Matteo Martari

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Sono una persona concreta, ma mi piacerebbe interpretare un matto

Nella serie “Cuori” è il dottor Alberto Ferraris, giovane braccio destro del noto cardiochirurgo Cesare Corvara all’ospedale Le Molinette di Torino. Il RadiocorriereTv ha intervistato l’attore veronese: «Credo nella medicina, anche se il sangue umano mi destabilizza». E ancora sui favolosi anni Sessanta: «Per chi li ha vissuti il futuro era una possibilità, non una questione romantica». La domenica in prima serata su Rai1

Com’è stato il suo incontro con Alberto Ferraris?

Sulla carta (sorride). È stato il regista Riccardo Donna a presentarmi Alberto, fornendomi anche dei cenni storici, vedendo per di più che prendiamo spunto da una vicenda realmente accaduta negli anni Sessanta all’ospedale Le Molinette di Torino. 

Cosa ha scoperto di quegli anni?

Chi li ha vissuti ha avuto la possibilità di credere nel futuro, al punto da investire nel progresso. In quegli anni si sognava molto, per loro il futuro era una possibilità, non una questione romantica. Non parliamo di poesia, ma di concretezza.

Le sarebbe piaciuto viverli?

A chi non sarebbe piaciuto viverli, ma all’età giusta. Nella vita è fondamentale fare coincidere i periodi. I Sessanta sono stati gli anni del boom economico, gli anni in cui la gente raggiungeva le città. Purtroppo non si ripeteranno mai più.

Che rapporto ha con la medicina?

Buono, anche se il sangue umano un po’ mi destabilizza. Faccio riferimento a molti specialisti, ne ho uno per ogni evenienza (sorride). Credo nella medicina, fino a ora ha funzionato, ne faccio una questione di esperienza personale.

Ha mai pensato di fare il medico nella vita?

Non credo che lo avrei mai fatto, nonostante la medicina, come materia, sia molto affascinante. È difficile fare una vera e propria analisi… tutto sommato, adesso che ci penso, forse sì. Anche perchè il medico è una specie di “divinità”, soprattutto quando la sua sfera d’azione è la cardiochirurgia. Rimettono in vita le persone, lo fanno veramente.

Chi è Matteo oggi, lontano dalla scena?

Una persona concreta…

Una persona che ha un rapporto molto stretto con la terra, con l’ambiente…

Sono due cose che vanno spesso di pari passo, è la terra a darti la concretezza. Sono un amante della natura, mi piace, ci vivo bene, è una dimensione in cui mi sento a mio agio. Siamo parte della natura, anche se a volte ci dimentichiamo di come funziona.

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N. 41 a pag.20

Il Collegio 6

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Tutti a scuola nel 1977

Rai2 svela il cast de “Il Collegio 6”. A raccontare le avventure degli studenti sarà la voce di Giancarlo Magalli. Su RaiPlay i provini e le backstories

Venti studenti sulla soglia del 1977, un anno innovativo che ha segnato la svolta economica e sociale del Paese, completatosi nel decennio successivo. Saranno loro a varcare i cancelli del collegio “Regina Margherita” di Anagni (FR) per formare la classe protagonista della sesta edizione de “Il Collegio”, il programma realizzato da Rai2 in collaborazione con Banijay Italia, nato come un esperimento sociale e diventato un cult del piccolo schermo. Il debutto sarà il 26 ottobre, in prima serata, su Rai2.

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N. 41 a pag.20

Fortunato Cerlino e Violante Placido

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Luci e ombre, un confine mai chiaro

Il RadiocorriereTv incontra Fortunato Cerlino e Violante Placido, che nella serie firmata da Cinzia Th Torrini interpretano rispettivamente il boss Cosimo Patruno ed Elena Ranieri, moglie del cardiochirurgo Diego Mancini. Una coproduzione Rai Fiction – Eliseo Multimedia, il giovedì alle 21.20 su Rai1


© Federica Di Benedetto

FORTUNATO CERLINO:

Un boss della Sacra Corona Unita alle prese con una grave malattia, ma anche con la volontà di continuare a gestire i propri affari criminali. Cosa ci insegna la vicenda di Cosimo Patruno, il suo personaggio?

È evidente come anche un boss, o personaggi di questo tipo, abbiano fragilità umane. In questa storia si capisce benissimo però come queste stesse persone diventino un buco nero anche per coloro che hanno intorno.

