Dario Aita

Ricerco l’essenziale

 

“Ogni storia ti costringe a porti domande diverse, alle quali non sempre si ha una risposta” racconta l’attore siciliano, new entry nell’affiatata famiglia di “Un Professore”, il giovedì in prima serata Rai 1. Accolto con calore nel cast della serie, racconta il mestiere dell’attore come un continuo incontro – con gli altri e con se stessi – e condivide il senso profondo che guida il suo percorso artistico

 

 

Un ritorno a scuola per lei, nell’anno della maturità. Più emozione o più incubo?
Direi più emozione. Non ho vissuto la mia maturità come un incubo, pur non essendo stato un alunno “modello”. Ho sempre avuto però il coraggio di approfondire ciò che mi interessava. Anche all’esame ho portato davanti alla commissione le mie passioni, e questo è stato possibile grazie a figure di riferimento importanti: insegnanti molto validi che hanno capito subito chi fossi e quali potenzialità avessi. Invece di ostacolarmi, le hanno sostenute, alimentate. Non tutti hanno questa fortuna.

Come si è sentito dall’altra parte della barricata?

Molto bene (ride). Ho sempre pensato che, se non avessi fatto l’attore, sarei diventato un insegnante, soprattutto nei primi anni dopo il liceo. Ripensandoci, credo che le tante “fasi” di desiderio verso altre professioni fossero tutte, in un certo senso, sublimazioni del lavoro artistico.

In che senso?

Ho sempre visto l’insegnante come un intrattenitore, un divulgatore che parla a un gruppo di persone cercando di affascinarle con il proprio carisma, di contagiare i ragazzi con la sua passione. Il confine tra chi fa spettacolo raccontando storie e chi insegna è molto labile: anche l’insegnante deve raccontare, deve avvincere.

Parliamo di Leone Rocci e del legame con il professor Balestra…

Fin dalla prima puntata sappiamo che Leone è un ex allievo di Dante e che da lui ha ereditato un metodo d’insegnamento non convenzionale. E, come spesso accade alle nuove generazioni, avrebbe voluto fare un passo avanti rispetto al suo maestro, magari evitando i suoi errori. La verità, però, è che tutti sbagliamo, anche nelle valutazioni. Leone non fa eccezione, è fallibile. Ma è anche un insegnante appassionato, capace di guardare i suoi studenti come individui e non come una massa indistinta, uno strano animale a tante teste. Ogni ragazzo è un mondo a sé, con potenzialità e personalità uniche. E Leone questo lo ha compreso bene…

E poi insegna fisica…

Una materia che non ho amato molto a scuola. Forse avevo delle lacune, o forse non ho avuto la fortuna di trovare qualcuno che me la facesse amare. Grazie a questo ruolo, però, ho imparato a vedere la fisica non solo come il regno della razionalità, ma anche come quello dell’immaginazione. Le grandi scoperte sono nate da persone che hanno immaginato l’esistenza di qualcosa anche in assenza di prove, ipotizzando l’impossibile e cercando di dimostrarlo. La fisica è davvero il luogo in cui il mistero incontra la realtà.

Questo professore porta un cognome che gli studenti dei licei classici non possono dimenticare… Rocci come il Vocabolario di greco…

Avevo entrambi i vocabolari: il GI di Montanari e il Rocci ereditato da mio padre. A volte li portavo entrambi a scuola, sperando di essere “salvato” (ride), ma niente: neanche così riuscivo a tradurre le versioni come si doveva.

New entry nella terza stagione di una serie di successo. Come è stato accolto in questa famiglia?

Questa domanda mi emoziona, perché ho ricevuto dal cast e dalla troupe un’accoglienza splendida, e non è affatto scontato, soprattutto in gruppi così consolidati, che spesso tendono a essere un po’ esclusivi. Ho sentito un grande calore dai ragazzi, ma in modo particolare da Alessandro Gassmann e Claudia Pandolfi: li ho adorati, come colleghi e come persone. Un po’ di paura c’era, perché il pubblico delle serie è molto affezionato agli equilibri delle prime stagioni, e l’arrivo di un nuovo personaggio può non essere visto di buon occhio. Per ora, però, sta andando bene, l’entusiasmo per Leone si percepisce.

L’importante è che non porti scompiglio tra Dante e Anita… quello potrebbe essere rischioso…

Chissà (ride).

Cosa si aspetta da una nuova sfida professionale?

Mi auguro sempre di cambiare grazie all’incontro con le persone con cui lavoro, personaggi o interpreti che siano. E poi c’è sempre un incontro speciale: quello con me stesso. È sempre diverso, si rinnova ogni volta, perché ogni storia ti costringe a porti nuove domande, alle quali non sempre esiste una risposta.

Parliamo di Franco Battiato… un gigante

Sto girando proprio in questo periodo. Non posso dire molto, se non che sto imparando una quantità enorme di cose, una montagna. E allo stesso tempo una montagna piccolissima nell’universo, ma difficilissima da scalare. Credo che abbia a che fare con l’indicibile. Per questo è difficile spiegare cosa ho scoperto o imparato, perché, al di là dei dettagli quotidiani, appartiene al mondo delle sensazioni, dell’invisibile.

Cantava Battiato in “La stagione dell’amore”:
“Ancora un altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore,
Nuove possibilità per conoscersi,
E gli orizzonti perduti non si scordano mai…”

Cosa fa pulsare il tuo cuore nella vita? Cosa ti fa sentire vivo?

Due cose, soprattutto: la capacità di creare e la capacità di fare. Quando vedo qualcuno che crea qualcosa con le proprie forze, con la propria energia, con la propria immaginazione, l’atto creativo mi fa pulsare il cuore. E poi l’idea che, nella nostra solitudine e piccolezza, pur essendo minuscole particelle dell’infinito, siamo parte di un grande organismo che ci comprende e che ci fa appartenere, in qualche modo, al divino. Questo mi piace.

Sul suo profilo Instagram c’è molta eleganza, molto stile. E la vita, spesso, è una questione di stile. Ha trovato il suo?

Anche questo tema riguarda la ricerca. La “questione di stile”, per dirla alla Battiato, per me è sempre stata una lotta tra pensieri convenzionali e non convenzionali. Forse a un certo punto si supera tutto questo e si arriva all’essenziale. Io, però, sono ancora nella fase in cui voglio colpire, trovare la mia originalità, stupirmi. Posso dire che l’essenziale, per ora, è ancora lontano.

Qualcuno diceva: “l’essenziale è invisibile agli occhi”.