra è falcidiata dall’epidemia del Coronavirus. Il programma ci è sembrato un omaggio a queste persone spesso dimenticate. Molte interviste le abbiamo realizzate nelle case di riposo, in alloggi popolari molto semplici, a smentire la denigrazione secondo cui i partigiani avrebbero tratto chissà quali vantaggi personali per la loro scelta.

Un progetto che vuole diventare un “monumento” al 25 aprile…

Lo spero. L’intenzione dell’ANPI è di continuare questo lavoro, di unire alle testimonianze girate oggi quelle che si trovano nei loro archivi di personaggi della Resistenza che non sono più tra noi. L’idea è di dare vita a un vero e proprio memoriale, un portale che sia accessibile a chiunque voglia conoscere la storia dalla viva voce dei protagonisti, ma anche un luogo fisico, una sala delle rimembranze in un museo nazionale della Resistenza di prossima costituzione.

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Massimo Gramellini

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E’ tempo di ascoltare

“Le parole della settimana” è tornato in onda dopo uno stop forzato, ora gli ospiti non sono seduti di fronte a te, ma in collegamento. Come hai vissuto questa ripresa un po’ anomala?

Avevo già visto tanti altri programmi impostati in questo modo, quindi sapevo come funzionava. Non avere il contatto fisico è un po’ estraniante, ma ormai anche nella vita reale siamo abituati così, è stata comunque una cosa molto stimolante. La dimensione più piccola dello studio di Roma (prima dell’emergenza il programma veniva realizzato a Milano), mi ha fatto sentire meno la mancanza del pubblico e degli ospiti, nel contempo mi ha fatto sentire un calore fisico (sorride), ho sudato talmente tanto che dopo dieci minuti mi sono tolto la giacca.

Le parole per raccontare l’emergenza, il dramma, la speranza. Quali sono le parole più giuste per narrare ciò che accade?

Non lo sa nessuno, le parole sono delle gabbie. In realtà in questo periodo stiamo provando spesso delle emozioni incomunicabili con le parole. Ho grande rispetto di tutti, non mi piace fare la morale al comportamento degli altri o dire che diventeremo tutti migliori, sono discorsi che lasciano un po’ il tempo che trovano. Certamente la quarantena ha bloccato le nostre vite e ognuno è stato costretto a fare i conti con le situazioni che aveva in quel momento in corso, lavorative, famigliari. È come se ci fosse stato, per parlare con il linguaggio della Tv, un blocco dell’immagine. Le magagne che non hai ancora risolto sono tutte lì davanti a te e ti presentano il conto in questo momento. È sicuramente una grande prova a cui siamo chiamati, ma non tutti abbiamo le forze, le capacità, i mezzi per poterle affrontare.

C’è una parola che in questa emergenza ti ha colpito particolarmente?

Ci sono tante parole che sono entrate nel nostro linguaggio comune: il bollettino, la curva, il tampone, termini che hanno assunto un nuovo significato. Oggi stiamo vivendo una realtà che rovescia una serie di luoghi comuni, ma le parole che contano, quelle belle, sono sempre le stesse: empatia, amore, altruismo. A cambiare è il nostro modo di guardarle.

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Fiorella Mannoia

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Un, Due, Tre… Fiorella!

Sabato 2 maggio su Rai 1 “one woman show” tra canzoni, duetti e importanza della parola. Sul palco, oltre alla protagonista Mannoia, tanti ospiti e personaggi famosi.

Una voce amatissima, le sue canzoni, la bellezza dei duetti, l’importanza della parola. Con “Un, Due, Tre… Fiorella!”, Fiorella Mannoia ha debuttato come presentatrice televisiva, facendo conoscere al pubblico del piccolo schermo un lato inedito di sé, dopo oltre 40 anni di carriera e di straordinario successo come cantante e come artista. Ad avvicendarsi sul palco tanti ospiti, personaggi del mondo della musica, del cinema, del teatro, della televisione, dello sport, della cultura, amici e colleghi che, insieme a Fiorella, dialogheranno e racconteranno se stessi, attraverso riflessioni, temi, gag e situazioni inaspettate e chiaramente attraverso la musica. Una voce amatissima, le sue canzoni, la bellezza dei duetti, l’importanza della parola. Con “Un, Due, Tre… Fiorella!”, Fiorella Mannoia ha debuttato come presentatrice televisiva, facendo conoscere al pubblico del piccolo schermo un lato inedito di sé, dopo oltre 40 anni di carriera e di straordinario successo come cantante e come artista. Ad avvicendarsi sul palco tanti ospiti, personaggi del mondo della musica, del cinema, del teatro, della televisione, dello sport, della cultura, amici e colleghi che, insieme a Fiorella, dialogheranno e racconteranno se stessi, attraverso riflessioni, temi, gag e situazioni inaspettate e chiaramente attraverso la musica.

