Filippo Corsini

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Un’estate di sport su Rai Radio1

La Serie A fino al 2 agosto, la Formula1, il MotoGp, le coppe europee e il ciclismo. Il conduttore di “Tutto il calcio minuto per minuto” e caporedattore della redazione sportiva illustra al RadiocorriereTv il palinsesto sportivo dell’emittente

Insieme al Paese è ripartito lo sport, con quale spirito avete ripreso il racconto degli eventi alla Radio?

Con grandissimo entusiasmo, anche perché per noi che ci occupiamo e viviamo di sport, come per tutti gli appassionati, il lockdown di marzo è stato terribile, una catastrofe, si è spenta improvvisamente la luce. Tutto ciò che avevamo programmato è andato in standby, è stato cancellato. Quella del 2020 doveva essere un’estate ricchissima con il primo europeo itinerante della storia, le Olimpiadi di Tokyo, era già tutto organizzato. Soltanto le due guerre mondiali erano riuscite a tanto. Questa ripartenza molto sofferta del campionato, poi della Formula1, primo grande evento internazionale, è quasi un inno all’ottimismo. Speriamo davvero che sia finita e che passo dopo passo si torni al calendario normale. Per lo sportivo i calendari sono la cosa più certa che ci possa essere, vengono stabiliti con mesi di anticipo, ti puoi orientare perfettamente.

I calendari regolano, per così dire, la vita di molte persone…

La vita della famiglia, senza campionati, perde dei punti di riferimento pazzeschi. La ripartenza del calcio, con le partite che si giocano quasi tutti i giorni, ha consentito a molti di noi di rimettere un pochino di ordine nella propria vita. L’attesa è stata brutta perché abbiamo vissuto tre-quattro mesi nell’incertezza, chiedendoci come e quando si sarebbe ripartiti.

Al di là del dato sportivo, che conosceremo nelle prossime settimane, cosa rimarrà del campionato di calcio 2019-2020?

È come se fosse iniziata un’altra vita, il campionato che è ripartito penso sia completamente diverso per tanti motivi. I valori di sempre stanno piano piano venendo fuori, vedi l’Atalanta, la Juventus, anche la Lazio, però probabilmente, se non ci fossimo fermati qualche sorpresina in più sarebbe venuta fuori. Giocare senza pubblico è tutta un’altra cosa, e lo dimostrano i numeri, che parlano di un fattore campo praticamente crollato. Sono aumentate tantissimo le vittorie esterne proprio perché le squadre giocano tante “amichevoli”. Giocare senza pubblico è un altro sport, non è il calcio, ma bisognava farlo per forza e, dunque, si è fatto buon viso a cattivo gioco.

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Antonella Frontani

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Dopo la solitudine

Un libro è, prima di tutto, un oggetto. Dunque, la sua copertina è la veste che lo cinge restituendone l’intenzione del contenuto. “Dopo la solitudine”, il nuovo romanzo di Antonella Frontani edito da Garzanti, sfoggia un’elegante copertina che ricorda i ritratti della solitudine che Edward Hopper dipingeva dell’America contemporanea. La torre di vecchie valige sormontare da una piccola casa bianca raggiungibile con una lunga scala di legno è eloquente e surreale nel contempo. Solo dopo aver letto il romanzo appare chiaro il significato di quella bellissima immagine, che sembra calzarne perfettamente la storia. Antonella si prepara alle domande con l’apprensione di chi si sta aprendo al mondo. Per lei raccontare una storia è sempre un può come spogliare una parte di se stessi e il pudore intellettuale l’assale come un’onda anomala. Fabrizio Casinelli, responsabile di Rai RadioLive e direttore del RadiocorriereTv intervista l’autrice

Con questo romanzo affronti il tema della solitudine. Cos’è per te la solitudine?

La solitudine per me non è una stanza vuota, né una landa desolata. È uno stato mentale e dell’anima. È l’incapacità di stabilire una relazione empatica o d’amore. È l’impossibilità di raggiungere l’altro nel profondo. È un dolore sordo che attanaglia il cuore proprio come accade a Lorenzo, protagonista del mio libro.

Perché affrontare questo tema? Cosa ti preme di questo stato mentale?

Si tratta di una condizione che prima o poi ci riguarda tutti. Qualcuno la supera in fretta, altri faticano, arrancano, sembrano scalare montagne… È quella fragilità che mi commuove. Quel torpore dell’anima che invalida le giornate di un cristiano. Lorenzo è un po’ così: ostico e sofferente, pieno di pregiudizi e sordo alla tenerezza. Si troverà in una posizione scomoda fin dall’inizio della storia, finirà nel marasma, si perderà per ritrovarsi provato e stanco ma migliore.

