Un friccico ner core

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Luca Manfredi

Nino Manfredi è uno degli artisti italiani più grandi di sempre. Con i suoi cento e più film, per il grande e piccolo schermo, è riuscito a stupire, emozionare, far ridere e commuovere, entrando nelle case di tutti gli italiani con la naturalezza di un amico di famiglia. In occasione del centenario della nascita, suo figlio Luca ha voluto offrire ai lettori uno scorcio diverso, privato e intimo di suo padre

Un libro per ricordare suo padre, perché ha scelto questo titolo? 

“Un friccico ner core” è un frammento della nota canzone “Tanto pe’ cantà” scritta da Petrolini nel 1932, che mio padre portò a Sanremo nel 1970 come cantante ospite. È un brano apparentemente allegro, in realtà Petrolini alludeva a un primo amore bugiardo e tra le righe, anche velatamente, al suo problema cardiaco, quell’angina pectoris che lo costrinse ad abbandonare le scene nel 1935. Ho scelto questo titolo perché, un po’ come per Petrolini, racconta i diversi stati d’animo che ho provato nel rapporto con mio padre: c’è un sentimento di grande affetto, ci sono emozione, ammirazione, ma c’è indubbiamente anche un po’ di dispiacere per le sue frequenti assenze come genitore.  

Un racconto personale e molto franco… 

È una specie di diario di bordo del mio non sempre semplice confronto con lui, ma è anche un ritratto affettuoso della sua complessa figura di uomo e di artista. Se penso a Geppetto e a Pinocchio, mi verrebbe da dire che il libro è un po’ l’abecedario del nostro rapporto, una raccolta di ricordi intimi e aneddoti curiosi, ma anche di momenti più dolorosi. Mio padre ha dedicato tutta la vita al suo lavoro, che amava tantissimo, tutto il resto veniva dopo. Se avesse messo lo stesso impegno e la stessa dedizione anche in famiglia sarebbe stato quasi perfetto, ma da qualche parte doveva pur sbagliare. Come un atleta che per raggiungere grandi risultati si deve allenare moltissimo, Nino ha applicato tutte le sue energie nel lavoro che l’ha reso grande e di questo abbiamo un po’ sofferto noi figli. 

Com’era Nino Manfredi nella vita di tutti i giorni? 

Nino poteva essere divertentissimo. Se era in buona e a tavola aveva voglia di raccontarti una barzelletta era esilarante, ma se non era dell’umore giusto era meglio girargli al largo. Poteva essere molto empatico e comunicativo con il pubblico, ma anche molto chiuso e taciturno come genitore. Quando tornava a casa, quelle poche volte che c’era, si chiudeva nello studio e non voleva essere disturbato e, per noi che eravamo dei ragazzini piuttosto vivaci, non era semplice. 

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Rocco Schiavone

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Rocco ci piace così

L’autore dei romanzi Antonio Manzini, il protagonista Marco Giallini e il regista Simone Spada parlano del vicequestore più amato del piccolo schermo. Mercoledì 24 marzo, in prima serata su Rai2, la seconda e ultima puntata della quarta stagione

Rocco Schiavone e il suo mondo 

SPADA: Rocco è un personaggio che non solo amo, ma che sento vicino come se fosse un familiare. Sono sempre stato convinto che a distinguerlo sia il suo cuore caldo e sofferto, in contrasto con l’ambiente che lo circonda, invernale e cupo.  

GIALLINI: Non faccio fatica a interpretarlo, è quasi una pausa tra un ciak e l’altro. Mi trovo bene nei suoi panni tanto siamo simili, ovviamente togliendo la parte del poliziotto o le amicizie discutibili. Rocco è fuori dagli schemi e ha un senso della giustizia e dell’etica tutto suo, non sempre coincidente con la legge. È un uomo complesso, malinconico, che ci permette di riflettere su temi importanti. Antonio Manzini è un autore di tali generosità e talento che non ho mai incontrato difficoltà.  

MANZINI: È bello raccontare anche gli altri personaggi, hanno comunque una loro vita, i loro amori. Confesso che vorrei scrivere un libro di Rocco Schiavone senza omicidio. Grazie al regista Simone Spada e allo sceneggiatore Maurizio Careddu siamo riusciti comunque a raccontare anche un po’ degli altri. 