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Giacomo Giorgio

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Devo tutto a Pulcinella

Lo studio, la gavetta, l’esordio internazionale in un film con Rupert Everett. Il giovane attore napoletano sarà tra i protagonisti della serie “Mare Fuori” diretta da Carmine Elia, in programmazione nei prossimi mesi sulle reti Rai. In attesa della messa in onda, si racconta al nostro giornale: “Sono un sognatore senza eguali. Non potrei mai smettere di esserlo, nonostante le avversità”

Ricorda il suo primo incontro con il palcoscenico?

Da bambino, quando vivevo ancora a Napoli, presi parte a uno spettacolo in un piccolo teatro e interpretai un baby Pulcinella che apriva e chiudeva la scena, erano due brevi monologhi, mi divertii e capii che stare sul palco mi piaceva. Cominciai a studiare teatro e nel tempo capii di volere fare l’attore.  

Il cinema è arrivato quando lei non era ancora maggiorenne…

tHo continuato a fare spettacoli a teatro fino a quando, a 17 anni, mi si è presentata l’opportunità di mettermi alla prova con il grande schermo. Tra i primi lavori ci fu una piccola parte in “The Happy Prince” con Rupert Everett, furono solo sei pose, ma in una grossa pellicola con nomi altisonanti. Da lì è cominciato tutto.

Il teatro rimane la scuola alla quale non rinuncia…

Devo molto al metodo Stanislavskij che consente all’attore di effettuare un’indagine introspettiva alla ricerca delle proprie emozioni, poi, solo in un secondo momento, lo porta a costruire il personaggio. Ho studiato con Michael Margotta, membro dell’Actor’s Studio e ora con Francesca De Sapio al Duse International.

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RADIO 3 SUITE

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Mostriamo l’invisibile

Storici dell’arte, critici e archeologi raccontano l’arte su Rai Radio3. Tra gli appuntamenti più seguiti, sulle frequenze radiofoniche e in rete, le pagine “Mostre impossibili” e “Museo Nazionale”. Paola D’Onofrio, curatrice del programma al RadiocorriereTv: “La chiave di volta è rappresentata dal linguaggio, dal non dare mai nulla per scontato”

Raccontare l’arte con la sola voce, come si fa?

A Rai Radio3 ci occupiamo d’arte continuamente, la sfida è molto grande e al tempo stesso stimolante, ed è quella di fare vedere l’invisibile.

Nei programmi coinvolgete storici dell’arte, esperti, persone abituate a descrivere ciò che solitamente l’interlocutore vede…

Se alla radio gli ascoltatori devono fare uno sforzo di immaginazione, gli storici dell’arte devono impegnarsi nella narrazione, essere in grado di descrivere, anche nel dettaglio, opere complesse, con la sola forza evocativa delle parole. Molti di loro hanno dovuto imparare un nuovo linguaggio. Il fine ultimo è spingere le persone ad andare a vedere le opere dal vero, nei musei o nelle mostre, o a cercarle in rete. Internet è una risorsa importante, che ci permette di vedere le immagini di riferimento mentre si ascolta la radio.

