È la mia vita

LORETTA GOGGI

L’attesissimo ritorno della regina della Tv con “Benedetta Primavera”, da venerdì 10 marzo in prima serata su Rai 1. Un viaggio in sessant’anni di spettacolo e di costume. «La malinconia non fa parte di me, mi godo ogni giorno e ogni esperienza» racconta al RadiocorriereTv: «Sono trent’anni che non ho un programma mio, ora sento il bisogno di riabbracciare il mio pubblico»

Come vive il ritorno da conduttrice in prima serata su Rai 1?

È una specie di bisogno di riabbracciare il pubblico. Sono trent’anni che non ho un programma mio. Ho fatto molto teatro, non è che non avessi contatto con il pubblico, però avevo desiderio di riprovare questa emozione, questo batticuore.

Dalle indiscrezioni sappiamo che vedremo un grande varietà, come quelli che la Rai ha nel proprio DNA, cosa ci dobbiamo aspettare?

“Benedetta primavera” non nasce per celebrare me, nonostante abbia 63 anni di carriera da festeggiare quest’anno, ma dal desiderio di fare un viaggio nel mondo dello spettacolo e del costume, una lettura dedicata sia al passato che al presente, con ospiti sia di ieri che di oggi. Uno scambio e un confronto tra i giovani e chi ha la mia età.

Con  il titolo “Benedetta primavera” quale messaggio ci vuole dare?

Cercavo qualcosa che mi identificasse subito. Il “maledetta” era molto giusto per la canzone, per il momento in cui l’ho cantata. Questa volta, andando in onda quasi a primavera, ho pensato che sarebbe stato bello usare il termine “benedetta”. È stata una scelta molto spontanea.

Nel ripercorrere tanti anni di una carriera luminosissima, è possibile non rimanere vittime della malinconia?

Assolutamente (sorride). Vivo tutto al presente, sono molto presente alla mia età, al momento attuale, alla società, a quello che succede. La malinconia non fa parte di me, mi godo ogni giorno e ogni esperienza.

Il suo nome è sinonimo di talento, come coniuga questo termine con i nostri giorni?

Ai miei tempi il talento era assolutamente necessario, poi ci volevano un briciolo di fortuna e tanta gavetta. Io sono partita dalla Tv dei ragazzi fino ad arrivare al sabato sera. È stata lunga, mi sono dedicata al canto, alle imitazioni, alla recitazione. Credo che i giovani di oggi abbiano più talento di quanto non ne avessero quelli della mia generazione, la nostra preparazione era un po’ naif. Oggi i ragazzi hanno le scuole di recitazione, di canto, ci sono i talent. Escono con più facilità. Bisogna comunque ricordare che il talento va coltivato, non è una cosa che dura per sempre se non lo sai usare.

Da sempre anche imitatrice, cosa deve avere un personaggio per essere nelle sue corde e per essere interpretato da lei?

Tutte le persone che ho imitato hanno un grande carattere, una personalità. E poi io imito solo quelli che amo, sono un’imitatrice sui generis.

Cosa la diverte, ancora oggi, di questo lavoro?

Questo lavoro è la mia vita, non posso raccontare la mia vita che attraverso il lavoro. Ho cominciato che avevo 10 anni, ora ne ho 72, molte tappe della mia vita sono legate al mio lavoro, che è cresciuto con me. Ogni volta è un’esperienza nuova, mi arricchisco sempre di più.

Ora le citerò alcuni momenti della sua carriera chiedendole di associare un’emozione o un ricordo, a ognuno di loro… partiamo dal 1968 con “La freccia nera” di Anton Giulio Maiano…

Dico una cosa un po’ buffa. Se a 18 anni non fossi stata piatta come una pialla non avrebbero mai pensato a me per “La freccia nera”, dove dovevo passare per un maschietto. Oltre al talento è stato dunque importante che io fossi piatta, cosa che personalmente mi faceva un po’ male (sorride).

“Canzonissima” 1972, cantava “Vieni via con me”, era la prima serata del Programma Nazionale…

“Canzonissima” è stata il mio passaggio dalla prosa alla rivista, senza che io avessi mai ballato, fu una specie di salto nel buio. È vero che Pippo Baudo, che ha sempre avuto grande naso, mi ha scoperto cantante e imitatrice. Lui per me era una garanzia, ma pensavo anche che quella di “Canzonissima” fosse un’esperienza una tantum e che poi sarei tornata a recitare. Invece, facendo le imitazioni, sono riuscita a fare quello che, come attrice, non mi avrebbero mai proposto. Avevo una faccia dolce e delicata quindi nella prosa facevo sempre  ruoli senza carattere: la ragazza buona, povera, orfana. Con le imitazioni mi sono divertita tanto a fare le vecchie, le brutte, le grasse, personaggi con i tic, i nasoni. È stato un grande divertimento e ho scoperto che potevo fare qualcosa di diverso da quello che i registi di prosa mi affidavano in quegli anni.