La felicità e l’amore per Rocco Schiavone 

GIALLINI: Penso che Rocco sia felice quando è da solo e quando pensa che debbano arrivare persone che lo fanno stare bene. Ma solo quando lo pensa (sorride). Non l’ho mai visto tanto felice, tranne in alcuni momenti con gli amici. Rocco è un po’ vittima di Dio. 

SPADA: Nella sua depressione è sempre un po’ innamorato, vive molto le cose e le persone. Forse un giorno incontrerà l’amore, anche se non credo che potrà essere l’amore felice a dargli una condizione di serenità. Non è quello che Rocco Schiavone cerca. Lui vuole gli amori passionali, tumultuosi. 

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Pinocchio agli Oscar

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Due nomination per Pinocchio di Garrone

Costumi e trucco e acconciatura. Doppia cinquina per la pellicola coprodotta da Rai Cinema. L’ad Paolo Del Brocco: «Riusciamo ad affermarci con orgoglio, con un film tutto italiano, in categorie tecniche spesso dominate da maestri statunitensi»

L’Italia migliore, quella del grande cinema, sogna l’Oscar, e lo fa grazie alla doppia candidatura ottenuta da “Pinocchio” di Matteo Garrone. Domenica 25 aprile sapremo se la pellicola, coprodotta da Rai Cinema, si aggiudicherà una o entrambe le statuette nel corso della 93ª edizione del Premio che si svolgerà al Dolby Theatre di Los Angeles. “Congratulazioni al ‘Pinocchio’ di Matteo Garrone per la doppia cinquina – afferma con entusiasmo l’ad di Rai Cinema Paolo Del Brocco – il lavoro meraviglioso fatto da Massimo Cantini Parrini per i costumi, e quello straordinario per trucco e acconciatura di Mark Coulier, Dalia Colli e Francesco Pegoretti, hanno avuto l’attenzione che meritano per il contributo fondamentale che hanno dato al racconto immaginifico di Garrone. Riusciamo ad affermarci con orgoglio, con un film tutto italiano, in categorie tecniche spesso dominate da maestri statunitensi, con il nostro talento e la nostra fantasia al servizio di una delle storie italiane più conosciute nel mondo”. 

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Matilda de Angelis

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Mi emoziona la verità

Occhi puntati su di lei, l’attrice più promettente del cinema italiano, molto richiesta anche all’estero e che ora, proprio come il suo film d’esordio a soli diciotto anni, corre più veloce del vento. «Da grande ammiratrice e appassionata di Leonardo da Vinci è stato un orgoglio interpretare la sua migliore amica. Spero sia un altro importante tassello del mio percorso professionale», racconta a proposito della serie evento “Leonardo”, in prima visiona assoluta dal 23 marzo su Rai1

©Angelo-Turetta

Come nel suo film d’esordio, anche la sua carriera sta andando “Veloce come il vento”… 

È vero, tutto sta correndo molto velocemente, ma io mi sento ancora all’inizio della mia carriera, e penso sia un bene. Sono molto sincera nel dire che inizio solo ora a capire come funzionano davvero le cose. “Leonardo” è stata una sfida importante, perché per la prima volta ho avuto la possibilità di lavorare in maniera conscia e molto intensa con l’inglese. Da grande ammiratrice e appassionata di Leonardo da Vinci è stato un orgoglio interpretare la sua migliore amica. Spero sia un altro importante tassello del mio percorso professionale. 

Ancora ventenne Leonardo ha dovuto fare i conti con il proprio genio, la propria arte. Cosa pensa lei del talento e come lo coltiva? 

Il talento può essere un fardello, c’è anche chi ne ha troppo e non sa cosa farne. Se hai la fortuna di nascere con una particolare predisposizione, questo dono deve essere instradato nel verso giusto, un talento fine a se stesso non è niente, non funziona e rischia di perdersi nel nulla. È necessario trovare una strada perché questo possa trasformarsi in qualcosa di speciale e di unico.  

Come ha instradato il suo dono? 