Un soggetto e una sceneggiatura che spingono a molteplici riflessioni…

È una storia che ha diversi punti di interesse, che trovo assolutamente urgenti. Il confine tra bene e male a volte è molto sottile. Ma nel momento in cui scendi a compromessi con un mondo oscuro, legato alla malvagità, alla distruzione, automaticamente scarichi tutto questo nella tua vita e nella vita di chi ti sta accanto.

Dietro la macchina da presa una regista che sposa un racconto diretto, senza il timore di sostenere messaggi importanti…

Amo i registi forti, con una visione chiara, che sanno dirigerti. Cinzia Th Torrini ha la capacità di entrare e uscire da stanze emotive a volte in opposizione tra loro, lo fa con grande maestria. Ci sono equilibri che vanno rispettati, amo essere diretto da persone forti. Io e Cinzia ci siamo amati dal primo sguardo.

Cosa ritiene possa lasciare questa serie al pubblico che la sta seguendo?

Vorrei che da questo nostro racconto al telespettatore rimanesse l’esperienza, il contatto con certe zone della nostra anima, la certezza che quando hai a che fare con il male devi capire che stai andando in una zona dalla quale potresti non tornare più indietro.

VIOLANTE PLACIDO:

Come è stato il suo incontro con il personaggio di Elena Ranieri?

Quello di Elena è uno dei personaggi emotivamente più impegnativi che abbia mai interpretato. Lei è una mamma che deve affrontare la grave malattia del figlio, per una donna, penso, la cosa più dolorosa, l’esperienza che richiede in assoluto più forza. È un percorso lacerante, Elena deve essere da supporto a suo figlio, deve dargli la forza di credere che tutto andrà bene, al tempo stesso sa che potrebbe non essere così. Il mio personaggio si aggrappa alla speranza per trovare la forza di andare avanti, è cosa ardua.

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Daniele Pecci

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Cuori

Domenica 17 ottobre in prima serata su Rai1 il primo appuntamento con la fiction diretta da Riccardo Donna con Daniele Pecci, Matteo Martari, Pilar Fogliati, realizzata da Rai Fiction con Aurora Film in collaborazione con il Centro di produzione Tv Rai di Torino

La medicina vive negli anni ‘60 una stagione di grande fervore. Lasciati ormai  definitivamente alle spalle gli echi della Seconda guerra mondiale, si diffonde la sensazione di poter cambiare il corso della vita umana sconfiggendo malattie fino a quel momento incurabili. Fra tutte le discipline la parabola della cardiologia è la più significativa ed emozionante. La conoscenza biologica del cuore è frutto di un percorso lunghissimo, ma è solo in quel decennio che si è sperimentato e scoperto il funzionamento di questo organo tanto a lungo rimasto misterioso. Ecco allora che i medici diventano vere e proprie star seguite dai rotocalchi. È il caso del chirurgo sudafricano Christian Barnard che, il 3 dicembre 1967, esegue il primo trapianto di cuore al mondo. Il suo è un risultato straordinario, frutto di una ricerca che inizia alla fine degli anni ‘50 e infiamma il panorama mondiale per quasi un decennio coinvolgendo anche l’Italia. Alle “Molinette” di Torino, Achille Mario Dogliotti è il primo al mondo a perfezionare, anche grazie al sostegno della Fiat, l’applicazione della macchina cuore-polmone per la circolazione extracorporea. Mentre è un suo allievo, Angelo Actis Dato, in collaborazione con l’ingegner Roberto Bosio, a depositare uno dei primi brevetti al mondo di cuore artificiale. Grandi personalità, vite vissute pienamente, interventi estenuanti, la costante lotta per strappare piccoli frammenti di conoscenza da donare all’umanità. I personaggi di “Cuori” sono ispirati a questi leggendari pionieri, ai loro ideali e alla loro sconfinata passione per la scienza medica.

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Maria Cuffaro

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Un paese tutto da raccontare

Dal 4 ottobre, dal lunedì al venerdì, alla guida de “L’Italia con voi”, trasmissione quotidiana di Rai Italia, per e con gli italiani che vivono e lavorano all’estero. «Vogliamo parlare della cultura italiana viva – dice la conduttrice – un viaggio quotidiano tra approfondimento e leggerezza». Al pianoforte il maestro Stefano Palatresi, ambasciatore della nostra musica nel mondo

“L’Italia con voi” ricomincia per essere sempre più un punto di riferimento per gli italiani all’estero…

Gli italiani all’estero di prima, seconda, e terza generazione, quelli che hanno come riferimento la nostra cultura, sono 40 milioni di persone, sono tanti ed è bello poterli coinvolgere.  Votano, prendono parte alla vita politica del Paese, però devono essere coinvolti anche culturalmente, devono avere programmi con cui dialogare e dai quali essere rappresentati. Sono molto contenta ed emozionata per questa nuova avventura.

