Crime, ma con ironia

Claudio Amendola

“Nero a metà” è il protagonista assoluto dei lunedì televisivi. L’attore romano, che delle prime tre puntate della serie è anche regista, veste i panni dell’ispettore Carlo Guerrieri, personaggio entrato ormai nel cuore del pubblico: «Chi ci guarda è contento di quello che vede perché si riconosce in ciò che trasmettiamo». In prima serata su Rai1

La terza stagione di “Nero a metà” è stata accolta a braccia aperte dal pubblico, soddisfatto?

Sono molto contento. Avevo percepito l’attesa, che ha fomentato e accresciuto la voglia di seguirci. I numeri ci confortano molto.

E questa volta la serie porta anche la sua firma come regista, come è andata?

I primi sei episodi li ho diretti io ed è stata una bellissima esperienza. Era un gruppo di lavoro che conoscevo molto bene, gli attori erano i miei compagni di viaggio delle precedenti stagioni e devo dire che con tutti si è instaurato un rapporto di scambio, di fiducia, da capocomico, per utilizzare un termine un po’ desueto. Guidarli, condividere con i loro personaggi, è stata una bellissima esperienza. Certo, mi sono avvalso del lavoro fatto da Marco Pontecorvo nelle stagioni precedenti, e di questo non smetterò mai di ringraziarlo. “Nero a metà” è una serie che avevo nella pelle e che avevo contribuito a delineare, a fare crescere. Sono un attore collaborativo nei confronti dei progetti che seguo, mi piace condividere con chi scrive e dirige, tanto da scegliere, alla fine, di dirigere io stesso le cose che faccio.

Cosa significa dirigere se stessi?

Tra attore e regista subentra un piccolo conflitto, è quindi importante avere il supporto di tutti i collaboratori, dal direttore della fotografia all’aiuto regista, il nostro è un lavoro di collaborazione, mi fido molto del giudizio di chi lavora con me.

L’elemento di novità più evidente di questa stagione è la comicità, come ha vissuto questa svolta?

È stata una scelta precisa anche in fase di sceneggiatura. Abbiamo voluto rischiare un minimo sull’idea che anche nelle situazioni più serie, seriose, tragiche, come accade in un poliziesco, in un crime, le persone che fanno professioni anche molto impegnative hanno comunque lo spazio per potersi rilassare un secondo, per fare una battuta, per avere un momento più leggero. Ci siamo chiesti perché i nostri poliziotti dovessero essere sempre così cupi, in qualche modo tristi…

… quindi la svolta…  

Avevamo capito, nelle passate stagioni, che quei piccoli toni di commedia che c’erano tra il mio personaggio e quello di Malik Soprani (Miguel Gobbo Diaz), o Cantabella (Alessandro Sperduti), cominciavano a funzionare. Abbiamo voluto spingere in questo senso, senza mai essere grevi, volgari. Tra l’altro è abbastanza nelle mie corde. Come già accade in “Montalbano”, in “Don Matteo”, nella tradizione della grande fiction di Rai 1, abbiamo pensato che fosse giusto condire vicende estrapolate dalla cronaca, che hanno un fondo di verità, con momenti più leggeri. Nel cast, tra le new entry, ci sono attori forieri di una vena comica, più leggeri, da Caterina Guzzanti ad Adriano Pantaleo.

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