Il primo passo è la consapevolezza. Quando a un certo punto ti rendi conto di avere in mano qualcosa, di armeggiare qualcosa di relativamente importante, è poi fondamentale avere al proprio fianco persone di cui fidarsi. In questo sono stata molto fortunata, posso contare anche su una famiglia molto presente, che mi ricorda quali sono i valori fondamentali.  Ho sviluppato poi un mio gusto personale che mi spinge a fare delle scelte artistiche di un certo tipo, a rifiutare alcuni progetti e a seguirne altri. Ci sono state volte in cui è stato proprio lampante che la mia scelta dovesse andare in una certa direzione e, se è vero che ho accanto delle persone che mi aiutano e mi consigliano, tutto alla fine deve venire da dentro. Ecco perché è fondamentale studiare, non essere solo in balia degli eventi, piuttosto sviluppare una consapevolezza, coltivare un senso estetico e critico. 

L’attore come un artigiano plasma la propria materia artistica per un pubblico, che valore ha per lei questo mestiere? 

È una responsabilità, me lo ricorda lo zio di Spiderman “da grandi poteri derivano grandi responsabilità” (sorride). Il compito più arduo di un artista è spesso quello di maneggiare la realtà, perché alla fine l’arte è sempre uno specchio della società in cui viviamo, si deve essere precisi nel restituire una o più sfaccettature di questa. La realtà non è oggettivabile, piuttosto una proiezione del nostro mondo interiore, il difficile è proprio riuscire a estrapolare un concetto universale, fruibile per tutti, che a uno sguardo sia chiaro, sia ovvio e soprattutto emozionante.  

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Francesca Michielin

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La musica è un miracolo, non si deve fermare

Lanciatissimo su tutte le piattaforme digitali, “Chiamami per nome”, il brano cantato al Festival in coppia con Fedez, è già certificato oro. “Il pezzo sta piacendo moltissimo, non me lo aspettavo, abbiamo vissuto un sogno che ci ha portato fortuna” dice Francesca Michielin, che nei giorni scorsi ha pubblicato il suo nuovo album sperimentale, in collaborazione con altri artisti, e sta preparando i live per l’estate.

Come sta vivendo il dopo Sanremo?

Molto bene perché è un momento di grande gratitudine per me. A Sanremo io e Federico ci siamo dati tantissimo e abbiamo vissuto un sogno che ci ha portato fortuna. Il pezzo sta piacendo moltissimo e non me lo aspettavo, sono doppiamente grata.

Come ha accolto il secondo posto?

Inaspettato. Per chi fa Sanremo, tornare è sempre difficile, soprattutto per chi si è classificato bene. Io ero già stata seconda, dopo gli Stadio, e rappresentai l’Italia all’Eurovision.  Decidendo di tornare, ho pensato che non sarei mai riuscita a salire sul podio. Eppure anche stavolta sono stata seconda e sono molto contenta.

Come avete iniziato a lavorare al brano “Chiamami per nome” e quando?

Abbiamo iniziato durante l’estate per fare una esperienza nuova, ma poi ci siamo resi conto di quanto fosse potente questa canzone e con un messaggio importante visto l’anno che stavamo vivendo. Lo abbiamo sviluppato, ottimizzato, e dopo abbiamo deciso di presentarlo per il Festival.

Il video lo avete girato nei teatri più iconici di Milano. Perché li avete scelti?

Per noi il videoclip poteva essere un’occasione, non tanto per il testo, ma per fare luce sui lavoratori dello spettacolo che sono fermi da più di un anno e per tutte quelle figure di cui nessuno parla, ma che sono fondamentali per il nostro lavoro.

Il 13 marzo è uscito il suo nuovo album. Sicuramente un grande messaggio la pubblicazione in un momento storico come questo per la musica…

E’ importante che la musica non si fermi perché è un grande miracolo. Ho voluto portare avanti il mio progetto e continuare a raccontarlo. Credo che la musica sia importante anche per affrontare tutto questo con più spensieratezza, ovviamente quando possibile.

Per ogni brano ha collaborato con altri artisti come Maneskin, Fabri Fibra, Gemitaiz, Shiva, Elisa e Dardust, Coma_Cose, Takgi&Ketra e Fred de Palma, Max Gazzé, Carl Brave, Charlie Charles, Giorgio Poi. Un progetto sperimentale?

Un progetto corale che celebra la collettività. E’ un disco che diventa un progetto eterogeneo, che esalta anche la diversità, dove si incontrano tanti generi diversi.

