Carolyn Smith

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I miei splendidi Sessanta

Alla guida della giuria del programma di Milly Carlucci il sabato sera su Rai1, Carolyn Smith parla dei vip in gara, del suo importante compleanno e della passione per il ballo: «Mi accompagna sin da bambina. La danza è nel nostro DNA, in qualsiasi cosa facciamo c’è ritmo»

L’edizione 2020 di “Ballando con le Stelle” si avvia alla conclusione, cosa l’ha sorpresa in queste nove puntate?

La forza di Milly Carlucci, ogni settimana quando entro in studio, mi chiedo cosa possa essere successo. Tra covid e infortuni vari è sempre molto difficile, ma Milly riesce a superare tutto (sorride). Da un punto di vista artistico questa edizione è stata molto interessante, la vera novità è Costantino della Gherardesca, che porta allegria il sabato sera, certo, non è ballo, ma fa intrattenimento.

Lei è un tecnico, l’aspetto umano di un concorrente influenza in qualche modo il suo giudizio?

Osservo con attenzione il percorso fatto dal concorrente. A volte mi piacerebbe dare più peso all’aspetto umano, ma essendo l’unico giurato che proviene dal mondo della danza devo stare con i piedi piantati bene per terra. Valuto l’approccio, le difficoltà, il cambiamento. All’inizio dell’edizione tutti i concorrenti  sembrano sicuri di loro stessi, poi, un po’ per volta, si spogliano. La danza ti fa riflettere tantissimo perché il tuo corpo inizia a reagire in modo diverso dal solito. Chi entra nel nostro mondo si rende conto della fatica di essere ballerini, ma anche della potenza della musica e della danza. 

Tra i concorrenti chi è cresciuto di più?

Paolo Conticini ha fatto un percorso fantastico. Qualcuno dice che la sua abilità sia dovuta all’esperienza nei musical, ma io l’ho visto in “Mama mia” dove non ha ballato, ha cantato. Anche Tullio Solenghi ha fatto un bellissimo percorso. E poi ci sono Daniele Scardina e Gilles Rocca, stupendi. In particolar modo Daniele, da pugile, con la sua massa muscolare, è riuscito a non essere goffo. Tra le concorrenti penso ad Alessandra Mussolini. Non la conoscevo personalmente, la vedevo sempre litigare in televisione ed ero un po’ preoccupata, invece è una donna dolce, molto fragile, ha l’approccio giusto. Non si prende mai troppo sul serio e vuole imparare, il sabato sera pensa solo alla gara e balla. Un bel percorso l’ha fatto anche Rosalinda, davvero una bella sorpresa. Nel corso delle settimane ho visto un grande cambiamento anche nel suo sguardo. Spero che tutti loro continuino a ballare anche quando la trasmissione sarà conclusa.

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La Scelta

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Sperimentazione e libertà

“La Scelta” è la band composta da Mattia Del Forno, Emiliano Mangia, Francesco Caprara e Marco Pistone, spesso ricordata per il secondo posto a Sanremo del 2008. “Ultimo tango” è il loro nuovo singolo: “E’  una canzone d’amore, una delle poche che abbiamo scritto, dove c’è sperimentazione. Non ci siamo mai piegati alle dinamiche discografiche, abbiamo perso in notorietà, ma siamo rimasti coerenti”.

“Ultimo tango”, nelle sonorità e nel titolo, è un brano che non ti aspetti da una band new rock e che affronta da sempre temi sociali. E’ un po’ fuori dal vostro tempo?

E’ vero, è un brano fuori dal tempo che strizza sicuramente l’occhio al mercato discografico e radiofonico. Però è anche una canzone che ci ha permesso di valorizzare ancora una volta la nostra libertà artistica. C’è sperimentazione, crossover tra l’hip hop, il tango stesso. Una caratteristica, quella dell’ibrido,  che “La scelta” fa da sempre nei propri arrangiamenti. La cosa che ci fa stare bene, è non avere nulla sotto controllo, ma lasciarci trasportare dal brano stesso e quindi avere più cuore e meno testa.

Sapore pop, sonorità del tango argentino, arrangiamento minimale. All’interno che storia ci racconta?

