Roberto Bolle

Come un Caravaggio

«Una grande festa della danza» che dal teatro raggiungerà «contesti artistici meravigliosi e particolarmente amati dal pubblico per la loro bellezza». Così l’Ėtoile scaligera amata in tutto il mondo racconta “Viva la danza”, l’evento in prima serata Rai 1 il 29 aprile, nel giorno in cui si celebra la Giornata Mondiale della danza

“Viva la danza”, titolo che dichiara immediatamente il suo intento: portare la danza a tutti e celebrarla. Che edizione sarà?

Una grande festa della danza per celebrare questa arte, dal classico al contemporaneo, ma la particolarità di quest’anno sarà che, oltre a ballare in un teatro – il Filarmonico a Verona – ci sposteremo in luoghi meravigliosi del nostro Paese: a Palazzo Barberini a Roma, dove c’è la mostra di Caravaggio, con ben ventidue opere dell’artista, esposte per la prima volta tutte insieme, poi a Venezia, in luoghi iconici come il Palazzo Ducale e La Fenice. Tutto questo è stato possibile grazie al Ministero della Cultura, che ci ha permesso di creare dei connubi così speciali tra danza e bellezze del nostro patrimonio culturale e artistico. Vedremo, quindi, la danza non solo nei suoi luoghi tradizionali, i teatri con la loro magia, ma anche in contesti artistici meravigliosi e particolarmente amati dal pubblico per la loro bellezza.

A proposito appunto di Caravaggio, ballare tra i suoi chiaroscuri, tra le inquietudini e la genialità di un artista immortale, cosa le ha lasciato?

È stata un’esperienza molto bella, che mi ha permesso di ammirare in maniera molto tranquilla queste opere, ma anche far diventare proprio quei quadri, che ti hanno appena colpito, ispirato ed emozionato, la scenografia della nostra coreografia è una sensazione unica, speciale. In tv porteremo un estratto del balletto, che potrà essere ammirato nella sua completezza a maggio al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e al TAM Teatro Arcimboldi di Milano.

Una piccola anticipazione su chi sarà al tuo fianco in questo viaggio…

Sono molto onorato di accogliere Serena Rossi, conduttrice della serata, che ci accompagnerà in questo viaggio da un quadro all’altro. Avevo già avuto il piacere di lavorare con lei in un’edizione di “Danza con me” e, ancor prima, a “OnDance”. Pensare a Serena per questo progetto è stato del tutto naturale, è un’artista eclettica e poliedrica, capace di conquistare la scena con onestà ed empatia, dotata di un talento straordinario sia come attrice che come conduttrice e cantante. Serena è preziosa in ogni ambito in cui si cimenta, ed è proprio questa versatilità a renderla la compagna di viaggio ideale. Porta sempre con sé quel qualcosa in più, oltre a essere una persona estremamente disponibile, un essere umano autentico, capace di fare davvero la differenza. Progetti ambiziosi come “Viva la danza” richiedono il massimo della concentrazione e tempi di lavoro molto serrati. Per affrontare questa sfida servono passione, dedizione e professionalità – qualità che Serena incarna appieno.

Che cosa chiede ai suoi ospiti, a chi salirà con lei sul palcoscenico?

A differenza di “Danza con me”, dove gli ospiti venivano messi alla prova – spesso in modo divertente – in ambiti lontani dalle loro competenze, “Viva la danza” si concentra maggiormente sulla danza, ma agli ospiti viene chiesto di esprimere se stessi e di valorizzare le proprie qualità nei rispettivi ambiti, inseriti all’interno di un contesto teatrale. La vera bellezza sarà proprio vederli muoversi in un ambiente in cui si sentono a proprio agio, mostrando ciò che è davvero nelle loro corde e offrendo, al pubblico e a noi, la loro disponibilità ed empatia nel confrontarsi con un mondo che, magari, non appartiene loro del tutto.

Quanto la danza è una questione privata, e quanto, soprattutto grazie al suo ruolo di “ambasciatore”, è diventata una condivisione di passioni?

Il ruolo che ho assunto è ormai diventato una vera e propria missione di vita: portare la danza in luoghi e contesti nuovi, avvicinarla a persone che, magari, fino a poco tempo fa non la conoscevano o non si sentivano coinvolte, spesso anche per via di pregiudizi. Per me è fondamentale diffondere la bellezza e la magia della danza, farla arrivare a chiunque, ovunque. Credo profondamente che quest’arte meravigliosa possa toccare tutti, e ogni mio progetto nasce proprio con questo obiettivo. Lo dimostriamo portando spettacoli di qualità in prima serata, nelle grandi piazze, nelle arene, ovunque ci sia la possibilità di condividere la danza con un pubblico ampio e variegato. In tutto ciò che faccio c’è sempre il desiderio di lanciare un messaggio chiaro: la danza è accessibile a tutti. La televisione, in questo senso, è uno strumento potente, perché mi permette di arrivare a milioni di persone, ma il mio invito costante è quello di andare oltre lo schermo: venite a teatro, vivete la danza dal vivo. Perché è lì che avviene la vera magia, è lì che ci si emoziona davvero, entrando in un mondo capace di coinvolgere in modo profondo e autentico. Per me, dunque, la TV è un mezzo, non un fine: un ponte tra le persone e lo spettacolo dal vivo, che resta il cuore pulsante della mia missione.

