Elena Sofia Ricci
Nella passione e nei giovani il senso della vita
Giovedì 26 novembre in prima serata su Rai1 l’atteso film per la televisione su Rita Levi-Montalcini diretto da Alberto Negrin. «La poetica del suo essere scienziata si incentrava sulla scelta di dedicare agli altri, allo studio, la propria vita – afferma la protagonista – diceva che il sapere è anche un dovere, perché un uomo non è solo responsabile di se stesso, ma di tutta la sua specie».

Come è stato vestire i panni di Rita Levi-Montalcini?
Un’esperienza entusiasmante, ancor prima di portarla sullo schermo avevo già studiato molto della professoressa Montalcini, della sua attività scientifica, lo avevo fatto per altre ragioni. Ho letto il copione qualche mese dopo la scomparsa della mia agente Marina, che da molto tempo voleva che interpretassi quel ruolo. Fino a quando la professoressa era viva pensavo che lei si raccontasse bene da sola, mi chiedevo perché dovessi farlo io. Dopo la morte, leggendo quel copione meraviglioso, una delle cose più belle che abbia letto in questi ultimi anni, mi sono detta: si vede che lassù qualcuno ha deciso che io debba farlo (sorride).
Cosa la attraeva di quella figura?
Sono sempre stata molto affascinata da quella donna, dalla passione con cui faceva il suo mestiere, che la spingeva a essere quella che era, sempre protesa verso gli altri, con un profondo senso del dovere che la portava a dedicarsi al prossimo, perché in questo trovava il senso della vita. Invitava tutti, a partire dai giovani, ad avere il coraggio di sapere, di conoscere, di andare avanti, di perfezionarsi.
Il film tv di Rai1 ci porterà in uno dei luoghi più cari alla professoressa…
Abbiamo girato nella sua casa, la nipote e i parenti, molto generosamente, ci hanno aperto le porte e sono rimasta sconvolta. L’abitazione della professoressa, che si trova di fronte alla clinica dove sono nate le mie figlie, e già questo mi ha fatto tenerezza, è di una semplicità incredibile, inverosimile. Ho visitato tanti conventi, anche di clausura, ma non ho mai visto qualcosa di così francescano come la sua camera da letto. Lei non aveva un letto con una testiera, ma una rete a una piazza con un materasso, appoggiata a un muro. C’erano alcune foto della sorella, vinili e CD di musica classica, la stessa che amo anche io. Sulla libreria alcune frasi scritte a mano su pezzettini di carta, attaccati con il nastro adesivo, rimasti lì da sempre. Tra tutti spiccava l’incitazione latina “Sapere aude”, frase celeberrima fatta propria da Immanuel Kant, filosofo dell’Illuminismo: abbi il coraggio di sapere, osa sapere, conoscere.