Come ne uscirà Lorenzo? Sarà il viaggio che affronterà a salvarlo?

È quello che lui pensa, infatti partirà alla volta di lidi lontani sperando di trovare pace altrove, lontano dal suo mondo sordo fatto di abitudini ed eccellenza. In realtà, sarà l’incontro con gli umani a trasformarlo. E l’incontro con la disabilita a migliorarlo. Nessun luogo è più lontano della parte più profonda di noi. Due ragazzi lo salveranno: uno autistico con la sindrome di Asperger e uno con la sindrome di Down. Far cadere il pregiudizio è stata la mia sfida e il mio grande divertimento.

Il romanzo contiene una storia d’amore…

Sì. Una storia strampalata, lontana anni luce dal mondo rigoroso della musica classica dentro il quale si era rifugiato Lorenzo. Un sentimento inaspettato lo coglie per una ragazza improbabile che scardinerà ogni sua certezza. È stato bello vederlo vacillare e quasi commovente vederlo crollare.

L’ambientazione è di nuovo protagonista nel tuo racconto…

Sì, è così. Lorenzo è profondamente attaccato a Torino, città che amo e conosco bene, ma attraverserà il globo per poi approdare in un piccolo borgo umbro. È stato affasciante condurlo per mano. La scrittura ha indugiato su profumi, suoni, colori e ombre che caratterizzano tutti i luoghi citati. Ogni indirizzo o angolo di mondo corrisponde ad un luogo vero. Il lettore potrebbe ripercorre lo stesso tragitto di Lorenzo, se lo desiderasse.

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Roberto Vicaretti

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Orgoglioso di fare Servizio Pubblico

Il conduttore di “Agorà Estate”, dal lunedì al venerdì alle 8 su Rai3, al RadiocorriereTv: “C’è un Paese segnato in profondità, colpito duramente nelle vite di ciascuno di noi, nel privato, nel mondo del lavoro. Bisogna raccontarlo con il massimo del tatto, anche attraverso le storie di chi non si è mai arreso, di chi ha messo in campo tutta la propria voglia di farcela”

Al debutto su Rai3 alla guida di un programma storico, come sta andando?

È emozionante, vivere questa avventura è un onore e un privilegio. Lavoro con una squadra fantastica, che mi ha fatto sentire da subito a mio agio. Mi sto divertendo molto (sorride).

Ti ispiri a un modello di conduzione o lo stile si affina nel tempo con l’esperienza?

Penso che si debba rubare un po’ da tutti, da ciascuno c’è da prendere qualcosa, uno stile, un modo di fare, un modo di porsi nell’entrare nelle case degli italiani. Il bello di questa azienda è che puoi rubare da tanti professionisti.

Quali caratteristiche deve avere un giornalista del Servizio Pubblico?

Deve essere orgoglioso del lavoro che fa, rispettoso del suo editore, che sono i cittadini italiani, ed equilibrato, pur senza rinunciare alla sua natura, alla propria lettura degli eventi, mettendoci un pezzo di se stesso ogni volta che racconta il Paese.

Il giornalismo e la politica: è possibile un racconto senza compromessi?

È possibile un racconto senza sconti, senza essere accomodanti. Al tempo stesso ognuno, nel lavoro che fa, porta se stesso, la propria storia, il proprio percorso di formazione, anche nel raccontare la politica.

Negli ultimi anni l’estate politica italiana è stata rovente, lo sarà anche quella 2020?

La sensazione è che potrebbe esserlo, non so se nei modi e nelle dimensioni della scorsa estate, però sicuramente quella che era una stagione di riposo, di pausa, di tranquillità, non lo è più da diverse estati, non c’è più la pausa agostana. Le premesse per un’estate complicata per la politica ci sono tutte, ma sempre bella e divertente da raccontare.

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Maria Bolignano

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Una risata ci seppellirà!

In “Made in Sud” è Romilda, una donna che vive il conflitto della sua età. “L’ho creata prendendo spunto dalla realtà: sociopatica, insofferente con chi non la pensa come lei, prigioniera del passato” ci racconta l’attrice, che sperimenta sempre nuovi personaggi. “La comunicazione oggi? – aggiunge – Ha portato un eccesso di informazioni e questo spesso coincide con nessuna informazione”

In “Made in Sud” interpreta Romilda. Come nasce questo personaggio?