E’ una canzone d’amore. Una delle poche che abbiamo scritto. E’ un addio vissuto come un ultimo tango. Atmosfera malinconica che vuole andare a colpire certi caratteri emozionali. E’ un testo che può appartenere a tante persone, anche a noi stessi. Tutti abbiamo vissuto un addio, un amore vissuto con tanta energia. Ma come sempre nelle nostre canzoni, c’è sempre un finale che ti porta ad un nuovo inizio, per continuare a credere nell’amore stesso.

Venite speso associati a quel secondo posto del 2008 al Festival di Sanremo, ma oggi e nel futuro, per cosa vorreste essere riconosciuti e ricordati?

Bella domanda. Sicuramente per i nostri messaggi che inviamo attraverso le canzoni. Abbiamo scritto tante storie e tante parole, ma quello che ci sta più a cuore è il messaggio sociale, quello che da sempre invita a cambiare questo mondo, noi ci proviamo nel nostro piccolo. Cerchiamo di sensibilizzare i nostri ascoltatori ad aprire la mente. Vorremmo essere ricordati per i messaggi non banali, ma che fanno riflettere.

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Claudia Pandolfi

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Lasciamoci sorprendere dalla vita

«Non ci si annoia a casa mia» afferma l’attrice romana protagonista con Giuseppe Fiorello e Nicole Grimaudo de “Gli orologi del diavolo”, l’action movie in onda su Rai1. Di se stessa dice di essere una persona gioiosa e sicura  e aggiunge «dobbiamo essere agili perché quello che prevedi può non accadere, l’imprevedibile può pararsi davanti all’improvviso»

@Anna Camerlingo

“Gli orologi del diavolo”, la realtà supera la finzione…

Quel che è successo a Gianfranco Franciosi è scioccante, qualcosa di inimmaginabile. La serie racconta una storia intensa, mirabolante, al limite del credibile, già molto efficace nel libro, con l’interpretazione di Giuseppe ancora più intensa. Il mio personaggio, Alessia, è stato in parte romanzato, soprattutto nella parte della vita insieme al protagonista, i due si conoscono solo di vista, non sappiamo molto del loro passato. Sappiamo però che ha tre figli e un marito violento, una condizione terribile che si percepisce già dal primo sguardo che i due si scambiano al supermercato. È un lento scoprirsi il loro, per vivere un amore autentico, prima devono combattere i propri mostri. Alla fine Alessia riuscirà ad allontanarsi dalle violenze del marito per aprirsi a una vita incerta e movimentata, ma libera.

Cosa arriverà al pubblico di questa storia?

È una storia che non auguro a nessuno, quando il tuo talento ti si ritorce contro è davvero faticoso da capire. Forse il pubblico rifletterà sul fatto che la vita può sorprenderti costantemente, anche quando sembra che tutto vada bene ci sono situazioni in cui perdiamo il controllo. Credo che nascondere le cose non porti mai a niente di buono, in famiglia o altrove, nella vita conviene essere trasparenti, senza badare alla reazione altrui.

In un action movie tutto cambia velocemente nelle vite dei personaggi. Che rapporto ha con le capriole della vita?

È l’unica cosa certa della vita, il fatto che sia incerta, che non ci sia una strada tracciata, che non si possa fare alcuna strategia. Dobbiamo essere agili perché quello che prevedi può non accadere, l’imprevedibile può pararsi davanti all’improvviso. Come dicono i riti matrimoniali, nella gioia e nel dolore, dobbiamo sposare la vita e fare pace con l’aspetto sorprendente della nostra esistenza. A me è convenuto, ho preferito non dare nulla per scontato, riuscendo così a essere sempre gioiosa. Quando ti aspetti poco, tutto quello che arriva è molto, non avere troppe aspettative permette di non essere troppo deluso. Non ho un approccio pigro alla vita, al contrario mi impegno tantissimo in tutto quello che faccio, dalla creazione in carta pesta con mio figlio al monologo in un film. È importante alzare l’asticella, diventare dei virtuosi, impegnarsi a far bene. Dobbiamo essere “pieni”, ma assolutamente agili. Ripeto spesso una frase, per me illuminante, di Woody Allen: “La vita è una commedia scritta da un sadico”. Quante volte ci fermiamo increduli di fronte a qualcosa che ci accade? La vita è una bambina feroce, come tutti i bambini trasparenti, a volte spietati, ma così amorevoli da “ucciderli” di coccole. La vita è pura, insospettabilmente sorprendente, l’importante è fare subito i conti con questa imprevedibilità e sperare di finire nell’impossibile, altrimenti sai che noia (ride).

