Alessandro Gassman
Un caos meraviglioso
Da giovedì 20 novembre, dopo essere stata presentata con successo alla Festa del Cinema di Roma, torna su Rai 1 la terza stagione di “Un Professore”. Il RadiocorriereTv ha incontrato l’attore romano: «La filosofia non è una materia polverosa, ma uno strumento vivo per orientarsi nella complessità dell’esistenza»
Riapre la scuola de “Il Professore”: come suonerà stavolta la campanella per Dante?
Quest’anno la campanella suona in una casa più affollata del solito. Sono costretto a trasferirmi da mia madre, Virginia, insieme a mio figlio Simone. Questo riavvicinamento forzato, unito al delicato equilibrio ormai incrinato con Anita, rende il mio ritorno a scuola più complesso. Mi troverò a gestire non solo le sfide dei miei studenti, ma anche questioni personali irrisolte, come l’arrivo di Leone Rocci (interpretato da Dario Aita), un mio ex allievo ora collega, che riporta con sé il mistero legato ad Alba, una studentessa dal passato difficile. La mia vita, come sempre, resta un caos meraviglioso.
È l’anno della maturità per la classe: come affronterà questo tema il terzo capitolo della serie?
Per la 5ªB la Maturità non è soltanto un esame, ma un vero e proprio rito di passaggio. Il mio compito, come sempre, è usare la filosofia per aiutarli a dare un senso a questo cambiamento. Come ha anticipato Nicolas Maupas (Simone nella serie), per la prima volta i ragazzi cominciano a interrogarsi davvero sul proprio futuro. Io sarò accanto a loro mentre provano a capire chi vogliono diventare.
Cosa significa per il Professor Dante – e per l’uomo Alessandro – “accompagnare” qualcuno nella vita?
Per me accompagnare non significa indicare una strada già definita. Vuol dire esserci, ascoltare, offrire strumenti e non risposte, confidando che ognuno possa trovare il proprio percorso. Da attore, considero questo il valore più grande della serie.
Qual è il prezzo da pagare per essere autenticamente sé stessi?
Essere sé stessi significa esporsi, mostrare le proprie fragilità e, talvolta, andare controcorrente. Dante, stagione dopo stagione, è maturato e ha imparato a riconoscere i propri limiti. È diventato più fragile e, forse proprio per questo, più umano. Il prezzo più alto che rischiamo di pagare è rinunciare alla nostra identità per compiacere gli altri. Viviamo in un’epoca che semplifica tutto in “giusto o sbagliato”, “buono o cattivo”, ma l’essere umano è molto più complesso. Accettare questa complessità è il primo passo verso l’autenticità.
Quale massima filosofica può rappresentare al meglio questa nuova stagione?
Per questa stagione mi affiderei a Socrate: “So di non sapere”. È l’umiltà di chi, come me e come Dante, riconosce di non avere tutte le risposte, nonostante l’età o il ruolo. È lo stesso smarrimento che vivono i ragazzi davanti al futuro. È una dichiarazione di apertura al dubbio e alla ricerca continua: l’essenza stessa della filosofia e della vita.
Ogni fine puntata apre uno spazio di riflessione tra gli spettatori. Su quali temi speri si possa dialogare di più nella società?
Come ho detto alla Festa del Cinema di Roma, “la serie apre la discussione e il ragionamento su noi stessi”. Il fatto che, dopo ogni puntata, molte famiglie si ritrovino a parlarne insieme è la mia più grande soddisfazione. In una società dominata dal “muro contro muro”, riportare il dialogo tra generazioni è un atto quasi rivoluzionario. Spero si possa discutere soprattutto del rapporto tra generazioni, perché oggi il dialogo tra genitori e figli è più necessario che mai.
E poi…
Vorrei si affrontassero anche grandi questioni sociali: dai cambiamenti climatici ai temi internazionali, come la Palestina, con la profondità che meritano. Viviamo immersi nei conflitti, e la filosofia può aiutarci ad aprirci, ad accogliere la complessità del mondo. Vorrei inoltre che si parlasse dell’impossibilità di ridurre una persona a un’etichetta. La vita è fatta di sfumature: riconoscerle ci rende più comprensivi. La filosofia non è una materia polverosa, ma uno strumento vivo per orientarsi nella complessità dell’esistenza.