“Museo Nazionale”, programma di successo realizzato tra il 2015 e il 2016 è ancora oggi punto di riferimento per gli ascoltatori che ne scaricano i podcast…

Museo Nazionale” vive ancora sul sito di Rai Radio3. È stato una grossa impresa, una trasmissione nella quale, nel corso di due anni, abbiamo coinvolto 150 archeologi e storici dell’arte. Eravamo partiti da una riflessione: in Italia non esiste un vero e proprio museo nazionale, ce ne sono tanti importantissimi, il patrimonio artistico è diffuso su tutto il territorio. La sfida, pertanto, è stata quella di creare, alla radio, un grande museo nazionale virtuale.  Il progetto è diventato anche un libro che viene utilizzato dai professori universitari per fare lezione. Un volume a 150 voci, un lavoro colossale, il cui ricavato ci ha consentito di finanziare le opere di restauro della Madonna con il Bambino della chiesa di Santa Maria Assunta a Tossicia (Teramo), rovinata dal terremoto del 2016, un’opera dal relativo valore artistico, ma dal grande valore devozionale. La restituiremo presto alla comunità. Libro e trasmissione ci hanno consentito anche di effettuare una mappatura dei musei di tutto il territorio nazionale, nessuna regione esclusa.

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Pechino Express

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Ex Collegiali crescono (e vincono)

Nicole Rossi e Jennifer Poni hanno vinto l’ottava edizione dell’adventure game di Rai2. Le abbiamo intervistate telefonicamente il giorno successivo alla messa in onda della finale del programma condotto da Costantino della Gherardesca

Sul divano, di fronte al televisore, per sapere chi avesse vinto “Pechino Express” tra voi e i “Wedding Planner” (vedi box a lato). Come avete vissuto, da spettatrici, la serata più attesa e la proclamazione?

JENNIFER: È stato veramente incredibile sapere di essere arrivate prime sul grande tappeto rosso della finale. Avrei voluto andare da Nicole per abbracciarla, non potendolo fare, sono uscita sul balcone di casa, a Ranica, in provincia di Bergamo, a urlare, cosa che hanno fatto anche i miei vicini. Una situazione fuori dal comune e davvero molto emozionante.

NICOLE: È stato un po’ come quando alle sei di sera la gente esce sul balcone e grida “andrà tutto bene”. Ho provato una gioia immensa, è stato bellissimo. Mio padre mi ha detto che si è emozionato di più di quando la Roma, la sua squadra del cuore, ha vinto lo scudetto. E per un romanista è una cosa enorme.

Una vittoria combattuta fino all’ultimo passaggio…

NICOLE: Ci consideravamo vincitrici già per essere arrivate in semifinale dopo avere attraversato tutti e tre i Paesi. In Cina avevamo un grande peso sulle spalle perché non volevamo mollare l’osso all’ultimo, essere tra i primi quattro ci faceva stare più rilassate. Ma quando vedi il traguardo vicino e devi fare l’ultimo salto per arrivarci, vuoi essere certo di vincere. L’ultima tappa l’abbiamo vissuta con apprensione, ma al tempo stesso anche con spensieratezza: comunque fosse andata avremmo vissuto “Pechino” fino alla fine.

JENNIFER: Quando siamo arrivate in fondo, non sapendo se avessimo vinto o meno, eravamo felici. Ci siamo dette: “Siamo arrivate, abbiamo ‘spaccato’, guarda cosa abbiamo combinato”.

NICOLE: E in più abbiamo vissuto dalla prima all’ultima emozione, compreso il rischio eliminazione, cosa che per i Wedding Planner non è stata.

Come avete vissuto la gara della finale?

NICOLE: Non abbiamo capito di essere a buon punto. Abbiamo perso la gara di ballo in maniera drastica, ma cinque minuti di vantaggio, alla fine, vogliono dire tutto.

JENNIFER: Probabilmente a salvarci è stata l’ultima missione, nella quale dovevamo ascoltare il testo di un brano musicale, siamo state molto veloci.

NICOLE: Jennifer ha avuto una grande intuizione.

JENNIFER: Vivo ascoltando la musica, sono nata con le cuffiette (sorride).

NICOLE: Posso dire con fierezza che, anche se in tanti commenti si dice che io abbia guidato le Collegiali, se vai a vedere dietro le quinte, a guidarci alla vittoria è stata Jennifer.

JENNIFER: Sta tutto nella fiducia, ho imparato a fidarmi di Nicole, è un coesistere meraviglioso.

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Elena Sofia Ricci

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Meravigliosamente imperfetta

“Sono una donna dal carattere impegnativo, determinata nel lavoro come nelle scelte importanti della vita”. L’attrice fiorentina, protagonista di “Vivi e lascia vivere” da giovedì 26 aprile in prima serata su Rai1, si racconta al RadiocorriereTv. E sull’emergenza Coronavirus afferma: “Se non ne usciremo cambiati vorrà dire che avremo fallito qualche cosa, confido nel fatto che ce la faremo a diventare migliori”

Tra pochi giorni il suo atteso ritorno in Tv, come vive un debutto che avviene in un periodo tanto inusuale e complesso?