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Allora in onda

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In viaggio nel tempo con Dr. Sarcy e Mr. Marzok

Gli sceneggiati e le fiction della Rai come non li ha mai raccontati nessuno. Il giovedì in seconda serata su Rai Premium con Marco Marzocca e Stefano Sarcinelli. Nel programma, diretto da Luca Rea, anche l’attrice Emanuela Fanelli

Dr. Sarcy e Mr. Marzok, due investigatori a dir poco speciali alla riscoperta delle grandi produzioni Rai del passato…

MARCO: Ci siamo inventati due personaggi presi in prestito dal mondo dei fumetti con l’idea di creare una conduzione snella, leggera, che ci desse la possibilità di “giocare”, seppure con grande rispetto, con i prodotti gloriosi e storici che prendiamo in considerazione. Facciamo tanti quadretti raccontando aneddoti, ricordando le location, fornendo testimonianze.

STEFANO: Avere a che fare con i grandi sceneggiati di un tempo, con quelli che venivano anche chiamati teleromanzi, non solo ci ha riportato indietro negli anni, ma ci ha anche dato consapevolezza di come la Rai sia un pezzo della nostra storia. Da “La freccia nera” a “Marco Polo” abbiamo scoperto come la macchina produttiva fosse professionale, tra gli scenografi, i tecnici, i macchinisti, c’era un altissimo livello di qualità che dava risultati straordinari.

Partiamo da qualche aneddoto curioso…

STEFANO: Nella puntata dedicata a “I promessi sposi” (diretto da Sandro Bolchi nel 1967) siamo andati nel luogo in cui vennero girate le scene del castello dell’innominato. Abbiamo scoperto come gli abitanti di quelle zone abbiano conservato fotografie dei giorni delle riprese, scatti che mostrano il percorso che facevano i tecnici della Rai per portare le telecamere fino alla sommità di una collina molto impervia. Gli operai tiravano carrelli improvvisati carichi di telecamere e di attrezzature con le corde, è stato bello vedere quanta dedizione ci fosse, come si lavorasse alla grandissima. Sullo stesso sceneggiato abbiamo ricevuto un filmato girato in super 8 realizzato da un signore che faceva la comparsa, nel quale si vedevano le riprese della carica dei lanzichenecchi, impersonati dai carabinieri a cavallo che si erano prestati a realizzare quelle scene. La televisione investiva uomini, mezzi, creatività.

Quali sono i pregi e i difetti degli sceneggiati di un tempo?

MARCO: Per quanto riguarda i pregi penso alla maestosità, all’impiego di talenti e di importanti risorse economiche, dalla realizzazione alla scrittura ai costumi. “Marco Polo” e “E le stelle stanno a guardare” sono l’apoteosi di tutto questo, erano prodotti che raggiungevano una platea immensa di decine di milioni di persone. L’unico difetto, se si può considerare tale, era a mio avviso la lentezza dello svolgimento delle fasi del racconto, ma la bravura della regia e di tutti i protagonisti rende la narrazione ugualmente emozionante e interessante.

Con grande ironia in ogni puntata vi calate in un personaggio…

STEFANO: Ci sono dei numeri di Marzocca che sono indimenticabili, come quando si trasforma nella monaca di Monza (ride). Marco è tutto un programma.

MARCO: Voglio esagerare, anche Sarcinelli che diventa Ugo Pagliai con gli occhi azzurri è da non perdere.

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N. 45 a pag.18

Irene Grandi

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Quel raggio nella notte

Anima plurale, rockettara, ma anche cantautrice e interprete raffinata, Irene Grandi è tornata con un nuovo singolo: “E’ una canzone di grande presa di coscienza dell’importanza dell’amore universale – dice – La mia forza è la grinta, è la ribellione agli stereotipi, però esiste anche una Irene più dolce, vulnerabile, sperimentatrice”.

In “Quel raggio nella notte” che scenario racconta e quanta speranza c’è dentro?