Che tipo di rapporto vorresti creare con questo pubblico “mondiale”?

Parliamo di un pubblico molto vasto e differente. Chi vive in Sudafrica ha probabilmente esigenze e problemi completamente diversi da chi vive in Brasile, oppure a New York, in Canada o in Australia. Ci sarà interazione anche attraverso i social che ci consentiranno di avere un feedback fluido. Ci collegheremo anche con gli italiani nel mondo, aprendo finestre sulle nostre comunità all’estero. Dai social mi aspetto di conoscere il pensiero dei nostri telespettatori, i loro commenti, le loro richieste.

Cosa porterai nel programma della tua esperienza di giornalista al Tg3, di inviata, di cronista…

Ho fatto l’inviata e la cronista per tanti anni e a “L’Italia con voi” porterò soprattutto la mia curiosità. Credo, al tempo stesso, che la forza di ogni programma sia nel gruppo di lavoro, nel confronto con compagni di viaggio come il maestro Stefano Palatresi, con gli autori. Mescoleremo il linguaggio della musica, della leggerezza, a quello dell’approfondimento.

Cosa chiedono al loro Paese d’origine gli italiani all’estero, anche attraverso il vostro programma?

Vogliono conoscere l’Italia, anche entrando dentro a quelle che sono le nostre contraddizioni, chiedono di avere voce. Hanno grande curiosità e vogliono sentirsi rappresentati. Credo che la Rai sia il luogo adatto per tutto questo. E poi facciamo servizio pubblico nel senso più classico del termine, fornendo dati e informazioni utili per chi mantiene un contatto anche con l’Italia.

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Quelli che il lunedì

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La settimana si inizia con noi

Gli ormai ex amici della domenica sono pronti a debuttare su Rai2 con un grande show tra comicità, attualità, musica e sport. Abbiamo incontrato Mia Ceran, Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, difficile resistere al loro marchio di fabbrica: ironia e simpatia. Dal 4 ottobre in prima serata

“Quelli che” trasloca e cambia addirittura giorno, ragazzi è tutto pronto?

LUCA: (ride fragorosamente)

PAOLO: Una bella battuta! Non è pronto ancora molto, ma stiamo lavorando (sorride).

MIA: Sottolineerei il fatto che stiamo lavorando (sorride). C’è uno studio in fase di finalizzazione. Speriamo di divertirci, se verranno esiti positivi saremo felici.

Mia, l’estate appena trascorsa l’ha vista diventare mamma. Come sta Bruno Romeo?

MIA: Lui sta benissimo è con me anche in questo momento. È il nostro +1.

Ha già preparato la culla in camerino?

MIA: Assolutamente sì, lui c’è già stato nelle giornate di prove, di servizi fotografici. Ha già preso confidenza con le stanze della Rai.

Luca e Paolo zii acquisiti, siete pronti a fare la vostra parte?

LUCA: A parte che quel piccolo sgorbio ci ha già fregato il camerino una volta. PAOLO: Spero che non accada più!

MIA: Sono stati spodestati una volta dal camerino, ma non me lo stanno facendo pesare (sorride), si sono offerti volontari per fare a turni e per portarlo fuori.

LUCA: Non vedo perché il figlio di Mia possa entrare in studio e il mio cane no.

(ridono tutti fragorosamente)

LUCA: Noi facciamo i burberi, ma siamo due orsacchiotti.

Sarete in onda il lunedì alle 21.20, ma una domanda ci sorge spontanea, cosa farete da ora in poi la domenica pomeriggio?

PAOLO: Le prove del programma.

LUCA: La domenica è fregata comunque.

MIA: Al pranzo in famiglia continueremo a mancare (sorride). A me piaceva tanto avere il lunedì libero, come i parrucchieri, e questa cosa mi mancherà. Riposeremo il martedì.