Nasce dall’osservazione della realtà. Ho incontrato tantissime persone nella mia vita e ognuna mi ha lasciato qualcosa che ho poi riportato nei miei personaggi. In particolare, per Romilda, ho incontrato una serie di donne che, dopo una certa età, hanno ancora voglia di vivere una vita che non è proprio legata alla loro età, intendo fisicamente, ma che dal punto di vista mentale si trovano un po’ prigioniere del loro passato. Questa dicotomia porta ad una grassa risata, perché sono proprio i conflitti che portano a ridere, così come il dramma. Mi è venuto in  mente di rappresentare questa donna di una certa età che va in conflitto con i social e con tutto quello che porta a separare le persone e a tenerle a distanza. In particolar modo, dopo la quarantena, racconto come lei ha vissuto il suo grande amore per il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca.

Come vive Romilda questa ritrovata libertà dopo il lockdown?

Vuole mantenere le distanze dal suo compagno. Questa è la prima cosa. Ha goduto la distanza durante la quarantena con Gesualdo, che è un uomo della sua età che però si comporta come se fosse più anziano di lei. Ha quindi deciso di diventare il braccio destro del presidente della Campania e va scovando tutti coloro che non si attengono al famoso protocollo.

Gesualdo è un personaggio creato più dalla realtà o dalla fantasia?

E’ un personaggio di fantasia, che nel mio lavoro ha tantissimo spazio, ma sicuramente c’è un piccolo piedino sulla terra.  C’è sempre qualcosa di reale.

Quanto c’è in lei del personaggio che interpreta in Made in Sud?

Io penso che sarò così tra una ventina di anni. Questa cosa mi preoccupa e non la dico neanche ai miei familiari… A  parte gli scherzi, c’è sempre un po’ di me nel personaggio, ma ovvio che con la fantasia puoi spaziare e proporre anche ciò che nella realtà non faresti mai.

Romilda ha anche un lato fragile. Quasi un’insofferenza nei confronti della vita?

Lei è leggermente sociopatica, diciamolo. E’ un po’ insofferente rispetto alle persone che non la pensano come lei. Penso che sia un personaggio che possiamo ritrovare ogni giorno nella nostra vita, nel nostro percorso.

Perché è rimasta folgorata dal “fenomeno social”, il presidente Vincenzo De Luca?

Lei era inizialmente una cacciatrice di “whattsappatori”, come li chiamava lei, dato che per colpa di questo e altri social, le coppie si sono separate e non vivono più come una volta. Poi però, durante la quarantena, si è accorta che una persona della sua età è stata invece in grado di usare i social nella maniera giusta. Per lei, quindi, il presidente De Luca è un salvatore perché, pur attraverso un mezzo che non apprezza, è riuscito ad arrivare alla gente. Un vero eroe, quindi.

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Enzo Avitabile

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Il ritmo è vita

Tradizione e contaminazione. Nella sua musica Napoli incontra il mondo e i suoi suoni, alla ricerca di radici comuni. Il compositore e sassofonista partenopeo, uscito da pochi giorni con il singolo “Simm’ tutt’uno”, interpretato con Jovannotti, è ospite di “Made in Sud” su Rai2

Come sta vivendo, da musicista, questa ripartenza?

Una ripartenza particolare, che segue un momento inconsueto. La musica ha avuto una battuta d’arresto molto evidente, dobbiamo però pensare alla tragedia, alle vittime, al pericolo che ancora incombe. Ci avviciniamo progressivamente a una ricostruzione, a una formula di vita nuova.

Che ruolo ha avuto la musica nei mesi del suo lockdown?

È stata un veicolo straordinario, si è ritornati all’essenza del messaggio. Ho fatto dei videoclip amatoriali con due telefonini, ci siamo resi conto che c’era voglia di comunicare e di farlo con ciò che in quel momento si aveva a disposizione. La musica è importante, riesce a riposizionarci rispetto a temi che potrebbero essere retorici e che in realtà sono temi conduttori: salvare il mondo, il rispetto della vita e degli altri. Tutto questo attraverso la parola e il suono, legati cuore a cuore. La musica ci fa mettere ordine attraverso un’emozione forte, sincronizzando mente e cuore.

Un musicista molto amato ospite di un programma cult. Come nasce l’incontro con “Made in Sud”?