E’ una canzone di grande presa di coscienza dell’importanza dell’amore universale che riempie l’anima, per una persona, ma anche per un qualcosa che ci fa veramente sentire vivi, come una attività artistica o un amore spirituale. Tocca in profondità delle corde e ognuno può sentirci qualcosa di diverso. Mi ha colpito subito, nelle parole di Mario Amato che è l’autore di questa canzone, soprattutto quel verso che dice “tu mi fai vedere il sole in un mondo che non mi illumina più. Hai trovato il senso con le tue parole al vuoto dentro di me”. Sono parole di un amore universale, che è il motore della vita, e che riescono a riempire i vuoti esistenziali in momenti difficili come potrebbe essere questo.

Questo nuovo lavoro ha il sapore di uno dei suoi classici: la sua voce si esprime al meglio e la melodia torna un po’ agli anni settanta. E’ un ritorno al passato o un nuovo presente?

E’ il presente. Con questo autore, ad esempio, è la prima volta che ci collaboro. Alcune cose fanno parte del mio essere, della mia storia.

La sua è una ricerca continua nella musica come nella vita, con uno sguardo sempre rivolto al futuro…

Mi piace sperimentare per non autolimitarmi, per essere sempre fresca davanti ad ogni cosa che mi accade, cercando di non ricopiarmi troppo. Certamente ho uno stile, però è abbastanza ampio, perché penso di avere tante sfumature. Uso la musica e la vita per esplorare dentro di me. La mia forza è la grinta, la ribellione agli stereotipi, però esiste anche una Irene più dolce, vulnerabile, sperimentatrice. Mi piacerebbe, dato che ho tanti anni di carriera, esplorare più cose della mia personalità, anche per sollevare riflessioni nelle persone che mi seguono.

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Giuseppe Fiorello

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Il mare è la vita

«Con la cultura non solo si mangia, ma si cresce. I muscoli possono gonfiarsi anche con un libro in mano» racconta l’attore siciliano al RadiocorriereTv e a proposito della serie “Gli orologi del diavolo”, in onda su Rai1, dice: «Avevamo tra le mani una “vita da film”, più leggevo il libro, più mi sembrava incredibile quello che è accaduto a quest’uomo»

@Anna Camerlingo

In tv con una storia vera, drammatica, eroica. Come si è avvicinato a questa vicenda?

Nasce tutto dalla lettura del libro omonimo, scritto da Federico Ruffo con la collaborazione di Gian Franco Franciosi. Queste pagine sono state il punto di partenza che hanno riunito la stessa squadra de “I fantasmi di Portopalo”. Proprio in quell’occasione mi è capitato di leggere “Gli orologi del diavolo”, una vicenda che ha colpito tutti a tal punto da pensare immediatamente di farne un film, ma la materia era talmente tanta che l’arco narrativo doveva essere ampliato. Avevamo tra le mani una “vita da film”, più leggevo il libro, più mi sembrava incredibile quello che è accaduto a quest’uomo… È stato un percorso emozionate e complesso al tempo stesso. Troppa verità nel nostro mestiere non funziona sempre bene, abbiamo provato a mixare la realtà con la finzione, ma non è stato facile, non sempre tornavano i conti a Gianni Franciosi che ha ispirato la serie. Alla fine abbiamo deciso di raccontare per filo e per segno tutto quello che è successo, senza nascondere nulla.

“Quando Dio ti concede un dono, ti consegna anche una frusta” scriveva Capote…

È la definizione più pertinente per questo racconto. Gianni (Marco Merani nella fiction) è stato scelto per il suo talento dai narcotrafficanti che volevano un meccanico per motoscafi che fosse in grado di realizzare imbarcazioni potenti per i loro traffici sull’oceano. Si sono avvicinati a questo ragazzo, hanno recitato in maniera straordinaria la loro parte e alla fine lo hanno incastrato nella rete del ragno.

E nessuno si è mai accorto di nulla?

Franciosi mi ha raccontato che tutto sembrava normale, il cliente lo andava a trovare spesso nella sua officina facendo richieste di attrezzature e gommoni prestanti per svolgere attività turistiche di diving nel litorale laziale. Aveva rapporti con un signore tranquillo, che pagava regolarmente le fatture, fino a quando la storia prende un’altra piega e comincia a capire. Ma ormai era troppo tardi.