Speriamo che sia anche un nuovo inizio. Anche quello di Laura lo è, così come un nuovo inizio dovrà essere quello di noi specie umana. Come ci dice la poetessa Mariangela Gualtieri nella sua “9 marzo 2020”, dobbiamo cominciare a percepirci come una specie, non più come italiani, francesi, spagnoli, olandesi. Quello che sta accadendo ci dice anche che abbiamo dato poca attenzione al nostro pianeta, al nostro modo di vivere e di essere, per tutti noi dovrà essere un nuovo inizio. Se non usciremo cambiati da questo evento vorrà dire che avremo fallito qualche cosa, confido nel fatto che ce la faremo a diventare migliori. Quando abbiamo girato questa fiction nessuno poteva mai e poi mai immaginare che l’oggi sarebbe stato così.

Chi è la sua Laura?

Una donna che subisce uno tsunami nella propria vita e perde tutto, più o meno come sta succedendo a molti di noi in questo momento. Le possibilità sono due: o annega o si rialza, e lei è una donna e si rialza. Laura è una persona ruvida, pragmatica, non è una mamma dolce e affettuosa, non è una “madre coraggio”, è anche una opportunista, una donna scevra da buonismi di qualsiasi genere.

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Elena Capparelli

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La Rai è sempre più Play

Cresce l’offerta, arrivano nuove produzioni. Il RadiocorriereTv intervista il direttore della piattaforma, Elena Capparelli: “Siamo entrati nelle abitudini del pubblico offrendo una possibilità in più”. E dal 24 aprile arriva Jovanotti con “Non voglio cambiare Pianeta”

RaiPlay è entrata nella vita del grande pubblico. In questi giorni di piena emergenza un ulteriore sforzo per essere sempre più punto di riferimento della gente…

Con i vertici aziendali, in questo periodo difficile, abbiamo deciso di togliere la registrazione per l’accesso alla piattaforma, pratica che prevede un livello di alfabetizzazione digitale in più. Il nostro obiettivo, infatti, è quello di aprirci anche a un pubblico più maturo, che a volte non ha una e-mail, per rendere l’accesso immediato. Tutta RaiPlay è disponibile senza registrazione con tantissimi contenuti.

Come avete modulato l’offerta in queste settimane?

Ci siamo immedesimati nelle esigenze delle famiglie, di un pubblico particolarmente variegato. Abbiamo potenziato la sezione per bambini, ne abbiamo creata una per i teen, abbiamo realizzato la sezione “Learning – La scuola non si ferma”, in collaborazione con il Miur, che propone percorsi attraverso tutte le materie scolastiche, destinati agli studenti di ogni età. Siamo convinti che il ruolo della Rai debba essere quello di affiancamento dell’insegnante. La nostra PlayList 24, la tv in pillole, è dedicata invece al racconto dell’emergenza Coronavirus con gli aggiornamenti che giungono dalle Istituzioni e dalla Protezione Civile, per rispondere a un forte bisogno di informazione.

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Gianmarco Saurino

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Impariamo a immaginare

È il dottor Lorenzo Lazzarini in “DOC – Nelle tue mani”. “Nella serie il passato è fondamentale, nella mia vita, invece, sono da sempre proiettato in avanti – afferma l’attore pugliese – continuo a spostare l’orizzonte sempre più lontano, in modo da continuare a correre”

I telespettatori l’hanno lasciata un anno fa nel convento degli Angeli custodi di “Che Dio ci aiuti”, ora la ritrovano in corsia. Dopo Nico hanno conosciuto Lorenzo…

Questo giovane medico del Policlinico Ambrosiano di Milano, Lorenzo Lazzarini, è probabilmente uno dei più prestanti dell’ospedale, è un piccolo genio, un talento che lavora da diversi anni in corsia. Ha fatto la specializzazione dopo l’università, conosce già Andrea Fanti (il protagonista interpretato da Luca Argentero), che è stato il suo primario, e la perdita di memoria del dottor Fanti sarà un trauma anche per lui. Lorenzo, sotto il camice, ha una serie di punti interrogativi mai risolti, che verranno a galla nel corso delle puntate, si tratta di nodi che ha tenuto nascosti a se stesso e agli altri. Il mio personaggio si muove in mezzo a questo disequilibrio, tra armonia e caos, è molto affascinante.