Se dovesse scegliere uno dei brani contenuti nel nuovo album, quale rappresenterebbe di più questo suo momento?

Sicuramente “Cattive stelle”. E’ un brano che ho volutamente fatto uscire a gennaio per sperare in una nuova era, come per ricordare che viviamo sotto stelle che non promettono nulla di buono. Viviamo però anche la preziosità dell’incontro e della condivisione.

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Serena Rossi

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Io con le emozioni ci vivo

Il RadiocorriereTv incontra la protagonista di “Canzone Segreta”, il venerdì in prima serata su Rai1. «Cerco – dice – di essere una conduttrice istituzionale quando serve, accogliente quando serve. Sono io, senza filtri, con entusiasmo». E al nostro giornale “svela” cosa canta per dare la buonanotte al figlio Diego: «“Buonanotte Fiorellino” e “Amore che vieni, amore che vai”, che sembra un po’ una ninna nanna». 


©Gianluca Saragò

Poco più di un mese fa il successo della fiction “Mina Settembre”, ora la conduzione di un programma musicale in prima serata. Che conduttrice vuole essere? 

Tolgo il cappottino rosso di Mina Settembre e metto delle paillettes, ma alla fine sono sempre io. È il mio motto, è quello che mi hanno detto il direttore Stefano Coletta e tutte le persone che lavorano con me. È la mia prima vera conduzione da sola, in prima serata, un’avventura nuova, cerco di essere istituzionale quando serve, accogliente quando serve. Sono io, senza filtri, con entusiasmo. Io con le emozioni ci vivo. 

Da appassionata della televisione di ieri e di oggi, c’è un modello di conduttrice a cui si ispira? 

Più che ispirarmi ci sono conduttrici che ho sempre guardato, stimato e ammirato, come Raffaella Carrà e Antonella Clerici. Non cerco mai di emulare qualcun altro, cerco sempre di andare dritta per la mia strada. La Carrà e la Clerici sono due professioniste che trovo sempre autentiche, spontanee, mai costruite. E poi sono portatrici di buonumore (sorride)

Quali sono le canzoni che hanno segnato la sua vita, personale e professionale?  

Ce ne sono tantissime, ne canto una in ogni puntata di “Canzone Segreta”, per questo non le citerò ora. Ci sono brani che mi ricordano le mie origini, mio nonno, la mia infanzia, altre che sono state importanti per la mia carriera, altre che mi legano a Davide, la mia storia d’amore, altre ancora alla mia città. Sono contenta perché facendo l’attrice devo sempre interpretare la vita di qualcun altro, quindi svelare poco di quella che sono realmente, anche se in ogni personaggio c’è sempre un po’ di me. In questa occasione posso raccontare pezzettini della mia vita e della mia storia.  

Quando ha capito che la musica avrebbe avuto un ruolo centrale nella sua vita? 

Da sempre, sono cresciuta in un ambiente musicale. Che sarebbe diventata una professione l’ho capito invece a 16 anni, quando ho preso parte al mio primo spettacolo, il musical “C’era una volta scugnizzi” di Claudio Mattone, Enrico Vaime, tratto dal film di Nanni Loy, con la regia di Gino Landi. Cantai per la prima volta sul palcoscenico e dissi: questo mi piace, lo voglio fare e forse lo posso fare per sempre. 

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Claudio Gioè

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Màkari è anche casa mia 

Siciliano e innamorato della sua terra come Saverio Lamanna, il personaggio creato dallo scrittore Gaetano Savatteri a cui dà volto nella serie di Rai1 diretta da Michele Soavi. «ll mal di Sicilia esiste – afferma l’attore – chi nasce su un’isola sente un legame molto particolare con il suo territorio» 

foto di Floriana Di Carlo

Il naufragio di un uomo e la sua capacità di reinventarsi. Chi è Saverio Lamanna? 

Il sogno di qualsiasi interprete. Saverio è in un momento di crisi completa, in cui la propria vita viene messa in discussione in seguito al licenziamento, a Roma, dal ministero degli Interni. Deve tornare a reinventarsi una vita, o forse a recuperare quella che aveva lasciato nella sua terra tanti anni prima, confrontarsi con i fantasmi del suo passato, con le sue paure e anche e con il modo conflittuale con cui ha vissuto il suo essere siciliano.  