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Stalk

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Serie Tv

Su RaiPlay i 10 episodi del teen drama francese sullo stalking, in esclusiva e in prima visione per l’Italia dal 28 ottobre

“Non avrei dovuto continuare, ma non ho potuto farne a meno”. Ed è cosi che Lux, per vendicarsi dei bulli, diventa vittima di se stesso.  Presentato in anteprima nazionale alla Festa del Cinema di Roma-Alice nella citta, dal 28 ottobre arriva su RaiPlay quest’altra originale serialità internazionale, in esclusiva prima visione per l’Italia. “Stalk”, la serie prodotta per la piattaforma digitale France TV Slash, prevede tre uscite settimanali per dieci episodi, dove si avvicendano fatti e reazioni nell’universo del bullismo e del cyberstalking. Tutto inizia in una prestigiosa facoltà di ingegneria dove Lucas, alias Lux, un geek eccezionalmente dotato, è umiliato da un gruppo di studenti più anziani. Lui si sente il più anonimo degli anonimi ed è arrivato alla facoltà grazie a una borsa di studio vinta per le sue straordinarie capacità informatiche. Per vendicarsi delle mortificazioni subite, il ragazzo utilizza queste capacità per spiare, perseguitare e molestare i suoi aguzzini.  Hackera i loro cellulari e i loro computer compreso quello di Alma, la ragazza di cui è innamorato. Lux, interpretato da Théo Fernandez, protagonista della serie, si trasforma in vero stalker e, vicenda dopo vicenda, riesce a diventare la persona potente e popolare che ha sempre voluto essere, fino a quando non diventa vittima della sua stessa trappola.

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Beppe Fiorello

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Gli orologi del diavolo

Giuseppe Fiorello torna in prima serata su Rai1 da lunedì 2 novembre con la serie in quattro serate diretta da Alessandro Angelini. Nel cast Claudia Pandolfi, Alvaro Cervantes, Nicole Grimaudo, Fabrizio Ferracane

Lungo la costa della Liguria, un uomo qualunque, un meccanico nautico, deve infiltrarsi nel mondo del narcotraffico mettendo a rischio la famiglia, il lavoro e la sua stessa identità. La serie “Gli orologi del diavolo”, coprodotta da Rai Fiction, è la storia di un padre che rimane solo con il suo coraggio. A dirigere un cast di prim’ordine è il regista Alessandro Angelini. Suspense e adrenalina per Beppe Fiorello, che nella storia veste i panni di Marco Merani, motorista con un passato nelle gare off-shore e un presente da costruttore di barche alla foce del fiume Magra. Lo sanno tutti che Marco è il migliore e lo sanno anche dei narcotrafficanti a cui farebbero comodo gommoni che corrono più delle motovedette dei carabinieri e della polizia. Il protagonista mangia la foglia e chiede a Mario, suo amico poliziotto, come deve comportarsi. Una vicenda che si snoda senza tregua, tra l’Italia, la Spagna e il centro America. La storia si rifà a quella realmente accaduta a Gianfranco Franciosi, “meccanico dall’incredibile bravura, contemporaneamente al servizio del narcotraffico e dello Stato – afferma il regista – si tratta del primo civile inserito a scopi investigativi in un contesto criminale. Una pagina del nostro Paese rigorosamente vera, che vede un eroe per caso incontrare la storia con la S maiuscola e cambiarla per sempre; il primo “infiltrato per interposta persona”.

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Duilio Giammaria

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Il documentario per raccontare e capire il mondo

Il RadiocorriereTv incontra Duilio Giammaria, direttore di Rai Documentari, la nuova direzione orizzontale di genere della Rai. Negli uffici di viale Mazzini la macchina organizzativa e produttiva va già a pieni giri. «È una sfida creativa e industriale – afferma – vogliamo essere volano di questa “Golden age of documentary”»

Rai Documentari sta muovendo i suoi primi passi su basi solide: la tua esperienza di giornalista e documentarista, quella della redazione di “Petrolio”, i rapporti costruiti nel tempo con i grandi broadcaster internazionali. A che punto siamo e qual è il progetto?