Sette anni dopo, è il 1979, arriva “Fantastico”, la prima edizione di uno dei programmi più amati. Lei cantava “L’aria del sabato sera”…

“Fantastico” è stato una specie di consacrazione anche come conduttrice. Insieme a me c’erano Beppe Grillo ed Heather Parisi, ma Beppe non voleva assolutamente avere il ruolo istituzionale, dover spiegare i giochi, come votare, e così la Rai pensò bene di farmi presentare. Quell’esperienza fu importante dal punto di vista professionale e anche a livello di look. Venivo da un viaggio in India, da dove avevo portato molti vestiti che non avevano nulla a che vedere con gli abiti che indossavano le showgirl dell’epoca. Ero indiana, anche a piedi nudi, con le piume in testa. E poi incontrai mio marito… quell’“Aria del sabato sera” non la scorderò facilmente.

È il 1983, arriva “Loretta Goggi in Quiz”…

Fu il mio ritorno da figliol prodiga. Siccome in Rai non mi affidavano mai il ruolo di conduttrice da sola, ma dovevo sempre affiancare un conduttore, me ne andai a Canale 5, che allora era una piccolissima rete e feci “Hello Goggi”. Fu una consacrazione, con Enzo Trapani alla regia, Tony De Vita alle musiche, Diego Dalla Palma per il trucco, Gianni Brezza come primo ballerino e coreografo, andai “armata”. Sulla quantità di pubblico non potevo sperare, ma sulla qualità di quello che facevo sì, tanto fu che la Rai mi chiamò e mi propose questo quiz dedicato allo spettacolo, in cui cantavo, ballavo, facevo le imitazioni. Andò molto bene: è stato l’unico programma che feci per due anni di seguito perché sono solita non fare mai per due volte la stessa cosa.

Nel 1988 c’è la fascia di mezzogiorno con “Via Teulada 66”…

Venivo da un grande successo che era “Ieri, Goggi e domani”, con il quale avevamo vinto tanti Telegatti. La Rai mi propose il programma di mezzogiorno ed ero sicura di non essere il personaggio giusto: sono una che parla veloce, che scherza, ironica, non mi sentivo molto adatta a quella fascia. Mi dissero di voler cambiare e inserirono temi come gli scavi di Pompei, l’AIDS, il buco nell’ozono, il Telefono rosa, il Telefono azzurro e gli ascolti non erano più quelli dei giochi telefonici. Il programma era all’avanguardia, ma il salto fu troppo netto. Ricordo “Via Teulada 66” come l’ultima cosa che ho fatto in Rai quando ho capito che si andava verso una televisione un po’ diversa e che non mi somigliava più tanto.

Dieci anni in giuria a “Tale e Quale Show”…

Sono una persona che non giudica nessuno molto volentieri. Quando Carlo Conti mi chiamò gli dissi di non essere in grado di farlo, che non sarei mai stata in grado di giudicare un mio collega. Ecco, facendo “Tale e Quale Show” ho scoperto che si possono dire le cose in modo molto garbato, e se sono tecniche, e non riguardano il privato della persona, ci si può esprimere con sincerità. Quel programma è stato anche una scuola e mi ha ridato popolarità. Dopo la morte di mio marito non avevo più intenzione di fare niente, con “Tale e Quale” mi sono riaffacciata a una platea di milioni di persone. È stato piacevole. Devo dire che sono stata un po’ vigliacca perché ho fatto televisione senza farla (sorride). C’ero, ma il programma non era mio e non mi sentivo responsabile di niente.

Ma senza mai abbandonare il suo pubblico…

Mai, e devo tutto a lui. Non ho fatto niente per farmi ricordare, ho fatto il mio lavoro e basta. Non ho avuto tessere di partito, non ho lasciato spazio al gossip. Sono stata un po’ orsetta (sorride). Stefano Coletta dice che è il pubblico a desiderare che io torni. E io gli ho creduto, ecco perché sono qua.

Che cosa le dà gioia nella vita?

Intanto la vita. È un bene immenso, bella in tutte le sue sfaccettature. Fatta di gioie e di dolori, ma anche di momenti in cui metterti alla prova per cercare di dare un senso al perché ci sei.

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