Cosa significa essere siciliani? 

Essere siciliani oggi non è una cosa facile, perché vivere in Sicilia significa sicuramente fare i conti con una realtà che non si trova da nessun’altra parte d’Italia, per problemi storici sociali economici che ci portiamo avanti da 150 anni, con un’unità d’Italia fatta un po’ così, dove il Mezzogiorno è stato sempre un po’ bistrattato. Non vorrei fare il meridionalista da bar, ma purtroppo ci sono dei dati concreti e reali che prima o poi andrebbero storicizzati.  

L’amore e l’amicizia quanto influenzano il nuovo Saverio? 

L’amicizia in terra di Sicilia diventa un elemento fondamentale, perché un amico ti sa parlare anche in silenzio, non ha nemmeno bisogno di chiederti come stai. Lo capisce da come ti muovi, da come lo saluti. La ritualità dell’amicizia viene incarnata dall’interazione con un personaggio straordinario, Beppe Piccionello, interpretato da Domenico Centamore, con il quale siamo davvero amici da quasi vent’anni. L’amicizia è un elemento fondamentale, che lo aiuterà a trovare il proprio senso all’interno di quella comunità. Anche l’amore detona quasi immediatamente nella sua vita, capiamo da questo che Saverio Lamanna non sa stare senza una donna. Scoprirà in questa Suleima, interpretata dalla bravissima Ester Pantano, la possibilità di avere un rapporto alla pari con una donna che non gli perdona niente e che lo tiene sempre un po’ sulla corda. È ciò di cui forse ha bisogno Saverio per innamorarsi davvero. 

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Marco Giallini

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Il fascino sarcastico e sgarbato di Rocco Schiavone

Il 17 e il 24 marzo, in prima serata su Rai2, le nuove puntate della serie più graffiante della televisione. A vestire i panni del vicequestore di polizia è ancora una volta Marco Giallini

Torna su Rai2 il vicequestore Rocco Schiavone, personaggio tratto dai romanzi polizieschi di Antonio Manzini, che sul piccolo schermo ha il volto di Marco Giallini. La serie diretta da Simone Spada, molto attesa dalla platea televisiva, ci riporta ad Aosta. Schiavone è un vicequestore in forza alla polizia di Stato, romano fin nel midollo, che si ritrova a dover svolgere le sue funzioni nel capoluogo valdostano. Rocco è sarcastico, nel senso più romanesco del termine, maleducato, cinico quanto basta; odia il suo lavoro, soprattutto odia Aosta. Però ha talento. C’è solo una persona al mondo che riesce a penetrare la scorza dura che Rocco si è costruito intorno: Marina, sua moglie. O meglio, la donna che era sua moglie. Che lo è stata fino al 7 luglio del 2007, giorno terribile nella vita di Rocco, nel quale la sua esistenza ha cambiato rotta, si è incrinata e, come un vaso di valore, non ha più potuto riprendere lo splendore di un tempo. Ma Marina continua a vivere nella mente di Rocco, che la vede viva e più bella che mai accanto a sé tutte le sere quando torna a casa. E la presenza della donna è l’unica cosa che rende sopportabile a Rocco la vita ad Aosta, l’unica cosa che riesce, in qualche modo, a colmare la nostalgia per Roma, per gli amici di sempre, per la sua vecchia vita.

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Leonardo

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Novità

Aidan Turner, Matilda De Angelis, Giancarlo Gianninie Freddie Highmore sono i protagonisti della serie evento in onda su Rai1 in prima serata dal 23 marzo