Il progetto è ampio quanto le ambizioni della Rai di essere anche un grande centro di valorizzazione della filiera documentaristica. Lo troviamo scritto a caratteri cubitali nel contratto di servizio che regola il rapporto tra l’Azienda e lo Stato, abbiamo il compito di ampliare l’offerta della Rai in un settore strategico e in forte crescita e dobbiamo razionalizzare e ottimizzare le risorse aziendali, coordinando gli investimenti e rispondendo agli stimoli del mercato. Dobbiamo anche dialogare al massimo con tutte le associazioni di produttori, affinché si possa assicurare un adeguato sostegno allo sviluppo dei nostri produttori nazionali e promuovere progetti di coproduzione internazionale. Siamo al cuore di una vicenda che ha a che fare con il broadcast classico, con il dove e come collocare i documentari, ma dietro a questa facciata, a ciò che va in onda, c’è da costruire una consapevolezza, sia interna aziendalmente sia esterna, di come arrivare a produrre o a co-produrre dei documentari che abbiano la capacità di toccare il grande pubblico. Questa è la grande sfida, creativa e industriale.

Nuovi soggetti e nuovi formati mirati alle linee editoriali delle singole reti, da dove si parte?

Si parte da un dialogo il più possibile intenso con i direttori di rete. Noi siamo rimasti a un piano industriale sospeso, non cancellato, e che speriamo riprenda il suo percorso evolutivo. Siamo una direzione orizzontale, dobbiamo dialogare con tutti, anche se questi tutti sono rimasti ancorati a uno schema verticale. Il dialogo deve essere il più possibile intenso e proficuo, confesso che non è del tutto scontato, è come costruire qualcosa che non c’era prima, è una terra incognita, però sono ottimista e penso che ci arriveremo. Con Rai1, ad esempio, abbiamo già individuato dei filoni biografici e di grande racconto di personaggi che possono in qualche modo diventare la prima serata della rete, che come ben sapete è la Formula1 del broadcaster. Con Rai2 abbiamo già un rapporto consolidato. Se si sbaglia, però, si va a sbattere. È anche vero che vorrei che tutta l’Azienda, come noi, sentisse il compito e l’esigenza di lavorare su prodotti che vengano sì valutati sullo share del primo utilizzo, ma il cui arco di vita sia talmente lungo da considerare l’investimento complessivo alla luce anche degli utilizzi successivi e nell’ottica di valorizzazione del magazzino, affidato a noi nella gestione.

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Sono tornati i #maestri

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Nuova edizione del programma di Rai Cultura condotto da Edoardo Camurri. Dal lunedì al venerdì, alle 15.20 su Rai 3 e alle 18.30 su Rai Storia

Il sapere come fonte di meraviglia e strumento indispensabile per comprendere i temi e le urgenze che attraversano la contemporaneità: è la convinzione che anima la nuova edizione di “#maestri”, il programma di Rai Cultura – realizzato all’interno della collaborazione tra Ministero dell’Istruzione e Rai – condotto da Edoardo Camurri, che è tornato, dal lunedì al venerdì, alle 15.20 su Rai3 e alle 18.30 su Rai Storia. In tutto 44 puntate nelle quali, grazie al contributo di donne e uomini protagonisti della cultura italiana, saranno proposte 88 lezioni su tutti gli argomenti scolastici. Lezioni che saranno approfondite, in studio, da una conversazione delle maestre e dei maestri con Edoardo Camurri.
“La scuola è innanzitutto un esercizio di libertà e la nuova edizione di “#maestri” – dice Camurri – si muove su questo binario di consapevolezza e di responsabilità. E abbiamo deciso di arricchire #maestri con l’idea della conversazione in studio per mostrare l’utilità e la fertilità del sapere consegnato ai telespettatori, una sorta di messa a punto in cui la conoscenza si mostra anche come necessaria chiave analitica capace di abbracciare in modo più significativo la realtà che stiamo vivendo come collettività, arricchendola”.
“#maestri” è un programma firmato da Edoardo Camurri, Tiziano Bonini, Luca Cambi, Michele De Mieri, Alessandro Garramone. Coordinamento editoriale di Annalisa Guglielmi, produttore esecutivo Sara Mariani. La regia è di Claudio Del Signore. 

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