A muso duro

Un viaggio bellissimo

Flavio Insinna torna alla fiction con un ruolo da protagonista per raccontare la storia del dottor Antonio Maglio e di quelle che saranno riconosciute come le prime Paralimpiadi che si svolsero a Roma nel 1960. Con Claudia Vismara nei panni della moglie Stella, la regia è di Marco Pontecorvo. Lunedì 16 maggio in prima serata su Rai1

©Mauro Sostini

“A muso duro” di Marco Pontecorvo racconta la storia di Antonio Maglio, un medico illuminato che, prendendo spunto dagli studi e dalle metodologie del prof. Guttmann sul recupero dei paraplegici, tra la fine degli anni ‘50 e i primi anni ‘60, diede speranza e dignità alle persone disabili che, fino a quel momento, giacevano in un letto di ospedale, nascosti agli altri, alla società esterna. Il nome di Antonio Maglio è sconosciuto alla maggior parte degli italiani. Eppure, grazie a lui, alla sua dedizione e alla sua testardaggine nacquero i primi Giochi paralimpici della storia cui parteciparono 400 atleti provenienti da 23 nazioni. Per la prima volta i paralitici”si mostrarono al mondo senza vergogna, senza imbarazzo, ma con la consapevolezza di poter vivere una vita come tutti.

FLAVIO INSINNA È ANTONIO MAGLIO

Nei panni del dottor Maglio, come è andata?

È stato un regalo. Il mio papà era medico e per un certo periodo ha collaborato con questo centro, importantissimo, che è la Santa Lucia. Da bambino andavo con lui che era uno dei medici della nazionale paralimpica, a vedere le partite di basket in carrozzina. A 11 anni, per la promozione, mi fece il regalo di portarmi con sé alle Paralimpiadi in Canada, gli feci da assistente a spingere le carrozzine, ad aiutare. Se ti fanno vedere le cose, se hai la fortuna di guardarle e capire, questo ti cambia la vita. Non ringrazierò mai abbastanza mio padre per avermi fatto capire subito.

Quell’esperienza contribuì a farle vedere la disabilità da un punto di vista diverso?

L’unica vera disabilità è fregarsene degli altri, poi ci sono tantissime problematiche e non ce le possiamo nascondere. Il professor Maglio, che era un genio, partiva dall’incontro con il malato, cercava di dare consapevolezza e lanciava una sfida. Diceva loro: “Possiamo costruire insieme una nuova vita, con altre cose belle”. Era un medico che non solo curava, ma si prendeva cura delle persone. Nei suoi appunti, nei suoi scritti, c’è una progettualità, appunto, per ricostruire non solo il malato, ma la persona, restituendo possibilità di vita, di lavoro. Parlarne oggi, nel 2022, sembra quasi banale, ma immaginiamo gli anni Cinquanta: Maglio puntò alla dignità della persona. Fare questo film è stato un viaggio bellissimo.  Ho guardato le sue foto, nelle quali è sempre in mezzo ai suoi pazienti, spesso è seduto per terra insieme a loro. Maglio li metteva al primo posto, li considerava la sua seconda famiglia.

Continua a leggere sul Radiocorriere Tv N.20 a pag.16