©FabioLovino

“Leonardo” è la nuova attesa serie di Rai1 prodotta da Lux Vide con Rai Fiction, Big Light Productions in associazione con France Télévisions, RTVE e Alfresco Pictures, co-prodotta e distribuita nel mondo da Sony Pictures Television, con un cast d’eccezione guidato da Aidan Turner, Matilda De Angelise Freddie Highmore.  Creato da Frank Spotnitz eSteve Thompson, diretto da Dan Percival e Alexis Sweet, “Leonardo”racconta, in otto episodi in onda in quattro serate, la storia di un genio la cui personalità complessa ed enigmatica rimane ancora oggi un segreto avvincente. La narrazione vuole svelare il mistero di uno dei personaggi più affascinanti ed enigmatici della storia. Conosciamo tutti le sue opere d’arte, ma il suo carattere è ancora ignoto. Cosa muoveva la sua infinita immaginazione? Quale travaglio nascondevano le sue più grandi creazioni? Chi era la donna misteriosa che ha ispirato il suo capolavoro perduto, “Leda col cigno”, di cui restano solo copie dalla simbologia enigmatica?  Figlio illegittimo di un notaio della cittadina rurale di Vinci, in Toscana, Leonardo vive un’infanzia solitaria, guidata da un profondo bisogno di ricerca e scoperta. Con instancabile curiosità, spazia tra arte, scienza e tecnologia, infondendo in ogni disciplina una profonda e coraggiosa umanità, e liberandole dalle convenzioni del tempo, guidato da un intenso desiderio di svelare i segreti della Natura. Nella serie emerge l’enigma dell’uomo oltre il genio, attraverso una storia inedita e originale, fatta di mistero e passione che scava a fondo in una personalità complessa, rivelandone la straordinaria modernità e la profondissima umanità.

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Stefano Bollani e Valentina Cenni

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Vi aspettiamo in Via dei Matti n° 0

Il musicista torna in Tv e lo fa insieme alla moglie attrice, invitandoci nella loro casa immaginaria, luogo pieno di suoni e di emozioni. Il programma, novità assoluta di Rai3, è in onda dal 15 marzo dal lunedì al venerdì alle 20.20

foto di Azzurra Primavera

Cosa troveremo in “Via dei Matti n° 0”?

Valentina: Prima di tutto tanta musica, che del programma è la colonna portante. Ascolteremo molti brani, anche perché insieme a me ci sarà un bravo pianista, che ho scelto personalmente (sorride). Sa suonare, sa cantare… ha studiato e si vede…

Soddisfatta del pianista…

Valentina: Assolutamente sì, è bravo anche a seguirmi negli assoli.

Il pianista, invece, cosa pensa dell’attrice che ha al proprio fianco?

Stefano: Valentina è bravissima in tutto. È precisa, creativa, e poi insieme a lei sono a casa. Siamo io e lei ad accogliere un ospite diverso ogni sera.

Una conduzione di coppia nel vero senso della parola in una casa stracolma di emozioni, note e parole

Stefano: Ogni sera metteremo in relazione un argomento alla musica, dagli animali, al linguaggio, agli alieni. Tentando di sviluppare il discorso, con l’ospite della puntata, usando anche molta musica, linguaggio che va al di sopra delle parole perché crea meno divisioni. “Via dei matti n° 0” è una festa della musica. Ci sembra incredibile potere suonare con così tanti ospiti, cosa che accade grazie alla magia del tampone.

Il programma va in onda all’ora di cena. Come è cambiata la vostra serata da prima a dopo il Covid?

Valentina: Siamo sempre stati molto notturni, anche perché facendo io l’attrice in teatro, e Stefano suonando, avevamo orari inconsueti e forse non così salutari. Uno dei lati positivi di questo isolamento è stato quello di riprendere ritmi più normali, più umani. Anche in eventi terribili e spaventosi come quello vissuto ci sono dei motivi, degli elementi, che ti consentono di vivere la situazione con forza. I nostri orari sono cambiati, siamo ancora più sereni, siamo a ritmo con il sole, la notte, le stelle.

Stefano: Forse anche questo programma televisivo non ci sarebbe senza questa situazione. Valentina starebbe lavorando a un film come regista, che era in progetto, e io starei andando in giro a suonare.

Un musicista, un’attrice, un salotto, quanto del vostro essere coppia c’è nel programma?

Valentina: Siamo noi stessi, si vedono la sintonia, l’affiatamento. Amiamo tante cose simili, ci piace riflettere sugli stessi argomenti.

Stefano: Anche a casa parliamo un sacco, siamo dei chiacchieroni e lo facciamo tenendo presente che la musica è una questione che non riguarda i generi, che sono stati inventati per poterne parlare. Nel programma si parla di musica in tutti i sensi. Nella stessa puntata possiamo avere Peppino di Capri e Igor Stravinskij, portiamo in Tv quello che è il nostro approccio alla musica e alle cose.

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