ANNALISA BRUCHI

Ricchi o poveri?

Capire l’economia per scegliere il futuro. Crisi, mutui, guerre, intelligenza artificiale: quanto ci riguarda davvero tutto questo? In una intervista coinvolgente, la giornalista, che su Rai 3 conduce il programma “Restart”, racconta il volume edito Rai Libri, scritto insieme all’economista Carlo D’Ippoliti. Un manuale adatto a tutti, per orientarsi tra scelte economiche quotidiane e grandi eventi globali. Perché non scegliere, anche in economia, è già una scelta

Com’è nata l’idea di questo libro e perché proprio adesso?

Lavoro con Carlo D’Ippoliti da tantissimi anni, è con lui che ho realizzato il mio primo programma. L’idea del libro è nata da una riflessione: sono 15 anni che viviamo in uno stato di crisi continua. Prima la crisi dei mutui subprime nel 2008, poi quella del debito sovrano nel 2010, la Grecia, lo spread, le riforme sulle pensioni e il lavoro. Poi il Covid, le guerre e ora di nuovo tensioni internazionali. Ci siamo detti: perché non provare a raccontare cosa è successo in questi anni? E soprattutto, come tutto questo ha impattato concretamente sulle tasche degli italiani.

Il libro collega i grandi eventi globali alla quotidianità delle persone…

Esatto. Spesso sentiamo parlare di crisi in Grecia o del Covid in Cina come se fossero lontani, ma tutto ha una ricaduta diretta su di noi. I mercati finanziari colpiscono i mercati rionali, letteralmente. Abbiamo cercato di spiegare questi meccanismi in modo semplice, accessibile. Non abbiamo la pretesa di dare soluzioni, anche perché non ne esistono di semplici, ma vogliamo dire che non scegliere non è una soluzione. Ogni giorno facciamo scelte economiche: dal mutuo alla macchina, dalla bolletta della luce agli investimenti.

Nel libro spiegate come le decisioni prese a livello internazionale abbiano effetti sul nostro quotidiano. Può farci un esempio concreto?

Proprio in questi giorni si parla di dazi. Le decisioni degli Stati Uniti sul commercio internazionale influiscono sul nostro export. L’Italia vive di esportazioni: vino, formaggi, ma anche alluminio, macchinari. Se le aziende vendono meno, investono meno, allora assumono meno. E se per sopravvivere devono alzare i prezzi, il costo ricade sul consumatore finale: il prosciutto, il vino, persino le automobili potrebbero costare di più. Un altro esempio è la BCE. Se la Banca Centrale Europea abbassa i tassi d’interesse, chi ha un mutuo a tasso variabile paga meno. Decisioni prese a Strasburgo o Francoforte influenzano la vita concreta delle persone: dalla rata del mutuo al valore della casa.

Quanto pesa la nostra disinformazione economica?

Tantissimo. La conoscenza ti fa risparmiare, ti rende più libero. In Italia siamo ancora molto indietro, soprattutto tra le donne: solo il 58 per cento ha un conto corrente personale. L’economia spaventa, ma se non ce ne occupiamo noi, se ne occupa lei di noi. E non sempre nel modo più gentile.

L’educazione finanziaria dovrebbe entrare nelle scuole?

Assolutamente sì. Se ne parla da anni. Nel libro tocchiamo anche il tema dell’intelligenza artificiale: in Cina è diventata materia obbligatoria già alle elementari. Dobbiamo capire che certe sfide vanno affrontate prima che ci travolgano.

Nel libro ci sono anche testimonianze di protagonisti del mondo economico e industriale. C’è un incontro che l’ha colpita in particolare?

Ho intervistato tantissime persone nel corso degli anni, ma nel libro ho scelto di inserire quelle che mi hanno colpito di più. Non tutti condividevano la stessa visione, ma ognuno di loro ha portato una prospettiva utile. Abbiamo ascoltato imprenditori, sindacalisti, economisti. Penso, ad esempio, a Luca De Meo, oggi amministratore delegato di Renault: essere a capo di una multinazionale francese non è da tutti. Con Carlo abbiamo voluto raccogliere le voci più significative.

Parlate anche di un “filo invisibile” tra i mercati internazionali e quelli locali. Quanto è sottile? O quanto è resistente?

È molto resistente, purtroppo. Lo vediamo tutti i giorni con l’andamento delle borse. In America, ad esempio, molti investono per potersi pagare la casa o le spese mediche. In Italia siamo più risparmiatori, ma anche da noi una parte della pensione è legata ai fondi. Le fluttuazioni dei mercati influiscono sul risparmio, sul presente e sul futuro delle famiglie.

Crisi climatica, guerre, rivoluzioni tecnologiche… Come influiscono sui nostri portafogli?

L’intelligenza artificiale potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro, almeno inizialmente. Tutte le rivoluzioni hanno avuto questo effetto. E anche la transizione green lo ha dimostrato: settori come l’automotive si sono trovati in difficoltà, spesso perché poco preparati. Lo abbiamo visto con Stellantis, con Volkswagen, con Audi. L’auto elettrica costa di più e ha avuto impatti su produzione e occupazione. Anche qui: le scelte politiche e industriali si riflettono direttamente sul consumatore.

Il libro, però, lancia anche un messaggio di speranza.

Sì. Non voglio che resti solo la sensazione di problemi. Dico sempre che l’Italia è come il calabrone: secondo le leggi della fisica non dovrebbe volare, eppure vola. Siamo un Paese pieno di creatività, talento, eccellenze. Dalla moda al cibo, ma anche nella scienza e nella tecnologia. Abbiamo un grande potenziale, ma servono scelte coraggiose. Dobbiamo sviluppare la parte migliore di noi.

“Restart”, il programma che conduce su Rai 3, riesce a rendere l’economia accessibile a tutti. Qual è la sfida più grande in TV?

In passato andavamo in onda in seconda serata, oggi siamo nella fascia mattutina, con un pubblico magari meno specializzato. E invece ho scoperto che questi temi interessano tantissimo. Quando affrontiamo temi leggeri va bene, ma quando parliamo di economia, di macroeconomia, le persone sono molto coinvolte. Dopo 15 anni di crisi, la gente vuole capire.

 E qual è secondo lei la chiave per raccontare bene l’economia in TV?

Prima di tutto studiare. Non smetto mai di farlo. Poi, usare parole semplici. Se capisci davvero un concetto, riesci a spiegarlo con chiarezza. Con Carlo D’Ippoliti collaboriamo da 15 anni, per me è come fare un dottorato continuo. E lavorare insieme, per il libro, è stato naturale: ci siamo divisi i capitoli, ci siamo scambiati osservazioni. Nessuno scontro creativo, solo un bel lavoro di squadra. Il nostro obiettivo è questo: aiutare le persone a leggere il presente e orientarsi nel futuro.

Continua a leggere il Radiocorriere Tv N.17