“Made in Sud” è per me una famiglia. Nando Mormone e Mario Esposito hanno voluto fare un omaggio alla mia vita in musica, così abbiamo deciso di realizzare una serie di incontri chiamandoli “Baby Groove”, un groove che non invecchia ma che è consapevole del suo passato, una sorta di passato con gli occhi del futuro. Incontro Clementino, Speranza, Jovine, Rocco Hunt. Un’esperienza importante, che coincide con l’uscita del singolo realizzato con Lorenzo Jovanotti, che nasce da una jam session con Manu Dibango, i Bottari di Portico e Ackeejuice, andata in scena al Jova Party di Castelvolturno. Il brano “Simm’ tutt’uno” è un inno alla vita, vita che nasce comunque e ovunque, come direbbe il poeta curdo Rafiq Sabir.

Quanto l’incontro con culture e suoni lontani ha influito sul suo fare musica?

Sono fortemente napoletano, molto legato alla mia identità culturale, quando la perdo sono determinato a ritrovarla, però amo perdermi nel suono, nelle parole e nelle conoscenze dei popoli del mondo. Credo molto nella world-culture, dove ognuno conserva la sua identità, ma in realtà porta a casa ciò che impara in giro e porta nel mondo ciò che impara a casa sua. Sembrerebbe un gioco di parole, ma alla fine non lo è. Mi piace questo suono che trascende se stesso. Ogni uomo, ogni musicista è un microcosmo, la contaminazione è un valore.

Jovanotti la definisce un viaggatore della musica, un grande cerimoniere del battito universale. Quando lo sente questo battito?

Quando canto, quando suono, quando sto sul palco, quando c’è un mare di gente e quando ci sono solo due persone, è una cosa che sento fortemente. Lorenzo è uno dei grandi sciamani della musica, mi ha sempre accolto. È un musicista alla ricerca, lontano dagli stereotipi, non puoi ingabbiarlo. È un’anima che vola, che esprime, un altro grande cittadino del mondo.

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Umberto Broccoli

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Un viaggio immaginario e lieve di parole e musica

Dal dirigibile in volo su grandi e piccoli centri italiani il conduttore propone, tra presente e passato, un affresco radiofonico del Belpaese. “La radio in comune”, dal lunedì al venerdì alle 17.05 su Rai Radio1

Un racconto emozionale che vuole coinvolgere l’ascoltatore nel cuore del pomeriggio. Ritorna “La radio in comune”…

Ripercorro un po’ la formula consolidata in decenni di trasmissioni radiofoniche di “Con parole mie”, le cui puntate riscuotono ancora successo nei podcast in rete. È uno stile nel quale si riconoscono anche oggi migliaia di persone. Metto insieme l’esperienza fatta con Luca Bernardini, che è il regista del programma anche quest’anno, il metodo e la necessità odierna di stare a distanza. Lo facciamo con un dirigibile, che ci consente di stare lontani e al tempo stesso vicini, in viaggio sulla nostra Italia. La chiave di lettura forte è data dalle opinioni di tutti i viaggiatori che, nel corso dei secoli, si sono inebriati del nostro Paese, il più bello del mondo. Il messaggio, nemmeno tanto subliminale, è quello di starcene in Italia, oggi, ma anche quando tutto quanto sarà finito (sorride).

Una sorta di “Grand tour” percorso dal cielo. Quali saranno le novità?

Leggeremo “Le metamorfosi” di Ovidio, poeta latino di Sulmona dei tempi di Augusto, un messaggio diretto ai nostri giorni. Non mancheranno le incursioni nel passato radiofonico, punteremo molto su una trasmissione di cui si è parlato poco, pur essendo uno dei più grandi successi radiofonici di sempre insieme a “I quattro moschettieri”, del 1936: “Gran varietà”, in onda tra il 1966 e il 1979 e diretto da Federico Sanguigni. Gran timoniere di quel programma cult, fintamente in onda in diretta dalla sala A di via Asiago, e che invece era completamente realizzato in montaggio, fu Johnny Dorelli. Una trasmissione rigorosamente “finta”, quando di certo non si montava con il computer, e che ospitò, nel corso delle stagioni, i più grandi nomi dello spettacolo, da Sordi alla Loren.

Qual è la radio che le piace?

La radio che fa la radio. Con stacchi musicali, sottofondi, musica scelta a tema. Devi portare l’ascoltatore per mano, se in Tv c’è un ascolto ipnotico, la radio ti fa partecipare. Penso alla canzone di Eugenio Finardi, “La radio”: “Amo la radio perché arriva dalla gente, entra nelle case e ci parla direttamente. E se una radio è libera, ma libera veramente, mi piace ancor di più perché libera la mente”. È la radio che mi hanno consentito e mi consentono di fare dirigenti come Roberto Sergio, Luca Mazzà, Simona Sala e Ivano Liberati, persone che dimostrano intelligenza radiofonica.