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Marco Conidi

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Tutto il nostro amore per la musica

E’ uno dei frontmen della band folk-rock l’Orchestraccia ed è tra i protagonisti de “La Nottataccia”, serie original di RaiPlay di cui è anche autore. Il musicista romano al RadiocorriereTv: «È possibile fare uno spettacolo che sia coinvolgente per i giovani e interessante per le persone più grandi. Quando le idee si realizzano con il cuore possono arrivare a tutti»


© Stefano Colarieti

Partiamo dal titolo, perché “La Nottataccia”?

Volevamo un titolo che fosse originale ed è uscito un nome che richiama quello della band, che ci riporta all’idea di un gruppo, come in realtà siamo noi, nato dal passaparola, dall’affetto della gente.

Una band che nella finzione della serie vive un momento di difficoltà…

Abbiamo immaginato che, spezzati dal destino, fossimo costretti a scioglierci. Il nostro impresario, interpretato da Lillo, non riesce a piazzarci nemmeno nelle più piccole feste paesane, è proprio lui a invitarci ad andare a lavorare, a riprendere attività manuali. Noi, di tutta risposta, vedendo nella Rai il simbolo della nostra sconfitta, decidiamo di occupare in maniera rocambolesca gli studi di via Asiago interrompendo il programma di Ema Stokholma.

Occupati gli studi che cosa accade?

Iniziamo a rapire gente, musicisti, un po’ li supplichiamo. È così che sul web il programma comincia ad avere un successo crescente, i vip ci sostengono, l’ascesa verso un fantomatico e grottesco successo diventa irresistibile.

Ironia e realtà si mescolano continuamente…

Il senso della realtà viene usato in maniera ironica. È vero che nella realtà abbiamo il sostegno, da sempre, del popolo, ed è vero che da sempre con l’Orchestraccia hanno collaborato personaggi del cinema e della musica.

C’è un segreto dietro a tutto questo?

Con l’Orchestraccia ci si diverte molto, ad assistere come a partecipare.

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N. 40 a pag. 42

Max Gazzè

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Poesia, ironia e raffinatezza

Max Gazzè racconta il suo album, “La matematica dei rami”, in un’intervista realizzata subito prima del live di “Tarantelliri”, dove insieme a Chiara Zuccoli ha proposto anche l’estratto “Vero amore”

Max Gazzè, “La Matematica dei rami” crea una grande energia…

Energia applicata direi, nata insieme alla “Magical Mystery Band”, musicisti straordinari, amici con i quali mi sono trovato benissimo in questa atmosfera e alchimia con le quali abbiamo realizzato questo album. Ho scelto di fare un album diverso nella modalità di realizzazione, che mi sta dando molte soddisfazioni.

Perché questo titolo? E’ collegato alla simbologia dell’albero?

L’albero è un simbolo che mi ha sempre affascinato nel corso di questi anni nella sua apparentemente casuale ramificazione. In verità c’è una geometria, una metrica della terra, della natura, che fa sì che i rami crescano in maniera asimmetrica rispetto al nostro ordine mentale euclideo e che invece rispetta la matematica della natura e non la natura della matematica. Questo fa sì che l’albero diventi resistente, che cresca in quel modo e proprio in quel posto perché a livello morfogenetico è il modo più forte per resistere anche alle intemperie. Insomma, mi ha sempre affascinato tutto ciò che è asimmetrico.

Grande profondità nei suoi testi e in questo album solitudine, disturbi emotivi, amore, riflessioni. A cosa si ispira per scrivere? C’è un luogo che la ispira?

Luoghi ovunque. Le ispirazioni sono delocalizzate, perché è sempre una interpretazione che posso anche avere non stando in quel luogo. A volte mi trasporto, viaggio e quel luogo è nella mia mente. C’è un detto orientale che dice che se vuoi sapere da dove nascono i fiori, neanche il Dio della primavera lo sa. Rimane ancora e per fortuna un mistero da dove arriva l’ispirazione.

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N. 39 a pag. 36

Marco Bocci – Cinzia Th Torrini

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Tra il bene e il male

Nella serie di Rai1 Marco Bocci interpreta Diego Mancini, il medico che per salvare il figlio tradisce il codice deontologico: «È una narrazione che fa riflettere e dà allo spettatore una possibilità molto schietta, lampante e diretta di potersi immedesimare con i protagonisti» afferma l’attore. La regista, Cinzia Th Torrini: «Al personaggio principale ho cercato di dare un forte senso di colpa per quello che ha fatto». La seconda puntata giovedì 30 settembre in prima serata

© Federica di Benedetto

Com’è stato il suo incontro con il personaggio di Diego Mancini?