Un soggetto e una sceneggiatura che guardano alla realtà

Devo ringraziare gli sceneggiatori che mi hanno messo in mano una bomba a orologeria. Spesso, quando i personaggi sono molto difficili, ci si spaventa, ma il lavoro dell’attore diventa più interessante. Il pregio di questa serie, e anche del mio personaggio, è che non ci si limita a parlare della professionalità dei medici, ma ci si concentra su quello che c’è sotto il camice. Lorenzo è un personaggio umano, che prova a risolvere i propri problemi, anche sbagliando. È quello che facciamo nella vita di tutti i giorni, affrontare gli ostacoli e talvolta fallendo.

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Marco Liorni

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Questa Italia è proprio Sì!

Il RadiocorriereTv incontra il popolare conduttore del programma del sabato pomeriggio di Rai1: “Fino a due anni fa avevo la sensazione che il Paese fosse un po’ rassegnato, arrabbiato, poi, con ‘Italia Sì!’, ho scoperto che c’è grande voglia di mettersi a costruire, di fare le cose per bene”. E sull’emergenza Coronavirus afferma: “Dobbiamo vivere combattendo tutti allo stesso modo, senza aiutare il nemico, stando a distanza anche in casa, e questa è la cosa più difficile”.

Due mesi fa nessuno avrebbe mai immaginato che il mondo si sarebbe trovato di fronte a un’emergenza come quella che stiamo vivendo. Come ha vissuto, da uomo e da personaggio pubblico, questa tempesta globale?

Penso di averla vissuta come tutti. L’ho seguita dall’inizio, da quando si è manifestata in Cina, era arrivata la notizia della contagiosità estrema di questo virus e leggendo i giornali era chiaro quanto fosse elevato il rischio che uscisse dalla Cina. Il mondo è globalizzato e la Cina ha rapporti commerciali con tutti i Paesi, ci voleva un miracolo perché non uscisse da lì, e il miracolo non c’è stato. Per quanto riguardo il lavoro, “Italia Sì!” è un programma settimanale a disposizione della gente e piano piano tra gli italiani abbiamo sentito emergere l’inquietudine, l’apprensione, la paura. Da un certo punto in poi il nostro format non è stato più lo stesso, le persone non possono più entrare in studio e salire sul podio, abbiamo sempre i nostri quattro consiglieri che, essendo persone con un vissuto importante, stanno assumendo un altro ruolo. Tutti insieme cerchiamo di rapportarci a questa nuova realtà.

Cosa prova quando entra in uno studio grande e vuoto e sta per andare in onda?

Una sensazione di angoscia. Fabio Fazio, da Milano, è stato tra i primi ad andare in onda senza pubblico, pian piano è andata così per tutti i programmi. La distanza tra le persone, l’atmosfera rarefatta, è surreale. Ci troviamo di fronte a un virus “democratico”, dobbiamo vivere combattendo tutti allo stesso modo, senza aiutare il nemico, stando a distanza anche in casa, e questa è la cosa più difficile. Una delle prime cose che ho detto alle mie figlie, che inizialmente non si rendevano conto della gravità della cosa, è stata che in Cina tre contagi su quattro sono avvenuti dentro casa. Tra le mura domestiche si è portati ad abbassare le difese, ma il virus non si ferma alla porta di casa.

Lei è abituato ad ascoltare persone che si raccontano, cosa ha imparato in questo anno e mezzo di programma dalle confidenze dei suoi ospiti?

A essere ottimista nei confronti di questo Paese. Sono entrato in contatto con tante persone, con molti ragazzi, che non hanno perso la convinzione di potere migliorare le cose. Prima di fare “Italia Sì!” avevo la sensazione che il Paese fosse un po’ rassegnato, arrabbiato, adesso, invece, ho visto che c’è grande voglia di mettersi a costruire, di fare le cose per bene. Ora, con il virus, dobbiamo avere la consapevolezza che ci troveremo in una situazione difficile, come fosse un dopoguerra, da lì dovremo ripartire.

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