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Unomattina Estate

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Un  buongiorno col sorriso

È partita l’edizione estiva del programma che dà la sveglia agli italiani. Le notizie, gli approfondimenti, gli ospiti, i collegamenti, tutti i colori della cronaca. Il RadiocorriereTv incontra i conduttori Barbara Capponi, giornalista del Tg1, e Alessandro Baracchini, in prestito da Rai News

Cosa avete provato, alle 7.10 del 29 giugno, quando sulle note della sigla di “Unomattina” è partita la vostra nuova avventura?

BARBARA: Tanta soddisfazione, tanta felicità e allo stesso tempo una forte emozione. L’emozione di ritornare a casa, in un programma che conosco.

ALESSANDRO: Una grande carica di adrenalina, forse troppa (sorride). Ero contento, ora continuo a sorridere, ma con più contenimento.

Condurre “Unomattina” significa dare il buongiorno agli italiani…

ALESSANDRO: Un grande onore. Ho fatto molte cose in Rai, dal caporedattore degli esteri al conduttore delle news, mi sono occupato degli approfondimenti, ma essere chiamato su Rai1 dal direttore Stefano Coletta, che tra l’altro non avevo mai incontrato o sentito, è stato una vera soddisfazione.

BARBARA: La Rai mi ha dato l’opportunità di condurre un programma, come era già capitato con “La vita in diretta”, che conoscevo perfettamente nella struttura, nel suo Dna, avendoci lavorato sul campo, come inviata, in redazione. “Unomattina” la porto nel cuore.

In questa estate diversa, come cambia l’approccio del giornalista nel racconto dei fatti?

BARBARA: Abbiamo alle spalle mesi difficilissimi. Ci auguriamo che il peggio sia passato, ma dobbiamo mantenere alta l’attenzione nei confronti dei fatti dell’attualità, a partire dal monitoraggio della situazione sanitaria. È un’estate di ripartenza, di rilancio, in uno scenario di grande complessità. Il nostro è un racconto in chiave positiva, di speranza, che passa anche attraverso le opportunità che possono esserci. Nel corso dell’estate ci occuperemo molto di ambiente, delle scelte green, di mobilità sostenibile. La narrazione su queste tematiche sarà forte, così come quella sulla ripartenza culturale, della musica, dei concerti, del teatro.

ALESSANDRO: Il giornalista fa sempre il giornalista. Come tanti colleghi ho seguito, giorno dopo giorno in diretta su Rai News, i momenti più drammatici. Era difficile trovare il registro giusto. Ci accusavano, come media in generale, di allarmismo, ma noi le notizie le dovevamo dare. Erano allarmanti le notizie, mai il nostro modo di darle. Ora viviamo un momento ugualmente molto delicato, per la pandemia che non è finita e per i disastri causati nella società, le difficoltà nel lavoro, nell’economia, nelle vite delle persone, anche a livello psicologico. La responsabilità di un giornalista è sempre quella di raccontare i fatti, la responsabilità di un comunicatore, soprattutto nel contenitore del mattino di Rai1, è quella di avere uno sguardo al positivo, sereno, nei confronti delle cose.

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N. 27 a pag.10

Monica Maggioni

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“Sette Storie” per capire

Monica Maggioni torna al giornalismo con un programma di approfondimento in onda il lunedì in seconda serata su Rai 1. Uno sguardo insolito sulla realtà in Italia e nel mondo, il racconto di fatti, luoghi e persone

Raccontare. Raccontare i fatti, le persone, i luoghi. Raccontare per capire. E’ quanto si propone “Sette Storie”, in onda il lunedì in seconda serata su Rai 1. Il nuovo programma è ideato e condotto da Monica Maggioni, che torna così al giornalismo, sua vera passione, dopo essere stata presidente della Rai e amministratore delegato di RaiCom. Il suo è uno sguardo insolito sulla realtà, che entra nelle questioni più complesse, indagando e analizzando le diverse situazioni per scavare fino al loro fondo. E a volte sorprendere. E’ accaduto nella prima puntata, durante la quale  Monica Maggioni ha condotto lo spettatore in un viaggio nell’America di oggi, quella dilaniata dalla questione razziale, quella della rivolta, della tensione sociale e della rabbia. Quella in cui, mentre l’epidemia di Covid pare inarrestabile, crescono le proteste per gli abusi della polizia contro i neri e i bianchi si sentono assediati.