Sono rimasto affascinato dal protagonista di questa storia fin dalla prima lettura della sceneggiatura. Mi capita raramente di leggere una serie, di sei puntate, e di rimanerne totalmente preso, di essere catapultato in quel mondo, di immedesimarmi subito nelle scelte del personaggio, alcune delle quali spiazzano mentre altre le cavalchi. L’incontro con “Fino all’ultimo battito” è stato da subito appassionante. Appena ho concluso di leggere la sceneggiatura, ho chiamato la mia agente e le ho detto che avremmo dovuto fare assolutamente la serie.

La scelta del cuore di un padre, la scelta etica di un medico. Qual è il confine tra questi due mondi?

Diego Mancini fa una scelta che molti condanneranno e tanti altri invece cavalcheranno. È questo l’elemento interessante della dinamica narrativa e di quel personaggio. Io avrei fatto probabilmente la sua stessa identica scelta. Non c’è un confine tra il bene e il male. Bene e male vengono mescolati, è una miscellanea. Ci sono tanti movimenti che sono collusi tra di loro, tra bene e male, che cercano di andare avanti per un’idea di riuscire a salvarsi in qualche maniera.

Una narrazione che ha colori tra loro molto diversi…

Una predominante di questa serie è il crime, non parlo di un crime fantastico, ma riportato a una quotidianità reale, che tutti possono vivere. Mi auguro che questo possa appassionare i telespettatori come ha appassionato me. È una serie che fa riflettere e dà allo spettatore una possibilità molto schietta, lampante e diretta di potersi immedesimare con i protagonisti.

CINZIA TH TORRINI:

Una storia forte che ha al centro l’elemento della scelta e che impone una riflessione…

La sfida di questa storia è quella di avere un eroe, un cardiochirurgo di fama, anche molto freddo, molto cool, che viene toccato dal problema del figlio. Mi sono chiesta come avrei reagito io davanti a una situazione simile e ho cominciato a chiedere in giro. La maggior parte delle persone mi ha risposto che sarebbe andata avanti, che si sarebbe comportata come il protagonista. Al personaggio di Diego Mancini ho cercato di dare un forte senso di colpa per quello che ha fatto. In più c’è il destino, inevitabile, che quando fai qualcosa di male, in un modo o in un alto, ti porta ad accettare dei compromessi che, come nel caso del protagonista, ti trascinano in un vortice infernale.

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N. 39 a pag.10

Carolina Crescentini

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Che bello essere un’attrice!

La gioia per il successo della terza stagione della serie di Rai1, l’amore per la professione, per la natura e per i viaggi, l’impegno per il sociale. La protagonista de “I bastardi di Pizzofalcone” si racconta al RadiocorriereTv: «A volte i cambiamenti mi spaventano, altre volte li cavalco. È strano, mi divido tra essere impavida e conservatrice»

©Anna-Camerlingo

Due stagioni di grande successo alle spalle, come è stato trovarsi ancora una volta sul set dei “Bastardi” nei panni di Laura Piras?

Dopo due stagioni (più una) siamo diventati molto amici. È ritornare in un gruppo di persone con le quali ci si capisce al volo. Il problema è quello di non ridere, siamo diventati quelli che si fanno gli scherzi in scena. È un set bellissimo, alla regia c’è Monica Vullo, che è stata molto brava e gentile ed è entrata subito nello spirito dei Bastardi. Poi c’è Napoli che ormai mi ha adottato, sto più a Napoli che a Roma. È stato assolutamente piacevole.

La regia di Monica Vullo ha segnato anche un nuovo linguaggio narrativo…

È la terza volta che lavoro con una donna e devo dire che mi piace molto. Tra donne ci capiamo al volo, servono meno parole, è tutto più immediato. Mi sono sempre trovata bene con tutti i registi con cui ho lavorato, però ho scoperto la bellezza i lavorare con le donne, è un modo di fare squadra differente, più istintivo, animalesco.

L’attentato lascia anche a Laura dei demoni da affrontare e da cui difendersi. Come cambierà il suo personaggio nel corso della narrazione?

È successo qualcosa di talmente grande che avrà necessariamente delle ripercussioni su tutti i protagonisti. Anche quando tenteranno di mettersi una maschera nella quotidianità e cercare di andare avanti, di affrontare tutto il resto, come le persone che dopo un trauma devono comunque portare avanti la loro vita e il loro lavoro, ma dentro le cose sono cambiate.

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