ALICE & ELLEN KESSLER
Irraggiungibili
In Italia dal 1961, le gemelle più amate della tv hanno danzato e cantato in alcuni dei programmi di maggior successo della Rai, da “Giardino d’inverno” a “Studio Uno”, da “Canzonissima” a “La prova del nove” e “Al Paradise”, ottenendo una popolarità mai venuta meno. Il RadiocorriereTv le ricorda nell’intervista a Umberto Broccoli
Raccontare Alice ed Ellen Kessler, Professore, da dove si parte?
Si parte dalla parola professionalità, la cosa più giusta da fare in questa nostra storia. Queste due ragazze, con un’infanzia difficilissima, a un certo punto si sono inventate la loro professione e lo hanno fatto, è il caso di dirlo, con un rigore teutonico. Prima sono scappate dalla Germania Est, poi sono andate al Lido di Parigi, dove si sono messe nelle mani di Margaret Kelly per entrare nelle “Bluebell”. Per farcela non bisognava essere brave, ma fuori norma, e loro entrarono nelle “Bluebell”. Poi, nel 1961, arrivarono Guido Sacerdote e Antonello Falqui, perché a quei tempi la Rai, che mi onoro di servire, mandava i registi in giro per cercare nuovi talenti. Falqui le vede e loro, senza sapere una sola parola di italiano, debuttano in “Giardino d’inverno”. Questo dimostra la caparbietà, la professionalità, il rigore, l’attenzione al dettaglio e soprattutto la loro comune sorte di fare tutto insieme e bene. Il loro ritratto è vederle ballare: quando vedi in scena le Kessler, vedi una sola persona, come fosse una allo specchio. Indissolubilmente legate fin dall’inizio.
Cosa hanno rappresentato le Kessler, in quei lontani anni Sessanta, per il pubblico italiano?
Lo sdoganamento del sogno proibito, ma anche qualcosa di più, come la pacificazione con la Germania, l’età del benessere, la voglia spensierata di divertirsi, caratteristica degli anni del nostro boom economico, quando l’Italia correva con una lira che era la capofila delle monete europee. Hanno rappresentato esattamente quello che succedeva quando Giulio Cesare, duemila anni prima, conquista la Germania e arrivano in Italia le donne bionde, per cui le romane volevano essere bionde come le germaniche. Non potendolo essere, si diffonde la moda delle parrucche, fatte con i capelli e con i crini di cavallo, che si compravano al Foro Romano. C’è un cambio di gusto. Le Kessler hanno rappresentato realmente la realizzazione di un sogno sia per gli adolescenti di quegli anni, vedi me, sia per tutto quello che il pubblico italiano ha imparato a vedere: la bellezza, la bravura. Il varietà educava al bello, alla non improvvisazione, al sapere che queste signore passavano ore e ore in sala prove con Don Lurio e con il suo assistente, che si chiamava Gino Landi.
Che cosa le ha rese così iconiche agli occhi del pubblico?
Gli spettatori erano pietrificati di fronte alla loro bravura. Quando tu subisci, e dico subisci con la “S” maiuscola, il fascino di un movimento così armonico ripetuto su due piani solo apparentemente differenti ma che sono lo stesso piano, sei irrimediabilmente attratto. Di ballerini e ballerine ne abbiamo avuti a centinaia; con le Kessler percepivi la differenza dell’irraggiungibile.
Cosa ci insegna la grande televisione degli anni Sessanta-Settanta?
Di tendere sempre al punto più alto. Devi sapere talmente tanto fare bene le cose da fare apparire semplice una cosa difficilissima. Parlo anche della naturalezza con la quale Alice ed Ellen Kessler ballavano.
Chiuda un istante gli occhi, dove ama rivedere le gemelle Kessler?
Questa è una domanda tranello perché, essendo io figlio di uno degli autori di “Studio Uno” (Bruno Broccoli), nonché il nipote di certe idee di Broccoli e Verde, non posso non vederle in “Giardino d’inverno”, agghindate con quei turbanti fuori dal tempo, che cantano “Pardon messieurs… se noi parliamo male il vostro italien…”.