Alessio Vassallo
La cura dell’altro. Che rivoluzione!
Ottimo esordio per la serie “L’altro ispettore”, il martedì su Rai 1. Il protagonista racconta al RadiocorriereTv il suo impegno umano e professionale nella serie: «Al centro ci sono la famiglia e il lavoro: raccontiamo le mani di chi costruisce l’Italia ogni giorno»
La sicurezza sul lavoro, un tema tristemente attuale. Qual è, secondo lei, la forza di questo racconto?
La fiction tratta un tema importantissimo con grande delicatezza, e credo che questo sia uno degli elementi chiave del suo successo. Al centro ci sono la famiglia e il lavoro: raccontiamo le mani di chi costruisce l’Italia ogni giorno.
C’è un momento sul set che le è rimasto particolarmente impresso?
Sì, le riprese nelle fabbriche. Le comparse erano spesso veri operai e ascoltare le loro storie è stato estremamente arricchente. Hanno portato autenticità, umanità, verità.
Chi è Mimmo?
Mimmo è un supereroe che non ce l’ha fatta, con il mantello bucato. Proprio per questo è profondamente umano. Nella vita privata inciampa spesso, è completamente analogico, gira in bici, lavora con lavagna e post-it. È un ispettore diverso da tutti gli altri a cui siamo abituati, anche in tv. Non cerca risposte, ma pone domande.
Quali sono, secondo lei, le cause principali dell’insicurezza sul lavoro?
L’incuria è una delle cause più frequenti, tanto da parte dei datori di lavoro quanto dei lavoratori. E poi bisogna investire di più: il denaro speso per la sicurezza è un investimento, non un costo.
Ha conosciuto Pasquale Sgrò, autore del libro da cui è tratta la serie?
Sì, e lo ringrazio profondamente. È stato un ispettore del lavoro, conosceva benissimo l’ambiente e mi ha aiutato molto. A volte mi ha anche rimproverato (ride), ma il confronto con lui è stato davvero un momento prezioso.
Nella serie emerge un discorso molto forte sul lavoro. Che cosa rappresenta per lei?
Il lavoro siamo noi, dà identità e dignità. È inconcepibile che qualcuno possa perdere la vita mentre sta lavorando. Ogni lavoratore ha diritto di rientrare a casa alla fine della sua giornata, ma purtroppo non sempre succede. In questi anni, però, si è investito molto nella sicurezza, e si continua a farlo. Questo è importante, e si deve fare sempre di più. Mimmo è una figura centrale perché vigila, accompagna lavoratori e imprenditori, e mette la sicurezza al primo posto. Spesso diamo per scontato che il nostro luogo di lavoro sia sicuro, ma non è così: a volte le responsabilità sono dell’azienda, altre del lavoratore. La serie racconta tutto questo dentro un grande affresco popolare, dove famiglia e ironia hanno un ruolo fondamentale. Mimmo è impeccabile nel lavoro, ma nella vita privata è un vero caos, e questo lo rende ancora più vero.
Quanto ha imparato da questo personaggio?
Tanto. Mimmo ascolta, si prende cura: dei lavoratori, di sua figlia, delle persone che incontra. In una società in cui siamo concentrati su noi stessi, lui ci ricorda l’importanza di guardare l’altro. Da lui ho imparato molto, e credo di avere ancora molto da imparare. Questo, per me, è un modo rivoluzionario di fare serialità, portare in scena un essere umano che basa la sua vita sul prendersi cura degli altri. È un messaggio potente.
Che cosa racconta, invece, il rapporto tra Mimmo e Alessandro?
È un rapporto profondissimo, il cuore emotivo della storia. Alessandro è un amico di famiglia, un lavoratore che non ha perso la vita ma che è rimasto in sedia a rotelle. È un tema di cui si parla troppo poco: oltre alle vittime, ci sono molte persone che rimangono disabili per incidenti sul lavoro. Il suo personaggio, interpretato da Cesare Bocci, porta luce su questa realtà. Il loro legame, familiare ma conflittuale, mostra quanto il lavoro di Mimmo pesi quando lui rientra a casa.
Quanto è difficile, per Mimmo, separare il lavoro dalla vita privata?
È durissimo. Torni a casa con le immagini delle vite spezzate, dei racconti interrotti. È difficile alleggerirsi, pensare al giorno dopo. Questa complessità fa parte del mestiere e della vita di questo personaggio.
La serie si distingue da molti polizieschi. In cosa, secondo lei?
Innanzitutto, per l’umanità. Mimmo è un ispettore gentile: non interroga, non punta il dito, fa domande. Non ha armi, ha solo la parola. Una frase che mi hanno detto i veri ispettori del lavoro e che ho voluto mettere nella serie è: “Siamo qua per voi”. La trovo bellissima: esprime servizio, protezione, ascolto.
L’ultima domanda: Mimmo pone sempre nuove domande. Qual è quella che rimane ad Alessio Vassallo?
Una: “Com’è possibile perdere la propria vita durante le ore lavorative?”. Una risposta definitiva forse non c’è, anche se investire nella sicurezza è la strada più concreta. Mi ha rincuorato parlare con gli operai che hanno lavorato con noi, nella cava di marmo a nord di Lucca erano veri lavoratori. Nei loro occhi e nelle loro parole ho visto quanto sia stato fatto negli ultimi anni e quanto sia importante entrare in un luogo di lavoro sapendo di essere davvero al sicuro.