Quando incontra giovani ballerini, con il loro bagaglio di sogni, cosa riconosce di sé nei loro sguardi?

Riconosco senza dubbio la passione per quest’arte meravigliosa. I giovani che si avvicinano alla danza lo fanno spinti da un desiderio autentico: hanno voglia di ballare, di esprimersi. E questa passione la leggi nei loro occhi — è qualcosa che si percepisce subito. In loro rivedo i desideri, le aspettative di quando ero anche io solo un bambino e non sapevo cosa mi avrebbe riservato il futuro, ma avevo un grande sogno nel cuore. È questo, forse, l’aspetto che mi tocca di più e che mi fa sentire profondamente connesso con chi si avvicina alla danza per la prima volta.

Cinquanta anni sono un momento buono per una riflessione sul proprio percorso di vita e professionale. Cosa vede davanti a sé?

È un momento molto positivo per me. Sono felice di poter ancora ballare a questi livelli e che la danza continui a essere una parte così viva e centrale della mia vita. Non è una frase fatta: la realtà ha davvero superato ogni aspettativa. Non avrei mai immaginato, a cinquant’anni, di essere ancora sui palcoscenici più importanti, di fare uno show televisivo come “OnDance” a Milano, di portare avanti “Bolle & Friends” con un nuovo tour che quest’anno toccherà Caracalla, Taormina, l’Arena di Verona… E poi, a giugno, tornerò alla Royal Opera House di Londra con “Onegin”. Sono tanti impegni, in teatri prestigiosi e in luoghi straordinari. Mi sento profondamente grato per questo momento della mia vita, ho raggiunto una maturità che mi permette di vivere tutto con consapevolezza, ma con lo stesso entusiasmo e la stessa emozione del bambino che sognava questo futuro. Oggi riesco ad apprezzare ogni istante in modo diverso. Un tempo tutto scorreva più in fretta, si passava da un progetto all’altro senza fermarsi troppo a riflettere. Ora non do più nulla per scontato, ogni conquista ha richiesto ancora più sacrificio, più dedizione, e proprio per questo ha un valore più profondo.

In questa stagione la vedremo protagonista in molti appuntamenti Importanti, a partire da “Caravaggio”. Che significato ha per lei questo balletto?

Tengo moltissimo a “Caravaggio”, un balletto davvero straordinario, che arriva per la prima volta in Italia, e sono felice di poterlo portare sul nostro palcoscenico. È un’opera intensa, visivamente potente, capace di emozionare profondamente. Subito dopo inizierà il tour estivo, che mi porterà a ballare in alcuni dei luoghi più suggestivi del nostro Paese: da Caracalla al Teatro Greco di Taormina, fino all’Arena di Verona. Sono appuntamenti che riempiono il cuore e l’anima. Ogni volta che mi trovo in questi contesti così carichi di storia e bellezza, mi sento fortunato. Cerco di assorbire tutto, di vivere pienamente ogni momento, anche perché non sai mai se sarà l’ultima volta o se capiterà ancora. E proprio per questo, ogni esperienza ha un valore ancora più profondo.

Di recente ha dato vita alla Fondazione che porta il tuo nome. Da dove nasce questo progetto?

È una tappa importante del mio percorso, nata ufficialmente lo scorso anno ma pensata da molto tempo. Ho sempre creduto che la danza sia molto più di una forma d’arte: è anche un veicolo educativo, umano e sociale. Che tu sia un ballerino professionista o semplicemente qualcuno che si avvicina per passione, la danza ti insegna valori fondamentali: la disciplina, il rispetto, la gentilezza, l’impegno quotidiano. È un’arte che offre bellezza e magia a ogni livello, ed è proprio da qui che è nata l’idea di creare qualcosa che potesse durare nel tempo, lasciare un segno concreto, fare del bene.

Qual è l’obiettivo principale della Fondazione?

La Fondazione nasce senza scopo di lucro, con la volontà di lavorare sul tessuto sociale attraverso progetti mirati. È un modo per restituire ciò che la danza mi ha dato, e per far sì che questo linguaggio universale possa raggiungere sempre più persone, anche in contesti dove normalmente non arriva. Per me è davvero una missione di vita. Voglio che abbia una progettualità duratura, che guardi lontano e che continui ad avere un impatto reale, tangibile, nel tempo.

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