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N. 27 a pag.14


Andrea Delogu

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Con lo sguardo della mia generazione

Il pomeriggio è una fascia oraria che le calza a pennello, a testimoniarlo il successo de “La versione delle due”, ogni giorno su Rai Radio2. Questa volta però davanti a lei non c’è solo il microfono, ma la telecamera…

Sono felicissima. A Rai Radio2 ho imparato, nel corso del tempo, a condurre un contenitore ricco di argomenti diversi, che vanno dall’attualità alla politica, all’intrattenimento puro. Adesso, dopo tanto allenamento, aggiungo a tutto questo l’immagine.

La “Vita in diretta estate” racconta l’Italia alla famiglia italiana, quale contributo personale vuole fornire al racconto?

Voglio dare il punto di vista della mia generazione. Sono degli anni Ottanta, ho 32 anni e sono la via di mezzo fra chi con i social ha imparato a comunicare e chi invece è nato senza. L’obiettivo che ci siamo dati con Marcello Masi e con il direttore Stefano Coletta è quello di unire questi due mondi.

Lei è conosciuta per essere una professionista che non lascia mai nulla al caso, questa volta la attende una sfida diversa, come si sta preparando?

Lo sto facendo conoscendo bene il gruppo di lavoro con cui andremo ad affrontare le due ore quotidiane di trasmissione. La cosa più importante è capire che siamo la cima di un iceberg formato da tanti professionisti che fanno muovere una macchina da guerra che non si ferma da anni. Mi affido tanto a chi questo lavoro lo fa da molto tempo e conosce bene il pubblico e i suoi gusti. Va bene essere se stessi, ma bisogna anche ascoltare le esigenze di chi ti segue da casa. La mia preparazione sta principalmente nell’ascoltare.

Tra i tanti colori della cronaca ce n’è uno che sente più nelle sue corde?

Alle prime riunioni si aspettavano che chiedessi di occuparmi di argomenti leggeri, avendo fatto tanto intrattenimento con Renzo Arbore, con “Stracult”, invece in radio sono anni che non tralasciamo mai alcun tipo di argomento, anche quelli più seri. Marcello, la prima volta che ci siamo incontrati, mi ha detto: “Non mi rubare tutti gli attori, voglio intervistarne qualcuno anch’io (sorride)”.

Come si informa nella quotidianità?

Consultando tanti siti, utilizzo anche un’applicazione che raccoglie gli articoli più importanti dei quotidiani e poi proseguo sui social.

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N. 26 a pag.10

Marco Liorni

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Le parole che uniscono

Torna il quiz condotto da Marco Liorni. Alle 18.40, sette giorni su sette, lo studio Tv2 di Napoli ospita la sfida più emozionante. “E’ un gioco coinvolgente, che segna l’arrivo dell’estate – afferma il conduttore – la musica del programma esce dalle finestre aperte e risuona per le strade mentre arriva il fresco della sera”

Marco, chiudi per un istante gli occhi e pensa alla stagione televisiva appena conclusa, ci regali il ricordo dell’emozione più forte?

Penso a quando siamo tornati da Sanremo, dove avevamo vissuto un momento molto bello, con la diretta di “ItaliaSì!” dalla piazza vicina al teatro Ariston in un sabato pomeriggio pieno di gente per le strade. E penso al sabato successivo, quando è diventato molto concreto il rischio dell’epidemia globale. Nel giro di un paio di settimane l’Italia era dentro l’incubo…

Torni alla guida del programma, ma quella 2020 è un’edizione diversa, come la stai vivendo?

Non vedo l’ora e non vediamo l’ora, con tutto il gruppo di lavoro, di riaccendere un programma che è sempre stato il segno dell’estate che arriva, dei colori, con la musica di “Reazione” che esce dalle finestre aperte e risuona per le strade mentre arriva il fresco della sera.

Alla luce dell’esperienza dello scorso anno, quali caratteristiche deve avere una squadra per essere vincente a “Reazione a catena”?

Il gioco più importante è l’intesa. Quindi ci vuole certamente preparazione, ma soprattutto bisogna essere squadra.

Ti sei mai messo alla prova con i giochi del programma? Ti è capitato di farlo in famiglia?

Sì, questo è un gioco che coinvolge tutta la famiglia. Lo scorso anno le mie figlie erano davvero contente perché facevo finalmente un programma che era anche per loro…

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N. 26 a pag.22